DUE ANTICHE LOCUZIONI:
1)‘A TRUBBEJA D’’E CCERASE - 2)CU MME NUN CE FAJE MECCIA
1)‘A TRUBBEJA D’’E CCERASE
Con il termine trupéa
o trubbéa, oppure trubbéja si
intende un improvviso ed inatteso, ventoso acquazzone,che scuote e scompiglia violentemente le chiome
degli alberi, facendo sbatacchiare i vetri di finestre e balconi; la voce
originaria fu trupéa giacché, come si
può facilmente intendere, la voce successiva trubbéa non è che un
adattamento quasi gergale della prima voce
mentre trubbeja non è che una diversa forma della medesima trubbéa,
forma diversa di probabile origine popolare con epentesi di un suono di
transizione (j) per evitare lo iato dell’incontro di vocali (èa)
incontro inteso cacofonico; il cammino morfologico fu il seguente: l’originaria trupéa si adattò in trubbéa che a sua volta si trasformò in trubbéja mantenendo tuttavia inalterato significato e campo di
apllicazione.
Come ò anticipato con le tre voci summenzionate si indica un improvviso,inatteso, ventoso e
violento acquazzone, oppure una gran pioggia inaspettata accompagnata da
vorticosi venti tali da determinare in città lo sbatacchiamento dei vetri di finestre e/o balconi ed in aperta campagna
lo scompigliamento delle chiome degli alberi che, se da frutti, li vedono cascare in terra anche quando non siano perfettamente
maturi;proprio tenendo presente questa evenienza a Napoli e nel napoletano è in
uso il dire
-
‘a trupéa o anche ovviamente ‘a trubbéa o ‘a
trubbéja d’’e cerase con riferimento a gli improvvisi, inattesi
violenti acquazzoni che si manifestano intorno alla metà del mese di maggio e
che determinano una raccolta precoce delle ciliegie che vengono messe in
commercio al minuto al grido: So’ cchelle
d’’a trubbeja per indicare che si tratta di autentiche primizie la cui
raccolta si è avuta a sèguito
d’improvviso,inatteso, ventoso e violento acquazzone,o di una gran
pioggia inaspettata.
L’etimologia di trupéa
è tranquillamente greca dal sost. tropaía=tempesta;
la voce a margine trupéa à conservato del greco la sorda p mentre
nelle forme popolari (se non addirittura gergali con riferimento
all’ampliamento semantico di cui antea) trubbéa e trubbéja si è avuto il passaggio della sorda p alla
sonora b esplosiva labiale rafforzata con la geminazione; del suono transitorio j di trubbéja
ò già detto precedentemente;
- cerase sost. femm.plur. al sing. cerasa = ciliegia, il gustoso, appetibile
frutto del ciliegio, costituito da una piccola drupa polposa e dolce, di
forma sferica e di colore rosso
Quanto
all’etimologia mentre la voce italiana ciliegia (che anticamente fu ciriegia (e pare che i toscani
operassero poi – per una questione di
eufonia (?) - la mutazione della r
in l)
è dal lat. volg. *ceresea(m), deriv. di cerasus 'ciliegio', la
voce napoletana cerasa risulta
invece essere un neutro plurale del lat.
*cerasju(m) derivato dal greco keràsion neutro plurale poi inteso
femminile come altrove cfr. cenisa=
cenere dall’agg.vo neutro plurale.
A margine della
voce dell’italiano ciliegia, mi corre
l’obbligo di rammentare che in un corretto italiano il plurale di ciliegia deve essere
ciliegie e non ciliege cosí come improvvidamente riportato da
talune moderni lessici e/o grammatiche post-sessantottini, curati da imberbi
iconoclasti sedicenti studiosi che ànno fatto piazza pulita d’ogni regola
d’antan per abbracciare la
pilatesca corrente di pensiero basata
sul : Fate come vi pare; è permesso
tutto!Non si sbaglia mai! In base a tale assurdo pensiero onnipermissivo il
plurale di ciliegia è ciliegie o ciliege ad libitum, come meglio aggrada!... Una volta non fu
cosí! Quando esistevano le regole e chi le faceva rispettare (parlo degli anni
tra il 1950 ed il 1960 e la scuola fu degna di questo nome) il plurale di ciliegia fu incontrovertibilmente ciliegie secondo quanto riportato sui dizionari
compilati da saggi esperti e/o professori
della lingua italiana e tra di essi il compianto Fernando Palazzi che nella sua
insuperata grammatica IL GOVERNO DELLE PAROLE rammentava che le parole che al singolare
terminano in cia e gia atone fanno al plurale in cie e gie quando le
desinenze atone cia e gia son precedute da una vocale (ed è il caso di ciliegia)
mentre fanno al plurale in ce e ge quando le desinenze atone cia e
gia son precedute da una consonante (come nel caso di provincia
che fa province, né v’à ragione
che faccia provincie come invece
talvolta maldestramente si trova nell’uso di incolti commentatori dei media
televisivi o di alcuni pennaruli della
carta stampata.
2)CU MME NUN CE FAJE MECCIA Antica locuzione d’àmbito provinciale da
rendersi letteralmente: Con me tu non fai legame; id est: tra di noi non c’è
possibilità di commettitura,connessione, incastro, unione, non ci intendiamo,
non abbiamo punti di contatto e non
possiamo perciò collimare negli intenti o nei pensieri. E tanto perché il
sostantivo meccia [dal fr. mèche]
indica in primis un piolino, una calettatura lignea di connessione tra due
tavole e solo per traslato la punta perforante che si applica al mandrino d’un
trapano; l’espressione prende in considerazione il significato originario del
termine meccia (piolo di connessione/calettatura) e la riferisce figuratamente
ai rapporti interpersonali di due individui cosí diversi tra di loro da non avere punti di contatto per poter
collimare negli intenti o nei pensieri.
Brak
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