LE PUTTANE CHE FECERO L’ITALIA UNITA
brevissima
premessa
Divido questa mia relazioncella in due parti
nell’intento di essere, se non esauriente, sufficientemente preciso e chiaro.
Nella prima parte, questa, mi tratterò a parlare in generale di tutte le donne
che ebbero a che spartire (nel senso di
conoscenza biblica) con un po’ tutti i protagonisti del risorgimento. Nella
seconda parte restringerò il campo di indagine a Garibaldi ed ai suoi. Spero di
riuscire ad interessarvi. Comincio.
parte
1ª
La storiografia ufficiale di quel
periodo che va sotto il nome di
Risorgimento brulica di donne giovani o
meno giovani volta a volta battezzate per eroine, patriote, paladine del
sentimento unitario, ma tutte, con qualche timida eccezione, associate dal comun
denominatore del puttanesimo piú spudorato e continuato, ovviamente taciuto negli
addomesticati testi della storiografia
di regime, dati in pasto ai ragazzini; in virtú di tale denominatore esse
ruppero, tutte, con il comune sentire familiare oltreché con la ricevuta
educazione cattolica, spesso impartita
in istituti condotti da pie suore e quelle donne di cui dico si adoperarono in primis a sfasciare famiglie, a perdere i propri figli
pur di affermare la loro intenzione di condividere nella teoria e nella pratica
gli ideali dei rivoluzionari risorgimentali, anche quando questi ideali
comportassero, per l’appunto, l’abbandono dei tetti familiari, ed il
tradimento continuato ed aggravato di
consorti e/o promessi tali. Qui siamo
fra persone adulte e vaccinate per cui non ci farà impressione se dirò pane al
pane e vino al vino, parlando senza usar riguardi e/o pecette e principiando
con lo stilare un elenco non completo (ci
mancherebbe!), ma congruo di quelle signore e signorine d’antan che contribuirono
a fare l’Italia una esibendosi gratuitamente o talvolta a pagamento non tanto
sui campi di battaglia, quanto sopra i talami e/o sofà di principi,
monarchi,ispiratori e padri della patria o amanti occasionali.
Tutte costoro sono state e saranno celebrate
da tutti coloro, a cominciare dal sig. Presidente Napolitano,che si son preso il
compito di portare avanti le
celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, partendo dalla
Sicilia con il ricordo della (malnata, dico io) spedizione dei
Mille di Garibaldi.
Molte città
parteciparono con il loro
contributo di garibaldini e di patrioti al periodo risorgimentale,ma in genere
costoro (o la magna pars d’essi) erano cittadini del Lombardo Veneto e del
Regno di Piemonte e della medesima provenienza, salvo qualche rara eccezione,
furono quelle donne che furono protagoniste del periodo risorgimentale che iniziò con fervore ben prima del 1860, non
solo nelle battaglie ma anche nei salotti dell’alta borghesia e della nobiltà,
in cui le donne ebbero un ruolo di primo piano,sia nell’elaborazione delle
idee, sia con il sostegno materiale.
Il loro contributo si esplicò persino nei campi di battaglia, ma
soprattutto fu fondamentale nei salotti dove si riunivano gli spiriti
illuminati: ivi, sotto l’apparenza di conversazioni letterarie in realtà si cospirava; cosí le dame dell’alta borghesia
accoglievano i grandi protagonisti maschili, ai quali fornivano accanto ad
intelligenti suggerimenti, conforto ed
appoggio. L’elaborazione delle idee al femminile è rimasta tuttavia in
ombra, sebbene non siano mancate le dame colte ed attive, che manifestarono
pubblicamente con lo scrivere le loro tendenze politiche: tra queste ricordiamo
per comiciare Clara
Maffei, animatrice di un famoso salotto milanese, frequentato anche da
Giuseppe Verdi. Costei
(Bergamo, 13 marzo 1814 – †Milano, 13 luglio 1886) era détta l'amore
di Milano; cosí la
definiva il marito, il poeta Andrea Maffei, perché Clara incarnava, nella sua
minuscola ma aggraziata e vivacissima figura, l'arte dell'accoglienza, e per
mezzo secolo i grandi nomi della cultura e della politica celebrarono nel suo
salotto quel connubio tra Romanticismo e Risorgimento che diede vita ad una
delle stagioni che piú appassionano studiosi e studenti della nostra storia patria. Il racconto di
quella stagione si svolge sí sul
palcoscenico della storia, dove la contessa fu sensibile promotrice degli alti
ideali ottocenteschi, ma anche e forse di piú
dietro le quinte, come si evince soprattutto dall'epistolario (che è nel
contempo un affascinante testo della letteratura romantica ed uno straordinario
documento storico) intercorso con il grande amore della sua vita, Carlo
Tenca,con il quale, in costanza di matrimonio, ebbe una lunga e duratura relazione. Oltre che
quella del Tenca, non disegnò l’affettuosa amicizia di Giuseppe Verdi.
.
Non vorrei però che il titolo di questa mia relazioncella ci
fuorviasse; tutte le donne di cui dico e dirò non furono, (per usare il corposo
idioma partenopeo) non furono delle zoccole
strictu sensu; non furono cioè donne che praticarono il mestiere piú antico del
mondo, a pagamento per necessità o
per bisogno, non furono donne cui dare l’epiteto di zoccola
che (come tutti sanno) indica in primis
il grosso topo di fogna ed estensivamente la prostituta che come quel topo frequenta nottetempo i marciapiedi;
etimologicamente
zoccola è da sorcula diminutivo latino
femm. di sorex-ricis; no, non si può
può parlare di zoccole strictu sensu; direi piuttosto ( sempre per usare il
corposo idioma partenopeo) che esse tecnicamente furono delle zompapérete il divertente
epiteto che nel napoletano è il s.vo ed agg.vo
f.le e solo f.le (non è attestato infatti
un m.le zompapíreto) che ad litteram
varrebbe saltapeto che però non à ed
avrebbe alcun senso, atteso che non è praticabile il salto di una scorreggia;
nell’epito in esame infatti il termine péreta
non deve essere inteso nel senso letterale di scorreggia, ma in quello traslato di pessima
donna moralmente becera, villana, sciatta,sguaiata, volgare,e soprattutto sfrontata che si comporti ancorché di elevata estrazione sociale da donna di malaffare offrendo in giro le
proprie grazie non per bisogno, ma per vizio, costume, mania o capriccio saltando da un amante all’altro;di talché
la voce andrebbe tradotta come sfacciata
che salta e morfologicamente forse sarebbe stato piú corretto che il verbo
coniugato al participio presente avesse seguito il sostantivo: péreta zompante ,ma la voce cosí construtta non avrebbe consentito
l’agglutinazione funzionale e non sarebbe risultata gradevole all’udito né
icastica come la popolaresca zompapéreta.
Torniamo all’assunto dicendo che anche a Parma vi furono
signore che seguirono la strada del meretricio occasionale e vizioso; erano per
lo piú di posizione sociale altolocata e mogli di personaggi a loro volta
impegnati nel movimento liberale: facciamo solo un cenno ad Antonietta Ferroni Tommasini (1780-†1839), consorte di
un celebre medico, e nota per essere
stata buona amica,nel senso che ci occupa assieme alla figlia Adelaide
Tommasini Maestri, di Giacomo Leopardi. Antonietta, poligrafa e
grafomane, manifestò varie volte sentimenti patriottici, di cui è testimonianza
numerose lettere scritte a molti giovani patrioti reggiani.
Che abbia avuto conoscenza in senso biblico del poeta di
Recanati si evince da uno scritto del medesimo che testualmente confessò “A Bologna conobbi amici come il Pepoli o le
sorelle Antonietta ed Adelaide Tommasini, frequentai la borghesia e
l'intellighenzia di questa città dotta e della sua università antica: amai la
contessa Malvezzi. Non credo si possa dire che fossi felice, ma almeno potevo
essere me stesso e godere, un poco, la mia vita.
Vien fatto di chiedersi perché mai l’Antonietta si facesse
passare per sorella dell’Adelaide e non mamma quale in realtà era. Con ogni
probabilità al poeta sarebbe venuto in uggia alternarsi nell’alcova con una figlia e con la di lei mamma, meglio fargli credere
d’essere sorelle. Che poi il poeta avesse frequentato a letto ambedue oltre
che la contessa Malvezzi, si ricava dall’espressione godere, un poco, la mia vita con la quale il poeta intende
riferirsi ovviamente al godimento sessuale. Per quel ch’è il mio assunto occorre
non dimenticare che all’epoca dei fatti
ambedue le donne erano coniugate.
Proseguiamo ed
incontriamo l’interessante figura di Albertina Montenovo Sanvitale (1817-†1847), figlia di Maria Luigia che condivise col
marito Luigi Sanvitale gli ideali liberali, accettando sofferenze familiari:
sopportò con coraggio persecuzioni politiche, confortò il marito nell’esilio e
incoraggiò il figlio Alberto ad impegnarsi per la causa italiana.Anche
Albertina lasciò, nel senso che ci occupa,
diversi compromettenti scritti inviati a combattenti, ma piú spesso a
teorizzatori dei movimenti rivoluzionari. Alla famiglia Sanvitale
appartenne altresí Isabella Sanvitale Simonetta,
alla quale dedicò un bel componimento Jacopo Sanvitale (1785-1867), che patí
l’esilio per non venir meno alle sue idee; esse furono peraltro condivise dalla
moglie Giuseppa Folcheri, piemontese, colta e
geniale pittrice, ardente come lui di spirito di italianità, che la portò a
subire col marito l’esilio ed aspre traversie lenite da occasionali incontri
con letterati e modelli che condividevano le sue idee rivoluzionarie. Partecipò
infatti ai moti del 1831, e la sua scheda segnaletica redatta dalle autorità di
polizia ci dice che fu allontanata dallo stato con passaporto intestato al
cognome della sua famiglia di origine ed un sussidio pecuniario attenuto per i
buoni uffici del delegato di polizia che l’aveva sottoposta al primo
interrogatorio ed era rimasto affascinato dalla Folcheri ed usato delle sue grazie. Morí in esilio, a Marsiglia
nel 1848, come la figlia Clementina.
Tenne un salotto
rinomato anche Margherita Moradet Melloni,
cognata dell’illustre fisico e liberale Macedonio Melloni (1798-1854): la sua
casa era frequentata da eminenti personalità, scienziati, letterati, artisti;
la signora non trascurò neppure le opere di carità verso i piú deboli, come
ricordò un suo agiografo tal Janelli che
ne tessette ampi elogi. Dai biografi fu però spesso confusa con Rita Melloni, figlia di Macedonio,
che morí a Genova dopo aver condotto una vita oscura e appartata.
Di tipo diverso,
strettamente umano e sentimentale, è il ruolo giocato da Teresa Trecchi (Cremona,
circa 1814 - †post 1862), figlia del marchese Manfredo e sorella del colonnello
Gaspare, aiutante di campo di Garibaldi. Donna colta, sensibile ed aperta
alle nuove idee politiche, rimase affascinata da Garibaldi (la cui fama di
conquistatore di donne non si smentí certo a Parma...), che ospitò nella sua
bella villa di Maiatico, dopo la visita da lui compiuta a Parma in un’atmosfera
di entusiasmo. Viveva separata dal marito, per cui non fece nulla per
nascondere la sua amicizia col celebre condottiero; arrivò addirittura ad
ospitare la giovane e vivacissima figlia di Garibaldi, Anita, con la madre
Battistina Ravel, di Nizza. Mentre Garibaldi era a Caprera, gli scrisse
moltissimo, inviandogli anche tralci di vite di Maiatico da trapiantare e fusti
di castagno.Interessante è altresí la figura di Ada
Corbellini Martini (1843-†1866), una
poetessa «pasionaria» garibaldina,
che dedicò ai ragazzi in camicia rossa guidati dall’«eroe dei due mondi» versi che furono popolarissimi non solo in
Italia ma anche in America. Le sue infiammate rime in lode dei ragazzi in
camicia rossa varcarono addirittura l’Oceano, essendo citati persino in un
giornale di Buenos Ayres. Molto celebre è la poesia «Io sono l’italiana
giardiniera» che esalta la società segreta femminile (detta appunto la
Giardiniera) parallela a quella maschile dei Carbonari. Ada Corbellini morí
giovanissima nel 1866, non senza aver visto coronato il suo sogno patriottico,
e aver assistito di persona alle prime sedute del nuovo Parlamento.
Visse anche a Parma Giuditta
Sidoli (1804-†1871), amica, collaboratrice e spudorata amante di Giuseppe Mazzini;
fu a Parma dal 1837 al 1852, anno in cui la sua villa (che si trovava nella
zona della via attualmente a lei intitolata) fu perquisita. La Sidoli venne
dapprima portata nel carcere di San Francesco, poi allontanata da Parma e
dall’Italia. Trascorse i suoi ultimi anni a Torino, dove tenne un salotto frequentato
da spiriti liberali cui si dètte anima e piú spesso corpo. Come si fa a non
citareVirginia Oldoini contessa di Castiglione,
cugina di Camillo Benso di Cavour,
amante di Napoleone III? Costei fu la piú celebre delle zompapérete risorgimentali, cugina del conte di Cavour, ebbe ben 43 amanti occasionali di cui 12
contemporaneamente ed a loro insaputa, passò alla storia per aver sedotto (su
consiglio del cugino:”Usate tutti i mezzi
che vi pare, ma riuscite!”) per aver sedotto Napoleone III e di costui disse,
rivolgendosi ad una dama di compagnia in occasione di una parata militare:”E pensare che quella testa à passato ore ed
ore tra le mie cosce!” Non c’è che dire, le cortigiane,le escort, le ruby non sono certo un’invenzione di
Berlusconi! Di Ana Maria
de Jesus Ribeiro da Silva, meglio conosciuta come Anita Garibaldi (Morrinhos, 30 agosto 1821 – †Mandriole di Ravenna, 4 agosto 1849), universalmente
nota come l'Eroina
dei Due Mondi dirò nella seconda parte.
Qui giunto per non
tediare l’uditorio mi limiterò a completare quest’elenco rammentando alcuni nomi di altre famose zompapérete
risorgimentali quali la principessa di Belgiojoso: Cristina Trivulzio Belgiojoso (Milano, 28 giugno 1808 – †Milano, 5 luglio 1871) ed Ernesta Bisi Legnani (Milano, 18 giugno
1788 – † Milano, 13 novembre
1859)
Non
parlerò di
Eleonora Pimentel Fonseca né di
Maria
Luisa Sanfelice dei Duchi di Agropoli e Lauriano (Napoli, 28 febbraio 1764 – † Napoli, 11 settembre 1800)
che pur
potendo rientrare, per il loro comportamento immorale, nell’elenco stilato appartennero ad un precedente
periodo storico quantunque prodromico di quello risorgimentale e passo
quindi velocemente alla
Garibaldi tombeur de femmes
Raffaele Bracale
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