MARUFFA, MARRUFFA & DINTORNI
Questa volta, sollecitato dalla richiesta di un caro amico
che mi rende visita quasi ogni sera, mi soffermerò a parlare del vocabolo in
epigrafe, icastica ed un tempo usatissima voce della parlata partenopea in uso,
per tantissimo tempo dagli anni ‘30 sino a tutti gli anni ’50 e poi desueta, soprattutto
nella città bassa.Difficile stabilire il perché una voce si sia mantenuta in
vita ed usata per un tempo circoscritto e per un àmbito ristretto e si sia poi
dileguata senza lasciar traccia di sé in nessuno dei numerosi calepini
dell’idioma partenopeo i cui autori ànno un duplice torto: alcuni quello di
copiarsi vicendevolmente e tutti quello di attingere esclusivamente nelle opere
di autori classici e/o antichi, tenendo in non cale la parlata viva del popolo
partenopeo che invece tiene in continuo divenire il proprio linguaggio assicurandogli
quella vivezza di un idioma che non sia
lingua morta!
Ciò precisato veniamo alle voci in epigrafe precisando che
la prima maruffa è il s.vo e poi anche agg.vo f.le originario mentre la
seconda marruffa anch’essa s.vo e poi anche agg.vo f.le, quantunque maggiormente in uso nella parlata
viva del popolo partenopeo della città bassa, è voce derivata dalla prima
attraverso un consueto raddoppiamento espressivo popolare della liquida r.
E veniamo al significato: in origine con il termine maruffa
si indicò, secondo il noto criterio della parlata napoletana per il
quale criterio un oggetto è inteso, se
di genere maschile piú piccolo o contenuto del corrispondente oggetto di genere
femminile: abbiamo ad es. ‘a tavula (piú grande rispetto a ‘o
tavulo piú piccolo ),‘a tammorra (piú grande rispetto a ‘o
tammurro piú piccolo ), ‘a cucchiara(piú grande rispetto a ‘o
cucchiaro piú piccolo), ‘a carretta (piú grande rispetto a ‘o
carretto piú piccolo ) ‘a tina(piú grande rispetto a ‘o tino
piú piccolo); fanno eccezione ‘o
tiano che è piú grande di ‘a tiana e ‘o caccavo piú grande di
‘a caccavella; dicevo dunque che in origine con il termine maruffa
si indicò (per il criterio or ora illustrato) una nassa un po’ piú
grossa del corrispondente m.le maruffo ( nassa,(dal lat. nassa(m)) Cesto di vimini, di forma
generalmente sferoidale, con una piccola apertura alla sommità, che si cala in
acqua per contenere il pesce catturato e mantenerlo in vita fino a che non sia
finita la pesca).
Successivamente
quando la voce maruffa passò dai
pescatori che frequentavano il mercato ittico prospiciente in Napoli la Porta
Capuana, allorché, dicevo, la voce passò sulla bocca degli abitanti della
zona,acquistando il raddoppiamento espressivo della liquida r perdette
il suo significato originario, per acquistarne sotto la morfologia di marruffa
e tenendo presente l’ aspetto ormai liso, frusto, consunto e scalcinato
di una nassa pesta ed acciaccata per essere stata usata e piú vòlte riusata, quello traslato (riferito
peraltro alle sole donne) di persona goffa, sgraziata, maldestra,
inelegante,sciatta, dozzinale, rozza; la voce marruffa venne accostata, con riferimento a vecchie o anzione donne
malmesse, a scònceca, racchia e zàffia di significato pressocché
simile: , goffa, maldestra, impacciata,trasandata,mediocre, scadente,
rozza e persino volgare, mentre per il maschile, un soggetto che fosse goffo, sgraziato, maldestro,
inelegante,sciatto, dozzinale, rozzo o anche deforme o storpio fu détto
alternativamente
grisolaffío (dal greco bizantino
krysoláios) voce esclusivamente maschile,
scuonceco/sconceca
agg.vo m.le o f.le ( voce
deverbale formata attraverso la
protesi di una esse (distrattiva) al
verbo conciare= sciupare, rovinare che diede dapprima il termine scuoncio= sciupato, rovinato e poi con ampliamento di suffisso il termine a
margine scuonceco= deforme, storpio ma
anchesmagrito, deperito,
smunto,sformato etc.e quindi inteso rozzo/a,
grossolano/a, brutto/a, sgraziato/a;
racchio/a s.vo
ed agg.vo m.le o f.le letteralmente in primis piccolo grappolo
stentato che resta sulla vite dopo la vendemmia; per traslato poi che, chi è
rozzo/a, grossolano/a, brutto/a, sgraziato/a, avvizzito/a. La voce è molto
usata al femminile. D’ etimo incerto, ma appare probabile una derivazione da un
lat. parlato *rac(u)lu(m)→raclu(m)→racchio
quale diminutivo di una forma latina
marcata sul greco rax=acino d’uva;
zàffio ( dal greco mod. tsáfos che
è dall’arabo sāiyf).
E
veniamo alla parte che ritengo piú interessante, quella che riguarda
l’etimologia della/e voce/i in epigrafe.
Ricordato
che per la nostra indagine occorre partire dalla voce maruffa, anzi da maruffo
che la voce di partenza su cui fu marcata maruffa.
Non
di semplice soluzione la questione però! La maggior parte dei
vocabolaristi si trincerano dietro il solito pilatesco etimo sconosciuto o
incerto, cosa che – come è noto – mi procura attacchi d’orticaria. Qualcuno (
Treccani ) azzarda un non specificato, né chiarito voce di origine còrsa qualche altro (M.Cortelazzo) ipotizzò che non
si potesse trattare di un continuatore di
mafaro ← mamphur =cocchiume della
botte; e fin qui son disposto a seguirlo, ma alla fine sulle orme di un tal Pier
Enea Guarnerio (glottologo di fine ‘800) concluse, anche lui!, (parce sepulto)
che trattasi di etimo sconosciuto. Sono grandemente insoddisfatto e mi son
fatto una mia idea che partecipo volentieri a chi mi leggerà.
Entro súbito in medias res, ma poi chiarisco, affermando
(checché ne dicano i paludati addetti ai lavori…) che a mio sommesso, ma deciso
avviso la voce maruffo donde maruffa e poi marruffa è con molta probabilità degradazione semantica d’un nome
proprio, anzi – per meglio dire – di un cognome quello di quel tal Matteo
Maruffo (XIV sec.) di cui fallano e mi fallono estese notizie biografiche; so
solo che si trattò d’un ammiraglio genovese divenuto famoso per aver sconfitto
nel corso della guerra di Chioggia nel 1380 con la sua flotta di galee, nel
mare al largo della città di Manfredonia, i veneziani di Vettor Pisani (Venezia,
1324 – † Manfredonia,
13 agosto
1380); ò pensato che i
marinai delle galee a gli ordini del Maruffo, stanchi di cibarsi di gallette,
carni secche e salate ed altri alimenti conservati, normalmente in uso tra la
gente di mare cercassero di migliorare i pasti con del buon pesce fresco ed una
vòlta procuratoselo avessere ideato una particolare nassa che legata ad una
fune permettesse di conservarlo
tenendolo, rinchiuso nella nassa, continuamente immerso in acqua fino al
momento di consumarlo. Si può quindi ragionevolmente pensare, pur se mancano
adeguati riferimenti storici(la voce maruffo,presente
nel Cortelazzo/Marcato, nel Treccani e nel Garzanti, manca inopinatamente nel
D.E.I.(che solitamente dei lemmi
considerati riporta spesso l’indicazione del secolo in cui il lemma è stato
usato per la prima vòltaed il nome dell’autore che l’abbia usato) ), si può
ragionevolmente ipotizzare che i marinai di Matteo Maruffo, o per dileggio o
per affetto abbiano assegnato il cognome del loro ammiraglio a quella
particolare nassa di loro ideazione. E cosí penso d’aver chiarito o quanto meno
d’aver indicato una strada da poter percorrere nella ricerca dell’etimo delle
voci in epigrafe. Ma prima di apporre il mio consueto satis est, che il piú
delle vòlte chiude le mie paginette di linguistica, mi piace rammentare che nel
colorito, icastico idioma popolare partenopeo la voce marruffa è spesso
accompagnata da altri aggettivi e l’espressione completa, usata quale offensivo
dileggio rivolto ad una donna, suona: brutta,
vecchia marruffa scuffata e sceriata!(brutta, vecchia, goffa donna,
slombata e vanamente imbellettata!); preciso:
brutta agg.vo f.le del
m.le brutto: 1)si dice di persona, animale o cosa di aspetto sgradevole, o che
comunque produce un'analoga impressione; 2) cattivo, riprovevole, sconcio; 3)
sfavorevole, che reca danno o molestia, che produce un effetto negativo; la
voce è dal lat. brutu(m) 'bruto', con raddoppiamento consonantico
espressivo.
vecchia agg.vo e s,vo f.le
del m.le vecchio/viecchio: che si trova nell'ultimo periodo della vita
naturale; con significato piú ampio, anziano (in contrapposizione a giovane);
quanto all’etimo è voce del lat. tardo veclu(m), per il class. vetulu(m),
dim. di vetus 'vecchio' seguendo il percorso vetulu(m)→vetlu(m)→veclu(m)→vĕcchio/viecchio
scuffata . agg.vo (ma
in origine participio passato poi aggettivato) f.le del m.le scuffato; lo stesso che scioffato/a :pesto/a, malmenato/a,malmesso/a,
storpiato/a dilombato/a con etimo da un lat. volg. exuffatu(m);
sceriata agg.vo (ma in origine participio passato
poi aggettivato) f.le del m.le sceriato: sfregato strofinato, frizionato , soffregato, lucidato e
per giocoso ampiamento semantico abbellito, adornato,agghindato, bardato, imbellettato; etimologicamente si tratta come
ò détto del participio passato poi aggettivato dell’infinito
scerià id est: soffregare,
nettare, lucidare verbo che viene da un tardo latino: flicare = soffregare. da cui felericare
e poi flericare, donde scericare e infine scerià (per il consueto esito del digramma fl in sci (cfr. flos→sciore –
flumen→sciummo – flamma→sciamma).
Satis est.
Raffaele Bracale
Nessun commento:
Posta un commento