MENÀ ‘A FAVETTA & dintorni
Questa volta è stato il
caro amico P. G. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad
indicare solo le iniziali di nome e cognome) a
chiedermi via e-mail di chiarirgli
significato e portata dell’ espressione partenopea in epigrafe. Mi accingo alla bisogna dicendo
che menà
‘a favetta è ad litteram: buttare la piccola fava, ma vale: gettare il malocchio su qualcuno o
qualcosa nell’intento di procurargli un durevole danno. È chiaro che trattasi di un
traslato che qui di sèguito tento di spiegare.Si tratta di un’antica
espressione in origine d’estrazione
rurale.
In primis va détto che con il termine favetta non si intende
esattamente, come parrebbe, una piccola
fava, ma il seme di quel legume. E mi spiego.
Bisogna tener presente che la fava è un legume
rigogliosissimo che attecchisce
facilmente di talché un coltivatore malintenzionato che volesse procurar danno
ad un suo confinante, nottetempo potrebbe
buttare i semi della fava nel campo del vicino seminato ad altro, per modo che la fava attecchendo e
sviluppandosi rigogliosa infestasse a mo’ della biblica zizzania il campo
procurando un danno.
Passata l’espressione dall’ uso della campagna a quello della città
quel danno reale fu preso a simbolo di
ogni altro derivante da un comportamento tipico di chi essendo un
menagramo
potesse
ledere l’altrui esistenza di modo che l’espressione menà ‘a favetta significò
ed ancóra significa gettare il malocchio, la iella su
qualcuno o qualcosa; l’espressione fu ed è
perciò di pertinenza di ogni persona alla
quale, soprattutto per il suo aspetto triste e tetro, si attribuí e si attribuisce (per superstizione o con intento
scherzoso) il potere di portare sfortuna; fu ed è di pertinenza
di ogni soggetto che si ritenne e si ritiene esercitasse e/o eserciti influssi malefici; fu
ed è di specifica pertinenza di ogni iettatore e/o iettatrice. Analoga
dell’espressione or ora esaminata, ma di valenza piú marcata è quella che
suona menà ‘o nniro ‘e seccia oppure tout court menà
‘a seccia che ad litteram sono: buttare il nero dello seppia oppure buttare la seppia ed ambedue anche esse valgono: gettare il malocchio su qualcuno o qualcosa
nell’intento di procurargli un danno
immediato ed appariscente simile a quello cagionato dalla seppia con il suo
nero. Nella fattispecie il menagramo di turno è accreditato di comportarsi, sia
pure metaforicamente, alla medesima stregua di una seppia che è solita, ma per
difesa, lanciare spruzzi d’ un suo nero di cui è provvista contro un
assalitore; alla stessa maniera lo/la iettatore/iettatrice con una sua azione malevola e
proditoria è in grado di
offuscare,scurire, rabbuiare l’esistenza
di colui/colei contro cui agisca quando decida di farlo/a bersaglio di un
metaforico lancio di nero di seppia o di seppia tout court, seppia che entrata
in contatto con l’ipotetico bersaglio l’irrorerebbe del suo liquido difensivo.
Esaminiamo
le voci incontrate:
menà verbo transitivo che à un vasto ventaglio di
accezioni: buttare, sospingere dentro o
fuori ed anche, ma meno comunemente,
trascorrere, passare, vivere ed estensivamente assestare, dare con forza, picchiare; In parecchie frasi à
senso affine a fare, sollevare, produrre, manifestare e sim., determinato
meglio dal complemento: menà rummore
=far parlare di sé, essere sulla bocca di tutti; ; menà a uno p’ ‘o
naso = raggirarlo, dargli a intendere, fargli fare o credere
ciò che si vuole; l’etimo è
dal tardo lat. minare, propr. 'spingere innanzi gli
animali con grida e percosse', deriv. di minae 'minacce'.
favetta s.vo f.le d.vo di fava 1 (in primis) pianta erbacea con foglie paripennate, fiori
bianchi macchiati di nero e legume a baccello contenente semi commestibili, di
color verde e della forma di un grosso fagiolo appiattito (fam.
Leguminose) | (estens.) il seme commestibile della pianta: piglià dduje
picciune cu ‘na fava - prendere due piccioni con una fava, (fig.)
raggiungere due obiettivi in un colpo solo
2 (ant.) voto in un'assemblea che si esprimeva deponendo in un vaso fave bianche o nere
3 (per metafora furbesca e giocosa e popolarmente come nel caso che ci occupa) glande; e per estens., pene: voce dal lat. faba-m + il suff. diminutivo etta; come ò anticipato nella fattispecie con il diminutivo favetta non si intende una piccola fava bensí il seme della leguminosa quello che messo a dimora attecchisce facilmente e si sviluppa rigoglioso infestando a mo’ della biblica zizzania un campo seminato danneggiandolo.
2 (ant.) voto in un'assemblea che si esprimeva deponendo in un vaso fave bianche o nere
3 (per metafora furbesca e giocosa e popolarmente come nel caso che ci occupa) glande; e per estens., pene: voce dal lat. faba-m + il suff. diminutivo etta; come ò anticipato nella fattispecie con il diminutivo favetta non si intende una piccola fava bensí il seme della leguminosa quello che messo a dimora attecchisce facilmente e si sviluppa rigoglioso infestando a mo’ della biblica zizzania un campo seminato danneggiandolo.
seccia di per sé
s.vo f.le, ma usato anche al m.le senza mutamenti morfologici; 1in primis mollusco marino dei cefalopodi,
commestibile, a forma di sacco ovale e depresso, con bocca munita di tentacoli
e provvisto di conchiglia interna; 2 per traslato iettatore,
malaugurio pericoloso capace (a mo’ d’una seppia che è solita, ma per difesa,
lanciare spruzzi d’ un suo nero di cui è provvista) con la sua azione malevola e proditoria di
rovinare l’esistenza di colui/colei
contro cui agisca.
E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento,
soddisfatto l’amico P.G. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro
lettori e piú genericamente chi dovesse
imbattersi in queste paginette.Satis est.
Raffaele Bracale
Nessun commento:
Posta un commento