MERAVIGLIA & dintorni
Questa volta su suggerimento/richiesta dell’amico E. C.
amico di cui al solito (per questione di riservatezza) mi limito ad indicare le
iniziali di nome e cognome, prendo in esame la voce italiana in epigrafe, i sinonimi , quelle collegate e le corrispondenti del
napoletano che al solito sono maggiormente significative ed icastiche. Cominciamo:
meraviglia s.vo f.le
1 sentimento di viva sorpresa suscitato da qualcosa di nuovo, strano, straordinario o comunque inatteso: provare, destare, mostrare meraviglia; ascoltare con meraviglia; essere pieno di meraviglia | far meraviglia (a qualcuno), stupire: mi fa meraviglia che parli cosí! | a meraviglia, ottimamente, perfettamente: tutto è andato a meraviglia
2 persona o cosa che per la sua bellezza o il suo carattere straordinario suscita ammirazione: quel bambino è una meraviglia; à una casa che è una meraviglia; le meraviglie della natura | le sette meraviglie del mondo, le sette opere artistiche dell'antichità che venivano considerate come le piú insigni creazioni dell'uomo | l'ottava meraviglia, cosa eccezionalmente bella (spesso scherz. o iron.) | raccontare, dire meraviglie di qualcuno o qualcosa, parlarne molto bene, dirne cose straordinarie, spesso esagerando | far meraviglie, compiere imprese eccezionali
3 (region.) nome di varie piante erbacee ornamentali, fra cui la bella di notte. !». Etimologicamente voce marcata in origine sul napoletano maraviglia che era da una forma osca mērabilia/mārabilia del lat. mirabilia→marabilia→maraviglia, propr. 'cose meravigliose', neutro pl.poi inteso f.le sost. dell'agg. mirabilis 'meraviglioso';ed in effetti anticamente e per lunga pezza anche in italiano si ebbe maraviglia in luogo di meraviglia; successivamente (XII sec.)incomprensibilmente s’ebbe una mutazione operata dnel dialetto toscano trasformando una A etimologica ( cosa invero abituale: cfr. altrove: la fessaria napoletana derivata da fessa venne trasformata in fesseria) adottando, (ma non se ne coprendono serie ragioni) una piú chiusa E (fessaria vien trasformata in fesseria, maraviglia→meraviglia) nella sciocca convinzione che la vocale chiusa E sia piú consona dell'aperta A alla elegante (?) lingua di Alighieri Dante.
1 sentimento di viva sorpresa suscitato da qualcosa di nuovo, strano, straordinario o comunque inatteso: provare, destare, mostrare meraviglia; ascoltare con meraviglia; essere pieno di meraviglia | far meraviglia (a qualcuno), stupire: mi fa meraviglia che parli cosí! | a meraviglia, ottimamente, perfettamente: tutto è andato a meraviglia
2 persona o cosa che per la sua bellezza o il suo carattere straordinario suscita ammirazione: quel bambino è una meraviglia; à una casa che è una meraviglia; le meraviglie della natura | le sette meraviglie del mondo, le sette opere artistiche dell'antichità che venivano considerate come le piú insigni creazioni dell'uomo | l'ottava meraviglia, cosa eccezionalmente bella (spesso scherz. o iron.) | raccontare, dire meraviglie di qualcuno o qualcosa, parlarne molto bene, dirne cose straordinarie, spesso esagerando | far meraviglie, compiere imprese eccezionali
3 (region.) nome di varie piante erbacee ornamentali, fra cui la bella di notte. !». Etimologicamente voce marcata in origine sul napoletano maraviglia che era da una forma osca mērabilia/mārabilia del lat. mirabilia→marabilia→maraviglia, propr. 'cose meravigliose', neutro pl.poi inteso f.le sost. dell'agg. mirabilis 'meraviglioso';ed in effetti anticamente e per lunga pezza anche in italiano si ebbe maraviglia in luogo di meraviglia; successivamente (XII sec.)incomprensibilmente s’ebbe una mutazione operata dnel dialetto toscano trasformando una A etimologica ( cosa invero abituale: cfr. altrove: la fessaria napoletana derivata da fessa venne trasformata in fesseria) adottando, (ma non se ne coprendono serie ragioni) una piú chiusa E (fessaria vien trasformata in fesseria, maraviglia→meraviglia) nella sciocca convinzione che la vocale chiusa E sia piú consona dell'aperta A alla elegante (?) lingua di Alighieri Dante.
emozione, s.vo f.le s. f.
(psicol.)
intenso moto affettivo, piacevole o penoso, che desta alternativamente
commozione, trepidazione, eccitazione, agitazione; moto accompagnato per lo piú da modificazioni
fisiologiche e psichiche (pallore o rossore, reazioni motorie ed espressive
ecc.) | nell'uso corrente, impressione viva, turbamento, stupore: provare
una forte emozione; andare in cerca di emozioni, di esperienze
eccitanti; accogliere una notizia senza emozione, con indifferenza.
Etimologicamente
voce dal fr. émotion, deriv. del
lat. tardo emotione(m), che è da emotus;
stupore, s.vo m.le
1 meraviglia grande ed improvvisa;
sbalordimento: essere colto, preso da stupore; un'esclamazione
di stupore
2 (med.) arresto della motilità volontaria, associato ad un indebolimento dell'attività psichica; stato di stordimento;intontimento.
2 (med.) arresto della motilità volontaria, associato ad un indebolimento dell'attività psichica; stato di stordimento;intontimento.
Etimologicamente
voce dal lat. stupore(m),
deriv. di stupíre 'sbalordire';
sbalordimento, s.vo m.le Il
fatto di stupire, d’essere sconcertato, impressionato; stato di stupefazione: essere preso dallo sbalordimento;
riaversi dallo sbalordimento
etc. ;Etimologicamente voce deverbale di sbalordire che è un denominale di balordo (1 persona sciocca o molto
sbadata. 2 (gerg.) delinquente, malavitoso (dal tardo lat. bis→ba + lurdu(s)= zoppicante,con
protesi di una s intensiva);
stordimento, s.vo m.le
lo stordire, lo stordirsi; stato di
chi è stordito;sorpresa,
sconcerto,turbamento (tutti stati d’animo che determinano quel sentimento di viva
sorpresa che è la meraviglia);
Etimologicamente voce deverbale di stordire che è un
denominale di tordo, nel senso fig. di 'uomo
semplice, balordo', col pref.intensivo s-
sbigottimento, s.vo m.le sbalordimento, smarrimento, stato di agitazione,di sconvolgimento,di ansia,di confusione che che inducono all’essere
meravigliato,stupito, stupefatto, sbalordito, sorpreso, trasecolato,
strabiliato. Etimologicamente voce deverbale di sbigottire che è marcato
sul fr. ant. esbahir 'sbalordire';
miracolo, s.vo m.le
1 (in primis teol.) fatto sensibile, ma estraneo all'ordinario corso naturale, che Dio e solo Dio compie, anche per intercessione della Madonna o dei santi, al fine di rivelare il suo potere e confermare l'uomo nella fede: i miracoli di Gesú; il miracolo della resurrezione di Lazzaro; | fare, operare un miracolo | gridare al miracolo, (fig.) manifestare una meraviglia sproporzionata all'evento che la suscita | credere nei miracoli, (fig.) credere che si realizzi un evento impossibile o molto improbabile | conoscere, raccontare vita, morte e miracoli di qualcuno, ogni cosa su di lui, fin nei minimi particolari (l'espressione era ricorrente, in senso proprio, nel titolo delle vite dei santi)
2 (iperb.come nel caso che ci occupa ) cosa o fatto meraviglioso, straordinario, fuori del comune: i miracoli dell'arte, della scienza | miracolo economico, periodo di intenso e rapido sviluppo dell'economia di un paese; in Italia, per antonomasia, il periodo degli anni 1955-1965 | essere un miracolo che, essere straordinario, eccezionale: è un miracolo che sia rimasto illeso; fu un miracolo che ci fossi anch'io | fare miracoli, fare qualcosa di incredibile, che si riteneva umanamente impossibile: una cura che fa miracoli; un atleta che à fatto miracoli | dire miracoli di qualcuno, parlarne in tono entusiastico | per miracolo, a stento, a malapena; per caso: salvarsi per miracolo; ò preso l'aereo per miracolo; l'ò trovato in ufficio per miracolo | essere un miracolo di ingegno, di bontà, di bravura ecc. , si dice di persona o cosa che ha capacità, qualità, caratteristiche straordinarie: mio figlio è un miracolo di memoria; un intarsio che è un miracolo di pazienza
3 dramma sacro medievale in volgare avente per tema un miracolo compiuto da Dio attraverso i santi o servendosi di loro.
1 (in primis teol.) fatto sensibile, ma estraneo all'ordinario corso naturale, che Dio e solo Dio compie, anche per intercessione della Madonna o dei santi, al fine di rivelare il suo potere e confermare l'uomo nella fede: i miracoli di Gesú; il miracolo della resurrezione di Lazzaro; | fare, operare un miracolo | gridare al miracolo, (fig.) manifestare una meraviglia sproporzionata all'evento che la suscita | credere nei miracoli, (fig.) credere che si realizzi un evento impossibile o molto improbabile | conoscere, raccontare vita, morte e miracoli di qualcuno, ogni cosa su di lui, fin nei minimi particolari (l'espressione era ricorrente, in senso proprio, nel titolo delle vite dei santi)
2 (iperb.come nel caso che ci occupa ) cosa o fatto meraviglioso, straordinario, fuori del comune: i miracoli dell'arte, della scienza | miracolo economico, periodo di intenso e rapido sviluppo dell'economia di un paese; in Italia, per antonomasia, il periodo degli anni 1955-1965 | essere un miracolo che, essere straordinario, eccezionale: è un miracolo che sia rimasto illeso; fu un miracolo che ci fossi anch'io | fare miracoli, fare qualcosa di incredibile, che si riteneva umanamente impossibile: una cura che fa miracoli; un atleta che à fatto miracoli | dire miracoli di qualcuno, parlarne in tono entusiastico | per miracolo, a stento, a malapena; per caso: salvarsi per miracolo; ò preso l'aereo per miracolo; l'ò trovato in ufficio per miracolo | essere un miracolo di ingegno, di bontà, di bravura ecc. , si dice di persona o cosa che ha capacità, qualità, caratteristiche straordinarie: mio figlio è un miracolo di memoria; un intarsio che è un miracolo di pazienza
3 dramma sacro medievale in volgare avente per tema un miracolo compiuto da Dio attraverso i santi o servendosi di loro.
Etimologicamente voce dal lat. miraculu(m)
'meraviglia', deriv. di mirari 'osservare con ammirazione,
meravigliarsi';
incanto, s.vo m.le 1 l'incantare, l'essere incantato: fare, compiere un incanto |
come per incanto, d'improvviso, in un modo che à del magico | d'incanto,
meravigliosamente, alla perfezione: un vestito che le sta d'incanto
2 (fig.) fascino, forza di seduzione: l'incanto di una voce, di uno sguardo | atmosfera incantata: l'incanto di una notte stellata
3 (fig. come nel caso che ci occupa ) persona o cosa deliziosa, incantevole, che desti meraviglia: quella ragazza è un incanto
2 (fig.) fascino, forza di seduzione: l'incanto di una voce, di uno sguardo | atmosfera incantata: l'incanto di una notte stellata
3 (fig. come nel caso che ci occupa ) persona o cosa deliziosa, incantevole, che desti meraviglia: quella ragazza è un incanto
4vendita pubblica di un bene al migliore offerente: mettere, vendere,
comperare all'incanto
Etimologicamente per i significati sub 1,2,3 voce deverbale di incantare che è dal lat. incantare
'cantare formule magiche', comp. di in-
e cantare, frequent. di canere 'cantare'; per il
significato sub 4 è voce dal lat. mediev. incantum,
da in quantum? 'a quanto, a quale prezzo?', formula tipica delle vendite
all'asta;
bellezza, s.vo f.le
1
qualità di ciò che è bello (anche in senso morale); il valore estetico delle
cose: una donna di grande bellezza; la bellezza del creato, di
un'opera d'arte; la bellezza di un sacrificio; bellezza fisica,
quella del corpo | prodotto, istituto, cura di bellezza,
che mira a preservare e a curare la bellezza fisica | bellezza greca, classica,
rispondente ai canoni dell'arte greca antica | per bellezza, a scopo
ornamentale | finire, chiudere in bellezza, finire bene l'opera
intrapresa
2 persona o cosa bella: le bellezze della natura | bellezze naturali, ambientali, luoghi in cui la natura è bella di per sé o per l'azione dell'uomo, e che sono tutelati dalla legge come patrimonio culturale pubblico | una bellezza somala, donna bella appartenente a quell'etnia | bellezza!, apostrofe di tono confidenziale o ironico: senti, bellezza! | che bellezza!, escl. di gioia, soddisfazione e sim.: oggi è vacanza, che bellezza!
2 persona o cosa bella: le bellezze della natura | bellezze naturali, ambientali, luoghi in cui la natura è bella di per sé o per l'azione dell'uomo, e che sono tutelati dalla legge come patrimonio culturale pubblico | una bellezza somala, donna bella appartenente a quell'etnia | bellezza!, apostrofe di tono confidenziale o ironico: senti, bellezza! | che bellezza!, escl. di gioia, soddisfazione e sim.: oggi è vacanza, che bellezza!
3 (fig. come nel caso che ci occupa ) persona o cosa deliziosa, incantevole,
che desti meraviglia, stupore: quella donna è una vera bellezza!
4 in
espressioni enfatiche: questa pianta cresce che è una bellezza, bene e
rapidamente | con valore ironico, per indicare grande quantità: mi è costato
la bellezza di mezzo stipendio.
Etimologicamente voce denominale di bello attraverso l’uso
del suffisso ezza, suffisso che rappresenta la continuazione popolare del suff. lat. -itia(m)
e serve a formare nomi astratti derivati
da aggettivi (bellezza, grandezza); a sua volta bello (ag.vo dal lat. bellu(m)
'carino', in origine dim. di bonus 'buono';
prodigio, s.vo m.le
1 fatto, fenomeno che esce dal corso ordinario delle cose naturali: un prodigio di natura; nell'antichità si interpretavano i prodigi;
2 (iperb. e fig. come nel caso che ci occupa) fatto, evento che suscita meraviglia per il suo carattere eccezionale, fuori del comune; anche, la persona o la cosa che abbia doti, caratteristiche eccezionali: un chirurgo che compie prodigi; essere un prodigio di bravura, di memoria; un prodigio della tecnica
1 fatto, fenomeno che esce dal corso ordinario delle cose naturali: un prodigio di natura; nell'antichità si interpretavano i prodigi;
2 (iperb. e fig. come nel caso che ci occupa) fatto, evento che suscita meraviglia per il suo carattere eccezionale, fuori del comune; anche, la persona o la cosa che abbia doti, caratteristiche eccezionali: un chirurgo che compie prodigi; essere un prodigio di bravura, di memoria; un prodigio della tecnica
|| Usato, secondo i piú anche come agg. invar. nelle loc. bambino,
bambina prodigio., ma a mio avviso anche in questo caso si tratta di
s.vo usato quale apposizione(sostantivo o sintagma nominale che si unisce a un nome al fine di
determinarlo(per es.: il fiume Arno; Giacomo Leopardi, poeta italiano);
Etimologicamente voce dal lat. prodigiu(m);
splendore s.vo m.le
1luce intensa e fulgente: lo
splendore del sole, dell'oro
2 (fig.come nel caso che ci occupa) carattere eccezionale, straordinario di qualcosa che induce allo stupore; fulgore: lo splendore della bellezza, dei vent'anni | bellezza eccezionale; persona, cosa molto bella: un bimbo che è uno splendore; uno splendore di ragazza; che splendore di casa!
3 magnificenza, sfarzo: lo splendore della festa; gli splendori della corte
4 (fis.) termine usato un tempo per indicare la brillanza(grandezza fotometrica che è data dal rapporto tra l'intensità luminosa di una superficie irraggiante e l'unità della superficie stessa; luminanza, luminosità; voce deverbale di brillare che è connessa con il lat. beryllus 'berillo', sostanza splendente).
2 (fig.come nel caso che ci occupa) carattere eccezionale, straordinario di qualcosa che induce allo stupore; fulgore: lo splendore della bellezza, dei vent'anni | bellezza eccezionale; persona, cosa molto bella: un bimbo che è uno splendore; uno splendore di ragazza; che splendore di casa!
3 magnificenza, sfarzo: lo splendore della festa; gli splendori della corte
4 (fis.) termine usato un tempo per indicare la brillanza(grandezza fotometrica che è data dal rapporto tra l'intensità luminosa di una superficie irraggiante e l'unità della superficie stessa; luminanza, luminosità; voce deverbale di brillare che è connessa con il lat. beryllus 'berillo', sostanza splendente).
Etimologicamente voce dal lat. splendore(m),
deverbale di splendíre 'splendere'.
Esaurite cosí le voci dell’italiano, passiamo a quelle napoletane
principiando da maraviglia per poi
soffermarci sui sinonimi; ordunque
maraviglia, s.vo f.le
–
1. a. Sentimento vivo e
improvviso di ammirazione, di sorpresa, che si prova nel vedere, udire,
conoscere cosa che sia o appaia nuova, straordinaria, strana o comunque
inaspettata: lieta, dolce, grata o spiacevole, dolorosa etc.. Con riferimento a ciò
che provoca il sentimento;
2.
a. Causa
di meraviglia: succedette ‘nu fatto ‘e
granne maraviglia(intervenne
cosa di gran meraviglia); non
è maraviglia si (non v’à
meraviglia se
...), non vi è ragione di meravigliarsene; in funzione di predicato, riferito a
persona, cosa, situazione e sim. che desti grande ammirazione per la sua
bellezza o per altre interessanti e piacevoli qualità:che maraviglia ‘e criaturo!tene ‘nu ciardino ch’è ‘na maraviglia;’sti
ccullane so’ ‘na vera maraviglia;
si t’affacce a gguardà ‘o panurama, vedarraje che maraviglia!;chillu guaglione cresce ch’è ‘na maraviglia.); ( che
m. di bambino!;
à un giardino che è una m.;
queste collane sono una vera m.;
se ti affacci a vedere il
panorama, vedrai
che m.!;
quel ragazzo cresce che è una
m.); Col verbo
sottinteso: maraviglia ca
allimmeno ‘na vota te ne sî arricurdato( m. che almeno una volta te ne sia
ricordato!);
b. Al plur., cose
meravigliose: dicere
maraviglie ‘e quaccheduno, ‘e
coccosa (dir meraviglie di qualcuno,
di qualche cosa),
farne altissime lodi, dirne un gran bene;fà
maraviglie (fare, operare meraviglie),
compiere azioni straordinarie o che destano ammirazione; raccuntà maraviglie(raccontare
meraviglie), raccontare cose che ànno del meraviglioso o dello
strano, o anche, piú semplicemente, esagerare nel raccontare o riferire.
Talora, con lo stesso senso, è usato il sing., ma con valore molto vicino al
plur. (come è appunto nell’etimologia latina):siente che maraviglia! (odi che meraviglia!);
3. a. Con senso concreto,
cosa, opera mirabile, che suscita profonda ammirazione per il suo pregio, per
la sua straordinaria bellezza, importanza o rarità:’e mmaraviglie d’ ‘o munno, ‘e ll’arte (le m. del
creato, dell’arte);
ll’aggio accumpagnato a vedé ‘e
mmaraviglie ‘e Napule(l’ò
accompagnato a vedere le meraviglie di
Napoli;’e mmaraviglie d’ ‘a scienzia(le meraviglie della scienza) (cioè le cose meravigliose
scoperte o inventate dalla scienza). In partic., ‘e ssette maraviglie d’ ‘o munno(le
sette m. del
mondo), le sette opere di architettura e di scultura che gli
antichi consideravano come i maggiori monumenti creati dall’uomo, e cioè il
colosso di Rodi, il faro di Alessandria, il mausoleo di Alicarnasso, la statua
crisoelefantina di Zeus a Olimpia, il tempio di Artemide a Efeso, i giardini
pensili di Babilonia, la piramide di Cheope in Egitto. Quindi,ll’uttava maraviglia (d’ ‘o munno) ( l’ottava m. (del mondo), cosa o persona
bellissima, spec. in tono elogiativo; spesso scherz., oppure sarcasticamente,
di cosa, o anche di persona, che pretende di essere o che altri voglia far passare per bellissima. b. ant. Cosa bizzarra,
originale; in partic., al plur., sorta di ricamo (che oggi si direbbe «di
fantasia»): cu dduje cuscine faticate a
mmaraviglie(con due guanciali
lavorati a maraviglie). 4.
Locuz. avv. a maraviglia,
in modo da meravigliare, o alla perfezione:
nun sulamente ‘e nomme,ma pure ‘e fatte
succiese ‘e ssaccio a maraviglia(non
solo i nomi, maanche
le cose accadute, le conosco a maraviglia).
Piú spesso, nell’uso com., benissimo, ottimamente: tutto prucede a mmaraviglia,
pare ca ll’esame è gghiuto a maraviglia; (tutto procede a meraviglia;
pare che l’esame sia andato a meraviglia);
esprime viva soddisfazione, e si usa perciò anche assol.: «Songo riuscito a avé a gratisse dduje biglietti p’ ‘o triato» «A maraviglia!». «Sono riuscito ad avere gratis due
biglietti per il teatro» «A meraviglia!». Etimologicamente voce da una forma osca mērabilia/mārabilia del lat. mirabilia→marabilia→maraviglia, propr. 'cose
meravigliose', neutro pl.poi inteso f.le
sost. dell'agg. mirabilis 'meraviglioso' lat. mirabilia→marabilia→maraviglia, propr. 'cose
meravigliose', neutro pl.poi inteso f.le
sost. dell'agg. mirabilis 'meraviglioso';
affamuliazzione, s.vo
f.le
1in primis attrazione, l’azione
di conquistarsi, ingraziarsi, guadagnarsi, propiziarsi, cattivarsi
2 (per tras.come
nel caso che ci occupa ) fascino, attrattiva, malia;
interesse, richiamo provocato dallo stupore suscitato da cosa e/o persona
Etimologicamente voce deverbale del lat.
adfamulor rafforzativo di famulor
affatturazzione, s.vo
f.le
1in primis incantamento, l’azione
di ammaliare con poteri magici, ingraziarsi, guadagnarsi, propiziarsi,
cattivarsi
2 (per tras.come
nel caso che ci occupa ) fascino, attrattiva, seduzione, malia, attrazione, lusinga,
allettamento, richiamo, incanto provocato dalla meraviglia suscitata da cosa e/o persona.Etimologicamente
voce denominale di fattura (dal lat. factura(m), deriv. di factus, part.
pass. di face°re 'fare').
affuscazzione, s.vo m.le
1in primis incantamento, offuscamento,
annebbiamento l’azione di confondersi, abbagliarsi,
arrossire, adirarsi etc.
2 (per
tras.come nel caso che ci occupa )sinonimo della voce precedente nei
significati sub2 intensa,
attrattiva, seduzione, malia, attrazione, lusinga, acceso, vivo, vivido, deciso allettamento, richiamo, incanto provocato dalla meraviglia suscitata
dall’imbattersi in cosa e/o persona
meravigliosa.
Etimologicamente voce deverbale del lat. tardo offuscare→affuscare, deriv.
di fuscus 'fosco, scuro';
allucenazzione, s.vo f.le
1 (in
primis) percezione di oggetti o segnali che non esistono nel campo
sensoriale del soggetto, ma che sono da lui ritenuti reali;
2 (estensivamente e per tras.come nel caso che ci occupa) inganno, abbaglio provocato dallo sbigottimento e/o emozione suscitati dall’imbattersi in cosa e/o persona sorprendente, straordinaria, incantevole. Etimologicamente voce dal lat.alucinatione(m)→allucenazzione con tipici raddoppiamente espressivi della consonante laterale alveolare (l) e della l'affricata alveolare sorda... (z) come in tutte le voci napoletane che ànno la doppia (zzione cfr. azzione , ggione cfr. raggione) laddove in italiano si opta per la scempia(zione cfr. azione , gione cfr. ragione) ‘ncantamiento, s.vo m.le
2 (estensivamente e per tras.come nel caso che ci occupa) inganno, abbaglio provocato dallo sbigottimento e/o emozione suscitati dall’imbattersi in cosa e/o persona sorprendente, straordinaria, incantevole. Etimologicamente voce dal lat.alucinatione(m)→allucenazzione con tipici raddoppiamente espressivi della consonante laterale alveolare (l) e della l'affricata alveolare sorda... (z) come in tutte le voci napoletane che ànno la doppia (zzione cfr. azzione , ggione cfr. raggione) laddove in italiano si opta per la scempia(zione cfr. azione , gione cfr. ragione) ‘ncantamiento, s.vo m.le
1 (in
primis antico sinonimo di ) incantesimo:
2(per estensione come nel caso che ci occupa ) l'incantare, l'incantarsi la condizione di chi è incantato, imbambolato attirato da cosa, persona o fatto meraviglioso, straordinario, fuori del comune:
2(per estensione come nel caso che ci occupa ) l'incantare, l'incantarsi la condizione di chi è incantato, imbambolato attirato da cosa, persona o fatto meraviglioso, straordinario, fuori del comune:
Etimologicamente voce dal lat. incantamĕntu(m)→ (i)ncantamĕntu(m)
‘ncantamĕntu(m)→’ncantamiento; cfr. ‘ncantà= stregare, ammaliare, affatturare;
‘ncantesimo, s.vo m.le
1 in primis l'essere
incantato;beatitudine, forza di seduzione,
mezzo di seduzione: fà ‘nu ‘ncantesimo (fare un incantesimo) | spezzà ‘o
‘ncantesimo(rompere l'incantesimo), annullarne gli effetti;
interrompere uno stato di beatitudine, riportare bruscamente alla realtà;
2 (fig.come nel caso che ci occupa) la condizione di chi è grandemente incantato, imbambolato attirato da cosa, persona o fatto meraviglioso, straordinario, fuori del comune, stupefacente, prodigioso, fenomenale;
2 (fig.come nel caso che ci occupa) la condizione di chi è grandemente incantato, imbambolato attirato da cosa, persona o fatto meraviglioso, straordinario, fuori del comune, stupefacente, prodigioso, fenomenale;
Etimologicamente voce deverbale del lat. incantare→’ncantà
=ammaliare, affatturare( 'cantare formule
magiche', comp. di i°n- e cantare,
frequent. di canere 'cantare';
‘nfafaremiento, s.vo m.le sinonimo del
precedentenell’accezione sub 2
1 in primis abbagglio, intontimento,
confusione, arrabbiatura
2 (fig.come nel caso che ci occupa) stordimento, istupidimento,provocati da cosa, persona
o fatto meraviglioso,
sorprendente, sbalorditivo,sensazionale, fenomenale.
Etimologicamente si tratta di voce denominale del s.vo ‘nfanfaro(= sciocco, stolto, deficiente, imbecille, scimunito) voce ottenuta
partendo da un in→’n illativo + il s.vo fanfaro =
fanfarone, smargiasso, millantatore etc.
che è a sua volta dallo spagnolo fanfarrón
con tipico dimezzamento della erre come
càpita ad es. nell’italiano caricare che
è dal lat. *carricare (da carrus): il napoletano carrecà invece conserva invece la doppia di *carricare;
‘nzallanemiento, s.vo
m.le
1 in primis patente, tangibile stordimento, confusione soprattutto di
anziani o giovani distratti e/o inesperti;
2 (fig.come nel caso che ci occupa) la
condizione di chi innanzi a cosa, persona
o fatto meraviglioso,
sorprendente, sbalorditivo,sensazionale, fenomenale è eclatantemente confuso, stordito, intontito sino a non
connettere piú.
Per entrare nel
merito dell’etimologia della voce a margine è giocoforza ch’io mi soffermi sui verbi ‘nzallaní e ‘nzallanirse, dei quali la
voce è un deverbale.
Dei due verbi citati,
il secondo rappresenta la forma riflessiva del primo, verbi che entrarono ed ancóra entrano nel comune parlato partenopeo
soprattutto nella forma di participio passato aggettivato ‘nzallanuto/a e spessissimo in unione con i sostantivi viecchio e vecchia: viecchio ‘nzallanuto,
vecchia ‘nzallanuta nei significati di confondere/ confondersi, stordire/stordirsi, intontire/intontirsi e dunque, come ò detto,lo ‘nzallanemiento è
l’eclatante confusione,stordimento, intontimento , che spesso
icasticamente riproducono
l’atteggiamento ed il comportamento di persone avanti negli anni,o di persone
giovani, ma inesperti ed indecisi
persone che si mostrano, in quasi tutte le occasioni distratti ed addirittura talora rimbambiti.Nei confronti di giovani distratti e/o inesperti il participio è usato come so.vo in
espressioni di rimprovero richiamo,
sgridata, rimbrotto del tipo: Statte
attiento/a, nun fà ‘o/’a ‘nzallanuto/a! (Poni attenzione a ciò che fai! Non
fare il/la stordito/a!). I
verbi in esame in senso transitivo, come si evince, si riferiscono alle
malevole azioni di coloro che con il loro fastidioso agire intralciano l’altrui
vivere inducendo gli altri in confusione, in istordimento, in intontimento e/o distrazione tali da
indurre in errore (cfr. Statte zitto ca
me staje ‘nzallanenno!= Taci ché mi stai frastornando!), mentre usati in
senso riflessivo raccontano la confusione, lo stordimento l’intontimento in cui incorrono spontaneamente soprattutto
le persone anziane o giovani svagati e
svogliati che usano mostrarsi anche
coscientemente e per cattiva volontà, distratti, disattenti, frastornati quasi
gloriandosi di questo loro status che ritengono ineludibile e alternativamente di pertinenza della loro età avanzata o
giovanile . Ma spesso si tratta di un atteggiamento di comodo!
Ciò detto vengo a trattare della questione etimologica dei
verbi da cui trae il sostantivo a
margine.
La faccenda non è delle piú tranquille; una prima scuola di
pensiero (cui peraltro aderisce accanto ad Antonio Altamura, anche l’amico prof. Carlo Iandolo) mette in relazione i verbi ‘nzallaní
– ‘nzallanirse con il verbo latino insanire
(impazzire – perdere i lumi) che avrebbe generato (attraverso l’inserimento
di una non spiegata o chiarita sillaba lu)
*insalunire donde per metatesi sillabica, aferesi
iniziale, cambio ‘ns→’nz e
raddoppiamento espressivo della l→ll ‘nzallanire. Ipotesi interessante ma,
tutto sommato, morfologicamente molto tortuosa. Trovo forse piú perseguibile
l’etimo proposto dall’altro amico l’
avv.to Renato de Falco che alla
medesima stregua del fu (parce sepulto!) prof. Francesco D’ Ascoli pensa di
collegare i verbi in epigrafe con il
greco selenizomai= esser lunatico e dunque stordito, confuso ed
inebetito , oppure al verbo zalaino di significato simile al
precedente;l’amico de Falco fa anche di
piú e collega al greco zalaino anche l’aggettivo sostantivato partenopeo zallo
che è lo
sciocco,l’inesperto, il credulone in
ispecie se anche innamorato di una donna di piccola virtú.
Per ciò che riguarda i verbi in esame mi pare di potere
accettare l’ipotesi di De Falco e di D’Ascoli; ma per quanto riguarda la voce zallo sono di diverso parere e cioè che
il vocabolo zallo, sia o possa essere corruzione di tallo (che è dal lat. thallus,
forgiato sul greco tallòs; di per sé
il tallo è il germoglio, la talea, la giovane foglia tenera , il virgulto che
semanticamente ben potrebbe, per traslato, indicare con la sua tenera
inconsistenza, la accondiscendenza credula dell’inesperto zallo;morfologicamente ci saremmo in quanto è pacifico il passaggio
del lat th al nap. z (cfr. thia→zia),
tuttavia mi sento di poter formulare anche un’altra ipotesi per la voce zallo ipotesi che espongo qui di sèguito.
Atteso che con il
termine zallo (aggettivo sostantivato)
nella parlata napoletana si intese ed ancóra si intende il babbeo, l’allocco, lo stupido credulone,
occorre
rammentare che le medesime accezioni le à la voce zanno che ripete in napoletano il termine italiano zanni equivalente di Giovanni famoso personaggio
della commedia cinquecentesca bergamasca dove lo zanni/Giovanni era il servo
sciocco e credulone; di talché non è azzardato ipotizzare una rilettura
popolare di zanno diventato zallo con sostituzione (magari a dispetto di qualche
norma che presiede la linguistica!) delle nasali nn con le piú comode ll.
Ultimissima ipotesi è poi
che zallo (=babbeo, allocco, stupido credulone) usato spessissimo in
riferimento (cfr. R. Viviani) ad un
graduato tutore della legge, ad uno sbirro intesi sempre sciocchi, stupidi e creduloni
(ibidem: ‘o zallo s’ammocca= lo sciocco
sbirro prende per buona… una fandonia ),
possa essere corruzione di comodo di un originario zaffio o zaffo che con
derivazione dall’iberico zafio vale uomo
violento, sbirro, ma non è da escludere un collegamento ad un lat. med. zaffo= servitore all’ordine d’un magistrato
(sbirro?).
Da zaffo a zallo il
passo non è lungo, come potrebbe non esserlo
(con buona pace dei linguisti) quello da zanno a zallo!
spanto, s.vo m.le anomalo, singolare, senza precedenti sbalordimento,
insolita meraviglia, l’essere eccezionalmente
stupito, stupefatto, sbalordito, sorpreso, trasecolato,
strabiliato, sbigottito sino allo spavento.
Etimologicamente voce deverbale dell’iberico espantarse marcato sul lat. ex-paventare= stupirsi, meravigliarsi
stunamiento s.vo m.le
in primis turbamento, sconcerto;
2 (iperb. e fig. come nel
caso che ci occupa) agitazione,
sconvolgimento, ansia, confusione dipendente da fatto, evento che suscita
meraviglia per il suo carattere eccezionale, fuori del comune;
Etimologicamente voce deverbale di stunà che è dal fr. étonner «sbalordire»
(marcato però su di un lat. pop.
*extonare, comp. di ex- e tonare «tuonare»).
Qui
giunto penso d’aver esaurito l’argomento, contentato l’amico E. C. ed interessato qualche altro dei miei ventiquattro lettori e
penso perciò di poter porre il punto fermo a queste numerose paginette. Satis
est.
Raffaele Bracale
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