lunedì 30 marzo 2020

PEPÍTOLA


PEPÍTOLA
Anche questa volta faccio sèguito ad  un  quesito rivoltomi dall’amico A.M. (al solito, motivi di riservatezza mi impongono di  riportar solo le iniziali di nome e cognome di chi mi scrive per sollecitar ricerche) occupandomi della voce napoletana  in epigrafe per chiarirne significato, portata ed etimo.
Orbene il s.vo f.le pepítola/pepítula [dal lat. *pipīta, alterazione popolare  di pituīta «muco, catarro, ascesso»addizionata del suff. latino diminutivo ola/ula olus/a.] indica 1 in primis  pipita, malattia degli uccelli (nota specialmente nei polli)consistente in una formazione abnorme, simile a una pseudomembrana, costituita da un  disseccamento ed ispessimento dell’epitelio corneo che riveste il dorso della lingua obbligando  l’animale a pigolare continuamente nel tentativo vano di inumidirsi la lingua che viene a   disseccarsi  e costringe   l’animale,   a respirare a becco aperto, cosa che peggiora la faccenda!
2. nell’uso fam., nome delle pellicole cutanee, cioè dei piccoli lembi epidermici, che talora si sollevano intorno ai bordi inferiori e laterali delle unghie, spec. delle mani.

3. non com. Tenera punta germogliante delle piante, delle foglie e simili;
La voce in esame è però usata maggiormente nell’uso comune, in tono scherzoso,nell’accezione sub 1 con riferimento a persone (e segnatamente donne e/o ragazze/i) che siano eccessivamente  ciarliere o abbiano sempre sete  (quasi fossero malate di pipita): tiene ‘a pepítula? t’è vvenuta ‘a pepítola? (ài la pipita?, t’è venuta la pipita?); da taluno è usata, però raramente, come espressione di buon augurio verso chi è troppo taciturno:te venesse ‘a pepítula!( ti venisse la pipita!)
Non mi pare ci sia altro da aggiungere per cui mi fermo qui, sperando d’avere accontentato l’amico A.M. ed interessato qualcun altro  dei miei ventiquattro lettori e  chi  forte dovesse imbattersi in queste due  paginette. Satis est.
Raffaele Bracale

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