SCAPUZZIÀ
Ancóra una volta è
stata l’amica I.P. (al solito, motivi di riservatezza mi impongono di riportar solo le iniziali di nome e cognome
di chi mi scrive per sollecitar ricerche) che, via mail mi à chiesto di spender qualche parola per
illustrare il verbo napoletano in
epigrafe e la sua portata.
L’accontento súbito significandole che la voce in esame
è un verbo usato in
una duplice accezione che qui preciso:
a) con valore intransitivo vale dormicchiare
lasciando ciondolare il capo privo di comodo appoggio ed il tale
significato è coniugato quasi sempre al gerundio scapuzzianno in locuzioni del tipo: sta scapuzzianno ‘ncopp’a ‘na
pultrona (dormicchia su di una poltrona);
b) con valore transitivo vale scuotere, crollare il capo agitarlo, in senso orizzontale o verticale, o anche in tutti e due i
sensi in segno di rammarico, di amarezza, di
cruccio, di,rincrescimento o di
dispiacere quando ci si trovi in situazioni fastidiose, ma delle quali
non ci si possa lamentare apertis verbis.
Etimologicamente il
verbo è un denominale del lat. capitĭu-m
attraverso una forma tarda caputĭu-m con prostesi di una S durativa. E chest’è!
R.Bracale Brak
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