STAMMO A PPANE ‘E ‘RANO
Mi è stato chiesto, via e-mail, dal
caro amico L. P. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad
indicare solo le iniziali di nome e cognome) di spendere qualche parola per
illustrare significato e portata della locuzione in epigrafe. Gli ò cosí
testualmente risposto: L’icastica espressione di cui mi chiedi, molto antica ma
non desueta ad litteram si rende con: Siamo a pan di grano, ma vale : Stiamo a poco, stiamo arretrati
rispetto a quanto dovevamo fare o ottenere; il riferimento però non è al grano
che dà una farina bianca, bensí al
cosiddetto :grano marzuolo, un grano estivo, che matura in soli tre mesi, cioé seminato dal primo gennaio al
giugno, matura sempre rapidamente ma se ne rica una farina ed un conseguente
pane scuri ritenuto, il pane, scadente e
perciò non soddisfacente e parva res rispetto a quanto desiderato ed atteso.
Una fugace notazione linguistica: come avrai notato ò
scritto Stammo a ppane ‘e ‘rano e non il forse l’atteso: Stammo a ppane ‘e grano
e ciò è dovuto al fatto che spesso nel napoletano si ricororre, per motivi
eufonici alla semplificazione del gruppo GR eliminando la G, quella che è l’occlusiva velare sonora davanti ad a, o, u, o in posizione preconsonantica [cfr. ‘ruosso
per gruosso, ‘ranne per granne, ‘rancascia per grancascia etc.].E qui penso di
poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico L. P. ed interessato qualcun altro dei miei
ventiquattro lettori e piú genericamente
chi dovesse imbattersi in questa paginetta.Satis est. Raffaele Bracale
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