LA BEVANDA SARCHIAPONE
Faccio sèguito alla richiesta della carissima amica
M.R.D. (i
consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali
di nome e cognome)di illustrarle la voce in epigrafe. Comincio col dire che il
termine in esame [con derivazione dal greco sarkopoiòs (fatto di carne, che mette
su carne) indicò originariamente un ghiottone, un tipo corpulento e piuttosto basso nonché goffo e
sgraziato e per di piú sciocco e
credulone tal quale quel personaggio di sviluppo popolare che appariva nelle
rappresentazioni rionali della famosa “Cantata dei Pastori” cosí come era nota
al popolo minuto della città bassa l’opera teatrale che Andrea Perrucci(Palermo
1651-† Napoli1706) che nel 1698, aveva
pubblicato sotto lo pseudonimo di Ruggiero Casimiro Ugone e con il titolo
originale di “Il Vero Lume tra l’Ombre,
ovvero la spelonca arricchita per la nascita del Verbo Umanato.”,opera che ebbe
súbito un gran successo tanto da essere rappresentata non solo nei teatri
ufficiali della città, ma anche in quelli di fortuna rionali ad opera di
dilettanti e furono proprio costoro che nelle loro rappresentazioni della “Cantata
dei Pastori” svilupparono nell’opera di Perrucci i due personaggi comici di riempimento:
Sarchiapone e Razzullo; il primo fu un barbiere dalle fattezze già descritte
fuggito dal suo paese dopo d’avere sgozzato, per futili motivi [forse gelosia]
il sindaco, suo cliente, mentre il secondo fu uno scrivano semianalfabeta
che
faceva degli strafalcioni e della atavica fame la sua divisa distintiva e che accompagnava Sarchiapone nella fuga verso
la Palestina; successivamente il termine sarchiapone indicò non piú lo sciocco,
ma il furbo, ipocrita e di pochi scrupoli cosí come fu quel monaco Sarchiapone
protagonista della commedia “La tavernola abbenturata” di Pietro Trinchera [(Napoli,
11 giugno 1707 –† Napoli, 12 febbraio 1755) che inizialmente sulle orme del padre,fu notaio, attività
che ben presto abbandonò a favore del teatro. Debuttò infatti come autore
teatrale nel 1726 con La moneca fauza ovvero La forza de lo sango, una commedia
in dialetto napoletano, proseguendo con l'attività di librettista senza però mai
riuscire a raggiungere la notorietà.] Se si va a scartabellare in un po’ tutti i
calepini dell’ idioma napoletano, antichi e moderni, che l’accolgono, col
termine sarchiapone, peraltro di quasi esclusiva pertinenza maschile, (mai
infatti mi è occorso di udirlo usare al femminile) si identifica l’uomo grosso
e grasso, bietolone e melenso, nonché lo stupido, ma pure l’ipocrita, il furbastro, il volpone di tre
cotte, e piú esattamente, con riferimento all’aspetto fisico, un tipo basso e
storto. Tuttavia intorno alla fine del
1600, si principiò ad usare l’aggettivo
come nome, sia pure assegnandolo alle bestie e segnatamente ai piccoli cavalli
arabi normalmente usati nel contado napoletano. Fin qui i lessici nei quali
però non ò mai trovato il termine sarchiapone collegato, come invece è, ad una
sostanziosa piuttosto greve pietanza a base di zucca, carni miste, uova,
formaggi etc., piatto tipico della costiera amalfitana e precisamente di Atrani, dove come dicevo è in uso una tipica
zucca lunga ripiena che si prepara nel
giorno di Santa Maria Maddalena, santa protettrice del paese.
Mi corre l’obbligo infine ricordare che il termine sarchiapone venne attribuito negli
anni ’50 del 1900 da un acquafrescaio [probabilmente originario diAtrani] per
una sorta di sineddoche ad una pletorica bevanda di acqua, limone e bicarbonato
che egli seriva al suo chiosco in piazza
Carlo III a Napoli a coloro che intendevano liberarsi della fastidiosa acidità di stomaco dopo un lauto desinare,
magari a base di sarchiapone atranese, peggiorando di fatto la faccenda perché,
come è noto l’acido, presente nello stomaco va combattuto con il solo
bicarbonato che essendo una base provoca con l’acido una reazione producendo
acqua ed è errato aggiungere la bevanda acidula
all’ acido della digestione.
Satis est.
Raffaele Bracale
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