giovedì 28 maggio 2020

VOTTA ‘A PASTA, VO’!


VOTTA ‘A PASTA, VO’!
Il caro amico A. V. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) di spendere qualche parola per illustrare significato e portata dell’espressione napoletana in epigrafe. Gli ò cosí risposto:
Caro amico la locuzione di cui mi chiedete [talora riscontrabile, nella città alta, anche nella forma: Mena ‘a pasta, me’! non so cosa vi faccia supporre che sia  di recente conio. Infatti è piuttosto datata e non è legata ad  un particolare episodio.Essa tradotta ad litteram recita: Butta la pasta, butta! Ed al di là del perentorio invito alla cottura della pasta per il desinare giornaliero è locuzione usata per sollecitare qualcuno [in genere un perditempo]ad attendere con maggior solerzia ad un compito affidatogli quasi che lo stomaco reclamasse quella pasta che il perdigiorno tarda a lessare.Si tratta insomma in origine di un’espressione icastica tipica della città di Napoli dove, già da tempo remoto, allo scoccare delle quindici [piú semplicente delle tre] il desco doveva essere imbandito e la pasta scodellata e gli uomini di casa per nulla al mondo avrebbero derogato dal suddetto orario  collimante anticamente  all’ora  nona [vintun’ora] cioè a quella successiva all’ora del termine del lavoro [ cioè alle 14 dette vint’ora] e pertanto, considerata ad abundantiam un’ora quale   tempo occorrente per tornare a casa dal posto di lavoro, l’ora nona fu quella consona e momento adatto per il desinare. E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico A. V.  ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente  chi dovesse imbattersi in queste paginette.Satis est.
 Raffaele Bracale

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