1.FÁTRE FFICHE, NOVE RòTELE
Letteralmente: fare con tre fichi nove
rotoli. Con l'espressione in epigrafe, a Napoli si è soliti bollare i
comportamenti o - meglio - il vaniloquio di chi esagera con le parole e si
ammanta di meriti che non possiede, né può possedere. Per intendere appieno
la valenza della locuzione occorre sapere che il rotolo era una unità di peso
del Regno delle Due Sicilie e corrispondeva in Sicilia a gr.790 mentre a
Napoli e suo circondario,ad 890 grammi per cui nove rotole corrispondevano a
Napoli a circa 8 kg. ed è impossibile che tre fichi (frutto, non albero)
possano arrivare a pesare 8 kg. Per curiosità storica rammentiamo che il
rotolo, come unità di peso, è in uso ancora oggi a Malta che, prima di
divenire colonia inglese, apparteneva al Regno delle Due Sicilie. Ancora
ricordiamo che il rotolo deriva la sua origine dalla misura araba
RATE,trasformazione a sua volta della parola greca LITRA, che originariamente
indicava sia una misura monetaria che di peso; la LITRA divenne poi in epoca
romana LIBRA (libbra)che vive ancora in Inghilterra col nome di pound che
indica sia la moneta che un peso e come tale corrisponde a circa 453,6
grammi, pressappoco la metà dell'antico rotolo napoletano.
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2. 'A DISGRAZZIA D''O 'MBRELLO È CQUANNO CHIOVE FINU FINO.
Letteralmente: la malasorte dell'ombrello è
quando pioviggina lentamente. Va da sè che l'ombrello corre i maggiori rischi
di rompersi allorché debba essere aperto e chiuso continuamente, non quando
debba sopportare un unico, sia pure violento, scroscio temporalesco; cosí
l'uomo(che nel proverbio è adombrato sotto il termine di 'mbrello) soffre di
piú nel sopportare continuate piccole prove che non un solo , anche se
pesante danno.
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3.'A PECORA S'À DDA TUSÁ, NUN S'À DDA SCURTECÁ
Letteralmente: la pecora va tosata, ma non
scorticata. Id est: est modus in rebus: non bisogna mai esagerare; nel caso :
è giusto che una pecora venga tosata, non è corretto però scarnificarla; come
è giusto pagare i tributi, ma questi non devono essere esosi.
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4.DICETTE NUNZIATA: CE PONNO CCHIÚ LL'UOCCHIE CA 'E
SCUPPETTATE!
Letteralmente: Disse Nunziata: Ànno piú
potenza gli occhi (il malocchio) che le schioppettate.Il napoletano teme piú
il danno che gli possa derivare dagli sguardi malevoli di taluno, che il
danno che possono arrecargli colpi di fucile: dalle ferite da arma da fuoco
si può guarire, piú difficile sfuggire alla jettatura.
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5.A NNOTTE SE 'NZURAJE CATIELLO.
Letteralmente: Catello (inguaribile
scapolo) prese moglie di notte. La locuzione fotografa una situazione che in
italiano è resa con: MEGLIO TARDI CHE MAI, il Catello, infatti procrastinò
tanto il suo matrimonio che quando fu celebrato era oramai notte. Nella
locuzione partenopea si tenga presente la geminazione iniziale della lettera
N nella parola notte che lascia capire che la A iniziale non è l'articolo
femminile ('A) ma una preposizione che introduce un concetto temporale reso
con la doppia N di notte; se la A fosse stato un articolo la successiva
parola notte sarebbe stata scritta in maniera scempia con una sola N.
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6.'E MACCARUNE SE MAGNANO TENIÉNTE, TENIÉNTE.
Letteralmente: i maccheroni vanno mangiati
molto al dente. La locuzione a Napoli oltre a compendiare un consiglio
gastronomico ineludibile, viene usata anche per significare che gli affari
devono esser conclusi sollecitamente, senza por troppe remore in mezzo.
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7.QUANNO SIENTE 'O LLATINO DÊ FESSE, È SIGNO 'E
MAL' ANNATA.
Letteralmente: quando senti che gli
sciocchi parlano latino, è segno di un cattivo periodo.Id est: l'ostentazione
di cultura da parte degli stupidi ed ignoranti, prelude a tempi brutti, per
cui son da temere gli sciocchi che si paludano da sapienti...
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8.Pare 'o sorice 'nfuso 'a ll'uoglio.
Letteralmente: sembra un topolino bagnato
da l'olio. La locuzione viene usata a Napoli nei confronti di taluni
bellimbusti che vanno in giro tirati a lucido ed impomatati che in
napoletantano suona: alliffati (dal greco aleipàr=olio); tali soggetti vengon
paragonati ad un topolino che per ventura sia cascato nell'orcio dell'olio e
ne sia riemerso completamente unto e luccicante.
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9.’A CARNE SE JETTA E 'E CANE S'ARRAGGIANO.
Letteralmente: la carne si butta ed i cani
s'arrabbiano. Id est: c'è abbondanza di carne, ma mancanza di danaro per
acquistarla e ciò determina profonda rabbia in chi, non avendo pecunia, non
può approfittare dell'abbondanza delle merci. Per traslato, il proverbio è
usato in tutte le situazioni in cui una qualsiasi forma di indigenza è
ostativa al raggiungimento di un fine che parrebbe invece a portata di mano;
ciò vale anche nei rapporti tra i due sessi: per es. allorchè la donna si
offra apertamente e l'uomo non abbia il coraggio di cogliere l'occasione; un
terzo - spettatore, magari concupiscente, commenta la situazione con le
parole in epigrafe.
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10.'A VECCHIA Ê TRENTA 'AUSTO, METTETTE 'O TRAPANATURO Ô FFUOCO.
Letteralmente: la vecchia ai trenta
d'agosto (per riscaldarsi) mise nel fuoco l'aspo. Il proverbio viene usato a
mo' di avvertenza, soprattutto nei confronti dei giovani o di chi si atteggi
a giovane, che si lasciano cogliere impreparati alle prime avvisaglie dei
freddi autunnali che già si avvertano sul finire del mese di agosto, freddi
che - come dice l'esperienza - possono essere perniciosi al punto da indurre
i piú esperti (la vecchia) ad usare come combustibile persino un utile
oggetto come un aspo, l'arnese usato per ammatassare la lana filata. Per
estensione, il proverbio si usa con lo stesso fine di ammonimento, nei
confronti di chiunque si lasci cogliere impreparato non temendo un possibile
inatteso rivolgimento di fortuna - quale è il freddo in un mese ritenuto
caldo.
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11.JÍ ZUMPANNO ASTECHE E LAVATORE.
Letteralmente: andar saltando per terrazzi
e lavatoi. Id est: darsi al buon tempo, trascorrendo la giornata senza far
nulla di costruttivo, ma solo bighellonando in ogni direzione: a dritta e a
manca, in alto (asteche=lastrici solai,terrazzi) ed in basso (i lavatoi erano
olim ubicati in basso - per favorire lo scorrere delle acque - presso
sorgenti di acque o approntate fontane, mentre l'asteche, ubicati alla
sommità delle case,erano i luoghi deputati ad accogliere i panni lavati per
poterli acconciamente sciorinare al sole ed al vento, per farli asciugare.
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12.PARE CA MO TE VECO VESTUTO 'A URZO.
Letteralmente: Sembra che ora ti vedrò
vestito da orso. Locuzione da intendersi in senso ironico e perciò
antifrastico. Id est: Mai ti potrò vedere vestito della pelle dell'orso,
giacché tu non ài nè la forza, nè la capacità fisica e/o morale di ammazzare
un orso e vestirti della sua pelle. La frase viene usata a commento delle
azioni iniziate da chi sia ritenuto inetto al punto da non poter portare al
termine ciò che intraprende.
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13.'O CUCCHIERE 'E PIAZZA: TE PIGLIA CU 'O 'CCELLENZA E TTE
LASSA CU 'O CHI T'È MMUORTO.
Letteralmente: il vetturino da nolo: ti
accoglie con l'eccellenza e ti congeda bestemmiandoti i morti.Il motto
compendia una situazione nella quale chi vuole ottenere qualcosa, in
principio si profonde in ossequi e salamelecchi esagerati ed alla fine sfoga
il proprio livore represso, come i vetturini di nolo adusi a mille querimonie
per attirare i clienti, ma poi - a fine corsa - pronti a riversare sul
medesimo cliente immani contumelie, in ispecie allorché il cliente nello
smontare dalla carrozza questioni sul prezzo della corsa, o - peggio ancora -
non lasci al vetturino una congrua mancia.
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14.JÍ CASCIA E TTURNÁ BAUGLIO OPPURE JÍ STOCCO E TTURNÁ BACCALÀ.
Letteralmente: andar cassa e tornare baúle
oppure andare stoccafisso e tornare baccalà. Id est: non trarre profitto alcuno
o dallo studio intrapreso o dall'apprendimento di un mestiere, come chi inizi
l'apprendimento essendo una cassa e lo termini da baúle ossia non muti la sua
intima essenza di vacuo contenitore, o - per fare altro esempio - come chi
inizi uno studio essendo dello stoccafisso e lo termini diventando baccalà,
diverso in forma, ma sostanzialmente restando un immutato merluzzo. Con il
proverbio in epigrafe, a Napoli, si è soliti commentare le maldestre
applicazioni di chi non trae profitto da ciò che tenta di fare, perchè vi si
applica maldestramente o con cattiva volontà.
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15.TU MUSCIO-MUSCIO SIENTE E FRUSTA LLA, NO!
Letteralmente: Tu senti il
richiamo(l'invito)e l'allontanamento no. Il proverbio si riferisce a quelle
persone che dalla vita si attendono solo fatti o gesti favorevoli e fanno le
viste di rifiutare quelli sfavorevoli comportandosi come gatti che accorrono
al richiamo per ricevere il cibo, ma scacciati, non vogliono allontanarsi;
comportamento tipicamente fanciullesco che rifiuta di accettare il fatto che
la vita è una continua alternanza di dolce ed amaro e tutto deve essere
accettato, il termine frusta llà discende dal greco froutà-froutà col
medesimo significato di :allontanati, sparisci.
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16.'E DENARE SO' COMM'Ê CHIATTILLE: S'ATTACCANO Ê CUGLIUNE.
Letteralmente: i soldi son come le
piattole: si attaccano ai testicoli. Nel crudo, ma espressivo adagio
partenopeo il termine cugliune viene usato per intendere propriamente i
testicoli, e per traslato, gli sciocchi e sprovveduti cioé quelli che annettono
cosí tanta importanza al danaro da legarvisi saldamente.
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17.HÊ 'A MURÍ RUSECATO DÊ ZZOCCOLE I 'O PRIMMO MUORZO TE LL'À DA DÁ MÀMMETA
Che possa morire rosicchiato dai grossi
topi di fogna ed il primo morso lo devi avere da tua madre. Icastica maledizione
partenopea giocata sulla doppia valenza del termine zoccola (dal lat.
sorcula) che, a Napoli, identifica sia il topo di fogna che la donna di
malaffare
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18.MA TE FOSSE JUTO 'O LLICCESE 'NCAPO?
Letteralmente: ma ti fosse andato il
leccese in testa? Id est: fossi impazzito? Avessi perso l'uso della ragione?
Icastica espressione che, a Napoli, viene usata nei confronti di chi, senza
motivo, si comporti irrazionalmente. Il leccese dell'espressione non è -
chiaramente - un abitante di Lecce, ma un tipo di famoso tabacco da fiuto,
prodotto, temporibus illis, nei pressi del capoluogo pugliese; l'espressione
paventa il fatto che il tabacco fiutato possa- non si sa bene come - aver
raggiunto, attraverso le coani nasali il cervello e leso cosí le facoltà raziocinanti
del... fiutatore.
Brak
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