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  ICONICHE LOCUZIONI 20.2.21 
  1.'O
  TURCO FATTO CRESTIANO, VO' 'MPALÀ A TTUTTE CHILLE CA JASTEMMANO.  
  Ad litteram: il turco diventato cristiano vuole impalare tutti i
  bestemmiatori. Id est: I neofiti sono spesso troppo zelanti e perciò
  pericolosissimi.  
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   2. 'O
  PATATERNO ADDÓ VEDE 'A CULATA, LLA SPANNE 'O SOLE  
  Ad litteram: il Padreterno dove vede un bucato sciorinato, là invia il sole.
  Id est: la bontà e la provvidenza del Cielo sono sempre presenti là dove
  occorrono. 
   'a culata è
  appunto il bucato (che è dal ted. bukon)
  ed è detto culata (deverbale di colare) per indicare il momento della
  colatura ossia del versamento dell'acqua bollente sui panni già lavati,ma
  necessarii di sbiancatura,  sistemanti in
  un grosso capace contenitore; l'acqua bollente veniva  fatta colare sui panni attraverso un telo
  sul quale , temporibus illis, era sistemata della cenere (ricca di per sé di
  soda, agente sbiancante(in sostituzione di chimici detergenti)), e dei pezzi
  di arbusti profumati(per conferire al bucato un buon odore di pulito)…; il
  telo proprio per il fatto di accogliere la cenere fu détto cennerale 
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   3.'O
  GALANTOMMO APPEZZENTÚTO, ADDEVÈNTA 'NU CHIAVECO.  
  Ad litteram: il galantumo che va in miseria, diventa un essere spregevole. In
  effetti la disincantata osservazione della realtà dimostra che chi perde
  onori e gloria, diventa il peggior degli uomini giacché si lascia vincere
  dall'astio e dal livore verso coloro che il suo precedente status gli
  consentiva di tenere sottomessi e che nella nuova situazione possono
  permettersi di alzare la testa e contrattare alla pari con lui.  
  Chiaveco s.vo ed a.vo m.le = sporco, lercio e per estensione cattivo soggetto,
  essere spregevole; è un adattamento al maschile del s.vo f.le chiaveca/chiavica= fogna,
  porcheria,sozzura che è dal tardo lat. clàvica
   per il classico cloaca normale il passaggio cl→chj→ chi come ad es. clarum→chiaro. 
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   4.'E
  FRAVECATURE, CACANO 'NU POCO PE PPARTE E NNUN PULEZZANO MAJE A NNISCIUNU
  PIZZO.  
  Ad litteram: i muratori defecano un po' per parte, ma non nettano nessun
  luogo che hanno imbrattato. Il proverbio, oltre che nel suo significato
  letterale è usato a Napoli per condannare l'operato di chi inizia ad
  occuparsi di cento faccende, ma non ne porta a compimento nessuna, lasciando
  ovunque le tracce del proprio passaggio.  
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   5.'E
  VRUOCCOLE SO' BBUONE DINT’Ô LIETTO.  
  Letteralmente: i broccoli sono buoni nel letto. Per intendere il significato
  del proverbio bisogna rammentare che a Napoli con la parola vruoccole si
  intendono sia la tipica verdura che per secoli i napoletani mangiarono,tanto
  da esser ricordati come "mangiafoglie", sia le moine, le carezze
  che gli innamorati son soliti scambiarsi specie nell'intimità; il proverbio
  sembra ripudiare ormai la verdura per apprezzare solo i vezzi degli
  innamorati.  
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   6. STATTE
  BBUONO Ê SANTE: È ZUMPATA 'A VACCA 'NCUOLLO Ô VOJO!  
  Letteralmente: buonanotte!la vacca à montato il bue. Id est: Accidenti: il
  mondo sta andando alla rovescia e non v'è rimedio: ci troviamo davanti a
  situazioni così contrarie alla norma che è impossibile raddrizzare.  
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   7.QUANNO
  'O VINO È DDOCE, SE FA CCHIÚ FFORTE ACÍTO.  
  Letteralmente: quando il vino è dolce si muta in un aceto piú forte, piú
  aspro.Id est: quando una persona è d'indole buona e remissiva e paziente, nel
  momento che dovesse inalberarsi, diventerebbe così cattiva, dura ed
  impaziente da produrre su i terzi effetti devastanti.  
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   8.'O
  DULORE È DE CHI 'O SENTE, NO 'E CHI PASSA E TÈNE MENTE.  
  Letteralmente: il dolore è di chi lo avverte, non di coloro che assistono
  alle manifestazioni del dolente.Id est:per aver esatta contezza di un quid
  qualsiasi - in ispecie di un dolore - occorre riferirsi a chi prova sulla
  propria pelle quel dolore, non riferirsi al parere, spesso gratuito e non
  supportato da alcuna pratica esperienza, degli astanti che - per solito - o
  si limitano ad una fugace commiserazione del dolente , o - peggio! -
  affermano che chi si duole lo fa esagerando le ragioni del proprio dolere.  
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   9. A
  'NU CETRANGOLO SPREMMUTO, CHIAVECE 'NU CAUCIO 'A COPPA.  
  Schiaccia con una pedata una melarancia premuta.Id est: il danno e la beffa;
  la locuzione cattivissima nel suo enunciato, consiglia di calpestare un
  frutto già spremuto; ossia bisogna vilipendere e ridurre a mal partito chi
  sia già vilipeso e sfruttato, per modo che costui non abbia né la forza, nè
  il tempo di risollevarsi e riprendersi.Il tristo consiglio è dato nel
  convincimento che se si lascia ad uno sfruttato la maniera o l'occasione di
  riprendersi, costui si vendicherà in maniera violenta e allora sarà
  impossibile contrastarlo; per cui conviene infeierire e non dar quartiere,
  addirittura ponendoselo sotto i tacchi come un frutto spremuto ed inutile
  ormai.  
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   10.CHI
  TROPPO S''O SPARAGNA, VENE 'A 'ATTA E SE LU MAGNA.  
  Letteralmente: chi troppo risparmia,viene la gatta e lo mangia. Il proverbio-
  che nella traduzione toscana assume l'aspetto di un anacoluto sta a
  significare che non conviene eccedere nel risparmiare, perché spesso ciò che
  è stato risparmiato viene dilapidato da un terzo profittatore che disperde o
  consuma tutto il messo da parte. 
  11.MÉNA MO, CH’È CCARNE ‘E PUORCO!  
  Ad litteram: Datti da fare ora, giacché è carne di
  maiale! Id est: Profitta ora dell’occasione propizia(che ti si presenta) e
  non tralasciare di godere del bene che ti capita sottomano, qui rappresentato
  dalla gustosa carne di maiale. Ména voce verbale 2ª pers. sg. dell’infinito
  riflessivo menarse [dal lat. minare + se] = darsi da fare, prodigarsi Mo [dal
  lat. mox] avv.di tempo = ora, adesso, in questo momento (per l’esame del
  lemma rimando alibi). Ch’è[da (per)ch(è) è] = giacchè è, visto che è. Carne
  s.vo f.le [ dal lat. carne-m, affine al gr. κείρω «tagliare»]. . Parte
  muscolare del corpo dell’uomo e degli animali. Puorco s.vo m.le [lat. pŏrcu-m
  con dittongazione della ŏ] Nome popolare del maiale domestico   
  Brak 
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