16 LOCUZIONI 20.2.21
1.FEMMENE, CIUCCE E CRAPE TÈNENO
TUTTE UNA CAPA. 
Donne, asini e capre ànno tutti la medesima testa: tutti ugualmente ignoranti e
testardi
2.LL'OMMO CU 'A PAROLA E 'O VOJO CU
'E CCORNE. 
L'uomo va  conquistato con la parola, il
bue pigliandolo per le corna.
 
  
  
  
   
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     3.ESSERE 'NA PIMMICE 'E CANAPÉ.  
    Letteralmente: essere una cimice annidata in un divano. Id est: essere
    inaffidabile, subdolo e perfido come una cimice che - secondo la credenza
    popolare - è pronta a tradire il proprio simile o colui che abbia la sventura
    di tenerla nascosta nel proprio divano; il primo ad essere morsicato sarà
    proprio il padrone del divano.Per estensione l’espressione è riferita alla
    donna che tradisca il proprio coniuge nella casa maritale. 
    
    
     
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       4. MA TENISSE 'E GGHIORDE?  
      Letteralmente: “Fossi affetto da giarda?” Domanda retorica che con aria
      insolente, viene rivolta a Napoli, a qualcuno che appaia pigro,
      indolente, scansafatiche, che non si muove, nè fa alcunché, quasi fosse
      affetto da giarda la malattia che colpisce le giunture ed in ispecie il
      collo della zampa (piede) dei cavalli producendo eccessiva enfiagione
      delle zampe delle bestie, impossibilitate, per ciò a procedere
      speditamente.  
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       5. JÍ CERCANNO 'MBRUOGLIO, AIUTAME!  
      Letteralmente: andare alla ricerca di un imbroglio che possa aiutare. Id
      est: quando ci si trovi in situazioni o circostanze tali che non lascino
      intravedere vie d’uscita, l’unico mezzo di trarsi d’impaccio è quello di
      rifugiarsi in un non meglio identificato ‘mbruoglio (imbroglio,astuzia,
      inganno, moto di destrezza) che in un modo o in un altro consenta di
      risolver la faccenda. La locuzione a Napoli è usata a salace commento
      delle azioni di chi, per abitudine, non è avvezzo ad agire con
      rettitudine o chiarezza e per habitus mentale si rifugia nell’imbroglio,
      pescando nel torbido.  
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       6. APPÍLA CA ESCE FECCIA!  
      Letteralmente: tura giacché (ormai) esce feccia.  Questo è il comando imperioso dato
      dall'oste al garzone che stia aiutandolo a travasare il vino affinché
      ponga lo stoppaccio o zipolo alla botte quando, oramai vuotata, questa
      comincia a metter fuori la feccia o (in gergo) la mamma del vino; per
      traslato è il caustico ed imperioso comando che a Napoli si suole dare a
      chi - colloquiando - cominci a metter fuori sciocchezze o, peggio ancora,
      offese gratuite.  
      
      
       
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         7. Â PPRIMMA ENTRATURA, GUARDÀTEVE 'E SSACCHE!  
        Letteralmente: entrando per la prima volta, in qualche sito
        sconosciuto, badate alle tasche; id est: state attenti alle nuove
        frequentazioni specie di sconosciuti che possono derubarvi o procurare
        altri danni.  
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         8. MEGLIO SCOMMUNICATO, CA COMMUNICATO 'E PRESSA.  
        Letteralmente: meglio scomunicato che comunicato di fretta.Id est: il
        danno morale è da preferirsi al danno fisico, soprattutto quando questo
        sia il danno ultimo:la morte; communicato 'e pressa significa: ricevere
        il Viatico.  
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         9.DOPPO MAGNATO E VÍPPETO 
         
        “Â SALUTE VOSTA!”.  
        Letteralmente: Dopo d'aver mangiato e bevuto:"Alla vostra
        salute!". L'espressione in epigrafe si usa a Napoli, per
        commentare sarcasticamente il comportamento di chi approfitta di una
        situazione proficua e posticipa gli atteggiamenti augurali, dopo di
        aver goduto di benefici per i quali la buona norma vorrebbe che gli
        auguri venissero fatti antecedentemente prima cioè di godere dei frutti
        di azioni comuni; a mo' d'es.: un brindisi va fatto prima, non dopo una
        bevuta corale.  
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         10. METTERSE 'E CASA E PUTECA.  
        Letteralmente: porsi di casa e bottega. Id est:accingersi ad un lavoro
        con massima attenzione ed attaccamento puntiglioso come chi dura la
        propria vita in quella che sia contemporaneamente casa e sede del
        proprio operare cui potersi dedicare senza soluzione di continuità e
        senza perdite di tempo che invece ci sarebbero qualora ci si dovesse
        spostare dalla bottega alla casa e viceversa.  
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         11.FÀ 'O SCRUPOLO D''O RICUTTARO.  
        Letteralmente: fare lo scrupolo del magnaccia. Id est: scandalizzarsi
        grandemente al cospetto di altrui veniali mancanze, alla stregua di un
        lenone abituato a compiere gravi mancanze che si scandalizzasse di
        piccoli reati compiuti da altre persone.La locuzione è usata a Napoli
        appunto per bollare il comportamento chiaramente falso di chi
        abitualmente incline a delinquere mostra di scandalizzarsi davanti a
        piccole mancanze...  
          
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         12.PURTÀ P''E VICHE.  
        Letteralmente: menare per i vicoli. Id est: comportarsi truffaldinamente
        nei confronti di qualcuno, imbrogliandolo, confondendolo, rimandando
        sine die il compimento di promesse formulategli, conducendolo per
        tortuosi e dispersivi vicoli in luogo della retta e piú breve via
        maestra. L'espressione è normalmente intesa in senso figurato, ma
        potrebbe esserlo anche in senso concreto nel deprecato caso del furbo
        tassista che,invece di andare diritto alla meta, porti il povero
        passeggero in giro per la città prima di depositarlo a destinazione.  
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         14.'A RAGGIONE S''A PIGLIANO 'E FESSE.  
        Letteralmente: la ragione se la prendono gli sciocchi. La locuzione con
        aria risentita viene profferita da chi si vede tacitato con vuote
        chiacchiere, in luogo delle attese concrete opere.  
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         15. SE SO' STUTATE 'E LLAMPIUNCELLE.  
        Letteralmente: si sono spente le luminarie. Id est: siamo alla fine,
        non c'è piú rimedio, non c'è piú tempo per porre rimedio ad alcunché,
        la festa è finita.  
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         16. FÀ TRE FICHE NOVE ROTELE.  
        Letteralmente: fare con tre fichi nove rotoli. Con l'espressione in
        epigrafe, a Napoli si è soliti bollare i comportamenti o - meglio - il
        vaniloquio di chi esagera con le parole e si ammanta di meriti che non
        possiede, né può possedere. Per intendere appieno la valenza della
        locuzione occorre sapere che il rotolo era una unità di peso del Regno
        delle Due Sicilie e corrispondeva in Sicilia a gr.790 mentre a Napoli e
        suo circondario,ad 890 grammi per cui nove rotole corrispondevano a
        Napoli a circa 8 kg. ed è impossibile che tre fichi (frutto, non
        albero) possano arrivare a pesare 8 kg. Per curiosità storica
        rammentiamo che il rotolo, come unità di peso, è in uso ancora oggi a
        Malta che, prima di divenire colonia inglese, apparteneva al Regno
        delle Due Sicilie. Ancora ricordiamo che il rotolo deriva la sua
        origine dalla misura araba RATE,trasformazione a sua volta della parola
        greca LITRA, che originariamente indicava sia una misura monetaria che
        di peso; la LITRA divenne poi in epoca romana LIBRA (libbra)che vive
        ancora in Inghilterra col nome di pound che indica sia la moneta che un
        peso e come tale corrisponde a circa 453,6 grammi, pressappoco la metà
        dell'antico rotolo napoletano. 
        Brak  
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   15. 'A disgrazzia d''o 'mbrello è quanno chiove fino fino.  
  Letteralmente: la malasorte dell'ombrello è quando pioviggina lentamente. Va
  da sè che l'ombrello corre i maggiori rischi di rompersi allorché debba
  essere aperto e chiuso continuamente, non quando debba sopportare un unico,
  sia pure violento, scroscio temporalesco; cosí l'uomo(che nel proverbio è
  adombrato sotto il termine di 'mbrello) soffre di piú nel sopportare
  continuate piccole prove che non un solo , anche se pesante danno.  
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   16. 'A pecora s'à dda tusà, nun s'à dda scurtecà  
  Letteralmente: la pecora va tosata, ma non scorticata. Id est: est modus in
  rebus: non bisogna mai esagerare; nel caso : è giusto che una pecora venga
  tosata, non è corretto però scarnificarla; come è giusto pagare i tributi, ma
  questi non devono essere esosi.  
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   17.- Si' pre' 'o cappiello va stuorto... - Accussí ha dda jí!  
  - Signor prete, il cappello va storto - Cosí deve andare. Simpatico duettare
  tra un gruppetto di monelli che - pensando di porre in ridicolo un prete -
  gli significavano che egli aveva indossato il suo vasto saturno di sghimbescio,
  e si sentirono rispondere che quella era l'esatta maniera di portare il
  suddetto copricapo. La locuzione viene usata quando si voglia fare intendere
  che non si accettano consigli non richiesti soprattutto quando chi dovrebbe
  riceverli à - per sua autorità - sufficiente autonomia di giudizio.In senso
  piú ampio la locuzione mira a mettere in guardia  il sottoposto che è inutile ed improduttivo
  il tentare di porre in difficoltà un superiore il quale troverà sempre modo
  di giustificare il proprio operato ligio com’è a norme da lui stesso emanate. Brak  
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