martedì 26 ottobre 2021

10 DATATI PROVERBI NAPOLETANI.

 

10 DATATI PROVERBI NAPOLETANI.

1 ‘A RAGGIONA S''A PIGLIANO 'E FESSE.
Letteralmente: la ragione se la prendono gli sciocchi. La locuzione con aria risentita viene profferita da chi si vede tacitato con vuote chiacchiere, in luogo delle attese concrete opere.

2 SE SO' STUTATE 'E LLAMPIUNCELLE.
Letteralmente: si sono spente le luminarie. Id est: siamo alla fine, non c'è piú rimedio, non c'è piú tempo per porre rimedio ad alcunché, la festa è finita.Da notare che la parola lampiuncelle è il plurale della voce femminile lampiuncella derivata
dal fr. lampe, che è dal lat. lampada; e come tale se preceduta dall’articolo ‘e (le) va correttamente scritta con la geminazione della elle iniziale ‘e llampiuncelle esiste poi una voce simile maschile lampiunciello che al plurale fa lampiuncielle  ma che preceduto dall’art. ‘e (i) non comporta geminazione della elle iniziale; pertanto in napoletano ‘e llampiuncelle (voce femminile)  sono le luminarie,oggi elettriche ed anticamente  a gas e/o petrolio,  mentre ‘e lampiuncielle (voce maschile) sono i lampioncini di carta colorata

3 TRUÓVATE CHIUSO E PIÉRDETE CHISTO ACCUNTO.
Letteralmente: Tròvati chiuso e pèrditi questo cliente.La divertita locuzione viene usata in senso ironico a commento della situazione antipatica e fastidiosa  in cui qualcuno abbia a che fare con persona pronta ad infastidire o a richiedere i maggior vantaggi da un quid senza voler conferire il giusto corrispettivo, come nel caso ad es. di un cliente che entri in negozio solo per curiosare e senza decidersi ad un acquisto o  pretenda di accaparrarsi la miglior merce, ma sia restío a pagare il giusto prezzo dovuto.La voce accunto deriva dal latino: adcognitus →accognitus= ben conosciuto atteso che chi frequenti con continuità una bottega diventandone fisso cliente è ovviamente ben conosciuto.

4 FÀ TRE FICHE NOVE ROTELE.
Letteralmente: fare con tre fichi nove rotoli. Con l'espressione in epigrafe, a Napoli si è soliti sarcasticamente  bollare i comportamenti o - meglio - il vaniloquio di chi borioso saccente  esageri con le parole e si ammanti  di meriti che non possiede, né può possedere. Per intendere appieno la valenza della locuzione occorre sapere che il rotolo era una unità di peso del Regno delle Due Sicilie e corrispondeva in Sicilia a gr.790 mentre a Napoli e suo circondario,ad 890 grammi per cui nove rotole corrispondevano a Napoli a circa 8 kg. ed è impossibile che tre fichi (frutto, non albero) possano arrivare a pesare 8 kg. Per curiosità storica rammento  che il rotolo, come unità di peso, è in uso ancora oggi a Malta che, prima di divenire colonia inglese, appartenne  al Regno delle Due Sicilie. Ancora ricordiamo che il rotolo deriva la sua origine dalla misura araba RATE,trasformazione a sua volta della parola greca LITRA, che originariamente indicava sia una misura monetaria che di peso; la LITRA divenne poi in epoca romana LIBRA (libbra)che vive ancora in Inghilterra col nome di pound che indica sia la moneta che un peso e come tale corrisponde a circa 453,6 grammi, pressappoco la metà dell'antico rotolo napoletano.

5 'A DISGRAZZIA D''O 'MBRELLO È QUANNO CHIOVE FINO FINO.
Letteralmente: la malasorte dell'ombrello è quando pioviggina lentamente. Va da sé che l'ombrello corre i maggiori rischi di rompersi allorché debba essere aperto e chiuso continuamente, non quando debba sopportare un unico, sia pure violento, scroscio temporalesco; cosí l'uomo(che nel proverbio è adombrato sotto il termine di 'mbrello) soffre di piú nel sopportare continuate piccole prove che non un solo , anche se pesante danno.

6 AVIMMO FATTO: CUPINTE, CUPINTE: 'E CAVÉRE 'A FORA E 'E FRIDDE 'A DINTO. Inutile  come che non significante la traduzione letterale; in senso ampio la locuzione è usata per indicare  l’incongruente azione di chi  premi qualcuno oltre i propri meriti  e al contrario  lesini il plauso o il premio a chi invece spetterebbero;  in senso piú strettamente letterale la locuzione si attaglia a  quelle occasioni allorché spinti dalla cupidigia  si siano concessi i favori di una donna  a coloro che (freddi) non  mostravano i necessarii requisiti fisici, e si siano erroneamente negati ai piú meritevoli caldi tenuti ingiustamente fuori sebbene mostrassero di essere adeguatamente...  armati.

Letteralmente, di solito,  in napoletano la parola cupínto  sta per Cupído, miticologico nume dell’amore; ma penso che riferirsi a lui per la locuzione in epigrafe  sarebbe errato, non esistendo un nesso  tra il benevolo nume suddetto e      l’errato, inesatto comportamento  ricordato nella seconda parte della locuzione; ò reputato piú giusto pensare, nella fattispecie della locuzione,   che il termine cupinte, oltre a fornire una adeguata rima con il termine dinto, sia stato usato come corruzione del termine cúpido: bramoso, agognante, desideroso, quella brama o desiderio che  può spingere all’errore.

 

7 'A PECORA S'À DDA TUSÀ, NUN S'À DDA SCURTECÀ
Letteralmente: la pecora va tosata, ma non scorticata. Id est: est modus in rebus: non bisogna mai esagerare; nel caso : è giusto che una pecora venga tosata, non è corretto però scarnificarla; come è giusto pagare i tributi, ma questi non devono essere esosi.

8 - SI' PRE' 'O CAPPIELLO VA STUORTO... – ACCUSSÍ À  DDA JÍ!
- Signor prete, il cappello va storto - Cosí deve andare. Simpatico duettare tra un gruppetto di monelli che - pensando di porre in ridicolo un prete - gli significavano che egli aveva indossato il suo cappello di sgimbescio, e si sentirono rispondere che quella era l'esatta maniera di portare il suddetto copricapo. La locuzione viene usata quando si voglia fare intendere che non si accettano consigli non richiesti soprattutto quando chi dovrebbe riceverli ha - per sua autorità - sufficiente autonomia di giudizio.

Faccio notare che nell’espressione, cosí come ci è giunta ed è riportata,  è impropriamente usato il termine zi’ (apocope di zio  che è dal basso lat. thíus  modellato sul greco theîos); in realtà in origine l’espressione suonò  Si' pre' 'o cappiello va stuorto... - Accussí à dda jí! ed in essa  il si’  fu l’esatta apocope di si(gnore) derivato dal francese seigneur  a sua volta marcato sul lat. seniore(m) comparativo di senex. Solo in prosieguo di tempo per corruzione popolare l’originaria Si' pre' 'o cappiello va stuorto... fu letta Zi' pre' 'o cappiello va stuorto...e cosí è giunta sino a noi, ma l’esatta lettura e significato devono intendersi Si' pre' 'o cappiello va stuorto...

9 DICETTE NUNZIATA: CE PONNO CCHIÚ LL'UOCCHIE CA 'E SCUPPETTATE!
Letteralmente: Disse Nunziata: Ànno piú potenza gli occhi (il malocchio) che le schioppettate.Il napoletano teme piú il danno che gli possa derivare dagli sguardi malevoli di taluno (iettatura), che il danno che possono arrecargli colpi di fucile: dalle ferite da arma da fuoco si può anche  guarire,non è possibile sottrarsi ai nefasti influssi  della iettatura.

10 'E MACCARUNE SE MAGNANO TENIÉNTE, TENIÉNTE.
Letteralmente: i maccheroni vanno mangiati molto al dente. La locuzione a Napoli oltre a compendiare un consiglio gastronomico ineludibile, viene usata anche per significare che gli affari devono esser conclusi sollecitamente, senza por troppe remore in mezzo.

la voce teniénte non è il sostantivo tenente (grado militare) ma è una voce verbale aggettivata e cioè il part. presente del verbo tené/tènere= mantenere, reggere (in questo caso la cottura...) verbo che deriva dritto per dritto dal lat. teníre, corradicale di tendere 'tendere'.

Raffaele Bracale

 

 

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