domenica 30 giugno 2013
ANTICHI SAPORI
ANTICHI SAPORI
Ingredienti e dosi per 6 persone
Mezze maniche rigate 500 g
100 g olive nere snocciolate
200 g provola affumicata
100 g di pecorino grattugiato
200 g pancetta dolcetagliati in pezzetti di cm. 5 per 1 cm.
250 g pomidoro rossi tipo Roma o San Marzano
1 bicchiere di olio d’oliva e.v. p. s. a f.
1 fascetto d’aglio fresco
200 g di rucola aromatica
Sale doppio un pugno
Sale fino e pepe decorticato q.s.
Preparazione
Lavate la rucola e tritatela o frullatela in un mixer con lame da umido,assieme ad un paio di cucchiai d’olio insieme alle olive ed all’ aglio. Mettete il trito in una padella con il restante olio, lasciate insaporire a fuoco moderato, aggiungete la pancetta tagliata a striscioline; lasciate tostare un po’ la pancetta e poi unite i pomidoro lavati, sbollentati, pelati e tagliati a cubetti. Salate e lasciate cuocere per 10 minuti circa. In una pentola alta con abbondante (8 litri) acqua salata bollente, cuocete la pasta, scolatela al dente e fatela saltare nella padella con la salsa. Aggiungete la provola tagliata a cubetti, mescolate e servite, spolverando con il pecorino grattugiato ed abbondante pepe decorticato.
Vini secchi e profunati bianchi campani ( Solopaca, Capri, Ischia, Falanghina, Fiano) freddi di frigo.
Mangia Napoli, bbona salute!
r.bracale
AGNELLONE ALLA MOLISANA
Agnellone alla molisana
gustosissimo modo di approntare lo spezzato di agnello per un secondo salutare che non necessita di ulteriori contorni, essendo cotto assieme a delle patate.
ingredienti e dosi per 6 persone
1,500 kg di di groppa d’agnellone in pezzi di cm. 5x3x 2,
1 kg. di patate vecchie a pasta gialla,
2 spicchi d’aglio mondati e tritati finemente,
2 pomidoro tondi ramati lavati asciugati e divisi in 4 spicchi,
1 bicchiere d’olio d’oliva e.v.,
1 cucchiaio d’origano,
2 prese di sale fino alle erbette,
pepe bianco q.s.
procedimento
Sbucciare le patate e tagliarle a mezzaluna; sistemarle sul fondo d’un capace tegame da forno provvisto di coperchio;aggiungere un poco del trito d’aglio, alcuni spicchi di pomidoro, sale, pepe ed origano; adagiare sullo strato di patate i pezzi d’agnellone ed aggiungere altro aglio, pomidoro, sale, pepe ed origano; ripetere le operazioni fino ad esaurire patate ed agnellone; irrorare il tutto con il bicchiere d’olio, versare tanta acqua fredda fino a coprire lo strato superiore che deve essere d’agnellone; incoperchiare; preriscaldare al massimo (250°) il forno, infornare, abbassare a 200° e tenere in forno circa 90 minuti;impiattare súbito e servire caldo di forno.
Vini: Corposi vini rossi campani (Solopaca, Aglianico, Piedirosso, Taurasi) serviti a temperatura ambiente.
Mangia Napoli, bbona salute!
raffaele bracale
AGNELLO E SALSICCIA CON I FUNGHI
AGNELLO E SALSICCIA CON I FUNGHI
Ingredienti e Dosi per 6 persone:
1Kg. di salsiccia di maiale (a punta di coltello),
1 Kg. di groppa di agnello tagliato in grossi pezzi di cm. 5 x 3 x 2,
1/2 Kg. di funghi cardoncelli, 2 spicchi d' aglio mondati e tritati,
½ kg. pomidorini ciliegia,
1 etto di pecorino laticauda grattugiato,
1 bicchiere di olio d’oliva e.v.p.s. a f.,
sale fino e pepe nero q.s.
procedimento:
Porre in un tegame da forno ben unto d' olio, i pezzi di agnello lavati ed asciugati,i rocchi di salsiccia lavati e punzecchiati ed i funghi cardoncelli nettati e sfettati alla francese (taglio obliquo con lama posta a 45°). Aggiungere l' aglio sminuzzato, i pomidorini ciliegia tagliati in quattro, il sale, il pepe ed il pecorino grattugiato. Cospargere il tutto con olio e con due bicchieri d' acqua bollente ed infornare per un’ora a 220°. A metà cottura abbassare la temperatura portandola a 180°.
Piatto gustosissimo in cui i sapori forti della salsiccia e dell’agnello son mitigati dal delicato sapore dei cardoncelli, pur in presenza del formaggio pecorino!
Vini: Corposi vini rossi campani (Solopaca, Aglianico, Piedirosso, Taurasi) serviti a temperatura ambiente.
Mangia Napoli, bbona salute!
raffaele bracale
AGNELLO AL PECORINO
AGNELLO AL PECORINO
Ingredienti (per 6 persone):
2 kg di spezzatino di groppa d'agnello,(pezzi di cm. 5x5x3)
1 bicchiere di aceto,
il succo di due limoni non trattati,
2 spicchi d'aglio in camicia schiacciati,
500 gr. di pomidoro da sugo ben maturi,
3 peperoni quadrilobati (due gialli ed uno rosso) ,
100 gr. di olive nere di Itri/Gaeta denocciolate, 1 cucchiaio di capperini di Pantelleria dissalati e sciacquati,
1 rametto di rosmarino, 3 foglie di alloro fresco,
200 gr. di formaggio pecorino laticauda in cubetti di un cm. di spigolo,
1 bicchiere d’olio d'oliva e.v.p.s. a f.,
sale fino e pepe nero q.s.
Preparazione: In una terrina mettete la carne d'agnello
tagliata a spezzatino, bagnatela dapprima con l'aceto e poi con il succo di limone, salate e pepate ad libitum.
Unite qualche foglia di alloro e lasciate marinare per un paio d'ore. Togliete dalla marinata la carne e in una casseruola rosolatela con l'olio, aggiungete gli spicchi d'aglio e i peperoni tagliati in falde della grandezza d’un pollice. Mescolate qualche minuto e poi unite la polpa dei pomidoro scottati, spellati e tagliati in cubetti; aggiungete il rametto di rosmarino e cuocete, a pentola coperta, per circa un'ora a fuoco moderato e mescolando di tanto in tanto; salate ancóra se occorre e se il sugo si restringesse troppo diluitelo con una tazza da tè di acqua calda.
Unite le olive snocciolate, i capperi dissalati ed il formaggio pecorino tagliato a cubettini.Mescolate e mantenete su fuoco vivo ancóra per 5 minuti. Servite súbito caldo di fornello questo gustosissimo agnello.
Vini: Corposi vini rossi campani (Solopaca, Aglianico, Piedirosso, Taurasi) serviti a temperatura ambiente.
Mangia Napoli, bbona salute!
E facíteve ‘a scarpetta!
raffaele bracale
sabato 29 giugno 2013
SCOTTATE ALLA SORRENTINA
SCOTTATE ALLA SORRENTINA
Ingredienti e dosi per 4 persone
8 etti di spalla di maiale in fettine spesse un cm.,
5 etti di passata di pomidoro,
1 cipolla dorata di Montoro mondata e tritata,
1 bicchiere d’olio d’oliva e.v.p.s.a f.
2 etti di lardo di gola affettato sottilmente,
farina q.s.,
sale fino q.s.
un cucchiaio di origano,
1 bicchiere di vino bianco secco.
abbondante olio per friggere.
procedimento
Porre a fuoco sostenuto una padella con l'olio e.v.p.s.a f. aggiungere il trito di cipolla ed appena prenda colore aggiungere la passata di pomidoro, il cucchiaio d’origano e portare a cottura il sugo, a fuoco dolce, in dieci minuti; regolare di sale e tenere da parte.
Lavare e sgrondare le fettine di spalla ed infarinarle accuratamente; mandare a temperatura abbondante olio da frittura e friggervi le fettine; sgrondarle, salarle, farle intiepidire e porre su ogni fetta un paio di fettine di lardo fermandole con uno stecchino; cosí approntate sistemare le fette di carne in una teglia da forno verniciata d’olio, una accanto all’altra,aromatizzarle con una grattugiata di noce moscata,coprirle con tutto il sugo di pomidoro, spruzzarle con il vino e mandarle in forno per quindici minuti a 160°.Servirle calde di forno. Vini: Corposi vini rossi campani (Solopaca, Aglianico, Piedirosso, Taurasi), stappati un’ora prima di usarli, possibilmente scaraffati e serviti a temperatura ambiente
Mangia Napoli, bbona salute e scialàteve!
Raffaele Bracale
AVVENTATO & dintorni
AVVENTATO & dintorni
La quotidiana osservazione del comportamento di qualcuno che mi sta intorno, mi induce questa volta ad esaminare la voce in epigrafe ed i suoi sinonimi dapprima per ciò che riguarda l’italiano ed a seguire a trattare dei vocaboli corrispondenti nella parlata napoletana. Cominciamo con l’italiano dove abbiamo:
avventato/a, agg.vo m.le o f.le
1 che agisce o parla senza riflettere: una ragazza avventata
2 che è fatto o détto senza riflettere: gesto, giudizio avventato;
etimologicamente si tratta del p.p. dell’infinito avventare v.bo tr. =
1 (lett.) scagliare, gettare con violenza
2 (fig.) esprimere senza la dovuta ponderazione: avventare giudizi ||| v. intr. [aus. avere] (non com.) essere appariscente, colpire ||| avventarsi v. rifl. gettarsi con impeto contro qualcuno o qualcosa; il verbo avventare propriamente varrebbe: lanciare al vento ed è un denominale del s.vo vento con protesi di un ad→av;
disordinato/a, agg.vo m.le o f.le
1 che non è in ordine: una casa disordinata | (fig.) confuso: discorso, racconto disordinato
2 che non tiene in ordine le sue cose; che lavora con poca precisione: un ragazzo disordinato, un’ impiegata disordinata
3 sregolato, privo di misura: un comportamento disordinato etimologicamente si tratta del p.p. dell’infinito disordinare=
v. tr.: mettere in disordine, scompigliare: disordinare le carte | (fig.) confondere: disordinare le idee ||| v. intr. [aus. avere] (ant.) essere sregolato, eccedere: Caro figliuolo, governatevi, non disordinate. Ieri sera avete mangiato un poco troppo (GOLDONI) ||| disordinarsi v. intr. pron.
1 (non com.) confondersi; 2 (ant.) subire un danno, spec. Economico; disordinare è un denominale di disordine =
1 mancanza di ordine; confusione (anche fig.): regnava ovunque un gran disordine; disordine mentale ' in disordine, in scompiglio, in stato di confusione: mettere, lasciare tutto in disordine; avere le vesti, i capelli in disordine, scomposti
2 per estens.) disservizio, cattivo funzionamento; cattiva amministrazione: il disordine del servizio postale; il disordine degli affari pubblici
3 sregolatezza, mancanza di misura: disordine nel bere, nel mangiare
4 spec. pl. fatto che turba l'ordine pubblico; sommossa, tumulto. Etimologicamente disordine è dal lat. ordine(m) con protesi di un dis distrattivo.
Inconsiderato/a, agg.vo m.le o f.le 1 (non com.) che non considera, che agisce in modo avventato: un ragazzo inconsiderato
2 che è detto o fatto senza riflessione, in modo sconsiderato: risposta inconsiderata; quanto all’etimo è dal lat. inconsideratu(m), comp. di in- 'in= non' e consideratus 'prudente', propr. part. pass. di considerare 'considerare= 1 esaminare con attenzione; tenere presente: considerare il pro e il contro di una proposta; tutto considerato, tenuto conto di tutto, valutando tutti gli aspetti della cosa; considerato che, visto che, dal momento che | (assol.) riflettere, ponderare: è un impulsivo e non considera mai abbastanza
2 reputare, ritenere; giudicare: considerare qualcuno come un fratello
3 apprezzare, avere stima di qualcuno: il professore lo considera molto
4 (dir.) prevedere, contemplare ';
precipitoso/a, agg.vo m.le o f.le
1 che scende a precipizio; per estens., che si verifica o si muove con grande rapidità: torrente precipitoso; corsa, fuga precipitosa; attraversò precipitoso la strada
2 di persona, che agisce affrettatamente, senza riflettere; di cosa, che è detta o fatta con precipitazione, con fretta eccessiva: non essere precipitoso nel giudicare!; una decisione precipitosa
3 (lett.) detto di monte, che scende a precipizio; di pendio, assai scosceso; la voce precipitoso etimologicamente è derivata dall’agg.vo precipite( che è dal lat. praecipite(m) 'a testa in giù', comp. di prae- 'pre-' e caput -pitis 'testa') con l’aggiunta del suff. d’abbondanza oso←osus;
sconsiderato/a, agg.vo e talvolta s.vo m.le o f.le
1 che agisce senza riflettere, senza discernimento: una ragazza sconsiderata
2 fatto o detto senza riflettere, senza prudenza: un atto, un gesto sconsiderato; parole, frasi sconsiderate
¶ s. m. [f. -a] persona sconsiderata, avventata: comportarsi da sconsiderata;
la voce sconsiderato etimologicamente è derivata quale p. p. dall’infinito s (distrattiva) + considerare (dal lat. considerare, comp. di cum 'con' e un deriv. di sidus -eris 'astro'; propr. 'esaminare gli astri per trarne auspici' per cui sconsiderare varrebbe ' non esaminare gli astri etc.'.
squinternato/a agg.vo e talvolta s.vo m.le o f.le 1 scompaginato, slegato: libro, fascicolo squinternato | (estens.) sconnesso: una vecchia baracca squinternata
2 (fig.) si dice di persona poco equilibrata, dalla vita e dal comportamento disordinati una donna squinternata;
come s. m. [f. -a] persona squinternata;
la voce squinternato etimologicamente è derivata quale p. p. dall’infinito squinternare = slegare,scombussolare, turbare formato da una s (distrattiva) + un derivato di quinterno = s. m. insieme di cinque fogli doppi di carta inseriti l'uno nell'altro, cosí da formare dieci carte o venti pagine; deriv. di quinto, sul modello di quaderno che è dal lat. quaterni, nom. pl., 'a quattro a quattro' (con allusione alla legatura dei fogli), deriv. di quattuor 'quattro'.
Esaurite ad un dipresso tutte le voci sinonime di quella in epigrafe, passiamo alle voci napoletane che rendono quelle dell’italiano. Abbiamo:
abbentato, agg.vo m.le o f.le corrisponde e per significato e per etimologia all’ avventato dell’italiano con la sola differenza dell’alternanza b/v v/b tipiche del napoletano(cfr. bocca→vocca – barca→varca – avvincere→abbencere etc.);
ammorrone/a oppure ammurrone/a, agg.vi m.li o f.li aggettivi che corrispondono ad un dipresso a gli italiani precipitoso/a, imprudente, avventato/a, impulsivo/a, frettoloso/a, affrettato/a , ma che in realtà trovano il migliore corrispondente in abborracciatore/trice, impreciso/a, vago/a, approssimativo/a, superficiale, nessuno dei quali però ripete l’aggancio semantico della voce napoletana che, molto icasticamente mette in relazione un comportamento precipitoso, imprudente, avventato, impulsivo, frettoloso, affrettato, abborracciato, raffazzonato, sciatto, approssimativo, trasandato con quello tenuto dalle bestie di media o piccola taglia (bovini ed ovini) allorché raccolte in mandrie (mmorre dal fr. mourre) si muovono in maniera disordinata, scomposta, caotica; quanto all’etimo, come già accennato parlando dell’aggancio semantico, gli aggettivi a margine son dei denominali del s.vo mmorra (che è dal greco myríos= gran moltitudine attraverso il fr. mourre).
pazzuoteco/pazzoteca, agg.vo m.le o f.le f in primis bizzarro/a, cervellotico/a, bislacco/a, strano/a ma per estensione disordinato, abborracciato, raffazzonato, sciatto, approssimativo; per l’etimo è voce derivata dal sost. pazzo con il suff. otico→uoteco/oteca risalente al lat. (idi)òticus; pazzo a sua volta è riconducibile al greco pàthos=infermità dell’animo o del corpo, senza dimenticare che il s.vo greco patheía (da leggere pathîa) porta dritto per dritto a pazzía.
Scialuorto/scialorta agg,vo m.le o f.le voci antiche, ma icastiche che valsero in primis sbadato/a, buono/a a nulla ed estensivamente sventato/a, sconsiderato/a; pasticcione/a, arruffone/a; per quanto riguarda l’ etimologia di questo antico scialuorto/scialorta escludo a priori la fantasiosa ipotesi di F.sco D’Ascoli che parlandone infra la voce che segue, propose di considerar la voce a margine una lettura metatetica di ciarlúotte (dal comico Charlot (sic!)) salvo poi a dovere ammettere che nel napoletano scialuorto/scialorta erano voci ben preesistenti all’attore inglese Charles Spencer Chaplin, in arte Charlot (Londra, 16 aprile 1889 –† Corsier-sur-Vevey, 25 dicembre 1977);a mio avviso la voce a margine, meno fantasiosamente, è da collegarsi al latino parlato *exadaptu(m)=disadatto secondo il seguente percorso morfologico exadaptu(m)→sciadattu(m) con successiva rotacizzazione osco-mediterranea d→r che diede sciarattu(m) e per assimilazione progressiva sciarartu(m) e definitiva alternanza espressiva popolare della prima consonante liquida vibrante (r) con la corrispondente consonante laterale alveolare (l) approdando a scialartu(m) donde il nostro scialuorto;
sciaddeo/a,oppure sciardeo/a agg.vi m.li o f.li esattamente l’inetto l’incapace buono a nulla, il precipitoso, l’imprudente, l’avventato, l’impulsivo, ed estensivamente anche lo sciocco generico ; rammenterò qui che sciaddeo/sciardeo son la medesima parola: nella seconda si è verificato il fenomeno del parlato popolare della rotacizzazione osco – mediterranea che riguarda la prima d(cfr. ad es.: dito/rito – dinto/rinto – Madonna/Maronna etc.) , ma la parola è la stessa; per quanto riguarda l’ etimologia di sciaddeo escludo a priori che la si debba riferire al nome dell’apostolo Giuda Taddeo che con sciaddeo à solo una tenua assonanza, non risultando da nessuna sacra scrittura (vangeli – atti degli apostoli – lettere etc.) che il suddetto Giuda Taddeo fosse uno sprovveduto o un incapace, e propendo per il verbo greco skedao= comportarsi da sbandato e/o sprovveduto;
sciardella, agg.vo o s.vo f.le e soltanto femminile; à il circoscritto significato di donna inetta, inidonea, inadatta, disadatta, inabile, inadeguata, colpevolmente incapace, incompetente, inesperta; si usa ad esempio per identificare una casalinga incapace di fare i donneschi lavori di casa con attenzione e secondo i crismi dovuti; a Napoli è 'na sciardella la casalinga che lavi le stoviglie, facendosele scappare di mano e rompendole, che lavi i pavimenti con poca acqua, che spolveri superficialmente, che riponga gli abiti in modo raffazzonato, cosí che riprendendoli uno li trovi stazzonati e sgualciti al punto di non poterli indossare, una donna insomma inetta ed inaffidabile, una sbadata patentata che colpevolmente (e non per involontarie carenze fisiche o mentali) non pone attenzione o buona volontà in tutto ciò che fa.
sciambrato/a, agg.vo m.le o f.le in primis riferito a gli abiti vale (con derivazione da un lat. reg. (e)xamplare= render ampio))vale: largo, ampio, comodo, in un significato secondario, riferito alle persone vale disordinato, sregolato, privo di misura
sciàscio/a agg.vo m.le o f.le = trasandato,disordinato, approssimativo, ma piú spesso, se non sempre, riferito ad una donna, quasi sinonimo della pregressa sciardella nei significati di donna precipitosa,incapace imprudente,avventata, impulsiva, inetta, inabile, dappoco, maldestra, pasticciona, disadatta, inesperta; quanto all’etimo è un deverbale dell’infinito sciascïà v. intr.=godersi a fondo qualcosa, bearsi con gusto e pieno abbandono tutte cose che semanticamente giustificano la precipitosità, l’impulsività e l’avventatezza comportamentale: chi si bea o si gode qualcosa a fondo, con gusto e/o pieno abbandono, non può mettere attenzione o misura in quel che fa; a sua volta il verbo sciascïà appare derivare dal lat. iacére=giacere in riposo attraverso un frequentativo *iaciare che diede *ciacïà→ sciascïà.
Sciazza/sciuazza agg.vi o s.vi f.li e soltanto femminili = maldestra, pasticciona, incapace, goffa, inetta, sprovveduta, inabile, buona a nulla, incompetente, inesperta
agg.vi peggiorativi del termine sciardella; in realtà la voce sciuazza è morfologicamente un addolcimento – attraverso l’epentesi [inserzione di un suono nel corpo di una parola (p. e. fantasema per fantasma – sciuazza per sciazza)] di una facoltativa u – dell’originaria sciazza (che è dal latino ex-apta=inadatta)inteso troppo duro o volgare.
E penso d’avere esaurito l’argomento.Satis est.
Raffaele Bracale
GALLINA e dintorni.
GALLINA e dintorni.
Illustro qui di sèguito alcune locuzioni e proverbi partenopei in cui si coinvolge il bipede domestico indicato in epigrafe.
1-'A GALLINA FA LL'UOVO E Ô VALLO LL'ABBRUSCIA 'O MAZZO.
Letteralmente:la gallina fa l'uovo e al gallo brucia l'ano. Id est: Uno lavora o sopporta pesi e disagi ed un altro si lamenta della fatica che non à fatto, o fa le viste di avere sulle proprie spalle il peso di disagi altrui. La locuzione è usata quando si voglia redarguire qualcuno che si sia vestito della pelle dell'orso catturato da altri, o quando si voglia esortar qualcuno a non lamentarsi per fatiche che non abbia compiute, e di cui invece faccia le viste di portare il peso.
2- QUANNO 'A GALLINA SCACATEJA È SSIGNO CA À FATTO LL'UOVO.
Quando la gallina starnazza è segno che à fatto l'uovo. Al di là del senso letterale, il proverbio vuol significare(rendendo quasi il latino: excusatio non petita, accusatio manifesta) che quando ci si scusi reiteramente di qualcosa, tale fatto è indizio certo che si è colpevoli.
3- 'A GALLINA CA CAMMINA TORNA Â CASA CU 'A VOZZA CHIENA.
La gallina che cammina torna a casa con il gozzo pieno. Id est: anche chi è sciocco ed inetto (come lo è, nell’inteso comune, una gallina), se si mette in azione riesce, in una maniera o in un'altra, a sbarcare il lunario o quanto meno – come si dice a Napoli – a sceppà ‘a campata (a vivacchiare)
4- PARLA SURTANTO QUANNO PISCIA 'A GALLINA!
Ad litteram: Parla solo quando orina la gallina! Perentorio icastico monito rivolto a chi (e segnatamente arroganti, saccenti o supponenenti) si voglia indurre al silenzio e a non metter mai lingua nelle faccende altrui; monito che è rivolto, prendendo (però erroneamente) a modello la gallina che pur non possedendo uno specifico organo deputato all’uopo, non è vero che non orini mai, ma compie le sue funzioni fisiologiche in un'unica soluzione attraverso un organo onnicomprensivo detto cloaca.
5- AIZAMMO 'A GALLINA E AVASCIAMMO 'A CECORIA...
Letteralmente: aumentiamo la gallina e diminuiamo la cicoria... Id est: diamo maggior consistenza alla minestra aumentandone la carne e diminuendone i vegetali. La locuzione viene usata quando si voglia convincere qualcuno a curar maggiormente la sostanza delle faccende in cui si è impegnati e a non esagerare con il conferimento di aggiunte attinenti piú alla forma che alla sostanza.
Analizziamo le singole parole, cominciando da
gallina:tipico animale da cortile, femmina del gallo, piú piccola del maschio, con piumaggio meno vivacemente colorato, coda piú breve, cresta piccola o mancante, speroni e bargigli assenti; viene allevata per le uova e per le carni (ord. Galliformi); nell’immaginario comune è inteso animale stupido e di nessuna intelligenza e ciò forse perché – avendo testa piccola – si pensa che abbia poco cervello; etimologicamente il nome è dal lat. gallina(m), deriv. di gallus 'gallo';
uovo: l'uovo degli animali ovipari, che viene espulso dal corpo materno prima che l'embrione si sviluppi: uovo d'uccello, di pesce, d'insetto
ma in partic., l'uovo di gallina o altri bipedi: oche, struzzo etc., usati dall'uomo come alimento; etimologicamente il nome è dal lat.ovu(m);
vallo è il gallo: uccello domestico commestibile, con piumaggio brillante, testa alta con grossa cresta carnosa e bargigli, zampe fornite di speroni, coda falciforme dai colori spesso vivaci;
abbruscia: brucia – voce verbale (3° p.sing. ind. pres.) dell’infinito abbruscià = ardere, bruciare, tendere al bruciore; etimologicamente da un tardo latino *ad-brusiare = bruciare, tendere al bruciore, con tipica palatalizzazione di si→sci come per simia → scimmia ed altrove;
mazzo: di per sé è il culo, sedere, deretano, il complesso delle natiche ed ano che è tipico degli esseri umani e degli animali quadrupedi di grossa taglia; gli uccelli come il gallo non son forniti di natiche, ma del solo ano; ciononpertanto si è preferito mantenere la voce mazzo riferito al gallo, piú rapido e forse meno volgare di ‘o buco d’’o culo con cui in napoletano si indica l’ano;talora nel parlato per evitare il volgare ‘o buco d’’o culo, per indicare l’ano s’usa il termine fetillo semanticamente da ricondurre al fatto che l’ano è il foro donde sortiscono le maleolenti feci e/o i gas intestinali;etimologicamente la voce mazzo è dall’acc. lat. matia(m)=intestino, mentre la voce fetillo è un deverbale del lat. foetere= puzzare, e la voce femminile matiam è stata poi maschilizzata ed in luogo di dare mazza à dato mazzo;
scacateja: starnazza – voce verbale (3° p. sing. ind. pres.) dell’infinito scacatïà o anche scacateïà: starnazzare, schiamazzare (propr. dei polli) il verbo è stato evidentemente modellato sull’altro verbo scacà= smettere, cessare ( nella fattispecie: di fare temporaneamente le uova) con derivazione dal latino excacare;
vozza gozza = la voce risulta essere un adattamento regionale di gargozza/o, canna della gola (dal lat.gargutium), con soppressione semplificativa della prima sillaba (gar ) e successivo passaggio metaplasmatico della g a v come in gallo → vallo – gunnella→vunnella – golpe→volpe.
sceppà letteralmente strappare, togliere, svellere – è un infinito che si ritrova anche come scippà, ed ambedue le forme con etimo dal lat. ex-cippare; il verbo a margine in unione con il sostantivo campata(= necessario e sufficiente al sostentamento personale di un giorno, è un denominale di campus= campo, quello che un tempo fu il principale mezzo di procacciarsi il necessario per vivere) vale: vivacchiare quasi che fosse strappare alla vita il sostentamento quotidiano;
quanno: avverbio = in quale tempo, in quale momento; dal latino quando con tipica assimilazione progressiva nd>nn;
piscia = voce verbale (3° pers. sing. ind. pres.) dell’infinito piscià = orinare, espellere per via urinaria; etimologicamente derivato dal greco pytízein = gettar fuori che diede un basso latino *pitissare, pi(ti)ssare→pissare→pisciare;
aizammo = voce verbale (2° pers. plur. ind. pres., (ma pure 2° pers. plur. imperativo ) dell’infinito aizà = alzare, ma pure aumentare; etimologicamente da un lat. volg. * altiare, deriv. del lat. class. altus 'alto'; il napoletano antico dal verbo *altiare trasse dapprima auzà donde poi aizà;
avasciammo = voce verbale (2° pers. plur. ind. pres., (ma pure 2° pers. plur. imperativo ) dell’infinito avascià = abbassare, calare portare, mettere qualcosa piú in basso; etimologicamente derivato dal denominale latino ad+bassus donde dapprima un abbassà→abbascià e poi per semplificazione della labiale esplosiva →abascià che divenne, con consueta alternanza partenopea b/v avascià;
cecoria = cicoria; una delle piú comuni e famose piante erbacee coltivate un po’ dovunque, ma soprattutto negli orti napoletani per le foglie commestibili, la radice di detta pianta tostata fu anche usata – soprattutto in periodo bellico - come surrogato del caffè; la cicoria (dal lat. cicòría, neutro pl. di cicòríum, dal gr. kichórion ), in unione con altri teneri e gustosi vegetali quali scarola(voce napoletana pervenuta poi all’italiano, con derivazione dal lat. volg. *escariola(m), deriv. del lat. escarius 'che serve per mangiare', da ísca 'cibo, esca') e borraggine o borragine ( che a Napoli è vurraccia derivata dal lat. mediev. borragine(m), (prob. di origine araba), con tipica alternanza partenopea b/v) è usata a Napoli nella preparazione di minestre quasi esclusivamente vegetali ; quando poi si addizionano ai vegetali (cicoria, scarola, borraggine o borragine e verza) varî tipi di carni, bovine, avicole e suine si ottiene la famosa minestra maritata detta pure pignato grasso ed in terra iberica olla potrida.
Raffaele Bracale
SCARDUSO & dintorni
SCARDUSO & dintorni
Sollecitato dalla richiesta dell’amico A.M. (di cui i consueti motivi di riservatezza mi costringono ad indicare le sole iniziali delle generalità) tratto qui di sèguito il termine in epigrafe e qualche sinonimo, augurandomi di rispondere adeguatamente alla richiesta dell’amico ed interessare altresí qualcun altro dei miei ventiquattro lettori. Entro súbito in medias res dicendo che il termine scarduso indica il cavilloso, il pignolo,colui che arzigogola,che
bizantineggia, che è tortuoso, capzioso; nell’icastico linguaggio partenopeo è insomma colui ca va p’ ‘e scarde, che si propone cioè attaccandosi alle inezie, alle sciocchezzuole, piccolezze, bazzecole,
quisquilie, minuzie, bagattelle, stupidaggini. Etimologicamente si tratta di una voce derivata di scarda addizionato del suff. m.le uso suffisso di aggettivi
e sostantivi derivati dal latino o, come nel nostro caso, tratti da nomi, suffisso che è dal lat. -osu(m)→usu(m) ed indica presenza, caratteristica, qualità ecc.
A sua volta scarda è dal francese écharde:
scheggia.
Sinonimi della voce in epigrafe sono:
ammusciatore o ammusciante che è propriamente il fastidioso, il tediante, l’annoiatore soprattutto per il modo insistente, ripetitivo con cui affronta argomenti o situazioni di talché con la voce in esame si indica anche il pignolo, il cavilloso (come nel caso che ci occupa) ; ambedue i termini di cui il secondo è addirittura il participio presente denota chiaramente perciò un’azione in… corso d’opera, sono forgiati sul verbo ammuscià: che propriamente, tal quale il toscano ammosciare è il render vizzo, floscio, moscio ed estensivamente appunto l’annoiare, l’infastidire; il verbo ammuscià è un denominale di muscio (moscio dal latino mucidu(m)→ muc’dus→mustius→muscius e muscio);
scucciatore o scucciante anche nell’un caso e nell’altro si tratta di soggetto seccante, noioso, irritante, pedante, meticoloso, minuzioso, eccessivamente scrupoloso, fastidioso al segno quasi che con la sua azione monotona, insistente,ostinata incalzante finisce quasi per figuratamente romper la testa di colui con cui venga a contatto; in effetti ambedue i termini di cui il secondo è addirittura il participio presente denota chiaramente perciò un’azione in… corso d’opera, sono forgiati sul verbo scuccià: che propriamente vale 1) rompere cose fragili, delicate; 2) estensivamente come nel caso che ci occupa tediare, infastidire, dar noia, fastidio; il verbo scucciare/scuccià etimologicamente è un denominale di coccia (dal lat. cochlea(m) 'lumaca, chiocciola', dal gr. kochlías) 'guscio (dell'uovo)', con il pref. di una s- distrattiva
sufistico/a agg.vo e s.vo m.le o f.le =
1cavilloso, puntiglioso,
e precisamente 2che/ chi trova da ridire in ogni cosa, pedante | 3)(fam.) schizzinoso, incontentabile; voce derivata dal lat. sophisticu(m), dal gr. sophistikós, deriv. di sophistés 'sofista' con il consueto passaggio della o atona ad u.
In chiusura rammento che di chi sia cavilloso, puntiglioso,eccessivamente ostinato, testardo, cocciuto, caparbio s’usa dire icasticamente che fa ‘e pponte ê chiuove che vale appuntisce i chiodi id est: fa una cosa superflua adoperandosi (per mera pertinacia ed ostinazione) per rendere aguzzi i chiodi [che anche senza punta servirebbero ugualmente al loro ufficio].
E cosí penso d’avere esaurito l’argomento, contentato l’amico A.M. ed interessato qualcuno dei miei soliti ventiquattro lettori. Faccio perciò punto fermo; satis est.
Raffaele Bracale
SUOCERA & CONTORNI.
SUOCERA & CONTORNI.
Nella lingua nazionale, per indicare il genitore dello sposo o della sposa nei riguardi del coniuge esiste un solo termine ed è suocero/a formatisi su di un tardo latino soceoru(m)per il maschile ed un consimile soceara(m)per il femminile. La parlata napoletana, molto piú attenta del toscano a sottigliezze emozionali à due termini diversi soprattutto per distinguere la madre della sposa da quella dello sposo: e sono socra e gnora;
A - Con il termine SOCRA coniato sul classico latino socrus - us si indica la madre dello sposo per cui una donna per parlare della mamma del suo sposo dirà sòcrema (id est: la mia socra);
B - uno sposo per indicare la mamma della sposa dirà gnórema ( id est la mia gnora) dove gnora sta per (si)gnora;
Nel parlato comune si è cercato di dare il nome di mamma anche alla suocera, ma come dicevo, il napoletano è molto piú attento dell'italiano a talune sottigliezze emozionali per cui posto che – specialmente per il maschio napoletano - l'unica donna cui compete o possa competere il titolo di mamma è la propria genitrice diretta, ecco che il napoletano per significare la mamma della sua sposa ricorre al meno impegnativo e piú asettico si-gnora.
A margine ricorderò tuttavia che il napoletano d’antan ebbe un termine coniato addizionando le voci gnora e vavella→gnoravavella= balia da latte, nutrice in cui la parola gnora si guadagnò una sorta di affettuosità assente nello gnora= suocera, madre della sposa; in realtà il termine vavella preso da solo significò in origine nonnina essendo etimologicamente un diminutivo corruttivo di ava incrociato con vava (bava); preso in unione con gnora, cioè con gnoravavella si indicò la balia da latte, la nutrice ed in tal modo gnora fu nobilitata in senso affettivo dall’accostamento con vavella.
Raffaele Bracale
ARZIGOGOLO e dintorni
ARZIGOGOLO e dintorni
L’amico N.C. (i consueti problemi di riservatezza mi impongono l’indicazione delle sole iniziali di nome e cognome) mi chiese di parlare della voce in epigrafe e delle corrispondenti voci del napoletano. L’accontento qui di sèguito con il dire che con la voce in epigrafe arzigogolo ( con etimo derivato da girigogolo allungamento di girigoro secondo un percorso morfologico comportante la trasposizione di lettere nel primo elemento e cioè: argi→arzi per giri) la lingua ufficiale nazionale intende volta a volta un discorso o un ragionamento astruso e lambiccato, una fantasticheria, un cavillo, un espediente dialettico, una trovata spesso truffaldina, ma ingegnosa, un giro di parole ingegnoso e bizzarro, un raggiro fuorviante, un pretesto etc.
Il napoletano per tali necessità à parecchie voci ed ognuna piú circostanziata ed esattamente coniata per indicare con maggior precisione ognuna delle suaccennate occorrenze; tento qui di sèguito di elencare tali voci partenopee dandone, ove possibile, l’etimo ed il preciso campo d’applicazione; cominciamo:
allefrecaglia/arrefrecaglia che nel significato di giro di parole ingegnoso e bizzarro, sono ambedue ampliamento di lefrecaglia deverbale del basso latino *refragare = cavillare, sminuzzare etc.;
ciaranfa che nel significato di discorso astruso e lambiccato, noiosamente ripetitivo trova il suo etimo nell’adattamento popolare della voce ciaraffa che di per sé (con provenienza dall’arabo giarif) indica una moneta sonante, ma di poco valore e semanticamente la cosa si spiega col fatto che come la moneta ciaraffa è sonante,sí ma in realtà di poco valore, cosí la ciaranfa quale discorso astruso e lambiccato, noiosamente ripetitivo, produce solo rumore, ma non significante e quindi senza valore;
‘mbròglia s.vo f.le è una fantasticheria intrisa di parole eccedenti, un pretesto lungamente... diluito di chiacchiere tendenti al raggiro ed è quanto all’etimo un deverbale di ‘mbruglià= imbrogliare che a sua volta è dal fr. ant. brouiller 'mescolare, confondere', deriv. di brou 'brodo' e semanticamente si spiega essendo – come ò detto – la ‘mbroglia null’altro che una sequela di parole eccedenti, un pretesto di chiacchiere diluite tali quale un brodo;
peléa/peleja s.vo f.le con due differenti morfologie leggermente diverse, di cui la seconda ottenuta dalla prima con epentesi eufonica d’ un suono di transizione (j) immesso nello iato ea ; il s.vo in esame vale 1 futile pretesto (per attaccar briga) e piú generalmente insignificante
spunto , fatuo appiglio, pretestuoso espediente;2 in senso traslato con riferimento alla irrisorietà della natura della peléa/peleja vale anche piccolezza, quisquilia, bazzecola, minuzia, bagattella, sciocchezza.
etimologicamente è voce deverbale dello spagnolo pelear = litigare, brigare, bisticciare etc.
nzànzera /nzànzanzera
s.vo f.le dalla doppia morfologia: nella seconda c’è l’espressivo raddoppiamento rafforzativo della prima sillaba; sinonimo del precedente in quanto sciocchezza profferita in modo chiassoso, fandonia eclatante tendente al raggiro, frottola mistificatrice in uso tra compagni di baldoria, menzogna, panzana, balla propalata al fine di far ricadere su altri componenti la mala brigata le spese per il divertimento da sostenere o sostenute o le respensabilità di azioni comuni; etimologicamente è voce costruita nella prima morfologia ponendo in posizione protetica una n eufonica (che non derivando dall’aferesi di un in→’n non necessita di alcun segno diacritico (‘)) al s.vo del basso lat.zingiber→zanz(ib)er→zanzera→nzanzera (che diede anche zenzero = radice dall’aroma piccante) semanticamente da accostarsi per il gusto pepato, caustico che connota sia la radice che figuratamente la sciocchezza profferita in modo chiassoso, la fandonia eclatante, la frottola mistificatrice mistificatrice; per ciò che riguarda l’etimo della morfologia di nzànzanzera ò già détto e qui ribadisco che l’etimo è il medesimo di nzànzera con l’espressivo raddoppiamento rafforzativo della prima sillaba;
pagliettaría s.vo f.le è precisamente il cavillo, l’ espediente dialettico, la trovata quasi sempre truffaldina, ma ingegnosa, azioni che di per sé son tutte riconducibili al modo di agire dei cosiddetti paglietta voce singolare maschile che indica un avvocatucolo,un leguleio cavilloso, ma inesperto e spesso truffaldino; letteralmente la voce a margine parrebbe essere un diminutivo vezzeggiativo di paglia e come tale femminile, mentre in realtà è – come ò detto- voce singolare maschile (‘o paglietta) nei significati detti ed è voce che al plurale va scritta correttamente ‘e pagliette, mentre scritta con la geminazione iniziale: ‘e ppagliette torna ad esser femminile indicando i tipici cappelli di paglia, solitamente usati dagli uomini) e va letta con la geminazione iniziale della p; scritta però, come ò detto, con la iniziale p scempia: ‘e pagliette, la medesima voce plurale di paglietta è maschile e per chiaro traslato o sineddoche indica appunto avvocatucoli, legulei cavillosi, ma inesperti quegli stessi cioè che ad inizio del 1900 usavano indossare a mo’ di divisa comune una paglietta (cappello di paglia (donde il nome, partendo da un lat. palea(m)) da uomo, con cupolino alto, in foggia di tamburo, bordato di nastro di seta, ampia e piatta tesa rigida il tutto rigorosamente di colore nero per distinguersi da tutti gli altri uomini che erano soliti indossare, in ispecie nella bella stagione, pagliette di color chiaro; e con questa spiegazione penso d’aver fatto giustizia sommaria del parere di qualcuno (ma non ne ricordo il nome…né meriterebbe d’esser rammentato ) che fantasiosamente fa risalire il termine paglietta inteso, come riportato, quale avvocatucolo, leguleio cavilloso, ma inesperto e truffaldino all’ampia gorgiera rigida indossata sulle toghe dagli avvocati d’antan; ora atteso che la gorgiera fu colletto plissettato ed inamidato indossato da talune categorie di notabili in epoca cinquecentesca e seicentesca,e poi definitivamente dismesso, mentre il tipo paglietta inteso avvocatucolo etc. è figura del tardo ‘800 – principî ‘900, non vedo dove (se non presso un costumista tearale) un avvocatucolo del tardo ‘800 o dei primi del ‘900 avrebbe potuto reperire una gorgiera inamidata e plissettata da indossare sulla toga...
da paglietta con aggiunta del suffisso di pertinenza ria si è giunto a pagliettaría voce che per sua fortuna è rimasta nell’àmbito della parlata napoletana e non è pervenuto in quello della lingua italiana dove è pur presente la voce paglietta nel significato di avvocatucolo etc.; ò detto per sua fortuna poi che se la voce pagliettaría fosse approdata nel dialetto di alighieri dante sarebbe stata certamente stravolta in pagliettería= azione o comportamento da paglietta subendo lo stesso trattamento della voce partenopea fessaría che pervenuta nell’italiano divenne fessería assumendo una inesatta e chiusa e non etimologica al posto della esatta aperta a forse nella sciocca convinzione che una vocale chiusa fosse piú consona di una aperta alla eleganza (?) della lingua nazionale;
raciàmmulo s.vo m.le voce singolare maschile usata per indicare un giro di parole ingegnoso e bizzarro e fuorviante che miri a nascondere verità altrimenti palesi; etimologicamente è un derivato del tardo latino *racimulus, diminutivo per il class. racímus; =gracimolo,ciascun rametto di un grappolo d'uva; piccolo grappolo d'uva; semanticamente si spiega col fatto che come il gracimolo si nasconde tra i pampini e copre a sua volta gli acini del grappolo, cosí il raciàmmulo tenta di non far apparire, nascondendole con giri di parole, talune verità altrimenti palesi;
scazzella s.vo m.le voce singolare maschile (a malgrado della desinenza in a) usata esattamente per indicare non l’azione cavillosa, pretestuosa, capziosa quando non litigiosa, ma per indicare colui che agisca e si esprima cavillosamente, pretestuosamente, capziosamente; in effetti la parola a margine (‘o scazzella) risulta essere etimologicamente una contrazione per sincope del termine scazzazella→scaz(za)zella→scazzella a sua volta formato dal verbo scazzà/scazzecà= schiacciare, scacciare, sommuovere (da una base di lat. reg. s(intensivo) + capticare frequentativo di captiare= cacciare) + il sost. zella =tigna, debito, magagna, imbroglio (da un lat. reg. psilla(m)); va da sé che chi schiaccia, smuove i residui della tigna lo fa in maniera attenta, cavillosa, pretestuosa alla medesima maniera di chi tenti di schiacciare, scacciare, sommuovere un debito o magagna;
tràstula s.vo f.le sostantivo femm. sing. usato per indicare un generico trucco e/o inganno; in realtà come deverbale di trastulià (che letteralmente è il porre in essere innocenti giochini o inganni da saltimbanchi) la voce a margine solo estensivamente indica ogni altro inganno teso ad imbrogliare, raggirare etc; ad un superficiale esame potrebbe sembrare che il verbo napoletano trastulià donde la derivata tràstula sia un adattamento del toscano trastullare; non è cosí però; è vero che ambedue i verbi, l’italiano ed il napoletano, partono da un comune latino transtum che fu in origine il banco cui erano assisi i rematori delle galee romane, per poi divenire i banchi su cui si esibivano i saltimbanchi con i loro trucchi ed inganni detti in napoletano trastule e chi li eseguiva fu il trastulante passato in seguito a definir semplicemente l’imbroglione , ma mentre l’italiano trastullare è usato nel ridotto significato di dilettare con giochini i bambini, il napoletano trastulià à il piú duro significato di mettere in atto trucchi ed inganni, e non per divertire i bambini, quanto per ledere gli adulti;
Giunti a questo punto rammenterò che tutte le voci che ò elencate furono usate negli scrittori partenopei (poeti, drammaturghi etc.) a far tempo dal 1400 con eccezione di quelle nate (ad. es. pagliettaría) in epoche successive. C’è una sola voce che non à trovato posto nei reperti letterarii, ma è rimasta a far tempo dal 1940 circa, nel parlato popolare ed ancora vi permane ben salda avendo soppiantato quasi tutte le voci elencate fin qui con le sole eccezioni di ‘mbroglia e tràstula; la voce è
paraustiello s.vo m.le voce singolare maschile nata in origine in senso positivo per significare esempio, spiegazione ma che à finito per prendere il senso negativo di ragionamento caustico, capzioso, pretestuoso cavillo, metafora maliziosa e furbesca, appiglio gratuito, arbitrario, infondato, fittizio, esempio, ma ad usum delphini, argomentazione tortuosa etc. Quanto all’etimologia ancòra c’è qualcuno che sulla scorta del primo significato di esempio, spiegazione propende per l’iberico para usted (per voi) quasi che con la parola paraustiello si volesse avvertire: tutto ciò che abbiamo detto è stato un esempio portato per voi. La cosa non convince soprattutto perché il paraustiello fin quasi dal suo apparire non fu usato solo nel senso positivo di esempio, spiegazione ma prese quasi súbito nell’uso del discorrere popolare (come ò detto) il senso negativo di ragionamento caustico, capzioso, metafora maliziosa e furbesca, appiglio gratuito, arbitrario, infondato, fittizio,argomentazione tortuosa e dunque mi pare corretto pensare per l’etimo di paraustiello ad un adattamento del greco paràstasis che vale giustappunto ragionamento, metafora, argomentazione.
zellemmo s.vo m.le ma usato nella quasi totalità dei casi solo al pl. zellemme nel significato di pretesti, cavilli, scuse, sofisticherie quasi innominabili e da celare; etimologicamente la voce è un derivato di zella (da un lat. regionale (p)silla(m) dal greco psilòs =nudo, calvo; il raddoppiamento della liquida nel latino regionale è d’origine popolare) cui è stato aggiunto il suffisso emmo←immo suffisso in genere di chiaro sapore dispregiativo o riduttivo ma talora anche, come in questo caso, intensivo , suffisso probabilmente coniato su di un latino: ime(n) con successivo raddopiamento rafforzativo della emme fino a giungere ad immo o imma.
Ed a questo punto penso d’avere esaurito l’argomento, d’aver contentato l’amico N.C.e qualche altro dei miei ventiquattro lettori e poter ben dire Satis est.
Raffaele Bracale
GAMBERI IN CAMICIA
GAMBERI IN CAMICIA
Ingredienti e dose per 6 persone
3 o 4 quattro grossi gamberoni reali per persona, per un totale di 18 o 24 gamberoni;
3 etti di pancetta coppata tagliata sottilmente a macchina oppure – in alternativa - 3 etti di prosciutto crudo non troppo magro affettato sottilmente oppure [a preferenza]3 etti di lardo di gola affettato sottilmente ;
1 bicchiere e mezzo d’olio d’oliva e.v.p. s. a f. ;
1 tazzina di anice;
1 gran cespo di lattuga cappuccia;
3 o 4 fascetti di rucola;
1 ciuffo di pimpinella tritato finemente;
1 limone non trattato;
sale fino o doppio ad libitum q.s.;
pepe nero macinato a fresco q.s.
Procedimento
Si inizia mondando delle foglie esterne e troncando via il torso del cespo di lattuga cappuccia; si lava accuratamente il cuore di detta cappuccia dopo averlo trinciato a striscioline; si lavano i mazzetti di rucola, si asciugano e si trinciano assieme al cuore della lattuga cappuccia; indi si condisce il tutto con una salsina fatta con la metà dell’olio,la pimpinella tritata, il succo del limone, sale pepe e si dispone questa insalata verde a mo’ di letto in un piatto di portata; frattanto si puliscono, e si sgusciano i gamberoni troncando nettamente testa e coda ed eliminando con una pinzetta il budellino nero; si lavano in acqua freddissima, si asciugano e si avvolgono attorno ad ogni gambero una o due fettine di pancetta coppata o di prosciutto crudoo di lard di gola ; indi si infilzano i gamberoni , tre o quattro per volta, su degli spiedini (meglio se di legno). Con l’olio si unge abbondantemente una grossa padella di ferro nero e si pone su fiamma alta fino a che diventi rovente; indi si sistemano gli spiedini uno accanto all’altro, nella padella caldissima e si fanno scottare i gamberoni un minuto per lato; indi si bagnano con la tazzina di anice che va fatto evaporare a fiamma alta. Spenti i fuochi si regola di sale e generosamente di pepe nero macinato a fresco.
Si prelevano gli spiedini e si adagiano sul letto di insalata e si servono (caldissimi) in tavola come succulento secondo piatto o antipasto.
Vini: secchi e profunati bianchi campani ( Solopaca, Capri, Ischia, Falanghina, Fiano, Greco di Tufo) freddi di frigo.
Mangia Napoli, bbona salute!
raffaele bracale
GAMBERONI ALLA VESUVIANA
GAMBERONI ALLA VESUVIANA
Per 6 persone
18 gamberoni lavati nettati e sgusciati,
1 bicchiere e mezzo di olio d'oliva e.v. p. s. a f.,
1 bicchiere di vino bianco,
1 carota,
½ cipolla,
1 spicchio d’aglio mondato e tritato
1 gran ciuffo di aneto lavato, asciugato e tritato finemente,
5 etti di pomidoro pelati freschi o in iscatola
salefino q.s.
pepe nero macinato a fresco q.s.
1 peperoncino piccante
volendo: 6 etti di trenette
un pugno di sale doppio.
pimpinella lavata, asciugata e tritata finemente, q.s.
pepe nero q.s.
procedimento
Tritate la cipolla e la carota e fatele dorare con un bicchiere d’olio in una larga padella antiaderente, aggiungete i pomidoro pelati, schiacciateli con una forchetta, quindi aggiungete il sale ed il pepe ed il peperoncino piccante e lasciate cuocere a mezza fiamma per circa 20 minuti; frattanto in un’altra padella con mezzo bicchiere d’olio fate dorare l’aglio tritato ed unitevi quindi i gamberoni ben lavati, nettati, sgusciati e privati del budellino nero , versate il vino e lasciate cuocere per 5 o 6 minuti a fuoco lento.Alla fine unite i due sughi e lasciateli a fuoco basso per altri 5 minuti fino a che siano bene amalgamati.
Disponete i gamberoni in un piatto di portata con il sugo di cottura, spruzzateli con l’aneto tritato e serviteli come squisita seconda portata.
In alternativa con il sugo ed i gamberoni, in parte tagliati a pezzetti si posson condire 6 etti di trenette lessate al dente in abbondante acqua salata (sale doppio) e una volta scolate, fatte saltare nella padella con il sugo ed i gamberoni; spruzzatele con la pimpinella tritata ed il pepe e servitele calde di fornello come golosa prima portata.
Vini: secchi e profunati bianchi campani ( Solopaca, Capri, Ischia, Falanghina, Fiano, Greco di Tufo) freddi di frigo.
Mangia Napoli, bbona salute! e diciteme: Grazzie!
raffaele bracale
FRITTURA DI GAMBERONI SU VELLUTATA DI CECI CON ORTAGGI FRITTI.
FRITTURA DI GAMBERONI SU VELLUTATA DI CECI CON ORTAGGI FRITTI.
Gustosissima frittura dalle virtù afrodisiache(merito dei gamberoni, dei ceci, della salvia, del rosmarino, carota, cipolla, aglio e pepe nero) .
Ingredienti e dosi per 6 persone
18 gamberoni reali,
3 confezioni vitree di ceci lessati da 250gr cadauna,
3 spicchi d’aglio mondati e tritati finemente,
3 foglie di salvia fresca,
un rametto fresco di rosmarino,
1 bicchiere e mezzo di olio d’oliva e.v.p. s. a f.,
2 bicchieri e mezzo di olio di semi varî,
1 grossa carota lavata, asciugata e spuntata,
1 grossa zucchina verde e soda lavata, asciugata e spuntata,
1 grossa cipolla dorata privata della prima tunica e tagliata ad anelli sottili (1/2 cm.),
1 etto di farina bianca,
1 etto di farina gialla,
sale grosso e pepe nero q.s.
procedimento
Cominciare con l’approntare la vellutata,ponendo in un mixer con lame da umido il contenuto di 3 confezioni vitree da 250gr cadauna di ceci lessati eleminando parte del liquido di conserva e frullare fino ad ottenere una abbondante crema soffice e spumosa; porre a fuoco vivo un tegame con l’olio e.v. p. s. a f. , gli agli mondati e tritati finemente, il rametto di rosmarino e appena il trito di agli avrà preso colore unire la crema di ceci, salare e pepare, aggiungere la salvia e far sobbollire per 5 - 10 minuti.Tenere in caldo. Nel frattempo mondare gli ortaggi cominciando con la grossa carota che lavata, asciugata, spuntata,grattata e divisa in quattro parti con taglio ortogonale inferto lungo l’asse maggiore; le quattro parti vanno poi tagliate a julienne sottile e messe in un colino per essere velocemente sciacquate con acqua fredda; uguale procededere alla stessa maniera con la zucchina che va lavata, asciugata e spuntata, e divisa in quattro parti con taglio ortogonale inferto lungo l’asse maggiore; prima di ridurre a julienne le quattro parti, eliminare parte della polpa bianca; infine lavorare la grossa cipolla dorata che va mondata, privata della prima tunica e tagliata ad anelli sottili (1/2 cm.); come ò già detto tutte le julienne, nonché gli anelli di cipolle vanno messi in un colino per essere velocemente sciacquati con acqua fredda; a seguire procedere a mondare e lavare i gamberoni, troncarne la testa, privarli del guscio ed eliminare il budellino nero con l’ausilio d’una pinzetta dopo d’aver inciso in profondità il dorso del gamberone, porre le code ottenute in un colino per velocemente sciacquarle con acqua fredda.
Riprendere le julienne di ortaggi e gli anelli di cipolla, sgrondarli, infarinarli con la farina gialla e friggerli in una padella di ferro nero, in olio di semi bollente e profondo; prelevarli con una schiumarola e porle su cartapaglia a perdere l’eccesso d’unto; a seguire sgrondare i gamberi sciacquati infarnarli con la farina bianca e friggerli nella medesima padella di ferro nero, in abbondante olio di semi bollente e profondo;salare e pepare ad libitum sia gli ortaggi che i gamberoni; approntare i piatti singoli distribuendo in ognuno a specchio sul fondo quattro cucchiaiate di vellutata di ceci, tre gamberoni guarniti con il fritto d’ortaggi e servire in tavola calda di fornello questa gustosa frittura da usarsi come secondo piatto o antipasto caldo.
Vini: secchi e profunati bianchi campani ( Solopaca, Capri, Ischia, Falanghina, Fiano, Greco di Tufo) freddi di frigo.
Mangia Napoli, bbona salute!
raffaele bracale
CANNOLICCHI GRATINATI
CANNOLICCHI GRATINATI
Ingredienti e dosi per 6 persone:
1200 gr di cannolicchi,
2 grossi rametti di piperna sbriciolati,
aglio -1 spicchio,
2 peperoncini piccanti ,
3 cucchiai di pangrattato,
1 bicchiere di olio d'oliva e.v. p,s. a f.,
sale doppio una presa,
vino bianco secco 1/2 bicchiere,
6 - 8Pomidoro pachino.
Procedimento:
Lavare ed aprire i cannolicchi ma non separare le valve; approntare un intingolo sbriciolando la piperna e tritando finemente l'aglio ed i peperoncini con l'aggiunta di mezzo bicchiere d'olio. Disporre i cannoliccchi aperti in una pirofila resistente al forno e cospargerli con l'intingolo preparato; salare con una presa di sale grosso. Spolverare con il pangrattato e mettere in forno (circa 160°)sistemando intorno ai cannolicchi spicchi di pomidoro pachino con un leggero spolverio di pangrattato. Dopo circa 5'minuti bagnare con il vino bianco e rimettere il tutto in forno per altri 10 minuti.Servire caldi di forno. Vini: secchi e profunati bianchi campani ( Solopaca, Capri, Ischia, Falanghina, Fiano, Greco di Tufo) freddi di frigo.
Mangia Napoli, bbona salute!
raffaele bracale
CALAMARETTI IN UMIDO
CALAMARETTI IN UMIDO
Ingredienti e dosi per 6 persone
1 kg. di calamaretti freschi e piccoli, puliti lavati e tagliati a rondelle (il corpo) ed a pezzetti (i tentacoli),
1 bicchiere e mezzo di olio d’oliva e.v. p.s. a f.,
3 cucchiai di spicchi d’aglio mondati e tritati finemente,
2 peperoncini piccanti privati di picciolo e corona, lavati, asciugati e tritati,
1 cipolla dorata mondata e tritata finemente,
1 bicchiere di vino bianco secco,
1 tazzina di aceto bianco,
sale grosso q. s.
volendo
2 bicchieri di passata fresca o in bottiglia di pomidoro
procedimento
Pulire i calamaretti eliminando bocca, occhi,eventuale sacca del nero ed ossicino centrale, lavare accuratamente e prepararli tagliandoli a rondelle (come per la frittura) e tritando a parte i tentacoli;
In una casseruola versare tutto l’olio, mandarlo a temperatura e farvi soffriggere due cucchiai d'agli tritati finemente ed i peperoncini spezzettati;
Unire i calamaretti dapprima le rondelle ed a seguire i tentacoli ed a fiamma viva iniziate la cottura;
quando i calamaretti saranno ben imbianchiti (5 min. circa) aggiungere la cipolla tritata finemente e súbito dopo il vino bianco;
Fare evaporare sempre con fiamma viva, salare e lasciare consumare la salsa su fiamma bassa (10-15 min.)
Aggiungere una tazzina d'aceto bianco , ancora 1 minuto ed il giuoco è fatto!
Rammento di non esagerare con l'aceto ed è inutile dire che migliori sono gli ingredienti (calamaretti piccoli e freschi, olio d’oliva e.v.p.s.a f.) migliore risulterà la preparazione. Rammento ancóra che se si preferisse un sugo al pomidoro , si procederà come ò détto sino al momento di fare evaporare il vino; a quel punto occorre unire 2 bicchieri di passata + 1 bicchiere d'acqua, salare e lasciare consumare la salsa su fiamma bassa (10-15 min.) senza aggiungere una tazzina d'aceto bianco. Alla fine, a fuochi spenti (sia che il sugo sia bianco, sia che sia al pomidoro) si cospargeranno i calamaretti con un abbondante trito di prezzemolo ed aglio crudo mondato e si impiatterà.
Brak
venerdì 28 giugno 2013
IMPANATE GUSTOSE
IMPANATE GUSTOSE
Ingredienti e dosi per 4 persone
8 etti di spalla di maiale in fettine spesse un cm.,
4 funghi porcini freschi o surgelati,
2 spicchi d’aglio mondati e tritati,
1 bicchiere d’olio d’oliva e.v.p.s.a f.
2 etti di provola affumicata in fettine spesse 1/2 cm.,
farina q.s.,
sale fino q.s.
noce moscata q.s.
1 bicchiere di vino bianco secco.
abbondante olio per friggere.
procedimento
Pulire bene i funghi nettandoli con uno straccetto umido e con un coltellino affilatissimo, e tagliarli in pezzi abbastanza grossi;è essenziale operare il taglio alla francese, sfettando cioè i funghi in diagonale, appoggiando la lama lungo l’asse maggiore dei funghi, con un’inclinazione di 45°. Porre a fuoco sostenuto una padella con l'olio e.v.p.s.a f. aggiungere il trito d’aglio ed appena prenda colore aggiungere i funghi sfettati e farli soffriggere per dieci minuti, aggiungendo mezzo bicchiere d’acqua bollente.Regolare di sale e tenere da parte.
Lavare e sgrondare le fettine di spalla ed infarinarle; mandare a temperatura abbondante olio da frittura e friggervi le fettine; sgrondarle, salarle e sistemarle in una teglia da forno verniciata d’olio, una accanto all’altra,aromatizzarle con una grattugiata di noce moscata,coprirle con la trifola di funghi, spruzzarle con il vino e mandarle in forno per dieci minuti a 160°.Servirle calde di forno.
STRACCETTI DI MAIALE MARINATI
STRACCETTI DI MAIALE MARINATI
ingredienti e dosi per quattro persone
8 etti di spalla di maiale in fette da un cm. di spessore,
il succo filtrato di tre limoni di Sorrento,
1 spicchio d’aglio mondato ed tritato,
1 bicchiere e mezzo di olio d’oliva extravergine,
1 bicchiere di vino bianco secco,
1 rametto di rosmarino fresco sminuzzato
sale fino e pepe decorticato macinato a fresco q.s.
2 cucchiai di farina.
procedimento
Tagliare a straccetti di cm. 5 per 1 le fette di spalla di maiale; versare in una capiente ciotola un bicchiere d’olio,il succo filtrato di tre limoni ed il rametto di rosmarino fresco sminuzzato ed immergervi gli straccetti lavati ed asciugati. Lasciare marinare e porre in frigorifero per almeno 4 ore. In una capiente padella versare mezzo bicchiere di olio ed a fuoco allegro rosolarvi l'aglio tritato. Estrarre dal frigorifero gli straccetti, scolarli e versarli nella padella facendoli cuocere a fuoco lento per qualche minuto, avendo cura di girarli di tanto in tanto. Proseguire lentamente la cottura aggiungendo il vino bianco secco, il sale ed il pepe e la salsa della precedente marinatura e portate a termine la cottura, versando, qualora la salsa fósse troppo lenta, due cucchiai di farina. Impiattare e servire caldi di fornello questi gustosi straccetti marinati accompagnati da verdure lesse all’agro.
Vini: Corposi vini rossi campani (Solopaca, Aglianico, Piedirosso, Taurasi), stappati un’ora prima di usarli, possibilmente scaraffati e serviti a temperatura ambiente
Mangia Napoli, bbona salute e scialàteve!
Raffaele Bracale
CAPRETTO ALLA SILANA
CAPRETTO ALLA SILANA
ingredienti e dosi pe 4 persone
8 etti di coscia di capretto in pezzi di cm. 5 per 4 per 2,
2 cipolle dorate di Montoro mondate e tritate,
2 etti di patate mondate e tagliate a spicchi,
1 barattolo da 5 etti di pomidoro pelati al netto del liquido di governo,
1 etto di pecorino grattugiato finemente,
1 cucchiaio di origano secco,
1 bicchiere di olio d’ oliva extravergine,
sale fino e pepe nero macinato a fresco q.s.
procedimento
Lavare e asciugare i pezzi di capretto e porli in un tegame di coccio con le cipolle tritate, le patate a spicchi, i pomodori pelati sgrondati del liquido di governo.Aggiungere il pecorino, il sale,il pepe, l’origano e l’ olio d'oliva.Porre in forno preriscaldato a 180° e lasciar cuocere per quaranta minuti aggiungendo a metà cottura un bicchiere d’acqua bollente. Servire caldo di forno.
Vini: Corposi vini rossi campani (Solopaca, Aglianico, Piedirosso,Campi Flegrei d.o.c., Taurasi), stappati un’ora prima di usarli, possibilmente scaraffati e serviti a temperatura ambiente
Mangia Napoli, bbona salute!
Raffaele Bracale
SPEZZATO D’AGNELLO
SPEZZATO D’AGNELLO CON POMIDORO E PEPERONI
Ingredienti e dosi per 6 persone
1,5 kg di polpa di spalla di agnello tagliati in pezzi di cm. 4 x 3 x 2,
½ kg. di pancetta tesa in grossi pezzi di cm. 4 x 3 x 2
1 bicchiere di olio extravergine di oliva,
3 peperoni quadrilobati dolci,
1 cipolla dorata tritata finemente,
1 bicchiere di vino bianco secco,
400 gr. di pomidoro pelati freschi o in iscatola,
2 foglie di alloro fresco,
6 cucchiai di farina bianca,
1 dado vegetale da brodo,
sale fino e pepe nero q.s.
1 ciuffo di prezzemolo lavato asciugato e tritato finemente.
procedimento
Eleminare (se del caso) l’eccesso di grasso dai pezzi di polpa, e lavarli. Lavare i peperoni,scapitozzarli del picciolo, aprirli longitudinalmente, eleminare semi e costoline bianche e tagliarli a falde grosse come un pollice. Mettere in un tegame l'olio, le due foglie di alloro e la cipolla tritata ed a fuoco vivace farla imbiondire; aggiungere i due tipi di carne, salare e pepare ad libitum e farli rosolare per un quarto d'ora. Spruzzarli con il vino e appena il vino è asciugato, aggiungere le falde di peperone ed i pomodori tagliati a pezzetti e continuare la cottura per circa un ora a tegame coperto, aggiungendo una tazza d'acqua calda nella quale sarà stato disciolto il dado.Alla fine scoperchiare il tegame, alzare il fuoco,aggiungere a pioggia la farina, regolare di sale e pepe, rimestare e portare a cottura per ancòra mezz’ora.
Fuori dal fuoco, spruzzare di prezzemolo, impiattare e mandare in tavola caldo di fornello.
Vini: Corposi vini rossi campani (Solopaca, Aglianico, Piedirosso, Taurasi) serviti a temperatura ambiente.
Mangia Napoli, bbona salute!
raffaele bracale
SCOTTATE D’ANNECCHIA ALLA SORRENTINA
SCOTTATE D’ANNECCHIA ALLA SORRENTINA CON SUGO VELLUTATO PICCANTE.
Nota linguistica
Per la preparazione di questa succulenta ricetta, se si vuole ottener il miglior risultato occorre fornirsi in macelleria di fettine di carne non di manzo, ma rigorosamente di vitello/a anzi di annecchia che con derivazione dal lat. annicula→anniclja→annecchia indica il vitello o la vitella molto giovane quella bestia cioè che sia stata macellata quando non abbia superato l’anno d’età ed abbia gustose carni sode, morbide e non grasse.
Ingredienti e dosi per 6 persone
per le scottate
1,5 kg. di polpa d’annecchia in fettine di cm. 8 x 5 x 1,5,
farina bianca q.s.,
1 etto di strutto,
1/2 bicchiere d’olio d’oliva e.v. p. s. a f.,
3 etti di caciocavallo piccante affettato sottilmente,
sale fino e pepe nero macinato a fresco q.s.
per il sugo vellutato piccante
3 etti di doppio concentrato di pomidoro,
1 bicchiere di olio d’oliva e.v.p.s.a f.,
1 cipolla dorata di Montoro mondata e tritata finemente,
2 peperoncini piccanti lavati, asciugati scapitozzati di piccioli e corone ed aperti, ma non separati longitudinalmente,
1 cucchiaio di origano secco,
1 presa di sale doppio alle erbette
1 grosso ciuffo di prezzemolo o di aneto lavato asciugato e tritato finemente
procedimento
Si inizia con il preparare il sugo vellutatonel modo che segue: Versare tutto l’olio in un’ampio tegame, aggiungere la cipolla dorata di Montoro mondata e tritata finemente ed i 2 peperoncini piccanti lavati, asciugati scapitozzati di piccioli e corone ed aperti, ma non separati longitudinalmente ed a fuoco vivo fare imbiondire l’aglio; appena la cipolla è rosolata aggiungere il concentrato di pomidoro, allungare con un bicchiere d’acqua bollente, aggiungere una presa di sale doppio alle erbette e portare a cottura il sugo in circa 15 minuti.
A seguire in una padella di ferro nero mandare a temperatura il mezzo bicchiere d’olio e far sciogliere lo strutto; infarinare bene le fettine d’annecchia,salarle e peparle e sistemarle nella padella una accanto all’altra ed a fuoco sostenuto scottarle tre minuti per faccia;a questo punto adagiare su ogni fettina di carne un paio di fettine di caciocavallo, abbassare i fuochi ed attendere che il formaggio fonda; indi irrorare il tutto con il sugo vellutato e lasciar sobbollire per qualche minuto; a fuochi spenti cospargere le scottate con il prezzemolo o l’ aneto lavato asciugato e tritato finemente e servire caldissime di fornello queste gustose scottate accompagnate da verdure (patate vecchie , broccoli di rapa, oppure frijarielli) lessate o cotte al vapore e condite all’agro con olio, aceto o limone, sale e pepe.
Vini: Corposi vini rossi campani (Solopaca, Aglianico, Piedirosso, Taurasi), stappati un’ora prima di usarli, possibilmente scaraffati e serviti a temperatura ambiente
Mangia Napoli, bbona salute! E scialàteve!
Raffaele Bracale
giovedì 27 giugno 2013
‘A VERITÀ È COMME A LL’UOGLIO ETC.
‘A VERITÀ È COMME A LL’UOGLIO
ASSOMMA SEMPE!
Ad litteram: La verità è come l’olio: viene sempre a galla! Affermazione popolare quasi assiomatica,tesa a ricordare che, nella vita,è inutile tentar di nasconderla, giacché per quanto si cerchi di celarla con bugie, falsità, bubbole, balle, sotterfugi, favole, fandonie, frottole, panzane, fole,volontarie o involontarie, la verità affiora sempre, appalesandosi quasi che avesse il medesimo leggero peso specifico dell’olio che versato in un bicchiere d’acqua rimane in superficie e non precipita mai.
verità= verità, ciò che è conforme al vero (dal nom. lat. veritas piuttosto che dall’acc. veritate(m) dal quale invece scaturisce l’italiano verità che in origine fu appunto latinamente veritate, il tutto deriv. di vìrus 'vero';
comme= come, alla stessa maniera di, derivato del lat.quomo abbreviazione di quomodo 'in qual modo' con tipico raddoppiamento popolare della m (vedi alibi: ommo←homo,nomme←nomen etc.) e semplificazione del dittongo mobile uo→o cosí come capita nella lingua italiana: buono→bontà, suono→sonata etc.;altre volte invece tale dittongo si semplifica in u (muorto→murticiello, buono→bunariello etc.);rammenterò la particolarità della parlata napoletana che relativamente all’avverbio a margine e ad altri avverbi e preposizioni improprie quali ‘ncoppa (sopra), sotto, ‘mmiezo (in mezzo) richiede sempre l’aggiunta della preposizione semplice a (che comporta la geminazione della consonante iniziale della parola successiva) o delle sue composte â(alla), ô (allo) ê (a gli, alle) per cui si avrà in italiano come te ed in napoletano comme a tte (notasi, come detto la geminazione della consonante t), sopra te o sopra di te ed in napoletano ‘ncoppa a tte, ancóra: in italiano sotto il tavolo ed in napoletano sott’ô tavulo etc.
‘uoglio= olio; in napoletano il sostantivo a margine è neutro (si tratta di un alimento! cfr. Damme chest’uoglio= dammi quest’olio. fosse stato masch. avremmo avuto Damme chist’uoglio); etimo dal lat.tardo *oliu(m) per il classico oleu(m) che è dal gr. élaion con tipica dittongazione popolare d’avvio o>uo e consueto passaggio di l a gl come figlio
mercoledì 26 giugno 2013
PASTOTTO AI FUNGHI DORATI.
PASTOTTO AI FUNGHI DORATI.
Nota linguistica:
pastotto è un neologismo che ò coniato ad imitazione della voce risotto che è voce originaria lombarda derivata da riso
il pastotto (voce derivata da pasta) indica una particolare minestra di pasta corta (tubetti) che viene cotta nel brodo, destinato a essere completamente assorbito nel corso della cottura, e che può essere condito in vario modo;
E veniamo alla ricetta:
ingredienti e dosi per 6 persone:
5 etti di avemarie (tubettipiccoli rigati),
1 litro di brodo vegetale da 2 dadi vegetali,
2 bustine di zafferano,
1 cipolla dorata,
1 costa di sedano ed una carota lavate,grattate e divise in grossi pezzi,
1 foglia d’alloro,
5 chiodi di garofano,
una presa di sale doppio
3 grossi funghi porcini freschi (o anche surgelati se di ottima qualità),
3 spicchi d’aglio mondati e tritati,
300 gr. di pancetta tesa tagliata a cubetti da ½ cm. di spigolo,
1 peperoncino piccante lavato, asciugato e spezzettato,
1 bicchiere e mezzo d’olio d’oliva e.v. p. s. a f. ,
pepe nero q.s..
1 ciuffo di prezzemolo tritato finemente.
Procedimento
Approntare il brodo vegetale con circa due litri di acqua fredda e due dadi da brodo vegetale e tenerlo a continuo lento bollore; a seguire in un proporzionato tegame soffriggere per 10 minuti nell’olio, gli agli a fettine, la pancetta a cubetti ed il peperoncino tagliuzzato, poi aggiungere i funghi porcini, mondati con uno straccio umido ed un affilatissimo coltellino e sfettati alla francese in fettine da ½ cm. di spessore; bagnare il tutto con una tazza da tè d’acqua bollente in cui siano disciolte le due bustine di zafferano e fare rosolare a fuoco lento regolando alla fine di sale; aggiungere una ramaiolata di brodo vegetale e súbito anche i tubetti; aggiungere poi successive ramaiolate di brodo per portare a cottura il pastotto regolando di sale e di pepe; a fuochi spenti lasciar riposare alquanto, indi impiattare, cospargere di pepe aggiungendo su ogni porzione il trito di prezzemolo ed un filo d’olio d’oliva e servire súbito in tavola questo gustoso, salutare pastotto ricco di sapore. Vini: secchi e profunati bianchi campani ( Solopaca, Capri, Ischia, Falanghina, Fiano, Greco di Tufo) freddi di frigo.
Mangia Napoli, bbona salute! E scialàteve!
raffaele bracale
CARBONARA DI CARCIOFI
CARBONARA DI CARCIOFI
ingredienti e dosi per 4 persone:
4 etti di mezzemaniche,
3 carciofi spinosi napoletani, mondati delle spine, delle brattee piú dure, del fieno centrale, tagliati verticalmente a spicchi sottili, lavati in acqua acidulata con il succo di un limone ed asciugati,
1 etto di pancetta tesa tagliata a cubetti di 1 cm. di spigolo,
2 cipolle dorate tritate grossolanamente,
1 dado da brodo vegetale sciolto in un bicchiere d’acqua bollente,
1 bicchiere d'olio d'oliva e.v.p.s. a f. ,
1 etto di pecorino grattugiato,
3 uova,
2 foglie di basilico,
sale grosso – un pugno,
sale fino e pepe nero q.s.
procedimento
In una proporzionata padella, provvista di coperchio, versare tutto l’olio e quando sia andato a temperatura rosolarvi a fuoco vivace le cipolle tritate grossolanamente,unire la pancetta e lasciarla rosolare indi aggiungere i carciofi approntati,bagnarli con il brodo vegetale, abbassare i fuochi, incoperchiare e lasciarli cuocere per 10 minuti fino a che risultino stufati, ma ancóra moderatamente croccanti; regolare di sale e pepe e mantenere in caldo. Lessare in abbondante (8 litri) acqua salata (sale grosso) la pasta, scolarla bene e versarla nella padella, rimestare ed aggiungere le uova intere sbattute con sale e pepe nero , mescolare, aggiungere una mezza ramaiolata di acqua di cottura della pasta, il basilico spezzettato a mano ed abbondante pecorino e rimestare sempre attendendo che a fuoco vivace le uova si rapprendano, restando collose.
Impiattare cospargendo generosamente con pepe nero macinato a fresco e servire calda di fornello questa gustosa carbonara di carciofi.
Vini: secchi e profunati bianchi campani ( Solopaca, Capri, Ischia, Falanghina, Fiano, Greco di Tufo) freddi di frigo.
Mangia Napoli, bbona salute!
Raffaele Bracale
VERMICELLI DEL PESCATORE
VERMICELLI DEL PESCATORE
ingredienti e dosi per 4 persone
vermicelli 4 etti
1 etto di acciughe salate tritate,
2 etti di pomidori secchi lavati, asciugati e tritati,
1 etto di olive nere di Gaeta denocciolate e tritate
½ etto di capperini di Pantelleria dissalati,
1 bicchiere d’ olio d’oliva e.v.
2 spicchi d’aglio mondati e tritati
Sale fino e pepe nero macinato a fresco q.s.
sale grosso un pugno,
un gran fascio di prezzemolo lavato, asciugato e tritato finemente.
procedimento
In una proporzionata padella versare l’olio ed a fuoco allegro far dorare gli spicchi d'aglio tritati finemente insieme alle acciughe, ai capperini di Pantelleria dissalati, ed alle olive nere di Gaeta denocciolate e tritate ;diminuire il fuoco ed unire in padella i pomidori secchi lavati, asciugati e tritati; aggiungere un bicchiere d’acqua bollente, regolare di sale fino e pepe nero macinato a fresco e portare a cottura il sugo in dieci minuti di fuoco allegro. Lessare i vermicelli in abbondante acqua salata (pugno di sale grosso), scolarli al dente e versarli nella padella con il sugo approntato, rimestare, abbassare i fuochi e fare insaporire la pasta rimestandola per quattro minuti in padella con il condimento; a fuochi spenti aggiungere il prezzemolo lavato, asciugato e tritato finemente e completare con una manciata di pepe nero macinato a fresco; impiattare e servire caldi di fornello.
Vini: Corposi vini rossi campani (Solopaca, Aglianico, Piedirosso, Taurasi), stappati un’ora prima di usarli, possibilmente scaraffati e serviti a temperatura ambiente
Mangia Napoli, bbona salute e scialàteve!
Raffaele Bracale
DITALONI FILANTI ALLA RUCOLA
DITALONI FILANTI ALLA RUCOLA
Ingredienti e dosi per 4 persone
4 etti di rigatoni
1 bicchiere d’ olio evo
3 etti di rucola piccante, mondata, lavata e spezzettata,
1 spicchio d’aglio mondato e tritato,
3 etti di pomidoro pelati,
3 etti di provola affumicata in cubetti da un cm. di spigolo, 1 etto di formaggio pecorino grattugiato,
sale doppio un pugno
sale fino e pepe decorticato macinato a fresco q.s.
procedimento
In un proporzionato tegame mandare a temperatura sostenuta l'olio e farvi imbiondire lo spicchio d'aglio mondato e tritato; aggiungere i pomodori,regolare di sale e pepe e farli cuocere a fuoco vivace per 10-15 minuti circa;.Nel frattempo, portare a ebollizione in una pentola dell'acqua salata(pugno di sale doppio) e farvi cuocere i ditaloni al dente; 5 minuti prima della fine della cottura aggiungere la rucola mondata, lavata e spezzettata,.Scolare pasta e rucola e versarle nel tegame con la salsa di pomodoro preparata; aggiungere la dadolata di provola,il formaggio pecorino grattugiato, mescolare bene per tre minuti sempre a fuoco vivace, impiattare e servire immediatamente, ben caldi, in tavola,questi ditaloni filanti, decorando a piacere con foglioline di rucola. Vini: secchi e profumati bianchi campani ( Solopaca, Capri, Ischia, Falanghina, Fiano, Greco di Tufo) freddi di frigo.
Mangia Napoli, buona salute!
Raffaele Bracale
VERMICELLI ALLA CARBONARA
VERMICELLI ALLA CARBONARA
Ingredienti e Dosi per 6 persone
Vermicelli - 600 g
guanciale (lardicello =lardo di gola) a cubetti (1 cm. di spigolo) - 250 g
Uova – 6
1 ciuffo di aneto tritato finemente
1 tazzina di anice,
1 cipolla dorata tagliata ad anelli sottili.
Olio d'oliva e.v. p.s. a f. – 1 bicchiere
Pecorino grattugiato -100 g
Panna da cucina - 6 cucchiai o in alternativa ½ bicchiere di latte intero,
5 chiodi di garofano,
1 peperoncino piccante privato del picciolo, lavato, asciugato ed inciso longitudinalmente,
sale doppio - un pugno,
Sale fino q.s.
abbondante Pepe nero macinato a fresco.
Procedimento
Cuocere in abbondante acqua (8 litri) salata (pugno sale grosso) i vermicelli molto al dente perché alla fine dovranno essere ripassati in padella.
Mentre la pasta cuoce, mandare a temperatura in un grande tegame tutto l'olio d'oliva e.v. p. s. a f. con il guanciale in maniera che il grasso si sciolga; aggiungere dapprima il peperoncino e súbito dopo le cipolle e farle imbiondire a fuoco vivace per 10 minuti ; fare attenzione che la pancetta o il guanciale non si asciughino troppo diventando croccanti: devono rimanere morbidissimi; se dovessero asciugar troppo, aggiungere una mezza ramaiolata dell’acqua di cottura dei vermicelli;trascorsi i 10 minuti, aggiungere tutto l’anice ed a fuoco alto farlo evaporare.Frattanto in una terrina, aprire e battere le uova con un pizzico di sale, un po’ del formaggio grattugiato, la panna o il latte caldo con i chiodi di garofano e l’aneto tritato finemente.
Colare la pasta, versarla nella padella con l’intingolo,aggiungere un po’ d’acqua di cottura della pasta (è questo il segreto perché poi quando si aggiungono le uova, queste cuocendo non diventino una frittatina, ma si trasformino in crema…) far insaporire la pasta a fuoco vivo ed all'ultimo momento aggiungere le uova. Mescolare accuratamente tenendo la padella leggermente sollevata dal fuoco,o a mezza fiamma in modo che la crema di uova si scaldi ma non cuocia e quindi non si asciughi completamente, restando al contrario, fluida e collosa.
Impiattare cospargendo le portate con il restante pecorino ed abbondantissimo pepe nero macinato al momento.
Servire immediatamente caldissimi di fornello.
NOTA
Sull'origine di questa ricetta si dibatte molto. C'è chi la attribuisce ai carbonari umbri che l'avrebbero importata in Roma capitale nel diciannovesimo secolo, chi invece(e forse non a torto!) vuole che la paternità sia di don Ippolito Cavalcanti duca di Buonvicino (1787–1860 ca.), nobile napoletano che tra l'altro aveva accennato se non proprio alla ricetta, a qualcosa di molto simile che può ritenersi antenata della ricetta che ci occupa; infatti sotto la data di venerdí 17/03 nel suo libro di cucina (CUCINA TEORICO-PRATICA) il Cavalcanti parla di padrenostri incaciati con ovi ,ricetta che opportunamente rivisitata o dallo stesso duca o dal Vincenzo Corrado era stata mutuata dai lavoranti carbonai che operavano nelle carbonaie delle terre del duca; e c’è chi, infine,(molto fantasiosamente!) fa risalire le origini ad un periodo molto piú recente. I vermicelli, anzi gli spaghetti alla carbonara, secondo questa fantasiosa origine sarebbero nati dall'unione di forze e di idee tra i soldati americani giunti a Roma nel 1944 ed i cuochi del posto. Il bacon e le uova in polvere delle razioni militari nelle abili mani di cuochi delle trattorie romane avrebbero fatto nascere questa delizia cremosa per il palato; ma la cosa non regge; i vermicelli, e non gli spaghetti alla carbonara, erano ben noti alla cucina partenopea ben due secoli prima del 1944. Ed infatti la priorità del documento del duca di Buonvicino, a mio avviso taglia la testa al toro, e mi fa battezzare per napoletana questa squisita ricetta e poco importa se la ricetta del duca parla non di vermicelli o di spaghetti, ma di padrenostri (formato di pasta corto di piú facile, variato e continuato utilizzo tra i lavoranti ambulanti quali i carbonai).
Vini: Corposi vini rossi campani (Solopaca, Aglianico, Piedirosso, Taurasi) serviti a temperatura ambiente.
Mangia Napoli, bbona salute!
raffaele bracale
martedì 25 giugno 2013
BUCATINI INCACIATI SU CREMA DI CIPOLLE
BUCATINI INCACIATI SU CREMA DI CIPOLLE
Gustosissima preparazione di antico sapore contadino.
Ingredienti e dosi per sei persone
Per la crema di cipolle
100 g. di strutto,
100 g. di speck tagliato a dadini,
600 g. di cipolle dorate mondate ed affettate sottilmente,
2 cucchiai di farina,
½ litro di brodo da dado vegetale,
Sale fino q.s.,
Pepe fino q.s.,
100 g. di pinoli tostati,
Un gran ciuffo di prezzemolo lavato asciugato e tritato finemente,
100 g.di uva passita ammollata e strizzata,
1 bicchiere di panna vegetale da cucina,
Il succo filtrato di un limone non trattato.
Per la pasta
6 etti di bucatini,
un misto formato da un etto di mollica di pane casareccio bruscata al forno (220°) e poi tritata finemente con un mixer con lame da aridi,e da 150 g. di pecorino grattugiato,
1 bicchiere d’ olio d’oliva e.v. p. s. a f.,
½ litro di brodo da dado vegetale,
un pugno di sale doppio,
abondante pepe decorticato macinato a fresco.
Procedimento
Cominciamo ad approntare la crema di cipolle: Tagliare in fette molto sottili le cipolle.Porre in una padella di ferro nero lo strutto e farlo sciogliere a fuoco dolce; unire
lo speck tagliato a dadini e le cipolle affettate bagnando il tutto con mezzo bicchiere d’acqua bollente e far cuocere per 15 minuti le cipolle, fino a che non siano diventate ben morbide, ma non scure.
Spolverare con la farina e aggiungere il brodo tenuto in caldo.
Salare, pepare e lasciare cuocere a fuoco basso per 15 minuti circa.
Infine versare la panna e il succo di limone.Infine aggiungere pinoli tostati ed uva passita ammollata e strizzata; fuori del fuoco aggiungere il trito di prezzemolo.
Mescolare bene, passare la crema in una ciotola e tenerla in caldo.
Nel frattempo lessare al dente in abbondante acqua salata (sale doppio) i bucatini. Scolarli lasciandoli abbastanza umidi e versarli nella padella in cui si è approntata la crema di cipolle, rimestare e tenendo la fiamma bassa aggiungere tutto il misto di cacio e mollica e mantecare la pasta aggiungendo alcuni cucchiaiate di brodo bollente o di acqua di cottura della pasta. A mantecatura ultimata, sistemare a specchio in ogni piatto alcune cucchiaiate calde di crema di cipolle; servendosi di un forchettone ed un mestolo o cucchiaio grande, aggomitolare i bucatini sistemando, per ogni porzione, due o tre gomitoli di pasta sullo specchio di crema, irrore i gomitoli con un filo d’olio a crudo e servire in tavola cospargendo abbondantemente di pepe decorticato macinato a fresco. Vini: Corposi vini rossi campani (Solopaca, Aglianico, Piedirosso, Taurasi), stappati un’ora prima di usarli, possibilmente scaraffati e serviti a temperatura ambiente
Mangia Napoli, bbona salute e scialàteve!
raffaele bracale
VERMICELLI Â SURRENTINA
VERMICELLI Â SURRENTINA
(vermicelli alla sorrentina)
ingredienti e dosi per 6 persone
6 etti di vermicelli,
1 kg. e mezzo di vongole veraci (quelle con il doppio sifone e valve tigrate),
1 Kg. di cozze da stabulario,
1 etto di filetti di acciuga sott’olio,
3 spicchi d’aglio di cui 2 mondati e tritati finemente ed uno mondato e schiacciato,
2 bicchieri d’olio d’oliva e.v.p.s. a f.,
½ bicchiere di vino bianco secco,
1 gran ciuffo di prezzemolo lavato, asciugato e tritato finemente assieme ad un quarto spicchio d’aglio mondato,
pepe nero macinato a fresco q.s.,
sale doppio un pugno.
procedimento
In un’ampia padella porre le vongole ben lavate e spurgate, unirvi un aglio schiacciato, un bicchiere d’olio ed il vino; incoperchiare ed alzare la fiamma in modo che le vongole si aprano; alla fine prelevare dalle valve le vongole e porle in una scodella; a seguire nella medesima padella con il fondo pregresso porre le cozze lavate, grattate e private del bisso e con il medesimo procedimento attendere che si aprano; alla fine prelevare dalle valve le cozze e porle nella medesima scodella delle vongole coprendole con tutto il sugo di apertura filtrato con un colino di garza. A questo punto in un padellino a fuoco vivace fare imbiondire in un bicchiere d’olio 2 spicchi d’aglio mondati e tritati finemente, aggiungere i filetti d’acciuga ed aiutandosi con la punta di un cucchiaio di legno farli sciogliere mentenendo il sughetto ottenuto in caldo.
Lessare al dente i vermicelli in abbondante (8 litri) acqua salata (pugno di sale doppio); a cottura avvenuta, prelevateli con un forchettone e poneteli nella padella con il sugo d’acciughe,aggiungere vongole cozze con il loro fondo filtrato, rimestare accuratamente ed impiattare, spolverando generosamente con pepe nero macinato a fresco e cospargendo le portate con un trito di prezzemolo lavato, asciugato e tritato finemente assieme ad uno spicchio d’aglio; mandare in tavola caldi di fornello questi gustosissimi vermicelli alla sorrentina buoni in qualsiasi giorno dell’anno, ma di prammatica nei giorni di magro, in alternativa ai vermicelli ‘e scammaro o alla sciorba d’alici, o alle linguine con gamberi alla vesuviana.
Vini: secchi e profunati bianchi campani ( Solopaca, Capri, Ischia, Falanghina, Fiano, Greco di Tufo) freddi di frigo.
Mangia Napoli, bbona salute!
Raffaele Bracale
VERMICELLI ALLA VESUVIANA
VERMICELLI ALLA VESUVIANA
dosi per 6 persone
6 etti di vermicelli,
1 kg di pomidoro, sbollentati e pelati,
3 spicchi d'aglio,
200 g di olive verdi denocciolate e tagliate in piccoli pezzi,
50 g di capperi dissalati e lavati,
6 filetti d’acciuga sotto olio
1 bicchiere d'olio d’oliva e.v.,
1 ciuffo abbondante di prezzemolo tritato,
6 cucchiai di pangrattato abbrustolito in padella in pochissimo olio e con un aglio schiacciato;
sale pepe nero q.s.
Fate rosolare 2 spicchi d’agliotritato finemente nell'olio, unite i pomidoro pelati, fate cuocere per circa 15 minuti a fuoco lento.
Unite i capperi, le olive verdi snocciolate e tagliuzzate, i filetti d’acciuga , lasciando cuocere per altri 15 minuti.
Lessate i vermicelli al dente in abbondante acqua salata (circa 8 litri), scolateli ben bene e poneteli nella padella con il sugo, rimestate accuratamente aggiungendo il pangrattato abbrustolito in padella in pochissimo olio e con un aglio schiacciato che è stato poi eliminato.
Impiattare distribuendo su ogni porzione il prezzemolo tritato e del pepe nero.
Vini: secchi e profunati bianchi campani ( Solopaca, Capri, Ischia, Falanghina, Fiano) freddi di frigo.
Mangia Napule, bbona salute!
raffaele bracale
BUCATINI GUSTOSI ALLA CREMA DI RUCOLA
BUCATINI GUSTOSI ALLA CREMA DI RUCOLA
Ingredienti e dosi per 4 persone:
per i bucatini
400g bucatini,
1 bicchiere d’ olio e.v.p. s. a f.,
1 spicchio d’aglio mondato e tritato finemente,
2 polputi peperoni quadrilobati: 1 rosso ed 1 giallo,
pomidoro pachino (ciliegini) 1/2kg,
sale doppio un pugno,
sale fino q.s.,
pepe nero q.s.,
1 etto di pecorino grattugiato.
per la crema di rucola
12 fascetti di rucola piccante,
1 bicchiere di olio d’oliva e.v.p. s. a f.,
il succo di un limone non trattato,
1 etto di gherigli di noci,
½ etto di pinoli tostati,
2 spicchi d’aglio mondati e tritati,
sale fino e pepe nero q.s.
Procedimento.
Si comincia approntando la crema di rucola nel modo che segue: mondare e lavare la rucola tagliandone via i gambi troppo lunghi e meno teneri.
Una volta asciugata metterla in un mixer con lame da umido , con sale, pepe, 1 bicchiere olio d’oliva, un cucchiaio di aglio tritato ed il succo di un limone, frullare ed aggiungere a seguire i gherigli di noci ed i pinoli tostati piú o meno leggermente in una padella con un filino d’olio. Tenere da parte. A seguire passare in forno caldo (200°) i peperoni, spellarli sotto un getto d’acqua fredda, eliminando torsoli, semi interni e costoline bianche, indi sfilettarli (in falde della grandezza d’un pollice); in un’ampio tegame soffriggere l'olio e.v. con l'aglio tritato.aggiungere le falde di peperoni cotti, i pomidoro pachino tagliati in quattro parti , pepe nero, sale ed un bicchiere d'acqua bollente e fare cuocere per 30 min.circa. A questo punto portare ad ebollizione abbondante (otto litri)acqua salata (pugno di sale doppio) e lessarvi al dente i bucatini; a pronta cottura scolarli accuratamente e metterli nella padella con il sugo già pronto, rimestandoli per tre minuti; indi aggiungervi il formaggio grattugiato, rimestare un’ultima volta ed impiattare distribuendo preventivamente a specchio sul fondo dei singoli piatti alcune cucchiaiate della crema di rucola e servire súbito in tavola questi gustosi bucatini.
Vini: Corposi vini rossi campani (Solopaca, Aglianico, Piedirosso, Taurasi) serviti a temperatura ambiente.
Mangia Napoli, bbona salute!
Raffaele Bracale
CUMMARA E CUMPARE
CUMMARA E CUMPARE
Questa volta è stata la mia carissima nipotina R. B. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) a chiedermi per le vie brevi di chiarirle le esatte accezioni della voce napoletana in epigrafe. L’accontento qui di sèguito augurandomi con queste paginette di soddisfare la sua curiosità ed interessare qualcun altro dei miei ventiquattro lettori.
Cominciamo con il precisare che nell’idioma napoletano la voce in epigrafe à molte accezioni di cui una icastica e furbesca su cui mi soffermerò con attenzione. Ordunque per la precisione con il termine
cummara s.vo f.le[dal lat. tardo commatre(m), comp. di cum 'con' e mater -tris 'madre'] si indica: 1 in primis
a. Donna che aiuta una sposa durante le nozze o una gestante durante il parto.
a1.Madrina che tiene a battesimo o a cresima un bambino, (ed anche, rispetto a lei, la madre del battezzato o del cresimato).
b. Levatrice, in quanto era lei che olim in alcuni rioni popolari era delegata a presentare il neonato al battesimo.
b1 con l’appellativo specificativo di cummara d’ogne la levatrice o madrina di battesimo che s’assumeva il compito di tagliare la prima volta le unghie al neonato.
2 per estensione.
a. Donna, per solito,amica che fa da testimone alle nozze (rispetto allo sposo o alla sposa, e reciprocamente la sposa rispetto alla testimone o al testimone).
b. Vicina di casa, legata da rapporti di lunga amicizia e confidenza.
c. in senso spregiativo pettegola, donna curiosa, chiacchierona, linguacciuta, maldicente, ciarlona.
d. come eufemismo (addizionata dell’agg.vo secca) nome con cui qualche volta viene indicata la morte;
e. in senso furbesco amante, donna che à una relazione amorosa, spec. extraconiugale o ritenuta comunque illecita.Interessante il collegamento semantico tra questa accezione e quelle precedenti (sub 2/a –b) che si coglie nel fatto che, per inteso comune, i rapporti di amicizia (come quelli intercorrenti tra testimoni di nozze e/o vicine di casa) possono degenerare in relazioni amorose extraconiugali ed illecite
d. Appellativo che nelle favole si aggiunge talora a nomi di animali: cummara golpa (comare volpe) etc.
Aggiungo che Corrispettivo al maschile della voce esaminata è la voce cumpare
s.vo m.le [che è dal lat. tardo compatre(m), comp. di cum 'con' e patre-m 'padre'] e che à le seguenti accezioni:
1 (region.) colui che tiene un bambino a battesimo o a cresima: far da compare | compare d'anello, di matrimonio, 1.a compare d'anello, di matrimonio testimone matrimoniale
2 (antiq. o dial.) appellativo familiare con cui ci si rivolge ad vicino di casa o ad un uomo che si conosca.
3 (fam.) complice: ‘o mariuolo e ‘o cumpare(il ladro e il suo compare).
4 (in senso furbesco) amante, uomo che à una relazione amorosa, spec. extraconiugale o comunque illecita. Anche in questo caso il collegamento semantico tra questa accezione e quelle precedenti (sub 1.a e 2) si coglie nel fatto che, per inteso comune, i rapporti di amicizia (come quelli intercorrenti tra testimoni di nozze e/o vicine di casa) possono degenerare in relazioni amorose extraconiugali ed illecite.
Rammento a margine che l’accezione sub 1.a compare d'anello, di matrimonio in napoletano corrente e popolare si rende con cumpare ‘e fazzuletto (compare di fazzoletto) atteso che tale principale testimone di nozze soleva offrire in regalo ai nubendi le vere matrimoniali presentandole in un vassoietto poggiate su di un candido fazzoletto di seta che poi diventava di proprietà dello sposo.
E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto mia nipote nella sua curiosità cognitiva ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente chi dovesse imbattersi in queste tre paginette.Satis est.
Raffaele Bracale
VARIE 2431
1.S’ À DDA ÓGNERE L'ASSO.
Letteralmente: occorre ungere l'asse. Id est: se si vuole che la faccenda si metta in moto e prosegua bisogna, anche obtorto collo, sottostare alla ineludibile necessità di ungere l'ingranaggio: inveterata necessità che viene di lontano quando i birocciai solevano spalmare con grasso animale gli assi che sostenevano gli elementi rotanti dei loro calessi, affinché piú facilmente si potesse procedere con meno sforzo delle bestie deputate allo scopo. Il traslato in termini di "mazzette" da distribuire è ovvio e non necessita d'altri chiarimenti.
2.PARÉ 'NU PIRETO ANNASPRATO.
Letteralmente: sembrare un peto inzuccherato. Lo si dice salacemente di chi si dia troppe arie, atteggiandosi a superuomo, pur non essendo in possesso di nessuna dote fisica o morale atta all'uopo. Simili individui vengono ipso facto paragonati ad un peto che, non si sa come, sia inzuccherato, ma che per quanto coperto di glassa dolce resta sempre un maleodorante, vacuoflatus ventris.
3.L'ACCÍOMO Ê BBANCHE NUOVE.
Letteralmente: l' Ecce òmo ai Banchi nuovi. Cosí oggi i napoletani sogliono indicare quei giovani, che - per essere alla moda - non si radono, mantenendo ispidi ed incolti quei pochi peli che dovrebbero costituire l'onor del mento, e per apparire in linea con i dettami della moda si mostrano smagriti e pallidi. La locuzione rammenta una scultura lignea sita in un'edicola posta ai Banchi Nuovi - quartiere napoletano sviluppatosi a ridosso della Posta Vecchia e Santa Chiara - scultura rappresentante il CRISTO reduce dai tribunali di Anna e Caifa, ed appare il Cristo, dopo le percosse e gli sputi subiti dai saldati romani, sofferente, smagrito, con la barba ispida, lo sguardo allucinato, proprio come i giovani cui la locuzione si attaglia.
4.CHI TÈNE CUMMEDITÀ E NUN SE NE SERVE, NUN TROVA 'O PREVETE CA LL'ASSOLVE.
Letteralmente: Chi à comodità e non se ne serve, non trova un prete che l'assolva. Id est: chi à avuto, per sorte o meriti, delle comodità deve servirsene, in caso contrario commetterebbe non solo una sciocchezza autolesiva, ma pure un peccato cosí grave per la cui assoluzione non sarebbe bastevole un semplice prete, ma bisognerebbe far ricorso al penitenziere maggiore.
5.QUANNO NUN SITE SCARPARE, PECCHÉ RUMPITE 'O CACCHIO Ê SEMMENZELLE?
Letteralmente: poiché non siete ciabattino, perché infastidite le semenze? La locuzione barocca, anzi rococò viene usata quando si voglia distogliere qualcuno dall'interessarsi di faccende che non gli competono non essendo supportate, né dal suo mestiere, né dalle sue capacità intellettive o morali. Le semenze sono i piccolissimi chiodini con cui i ciabattini sogliono sistemare la tomaia sulla forma di legno per procedere alla fattura di una scarpa.
6.'A RIGGINA AVETTE BISOGNO D''A VICINA.
Letteralmente: la regina dovette ricorrere alla vicina. Iperbolica locuzione con la quale si sottolinea che nessuno è bastevole a se stesso: persino la regina ebbe bisogno della propria vicina, figurarsi tutti gli altri esseri umani: siamo una società dove nessun uomo è un'isola.
7.SENZA ‘E FESSE NUN CAMPANO 'E DERITTE.
Letteralmente: senza gli sciocchi non vivono i furbi; id est: in tanto prosperano i furbi in quanto vi sono gli sciocchi che consentano loro di prosperare.
8.'O PURPO S'À DDA COCERE CU LL'ACQUA SOJA.
Letteralmente: il polpo si deve cuocere con l'acqua propria.Id est: bisogna che si convinca da se medesimo, senza interventi esterni. La locuzione fa riferimento a tutte quelle persone che recedono da certe posizioni solo se si autoconvincono; con costoro è inutile ogni opera di convincimento, bisogna armarsi di pazienza ed attendere che si autoconvincano, come un polpo che per cuocersi non necessita di aggiunta d'acqua, ma sfrutta quella di cui è composto.
9.DÀ 'NCOPP' Ê RECCHIE.
Letteralmente: dare sulle orecchie. La locuzione consiglia il modo di comportarsi nei confronti dei boriosi, dei supponenti, dei saccenti adusi ad andare in giro tronfi e pettoruti a testa elevata quasi fossero i signori del mondo. Nei loro confronti bisogna usare una sana violenza colpendoli, anche solo metaforicamente sulle orecchie per fargliele abbassare.
10.N' AGGIO SCAURATO STRUNZE, MA TU ME JESCE CU 'E PIEDE 'A FORA...
Letteralmente: ne ò bolliti di stronzi, ma tu (sei cosí grosso)che non entri per intero nella pentola destinata all'uso. Iperbolica e barocca locuzione-offesa usata nei confronti di chi si dimostri cosí esageratamente pezzo di merda da meritarsi di esser paragonato ad un pollo o simile che ecceda i limiti della pentola rendendosi cosí difficile da esser bollito.
11.TANTE GALLE A CCANTÀ NUN SCHIARA MAJE JUORNO.
Letteralmente: tanti galli a cantare non spunta mai il giorno. Id est: quando si è in tanti ad esprimere un parere intorno ad un argomento, a proporre una soluzione ad un problema, non si addiviene a nulla di concreto... Perché dunque farsi meraviglia se il parlamento italiano composto da un numero esorbitante di deputati e senatori non riesce mai a legiferare rapidamente e saggiamente: parlano in tanti...
12.SÍ, SÍ QUANNO CURRE E 'MPIZZE...
Letteralmente: sí quando corri ed infili! La locuzione significa che si sta ponendo speranza in qualcosa che molto difficilmente si potrà avverare, per cui è da intendersi in senso ironico, volendo dire: quel che tu ti auguri avvenga, non avverrà. La locuzione fa riferimento ad un'antica gara che si svolgeva sulle piazze dei paesi meridionali. Si infiggeva nell'acciottolato della piazza del paese un'alta pertica con un anello metallico posto in punta ad essa pertica, libero di dondolare al vento. I gareggianti dovevano, correndo a cavallo, far passare nell'anello la punta di una lancia, cosa difficilissima da farsi.
13.MADONNA MIA, MANTIENE LL'ACQUA!
Letteralmente: Madanna mia reggi l'acqua. Id est: fa che la situazione non peggiori o non degeneri. L'invocazione viene usata quando ci si trovi davanti ad una situazione di contesa il cui esito si prospetti prossimo a degenerare per evidente cattiva volontà di uno o piú dei contendenti.
14.OMMO 'E CIAPPA.
Letteralmente: uomo di bottone e, per traslato, uomo importante, di vaglia. La locuzione à origini antichissime addirittura seicentesche allorché a Napoli esistette una consorteria particolare, la cd repubblica dei togati che riuniva un po' tutta la classe dirigente della città. Le ciappe (dal latino=capula) erano i grossi bottoni d'argento cesellato che formavano l'abbottonatura della toga simbolo, appunto, di detta consorteria.
15.'A NAVE CAMMINA E 'A FAVA SE COCE.
Letteralmente: la nave cammina, e la fava si cuoce. La locuzione mette in relazione il cuocersi della fava (che indica la sopravvivenza,id est la continuata abbondanza di cibo) con il cammino della nave ossia con il progredire delle attività economiche, per cui è piú opportuno tradurre se la nave va, la fava cuoce.
16.ESSERE 'NU CASATIELLO CU LL'UVA PASSA.
Letteralmente: essere una caratteristica torta rustica pasquale ripiena d'uva passita. Id est: essere una persona greve, fastidiosa, indigesta, noiosa quasi come la torta menzionata già greve di suo per esser ripiena di formaggi,strutto, uova, salumi, resa meno digeribile dalla presenza dell'uva passita...
17.NCE VONNO 'E CQUATTE LASTE E 'O LAMPARULO.
Letteralmente: occorono i quattro vetri laterali ed il reggimoccolo. Id est: il lavoro compiuto è del tutto inutilizzabile in quanto palesamente incompleto e non fatto a regola d'arte; quello della locuzione è una lanterna ultimata in modo raffazzonato al punto che mancano elementi essenziali alla sua funzionalità. La locuzione viene perciò usata nei confronti di chi, ingiustificatamente, si gloria di aver fatto un eccellente lavoro, laddove ad un attento controllo esso risulta vistosamente carente .
18. JIRSENE CU 'NA MANA ANNANZE E N'ATA ARRETO.
Letteralmente: andarsene con una mano davanti ed una di dietro (per coprirsi le vergogne). Era il modo con cui il debitore si allontanava dal luogo dove aveva eseguito la cessio bonorum, aveva cioè poggiato le nude natiche su di una colonnina posta innanzi al tribunale a dimostrazione di non aver piú niente. La locuzione perciò significa e si usa per indicare chi, non avendo concluso nulla di buono, ci à rimesso fino all'ultimo quattrino e non gli resta che l'ignominia di cambiar zona andandosene con una mano davanti ed una di dietro per coprire alla men peggio le proprie vergone.
19. A - MIETTE MANA Â TELA
B - ARRICIETTE 'E FIERRE
Le due locuzioni indicano l'incipit e il termine di un'opera e vengono usate nelle precise circostanze da esse indicate, ma sempre con un valore di sprone; sub A: metti mano alla tela, ossia, prepara la tela ché è giunto il momento di cominciare il lavoro. sub B: metti a posto i ferri, è giunta l'ora di lasciare il lavoro.
20ESSERE 'NU/’NA SECATURNESE.
Letteralmente: essere un/una sega tornesi.Id est: essere un/una avaraccio/a, al punto di far concorrenza a taluni antichi tonsori di monete, che al tempo che circolavano monete d'oro o d'argento, usavano limarle per poi rivender la limatura e far cosí piccoli guadagni: venne poi la carta-moneta e finí il divertimento.
21.ESSERE 'NA MEZA PUGNETTA.
Esser piccolo di statura, ma soprattutto valer poco o niente, non avere alcuna conclamata attitudine operativa, stante la ridottissima capacità fisica, intellettiva e morale essendo ritenuto furbescamente e sarcasticamente il prodotto di un gesto onanistico non compiuto neppure per intero.
22. ESSERE 'NA GALLETTA 'E CASTIELLAMMARE.
Letteralmente: essere un biscotto di Castellammare. Id est: essere poco incline ad atti di generosità, anzi tener sempre saldamente chiusi i cordoni della borsa essendo molto restio ad affrontare spese di qualsiasi genere, in ispecie quelle destinate ad opere di carità, essere insomma cosí duro nei propri parsimoniosi intendimenti da essere paragonabile ai durissimi biscotti prodotti in Castellammare, biscotti a lunga conservazione usati abitualmente come scorta dalla gente di mare che li preferiva al pane perché non ammuffivano, ma che erano cosí tenacemente duri che - si diceva - neppure l'acqua di mare riuscisse ad ammorbidire.
23. 'E CURALLE LL'À DDA FÀ 'O TURRESE.
Letteralmente: i coralli li deve lavorare il torrese. Id est: ognuno deve fare il proprio mestiere, che però deve esser fatto secondo i crismi previsti; non ci si può improvvissare competenti; nella fattispecie la lavorazione del corallo è appannaggio esclusivo dell'abitante di Torre del Greco, centro campano famoso nel mondo appunto per la produzione di oggetti lavorati in corallo.
24. MO T''O PPIGLIO 'A FACCIA 'O CUORNO D''A CARNACOTTA
Letteralmente. adesso lo prendo per te dal corno per la carne cotta. Icastica ed eufemistica espressione con la quale suole rispondere chi, richiesto di qualche cosa, non ne sia in possesso né abbia dove reperirla o gli manchi la volontà di reperirla. Per comprendere appieno la locuzione bisogna sapere che la carnacotta è il complesso delle trippe o frattaglie bovine o suine che a Napoli vengono vendute già atte ad essere consumate o dai macellai o da appositi venditori girovaghi che le servono ridotte in piccoli pezzi su minuscoli fogli di carta oleata; i piccoli pezzi di trippa vengono prima irrorati col succo di limone e poi cosparsi con del sale che viene prelevato da un corno bovino scavato ad òc proprio per contenere il sale e bucato sulla punta per permetterne la distribuzione. Detto corno viene portato dal venditore di trippa, appeso in vita e lasciato pendente sul davanti del corpo. Proprio la vicinanza con intuibili parti anatomiche del corpo, permettono alla locuzione di significare che ci si trovi nell'impossibilità, per mancanza di volontà o di mezzi di aderire alle richieste.
25.PARÉ 'O MARCHESE D''O MANDRACCHIO.
Letteralmente: sembrare il marchese del Mandracchio. Id est: Tentare di darsi le arie di persona dabbene ed essere in realtà di tutt'altra pasta. La locuzione, che viene usata per bollare un personaggio volgare ed ignorante che si dia delle arie, millantando un migliore ascendente sociale di nascita, si incentra sul termine Mandracchio che non è il nome di una tenuta, ma indica solo la zona a ridosso del porto(dallo spagnolo mandrache: darsena)frequentata da marinai, facchini e scaricatori che non usavano di certo buone maniere ed il cui linguaggio non era certo forbito o corretto.
26. OGNI CCAPA È 'NU TRIBBUNALE.
Letteralmente: ogni testa è un tribunale. Id est: ognuno decide secondo il proprio metro di giudizio, ognuno è pronto ad emanar sentenze.
27.NCARISCE, FIERRO, CA TENGO N'ACO 'A VENNERE!
Letteralmente: oh ferro, rincara ché ò un ago da vendere. E' l'augurio che si autorivolge colui che à parva materia da offrire alla vendita e si augura che possa riceverne il maggior utile possibile. La locuzione è usata nei confronti di chi si lascia desiderare pur sapendo bene di non aver grosse capacità da conferire in qualsivoglia contrattazione.
28.CHIANU CHIANO 'E CCOGLIO E SENZA PRESSA, 'E VVENGO.
Letteralmente: piano piano li raccolgo e senza affrettarmi li vendo. La locuzione sottolinea l'indolenza operativa di certuni, che non si affrettano mai nè nel loro incedere né nel portare a compimento alcunché.
29.FÀ COMME Ê FUNARE.
Agire come i fabbricanti di corde. Id est: non fare alcun progresso né nello studio, né nell'apprendimento di un mestiere. Quando ancora non v'erano le macchine ed i robot che fanno di tutto, c'erano taluni mestieri che venivano fatti da operai ed esclusivamente a mano. Nella fattispecie i cordari solevano fissare con i chiodi ad un asse di legno i capi delle corde da produrre e poi procedendo come i gamberi le intrecciavano ad arte. La locuzione prende in considerazione non i risultati raggiunti, ma solo il modo di procedere tenuto dai cordari
30. DÀ ZIZZA PE GGHIONTA.
Letteralmente: dar carne di mammella per aggiunta di derrata, un di piú generosamente concesso, ma trattandosi di vile mammella la concessione non è poi veramente positiva e tutta l'espressione è da intendere in senso ironico ed antifrastico equivalente ad accrescere un danno, conciar male qualcuno, cagionandogli ulteriori danni.
31. MA ADDÓ T'ABBÍE SENZA 'MBRELLO?
Letteralmente: Ma dove ti dirigi senza ombrello (se già piove?)? La domanda traduce sarcasticamente l'avvertimento di non affrontare qualsivoglia situazione se non si è preparati e pronti, armati cioè oltre che della buona volontà, degli strumenti atti alla bisogna e a farti da scudo ove ne occorra il caso.
32. MEGLIO CAP' 'ALICE CA CODA 'E CEFARO.
Letteralmente: meglio (esser) testa di alice che coda di cefalo. Id est: meglio comandare, esser primo sia pure in un ristretto consesso, che ultimo in un'imponente accolta.
33.SE PIGLIANO CCHIÚ MOSCHE CU 'NA GOCCIA 'E MÈLE, CA CU 'NA VOTTA 'ACITO.
Letteralmente: si catturano piú mosche con una goccia di miele che con una botte di aceto. Id est: i migliori risultati, i piú sostanziosi si ottengono con le manieri dolci, anziché con quelle aspre.
34.A PPAVÀ E A MMURÍ, QUANNO CCHIÚ TTARDE SE PO’.
A pagare e a morire quando piú tardi sia possibile. Trattandosi di due faccende dolorose, la filosofia popolare le à accomunate, consigliando di procrastinarle ambedue sine die.
35.SI 'O CIUCCIO NUN VO’ VÉVERE AJE VOGLIA D''O SISCÀ.
Letteralmente: se l'asino non vuol bere, puoi fischiare quanto vuoi (per sollecitarlo a bere), non ne otterrai nulla. La locuzione viene usata quando si voglia sottolineare la testarda mancanza di volontà di qualcuno, stante la quale tutte le esortazioni sono vane...
36.ARIA SCURA E FFÈTE 'E CASO!
Letteralmente: Aria torbida che puzza di formaggio. Lo si dice a salace commento di errate affermazioni di qualcuno che abbia confuso situazioni diverse tra di loro e le abbia messe in relazione incorrendo in certo errore come accadde a Pulcinella che, confondendo la porta della dispensa con la finestra, si espresse con la frase in epigrafe...
37.CHI TÈNE CCHIÚ SSANTE VA 'MPARAVISO.
Letteralmente: Chi à piú santi va in Paradiso; ma è chiaro che la locuzione non si riferisce al premio eterno, ma molto piú prosaicamente ai beni terreni,a prebende e posti di comando e ben remunerati; e i santi - manco a dirlo - non sono quelli che ànno praticato in maniera eroica le virtú cristiane, ma molto piú semplicemente coloro che son capaci di dare una spinta, di raccomandare o - come eufemisticamente si dice oggi, di segnalare qualcuno a chi gli possa giovare nel senso suaccennato.
38.I' TE CUNOSCO PIRO A LL' UORTO MIO.
Letteralmente: Io ti conosco pero nel mio orto. Id est: Io conosco bene le tue origini e ciò che sei in grado di produrre; non mi inganni: perciò è inutile che tenti di far credere di esser capace di mirabolanti o produttive imprese... La cultura popolare attribuisce le parole in epigrafe ad un contadino che si era imbattuto in una statua di un Cristo circondata di fiori e ceri. Il popolino aveva attribuito alla statua poteri taumaturgici, ma il contadino che sapeva che la statua era stata ricavata da un suo albero di pero, tagliato perché improduttivo, apostrofò la statua con le parole in epigrafe, volendo far intendere che non si sarebbe fatto trasportare dalla credenza popolare e conoscendo le origini del Cristo effiggiato, non gli avrebbe tributato onori di sorta.
39. ESSERE FETENTE DINT' A LL' OSSA.
Letteralmente: essere fetente fin dentro le ossa. Id est: appalesarsi perfido, spregevole, di animo cattivo, ma non solo esteriormente quanto fin dentro la quintessenza dell'essere.
40. 'O PATATERNO DÀ 'O PPANE A CHI NUN TÈNE 'E DIENTE E 'E VISCUOTTE A CHI NUN S''E PPO’ RUSECÀ...
Letteralmente: Il Signore concede il pane a chi non tiene i denti e i biscotti a chi non può sgranocchiarli... Id est: Spesso nella vita accade di esser premiati oltre i propri meriti o di venire in possesso di fortune che si è incapaci di gestire.
41.'A CARCIOFFOLA S'AMMONNA A 'NA FRONNA Â VOTA.
Letteralmente: il carciofo va mondato brattea a brattea. Id est: le cose vanno fatte con calma e pazienza, se si vogliono ottenere risultati certi bisogna procedere lentamente e con giudizio.
42.ACQUA SANTA E TTERRA SANTA, PURE LOTA FANNO.
Letteralmente: acqua santa e terra santa pure fango fanno. Id est: l'unione di due cose di per sè buone, non è detto che non possano produrre effetti spiacevoli. Lo si dice con riferimento alla società di due individui che, presi singolarmente, mai farebbero sospettare esser capaci di produrre danno e che invece, uniti producono grave nocumento ai terzi.
43.CHI SE METTE PAURA, NUN SE COCCA CU 'E FFEMMENE BBELLE.
Letteralmente: chi à paura, non va a letto con le donne belle. E' l'icastica trasposizione dell'algido toscano: chi non risica, non rosica. Nel napoletano è messo in relazione il comportamento coraggioso, con la possibilità di attingere la bellezza muliebre, che è un gran bello rosicchiare.
44.ESSERE 'O RRE CUMMANNA A SCOPPOLE.
Letteralmente. essere il re comanda a scappellotti. Cosí è detto chi voglia comandare o decretare maniere comportamentali altrui senza averne né l'autorità certificata, né il carisma derivante da doti morali o conclamate esperienze, un essere insomma che potrebbe comandare giusto ai ragazzini, magari assestando loro qualche scappellotto, per essre ubbidito.
45.CCA SOTTO NUN CE CHIOVE!
Letteralmente: Qui sotto non ci piove. L'espressione, tassativamente accompagnata dal gesto dell' indice destro puntato contro il palmo rovesciato della mano sinistra, sta a significare che oramai la misura è colma e non si è piú disoposti a sopportare certe prese di posizioni o certi comportamenti soprattutto di certuni che sono adusi a voler comandare, impartire ordini et similia, non avendone né l'autorità, né il carisma; la locuzione è anche usata col significato di: son pronto a render pane per focaccia , nei confronti di chi à negato un favore, avendolo invece reiteratamente promesso.
Brak