18 LOCUZIONI
1.'A CARNE SE VENNE Â CHIANCA
'A carne se venne â chianca. Ad litteram: La carne viene venduta in macelleria. Id est: per acquistare qualcosa bisogna rivolgersi al suo commerciante o per ottenere alcunché bisogna necessariamente rivolgersi a chi ne sia esperto; insomma per ottenere qualcosa, non ci si può fidare del dilettante o di chi improvvisi, ma bisogna rivolgersi sempre al competente ed al professionista.
Chianca beccheria, macelleria (dal
lat. planca(m)=panca di legno perché
un tempo la carne era esposta e sezionata per la vendita al minuto, su di un
tavolo di legno; normale il passaggio di pl→chi (cfr. plus→cchiú –
plena(m)→chiena - plumbeum→chiummo etc.).
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2
. CHI CAMPA STURTARIELLO CAMPA BUNARIELLO, CHI CAMPA ADDRITTO...CAMPA AFFLITTO!
Chi vive di sotterfugi e di espedienti riesce sempre a sbarcare il lunario, chi vuol vivere in modo retto e corretto troverà sempre tante difficoltà sul suo cammino. |
3.
ANCÒRA NUN È PPRENA MARIANNA E GGIÀ ÀNNO SPASO FASCIATORE E PPANNE.
Letteralmente: Marianna non è ancora incinta e già ànno sciorinato fasce e pannolini Locuzione proverbiale usata a divertito commento delle azioni di chi si predispone e si prepara a qualcosa con evidente eccessivo anticipo. |
4.
A PPAVÀ I A MMURÍ, QUANNO CCHIÚ TARDE SE PO’
Ad litteram: A pagare ed a morire, quando piú tardi sia possibile... Id est:
È
buona norma il tentare di rimandare sine die due cose ugualmente nocive: il
pagare ed il decedere.
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5.'E
VRUOCCOLE SO' BBUONE DINT’ Ô LIETTO.
Letteralmente: i broccoli sono buoni nel letto. Per intendere il significato del proverbio bisogna rammentare che a Napoli con la parola vruoccole si intendono sia la tipica verdura che per secoli i napoletani mangiarono,tanto da esser ricordati come "mangiafoglie"(prima di abdicare a questo nome – ceduto ai villici – per assumere quello di “mangiamaccheroni”), sia le moine, le carezze che gli innamorati son soliti scambiarsi specialmente nell'intimità, moine che semanticamente sono per traslato appaiate ai broccoli perché come questi ultimi son fatte di tenerezza; il proverbio sembra ripudiare ormai la verdura per apprezzare solo i vezzi degli innamorati. |
6.
ZAPPA 'E FEMMENA E SSURCO 'E VACCA, MALA CHELLA TERRA CA L'ANCAPPA.
Ad litteram:Povera quella terra che sopporta una zappatura operata da una donna ed un solco prodotto dal lavoro di una mucca(invece che di un bue).Proverbio marcatamente maschilista, nato in ambito contadino, nel quale è adombrata la convinzione che il lavoro femmineo, non produce buoni frutti e sia anzi deleterio per la terra.
7. AMICE E VVINO ÀNNO 'A ESSERE VIECCHIE!
Adlitteram: gli amici ed il vino (per essere buoni) devono essere di antica
data.
8.'A MEGLIA VITA È CCHELLA D''E VACCARE
PECCHÉ, TUTTA 'A JURNATA, MANEJANO ZIZZE E DDENARE. Ad litteram: la vita
migliore è quella degli allevatori di bovini perché trascorrono l'intera
giornata palpando mammelle (per la mungitura delle vacche)e contando il
denaro (guadagnato con la vendita dei prodotti caseari); per traslato: la
vita migliore è quella che si trascorre tra donne e danaro.
9. 'O
TURCO FATTO CRESTIANO, VO' 'MPALÀ TUTTE CHILLE CA GGHIASTEMMANO.
Ad
litteram: il turco diventato cristiano vuole impalare tutti i bestemmiatori.
Id est: I neofiti sono spesso troppo zelanti e perciò pericolosissimi.
10.'O PATATERNO ADDÓ VEDE 'A CULATA, LLA
SPANNE 'O SOLE
Ad
litteram: il Padreterno dove vede un bucato sciorinato, lí invia il sole. Id
est: la bontà e la provvidenza del Cielo sono sempre presenti là dove
occorrono.
11.'O GALANTOMO APPEZZENTÙTO, ADDEVENTA
'NU CHIAVECO.
Ad
litteram: il galantumo che va in miseria, diventa un essere spregevole. In
effetti la disincantata osservazione della realtà dimostra che chi perde
onori e gloria, diventa il peggior degli uomini giacché si lascia vincere
dall'astio e dal livore verso coloro che il suo precedente status gli
consentiva di tenere sottomessi e che nella nuova situazione possono
permettersi di alzare la testa e contrattare alla pari con lui.
12. ‘E FRAVECATURE, CACANO 'NU POCO PE PPARTE
E NNUN PULEZZANO MAJE A NNISCIUNU PIZZO.
Ad
litteram: i muratori defecano un po' per parte, ma non nettano nessun luogo
che ànno imbrattato. Il proverbio, oltre che nel suo significato letterale è
usato a Napoli per condannare l'operato di chi inizia ad occuparsi di cento
faccende, ma non ne porta a compimento nessuna, lasciando ovunque le tracce
del proprio passaggio.
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13.
LL'UOCCHIE SO' FFATTE PE GUARDÀ, MA 'E MMANE PE TUCCÀ.
Ad litteram: gli occhi sono fatti per guardare, ma le mani (son fatte) per toccare. Con questo proverbio, a Napoli, sogliono difendere (quasi a mo' di giustificazione) il proprio operato, quelli che - giovani o vecchi che siano - sogliono azzardare furtivamente o meno palpeggiamenti delle rotondità femminili. |
14.DICETTE
‘O PAPPICE VICINO Â NOCE: "DAMME
‘O TIEMPO CA TE SPERTOSO!"
Disse il tonchio alla noce "dammi il tempo che ti foro".Anche chi non sia dotato di molta prestanza fisica può ottenere – con il tempo e l’applicazione – i risultati sperati. |
15.CHISTO
È ‘NA GALLETTA CA NUN SE SPOGNA!
Ad litteram: Costui è una galletta che non si (riesce a) spugnare. Icastica espressione partenopea usata sarcasticamente nei confronti di qualcuno che sia cosí tanto avaro o cosí tanto restio a conferire la propria opera da poter esser messo a paragone ad una galletta (dal francese galette, deriv. di galet, ant. gal 'ciottolo', per la forma e/o durezza) quel tipico pane biscottato, a forma di focaccia, conservabile per lunghissimo tempo, pane impastato con pochissimo lievito e perciò durissimo; tali gallette un tempo entrarono a far parte delle razioni alimentari dei soldati (fanti o marinai) ma pure delle delle riserve alimentari dei pescatori che le preferirono al pane giacché non ammuffivano e si conservavano per un tempo quasi indeterminato. Per potersene nutrire militari e pescatori usavano mettere a mollo in acqua di fonte o addirittura di mare...) le gallette fino a che, non se ne fossero ben bene imbibite, diventando morbidi ed edibili; tale operazione fu detta in napoletano spugnatura che come significato non corrisponde alla omofona ed omografa spugnatura della lingua italiana dove significa, quale deverbale di spugnare:(che è un denominale di spugna dal lat. spongia(m), dal gr. sponghía) il bagnarsi, lo strofinarsi per mezzo di una spugna; in partic., lo spremere spugne imbevute di acqua o di liquidi medicamentosi su parti del corpo a scopo terapeutico; la spugnatura napoletana invece, quantunque pur essa derivata di spugna dal lat. spongia(m), dal gr. sponghía indica esattamente l’operazione di mettere a mollo in acqua o altro liquido (brodo) le gallette spezzettate per modo che si imbibiscano d’acqua, brodo etc. a mo’ di una spugna, ammorbidendosi; cosa che non si può dire del protagonista della locuzione in epigrafe, protagonista che è cosí duro di cuore e/o volontà che mai lo si riuscirebbe ad ammorbidire convincendolo ad allargare i cordoni della propria borsa o convincendolo a prestar la propria opera a pro di terzi. chisto = questo, costui ( dal lat. volg. *(ec)cu(m) istu(m), propr. 'ecco questo') agg.vo e qui pronome dimostrativo; come agg. dimostr. [precede sempre il sostantivo] indica persona o cosa vicina, nel tempo o nello spazio, a chi parla o indica persona o cosa di cui si sta parlando o anche vale simile, siffatto, di questo genere ( ad es. nun ascí cu chistu tiempo! = non sortire con un tempo simile!); come pron. dimostr. indica persona o cosa vicina a chi parla, o persona o cosa della quale si sta parlando; o ciò, la cosa di cui si parla; |
16.NUN
FÀ BBENE Ô PEZZENTE CA NCE ‘O PPIERDE!
Ad litteram: Non far del bene ad un povero ché lo perdi. Id est: Il bene fatto a chi è veramente povero è irrimediabilmente perduto;infatti in caso di prestito il povero non sarà mai in grado di restituire la cosa avuta in prestito, in caso di liberalità non si otterrà nemmeno riconoscenza: chi è povero, veramente povero per il suo stesso status è purtroppo proclive all’invidia anche del proprio benefattore!
17.CHI
TÈNE CCHIÚ PPORVERA SPARA E LL’ATE SÈNTENO ‘E BBOTTE.
Ad
litteram: Colui che à piú polvere spara e gli altri sentono i botti (prodotti
dagli spari). Ancóra un’antica eloquente, icastica locuzione usata per
significare (prendendo a modello l’operato dei fuochisti [cioè degli artieri
che si esibivano un tempo ed ancóra talora si esibiscono durante le feste patronali con spettacoli
di fuochi artificiali])che nella vita chi è dotato di migliori e numerosi
mezzi rappresentati sia dal denaro che dagli aiuti quali appoggi, aderenze,
raccomandazioni è colui che ottiene i piú eclatanti risultati in termini di
affermazione socio/economica, mentre a tutti gli altri non resta che
rassegnarsi a l’eco dei successi ottenuti da chi à piú mezzi.La locuzione à
come sostrato la convinzione che nella vita per affermarsi non necessitano
studio e/o capacità innata, ma servono ricchezza, aiuti, appoggi, buoni
uffici,pedate, protezioni.
PORVERA,
ma anche il sincopato PORVA s.vo
f.le polvere, qui polvere da sparo
[dal lat. pŭlvĕre-m con rotacismo della L→R].
18.’O FFRUSCIARSE FA BBENE Â SALUTA.
Ad
litteram: l’illudersi (vantandosi), giova alla salute.Oppure:Il divertirsi giova
alla salute. Ennesima eloquente,
icastica locuzione da intendersi in due significati correlativamente al
significato attribuito al verbo frusciarsi che valse un tempo illudersi, pavoneggiandosi e
vantandosi,e piú modernamente: divertirsi; nella prima accezione la locuzione
afferma, desumendolo dalla disincantata ossevazione della realtà, che
chiunque è convinto della giustezza e del buon diritto in ordine al quanto
affermi o operi ed addirittura se ne vanti, anche quando giustezza e/o buon diritto non siano
supportati da un riscontro palese, trae giovamento per la sua salute se non
fisica, certamente mentale; uguale giovamento per la salute mentale si può
ottenere da un sano divertimento;
quanto
al verbo frusciarse [forma riflessiva di frusciare/ fruscià che à un etimo nel basso latino frustiare usato per significare fare in pezzi,
sciupare, consumare] nei significati estensivi di vantarsi, gloriarsi,
pavoneggiarsi deve collegarsi [con un
po’ di fatica in quanto la strada semantica da percorrere è impervia], al significato
primo del riflessivo che è affaccendarsi in qlc.reiterando l’azione e facendo mostra del proprio impegno.
Raffaele
Bracale
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