CHIAGNARUSO –
CHIAGNAZZARO & dintorni
L’amico G.A. (i consueti problemi di riservatezza mi
impongono l’indicazione delle sole iniziali di nome e cognome) mi chiede di
chiarire la portata della voce chiagnazzaro
riferita da una parte dei media (con
una buona dose di ironia e/o sarcasmo) all’allenatore della squadra di calcio
del Napoli, Walter Mazzarri che all’indomani di una sconfitta subíta dalla
squadra napoletana – a suo dire – anche per colpa di un infelice arbitraggio
d’un francese che non à protetto i napoletani concedendo ai giocatori inglesi
del Liverpool di fare il loro comodo non sanzionandolo.
Non entro nel merito della vicenda sportiva, rammentando
solo l’esistenza d’una proverbiale espressione partenopea:Chi allucca, gran delore sente (chi urla avverte un gran dolore; id
est: le proteste non sono mai del tutto campate in aria, ma ànno sempre una piccola o grande motivazione!)
e mi limito ad illustrare le voci in
epigrafe;
chiagnaruso/osa
agg.vo m.le o f.le =
piagnucoloso/a, lagnoso/a, lamentoso/a, lamentevole, querulo/a; voce deverbale
di chiagnere (dal lat. plangere con consueto metaplasmo del pl latino
che evolve nel chi napoletano (cfr. i
normali sviluppi di pl→chj→chi ad es.: chino ←plenum, cchiú←plus, chiaja←plaga
chiovere←pl-uere,platea→chiazza, chiummo←plumbeum- plattu-m→chiatto etc.) e metatesi ng→gn)
con l’aggiunta del doppio suffisso ar+ uso/ar+osa; il suffisso
uso/osa è di aggettivi derivati dal
latino o tratti da nomi del lat. -osu(m);
indica presenza, caratteristica, qualità ecc., mentre il suffisso ar è un legante ampliativo. La voce a
margine non è molto usata; si preferisce,soprattutto nel parlato della città
bassa, ricorrere al piú icastico successivo
chiagnazzaro/a
agg.vo m.le o f.le = detto di
chi sia reiteratamente e frequentemente, anche ingiustificatamente e senza
motivi apparenti molto piagnucoloso/a, lagnoso/a, lamentoso/a, lamentevole,
querulo/a; voce intensiva della precedente; anch’essa è un
deverbale di chiagnere ma con
l’aggiunta del doppio suffisso di tono beffardo azzo+aro/a→azzaro/a: azzo/a è un suffisso alterativo collaterale di accio/a che continua il lat. –ace-u(m)/a(m), usato
per formare sostantivi ed aggettivi alterati con valore intensivo e peggiorativo, usati spesso per
ridicolarizzare;
aro/a suffisso
tipico del napoletano; nell’italiano si trova il collaterale aio/a;
è suffisso che continua il lat. –ari(um); compare in sostantivi,
derivati dal latino o formati in italiano, che indicano mestiere (rilurgiaro/orologiaio) oppure luogo, ambiente pieno di qualcosa(vermenara/verminaia) o destinato a
contenere o accogliere qualcosa (lutammaro/letamaio);
nella fattispecie il suffisso aro/a
addizionato al precedente intensivo e
peggiorativo azzo/a forma una parola (chiagnazzaro)
che vuol lasciare chiaramente e beffardamente intendere che la persona cui per dileggio, burla, canzonatura, motteggio, irrisione è
rivolta abbia quasi per mestiere il
pianto, il lamento continuo e reiterato e spesso ingiustificato.
E cosí penso d’aver esaurito l’argomento, contentato
l’amico G.A. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori. Satis est.
Raffaele Bracale
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