CHIAGNULENTO
& CHIAGNAZZARO
Questa volta è stato il
caro amico A. M. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad
indicare solo le iniziali di nome e cognome) a
chiedermi di chiarirgli significato ed eventuali differenze
semantiche e/o etimologiche dei due
termini in epigrafe. Gli ò
testualmente risposto:
Dei vocaboli
di cui mi chiedi posso confermarti che
solo il secondo: chiagnazzaro è autenticamente voce del lessico partenopeo
ancorché solo del parlato, in quanto non attestato negli scritti antichi o
moderni e si tratta di voce dispregiativa, come si evince dal suffisso azzaro [derivato, come il suffisso verbale azzare da una base latina aces]usato per formare appunto
sostantivi di sapore peggiorativo; chiagnazzaro
è un deverbale di chiagnere< plangere addizionato appunto del suffisso azzaro
e connota un individuo non
autenticamente dolente, doloroso, infelice, misero, sofferente, triste, ma che
usa il lamento quale arma tesa ad ottenere un effetto o un ritorno in termini
di tornaconto vuoi economico, vuoi di successo come accadeva per il famoso
cantante ed attore partenopeo Giacomo Rondinella ((Messina, 30 agosto 1923 –
Fonte Nuova, 26 febbraio 2015) che s’ebbe appunto il soprannome di ‘o chiagnazzaro per un suo tipico
modo di gorgheggiare quasi avesse sempre il pianto in gola.
Di ben ben diverso
significato è il termine chiagnulento usato per indicare un
soggetto autenticamente e
costituzionalmente facile al pianto, proclive alla commozione, lamentoso e
piagnucoloso. Preciso qui che la voce chiagnulento non è autenticamente napoletana, ma è un
prestito abruzzese usato nel parlato borghese, in quanto erroneamente ritenuta
piú civile, cortese, educata, garbata della vera voce napoletana chiagnaruso/a usata per
connotare quello stesso soggetto
indicato con chiagnulento/a; sia
chiagnulento che chiagnaruso, come chiagnazzaro sono dei deverbali di
chiagnere< plangere addizionati di differenti suffissi; nella voce
napoletana chiagnaruso/a ci si è
serviti di aduso/a letti con il
rotacismo osco/mediterraneo d>r, mentre col suffisso abruzzese lento/a si intese connotare un soggetto
che usasse il pianto in modo sommesso, ma
lento e continuato. E qui penso
di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico
A.M. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú
genericamente chi dovesse imbattersi in
queste paginette.Satis est.
Raffaele Bracale
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