domenica 9 febbraio 2020

CULO & dintorni


CULO & dintorni
L’amico G.J. O. (al solito, motivi di riservatezza mi impongono di  riportar solo le iniziali di nome e cognome di chi mi scrive per sollecitar ricerche)  mi à chiesto di occuparmi della voce italiana/napoletana  in epigrafe, di indicargli  altri eventuali sinonimi nel napoletano, ed eventuali espressioni verbali  collegate. L’accontento illico et immediate   cominciando a parlare della voce culo cui farò seguire i tanti  sinonimi che mi son noti  dicendo sia di quelli vivi e vegeti che di quelli antichi e desueti. Cominciamo dunque con
culo s.vo m.le  = in origine l’orifizio anale delle bestie poi per sineddoche il culo, il posteriore, il didietro, il sedere, il complesso delle natiche degli esseri umani ; etimologicamente è voce dal lat. culum che è dal greco koîlos ; questa voce napoletana a margine fu accolta temporibus illis anche nella lingua nazionale e viene tuttora  usata ancorché catalogata, ma non se ne comprende il motivo, come  voce volgare o popolare. Un tempo da qualcuno si ipotizzò che etimologicamente la voce  potesse essere un adattamento  del lat. caelu(m)(cielo) pigliando a riferimento semantico la concavità e dell’uno e dell’altro. Idea balzana stante la presenza diretta come ò détto  della   voce  lat. culum  marcata  sul greco koîlos  (vuoto, concavo) donde anche kolon= intestino; tuttavia  rammento che la voce  caelu(m)(Cielo)  fu usata, quale nome proprio, al posto di Ciullo ( che della voce culo era stato  un adattamento di comodo attraverso l’epentesi eufonica di una (I)  ed il raddoppiamento espressivo della consonante laterale alveolare (L) ed infatti quel  poeta di Alcamo nato nella prima metà del XIII secolo, e che fu  uno dei piú significativi rappresentanti della poesia popolare giullaresca della scuola siciliana s’ ebbe in origine il nome di Ciullo d’Alcamo ( e cioè Culo di Alcamo)per essere il piú famoso pederasta passivo della sua città e successivamente al tempo del bigotto perbenismo didattico vide il suo nome mutato in    Cielo d'Alcamo per non turbar la mente dei/delle giovani discenti.
Manco a dirlo la voce culo entra in numerosissime locuzioni alcune delle quali icastiche, ma dignitose, altre incisive sí, ma   dure e becere; tra le prime ricordo
SCIORTA E CAUCE 'NCULO, VIATO A CCHI NNE TÈNE!
Beato chi à  buona fortuna e calci in culo cioè  spintarelle e/o raccomandazioni.
Ben altro significa PIGLIÀ A CCAUCE ‘NCULO che vale: allontanare qualcuno da una carica e/o  da un compito per insipienza, indegnità o incapacità,liberarsene comminandogli vere o figurate pedate nel fondoschiena.

STÀ CULO E CCAMMISA  Ad litteram: stare culo e camicia; id est:  Stare sempre insieme, andare molto d'accordo; e lo si dice di amici,compagni adusi ad una frequentazione assidua.
Altra interessante locuzione è
PIGLIÀ P’ ‘O CULO
La lucuzione in epigrafe  nella sua  esposizione completa è: Piglià p’ ‘o culo a quaccheduno. L’espressione ad litteram vale pigliare/prendere  per il culo   e fuor del velame sta per
prendersi gioco di qualcuno, schernirlo, prenderlo per i fondelli, farlo  oggetto di  beffa, burla, canzonatura, motteggio, irrisione.È interessante rammentarsi da quale situazione storico-ambientale tragga origine la locuzione in esame. Essa si riallaccia alla ignominosa cerimonia detta in napoletano zitabona  che comportava, per il debitore insolvente dopo di averla compiuta, la necessità di   andarsene con una mano davanti ed una di dietro (per coprirsi le vergogne). Era infatti quello  il modo con cui il debitore si allontanava dal luogo dove pronunciando l’espressione Cedo bona spesso corrotta in Cedo bonis dichiarava fallimento manifestando la sua insolvibilità; la cerimonia [che adattando il Cedo bona latino  diventava  – in napoletano - zitabona]prevedeva oltre la pronunzia della formula, il dover  poggiare le nude natiche su di una colonnina posta a Napoli innanzi al tribunale della Vicaria  a dimostrazione di non aver piú niente. Altrove, ad es. a Firenze la cerimonia era la medesima, ma in luogo della colonnina occorreva sedersi, a nude natiche, su di un cuscino di pietra. La cerimonia diede vita a Napoli anche all’espressione Jirsene cu ‘na mano annante e n’ata arreto che  si usò e si usa a dileggio di  chi, non avendo concluso nulla di buono, ci abbia rimesso fino all'ultimo quattrino e non gli resti che l'ignominia di cambiar zona andandosene con una mano davanti ed una di dietro.Va da sé che l’esser costretti a mostrarsi a natiche nude in pubblico, comportasse il diventare oggetto di  beffa, burla, canzonatura, motteggio, irrisione da parte degli astanti, situazione che diede vita all’espressione in esame piglià p’ ‘o culo che – come ò détto – vale prendersi gioco di qualcuno, schernirlo, deriderlo, beffare, burlare, canzonare, irridere, dileggiare, prendere (in giro) a causa del culo.

Tra le locuzioni  dure e becere rammento
VA’ A FFÀ ‘NCULO e VALLO A PPIGLIÀ ‘NCULO
Ci troviamo a che fare con due icastiche, sebbene grevi, triviali espressioni che si colgono sulle labbra di chi abbia perso la pazienza per essere o essere stato  troppo irritato  ed infastidito  da un importuno,  un seccatore,uno scocciatore,un  rompiscatole e lo  apostrofi perciò  con decisione se non fermezza ed energia nel tentativo di liberarsene.La prima locuzione  ad litteram vale : Vai a fare (id est: a coire) nel culo! Cioè a dire: Non mi importunare piú, liberami della tua presenza e va’ ad occupare diversamente   il tuo tempo dedicandoti a  pratiche sodomitiche piuttosto che  ad infastidire me.
Piú acconciamente della prima locuzione, la seconda (pur restando nel medesimo àmbito)  ad litteram vale : Vai a prenderlo (e quale sia il quid da prendere è intuibile) nel culo cioè a dire: Non mi importunare piú, liberami della tua presenza e, piuttosto che infastidirmi,  va’ ad occupare   il tuo tempo in pratiche sodomitiche, tenendo però non la parte attiva, ma quella  passiva che è la soccombente, meno gradevole e piú dolorosa!
Ò parlato di piú acconciamente perché ritengo che una persona spazientita piú che invitare il suo seccatore a prendersi un divertimento intenda invitarlo ad assoggettarsi ad una sordida sofferenza...  
Altre espressioni icasticamente scurrili sono:
FÀ TREMMÀ ‘O STRUNZO ‘NCULO
Ad litteram: far tremare lo stronzo nel culo; id est: incutere in qualcuno, attraverso gravi minacce, tanto timore o spavento da procurargli, iperbolicamente, un convulso tremore degli intestini e del loro contenuto prossimo ad essere espulso.
CHILLO SE ‘MPIZZA 'E DDETE 'NCULO E CACCIA 'ANIELLE.
Ad litteram: Quello si ficca le dita nel sedere e tira fuori anelli. Id est: la fortuna di quell'essere è cosí grande che, a mo’ di un prestidigitatore,  è capace di procurarsi beni e ricchezze anche nei modi meno ortodossi o possibili.
NUN FÀ PÉRETE A CCHI TÈNE CULO  ed alibi
NUN DÀ PONIE A CCHI TÈNE MANE.
Ad litteram: Non far peti a chi sia provvisto di culo ed alibi Non dar pugni a chi abbia le mani
I due consigli  in esame,  con parole diverse mirano in fondo  allo stesso scopo: avvertire  colui  cui vengon rivolti di porre parecchia attenzione al proprio operato per non incorrere  (secondo un noto principio fisico)  in una reazione uguale e contraria che certamente si verificherà; nel caso sub A, infatti è facile attendersi una salva di peti da parte di colui che, provvisto di sedere, sia stato fatto oggetto di una medesima salva. Nel caso sub B, chi à colpito con pugni qualcuno si attenda pure la medesima reazione se il colpito è provvisto di mani.
 “MECHELĺ, SICCO ME FACCIO, MA ‘NCULO TE VACO!”
Ad litteram:”Michelina, mi farò magro, ma ti sodomizzerò!”
Divertente ancorché becera locuzione messa sulla bocca di un non meglio identificato soggetto, emblema di chi è dispostissimo a sopportare anche un grave danno fisico [come quello di ridursi anche  emaciato], pur di raggiungere quale che sia lo scopo prefissosi; nella fattispecie lo scopo è  la sodomizzazione della propria consorte, [nomata Michelina perché nell’inteso napoletano il nome proprio Michele  è usato anche come aggettivo di grado positivo nel significato di bonaccione,  sciocco, tontolone], ma ovviamente la locuzione può attagliarsi a qualsiasi altra situazione e scopo si voglia raggiungere e per il quale ci si intende sacrificare.
Sicco agg.vo m.le; al f.le secca [voce dal lat. siccu-m] 1)in primis arido, arso, asciutto, inaridito, riarso, 2) per ampliamento come nel caso che ci occupa scarno,magro,  emaciato, macilento,scheletrico.

A questo punto vale la pena rammentare che furbescamente nell’inteso comune popolare esistono vari tipi di culo:
CULO A BUTTIGLIONE, CULO A MMAPPATA, CULO A PPURTERA, CULO A TTAMMURRO, CULO A MMANDULINO,
Ad litteram: culo a forma  di bottiglione, di pacco, di portiera, di mandolino. Cosí, in vario modo si suole alludere  alle diverse configurazioni di un fondoschiena e segnatamente di un fondoschiena  femminile; la forma piú - diciamo - pregiata è ritenuta l'ultima: quella che arieggia la struttura del mandolino. Il fondoschiena a buttiglione (accrescitivo di butteglia) è invece quello vasto, massiccio  ed inelegante  (tal quale una grossa bottiglia)  di una donna tozza e grassa il cui fondoschiena faccia da pendant con la rotondità della pancia.  Il fondoschiena a mappata  (quantità di roba che si contiene in un tovagliolo, fagotto,fardello) è quello vasto   ed inelegante come che inviluppato in troppi panni che ne nascondano la forma. Il fondoschiena a ppurtèra ( adattamento al femminile di purtiére= portinaio, guardaportone) è quello informe, schiacciato   ed inelegante come nell’inteso comune si pensa sia il fondoschiena di una portinaia adusa a stare seduta tutto il giorno in guardiola sino ad averne il fondoschiena schiacciato. Infine il fondoschiena che ci occupa è quello  a tammurro  cioè quello scostumato e risuonante di una popolana adusa a rumorosamente scorreggiare.

Ciò détto passo a trattare i sinonimi della voce testé esaminata; abbiamo
mazzo s.vo m.le di per sé in primis è l’ano e poi per sineddoche il culo, il sedere,il deretano, il complesso delle natiche e dell’ ano  complesso che è tipico degli esseri umani e degli animali quadrupedi di grossa taglia; gli uccelli come il gallo (cfr. ultra)  non son forniti di natiche, ma del solo ano; cionnonpertanto nella locuzione che esaminerò  si  preferisce mantenere la voce mazzo riferito al gallo, voce piú rapida e forse meno volgare di  ‘o buco d’’o culo  con cui in napoletano, accanto ad altre voci come fetillo,feticchio,  taficchio, màfaro etc.   si indica l’ano;etimologicamente la voce mazzo è dall’acc. lat. matia(m)=intestino e la voce femminile matiam  è stata poi maschilizzata ed in luogo di dare mazza  à dato mazzo;la maschilizzazione si rese necessaria per scongiurare la confusione tra un’eventuale mazza (ano)   e la mazza (bastone) e si addivenne al maschile mazzo anche tenendo presente che nel napoletano un oggetto (o cosa quale che sia) è inteso se maschile piú piccolo o contenuto del corrispondente femminile; abbiamo ad . es. ‘a tavula (piú grande rispetto a ‘o tavulo piú piccolo ),‘a tammorra (piú grande rispetto a ‘o tammurro piú piccolo ), ‘a cucchiara(piú grande rispetto a ‘o cucchiaro piú piccolo), ‘a carretta (piú grande rispetto a ‘o carretto piú piccolo ); ),‘a canesta (piú grande rispetto a ‘o canisto piú piccolo ), fanno eccezione ‘o tiano che è piú grande de ‘a tiana e ‘o caccavo piú grande de ‘a caccavella; nella fattispecie l’ano, per vasto che possa essere, è certamente piú piccolo d’ un bastone e dunque mazzo l’ano/il sedere  e mazza il bastone.
A margine di questa voce rammento che nel napoletano esiste un omofono ed omografo mazzo  che vale però fascio (di fiori, ortaggi o carte da giuoco) ed à un diverso etimo non derivando  dall’acc. lat. matia(m)=intestino , ma da un nom.  lat. med. macĭus. La voce mazzo(ano/sedere) concorre alla formazione di 
smazzato/a, agg.vo e s.vo  m.le o f.le  voce furbesca a carattere gergale o popolaresco; letteralmente 1.fortunato/a,sodomizzato/a e
(per traslato) malizioso/a,furbo/a;
(per ampl. sem.) cattivo, malevolo,
etimologicamente si tratta del part. pass. del verbo smazzà = rompere il sedere, che  deriva dal  sostantivo mazzo (culo, fondoschiena) dal lat. matea= intestino; nel parlato popolare della città bassa sono in uso ancóra i diminutivi che seguono
smazzatiéllo/smazzatèlla  s.vo ed agg.vo  m.le o f.le monello/a,vivace,vispo/a,furbo/a,lazzaroncello/a,sbarazzino/a; etimologicamente si tratta come ò détto d’un furbesco diminutivo (cfr. i suff. i +éllo -  ella) dell’ agg.vo  smazzato (=fortunato, sodomizzato);
smallazzo s.vo neutro che di per sé lo stramazzare, il cadere di colpo e pesantemente,voce relativamente recente, risalente com’è a gli anni ’40 del 1900, di  etimo incerto trattandosi di voce a carattere gergal-popolare la cui formazione probabilmente è derivata dall’incrocio tra la voce ted. schmalz [strutto ( che è untuoso,  viscido e scivoloso) ]  e mazzo (culo, deretano, sedere); il medesimo mazzo lo si ritrova nella voce
sciuliamazzo s.vo neutro = scivolone con conseguente caduta battendo il sedere; etimo: dal verbo sciulià + il sost. mazzo; sciulià= scivolare  da un lat. volgare exevoliare frequentativo di  exevolare.
Tra le locuzioni  che usano la voce a margine rammento:
'A GALLINA FA LL'UOVO E  Ô VALLO LL'ABBRUSCIA 'O MAZZO.
Letteralmente:la gallina fa l'uovo e al gallo brucia l'ano. Id est: Uno lavora o sopporta pesi e disagi ed un altro si lamenta della fatica che non à fatto, o fa le viste di avere sulle proprie spalle il peso di disagi altrui. La locuzione è usata quando si voglia redarguire qualcuno che si sia vestito della pelle dell'orso catturato da altri, o quando si voglia esortar  qualcuno a non lamentarsi per fatiche che non abbia compiute, e di cui invece faccia  le viste di portare il peso.
TENÉ 'E FRUVOLE DINT' Ô MAZZO.
Letteralmente: avere i fulmini, i razzi nel sedere. Icastica espressione con la quale si indicano i ragazzi un po' troppo vivaci ed irrequieti ritenuti titolari addirittura di fuochi artificiali allocati nel sedere, fuochi che con il loro scoppiettio costringono i ragazzi a non stare fermi, anzi a muoversi continuamente per assecondare gli scoppiettii. La locuzione viene riferita soprattutto ai ragazzi, ma anche a tutti coloro che non stanno quieti un momento. Letteralmente 'e fruvole (dal latino fulgor con roticizzazione e successiva metatesi della elle, nonché alternanza metaplasmatica g→v o v→g come in gallo→vallo, gallina→vallina,vorpa→gorpa, vulio→gulio) sono i fulmini, le folgori.
Continuiamo a trattare i sinonimi della voce testé esaminata; abbiamo
chiuotto/chiotto s.vo m.le di doppia morfologia una volta con la dittongazione della o breve, una volta senza; voce antica e desueta  che valse come il pregresso mazzo ano e poi per sineddoche il culo, il sedere,il deretano, il complesso delle natiche e dell’ ano; la voce etimologicamente è attestata nel Du Cange come lat. med. clŏt  = buco donde sortiscono i fetidi materiali del ventre; normale nel napoletano l’esito cl→ch seguito da vocale (cfr.clausum→(n)chiuso, clavu(m)→chiuovo, ecclesia→(ec)clesia→chiesia, clurima→clur[i]ma→chiorma).
proso/prozo s.vo m.le d’uso gergale (parlesia dei suonatori ambulanti) è la parola che indica esattamente  il culo,il deretano; la voce si ritrova a fondamento dei verbi  ‘mprusà/  ‘mpruzà  che è precisamente  l’andare in culo, il sodomizzare  e poi  per traslato l’ingannare, l’imbrogliare, il raggirare etc; sulla medesima parola proso è forgiato il termine ‘mprusatura o ‘mpruzatura e con alternanza p b anche ‘mbrusatura o ‘mbruzatura che sono esattamente il raggiro, l’imbroglio, l’inganno;trattandosi per la voce a margine di un termine gergale  questa volta è pressoché impossibile risalire a l’etimo, né vale azzardare ipotesi che si fonderebbero sul vuoto ancorché qualcuno legga in proso una metatesi del greco býrsa→brýsa→bruso→broso→proso (sacco/borsa),ipotesi  che per un certo tempo   non mi convinse affatto non  riuscendo a trovare nessun rapporto semantico, né di forma, né di utilizzo tra il fondoschiena ed un sacco od  una borsa; ma ora mi son lasciato convincere dall’idea atteso che con una qualche buona volontà si puó ritenere semanticamente il prozo/proso una sorta di borsa/contenitore de gli escrementi anche perché, quale sinonimo di fondoschiena, ò udito usare un fantasioso "portammerda"! Andiamo oltre e troviamo
pitoffio s.vo m.le voce d’uso nel parlato popolare per identificare l’ano  dell’essere umano e,  raramente, per sineddoche il culo, il deretano.È voce infatti  usata quasi  esclusivente nell’espressione mettere a pitoffio che vale sodomizzare ed in senso esteso danneggiare, ledere qualcuno sia in senso materiale che, piú spesso, in senso morale; per quanto riguarda l’origine della voce pitoffio si tratta d’ un adattamento della voce pataffio = persona grossa e rozza,  uomo grosso e paffuto donde per metinomia il suo vasto deretano e segnatamente l’ano; la voce pataffio poi corrotta in pitoffio è un’alterazione popolare di epitaffio→(e)pitaffio→pataffio =iscrizioni su lastre marmoree o di pietra semanticamente riconducibili alla grossezza e rozzezza dell’uomo grosso e paffuto accreditato d’avere un gran deretano.
crespone   s.vo m.le   antica e desueta voce che di per sé indicherebbe una grossa ruga, grinza, increspatura quale accrescitivo di crespo dal lat. crispu-m ma  nel parlato popolare à significato primo   di ano e  per sineddoche anche  di deretano, didietro, sedere, con riferimento semantico al tipo di pelle che circonda l’ano propriamente détto.   
funnamiento s.vo m.le   altra antica e desueta voce d’uso nel parlato popolare nel significato  di posteriore, quale parte posta al fondo del busto umano; la voce in effetti non vale fondamento/fondazione come qualcuno equivocando potrebbe pensare..., bensí posto al fondo  ed è dal  lat. fundamentu(m), deriv. di fundare = mettere al fondo; sempre nel parlato popolare la voce a margine la si ritrova come sfunnamiento  con la protesi di una S intensiva nel significato traslato di grande fortuna

sedicino s.vo m.le  antica, ma non  desueta voce che vale  di suo e senza alcuna metinomia deretano, didietro, sedere, culo; si tratta etimologicamente  di voce denominale dell’ agg.vo num.le card.le invar.le  sedici  numero naturale corrispondente a una decina piú sei unità che nella smorfia napoletana indica appunto il culo. Con il numero sedici rammento che  si indicò un tempo altresí l’artista che dipinge o scolpisce ed il tamburo; è possibile, benché non sia   semplice cogliere l’accostamento del culo  conl’artista che dipinge o scolpisce e con  il tamburo; tuttavia li chiarirò: il primo accostamento lo si coglie pensando che tra il tardo ‘600 ed il ‘700 vi furono moltissimi pittori e scultori che produssero gran copia di dipinti o statue   molti dei quali raffiguranti nudi femminili o maschili con prorompenti anatomie tali da farle accostare all’artista che le aveva dipinte (o scolpite);per l’altro accostamento rimando a ciò che ò détto antea. Proseguiamo.
màfero/màfaro s.vo m.le di doppia morfologia
con il termine màfero/màfaro in primis esattamente si intende il cocchiume, cioè il foro situato sul diametro massimo della botte e per estensione si intende anche il tappo di legno o sughero che serve a chiuderlo; poi per traslato il termine màfero/màfaro indica pure l'ano e per metinomia il culo tutto, donde poi con evidente traslato semantico si indica anche la fortuna (cfr. l'espressione "Vi' che mmàfaro" per dire "Che fortuna!"Etimologicamente la voce màfero/màfaro è d'origine osca: mamphar attraverso un tardo latino "mamphur".
fetillo/feticchio s.vi m.li  voci che (con contenuta differenza morfologica) in primis esattamente  indicano  l’ano  e poi come abbiamo piú volte visto, per metinomia il culo tutto, il deretano etc. Si tratta etimologicamente di voci ricavate quali furbeschi deverbali dal lat. foetíre= puzzare atteso che l’ano   è la parte del posteriore esattamente  deputata all’emissione delle maleolenti feci e/o  dei puzzolenti  gas intestinali.
culippo s.vo m.le   antica voce talvolta ancóra in uso  con la quale in primis esattamente e furbescamente  si intende un fondoschiena femminile tanto estroflesso e  pronunciato da potersi  quasi appaiare a quello d’ una cavalla da tiro. Si tratta infatti  etimologicamente di voce ricavata dall’agglutinazione del lat. cul(um)= culo  adizionato del greco ippo(s)= cavallo;
suatto s.vo m.le  antica e desueta  voce che nel suo preciso significato identificò un contenuto, benformato elegante fondoschiena d’una giovane donna; voce etimologicamente marcata sul  s.vo francese séant che genericamente vale sedere; questo il percorso morfologico: séant→súant→súatt(o);
Anche le successive tre voci sono termini antichi e desueti:
tafanario s.vo m.le   voce che in primis vale ano e poi per sineddoche vasto ed ingombrante sedere di uomo o donna , ampio fondoschiena,  deretano di grosse proporzioni; etimologicamente la voce è dall’omofono ed omografo spagnolo tafanario d’uguale significato;
tàfaro s.vo m.le   voce che vale ampio,grosso fondoschiena sia delle bestie di grossa taglia,che – maliziosamente – degli essere umani grossi ed ingombranti  voce marcata sull’arabo tafar = sottocoda;

taficchio s.vo m.le  voce che in primis vale ano, buco e poi per sineddoche minuto  sedere di uomo o donna , ridotto fondoschiena,  snello deretano di piccole  proporzioni etimologicamente per alcuni (D’Ascoli e quelli che vi attingono)  la voce è da collegarsi al pregresso tafanario ma non è spiegato quale sia il percorso morfologico; a mio avviso la voce è invece un adattamento metatetico del precedente feticchio→teficchio→taficchio.
E qui potrei dire di avere esaurito l’argomento, ma mi resta ancóra da parlare delle ultime tre voci seguenti che di proposito ò relegato in fondo a queste paginette trattandosi di voci non d’uso generale, ma circoscritto e particolare.
Abbiamo dunque, per concludere:

campo 'e fave  ad litteram campo di fave  locuzione letterario/poetico (cfr. Raffaele Viviani, Castellammare di Stabia  10 /1/1888 †Napoli22/3/  1950 ne La Rumba degli scugnizzi: Pacchiané chi s’ ‘o ppenzava, tiene chistu campo ‘e fave?) con cui si indica un formoso fondoschiena d’una giovane donna/contadinella accreditato furbescamente d’essere un campo per coltivarci le fave e sotto il termine fava maliziosamente si adombra (come anche nell’italiano)  il membro maschile, il pene;
cufenaturo s.vo m.le 1 in primis conca, grosso vaso di terracotta o metallico usato per convogliarvi i panni da bucato;  2 (per traslato e come nel caso che ci occupa)  giocoso riferimento ad un greve, ingombrante fondoschiena slombato, tipico delle anziane donne addette alla lavatura a mano dei panni
culo ‘e reto  Ad litteram: culo di dietro locuzione espressiva  tautologica tipica del napoletano (cfr. alibi vista ‘e ll’uocchie, palazzo ‘e case,puorto ‘e mare,troppo assaje, pacca ‘e culo,strunzo ‘e mmerda etc.) che manco a dirlo indica esattamente il culo, il sedere, il deretano, posto ovviamente dietro cioè  nella parte posteriore del corpo.
reto/areto/arreto avv. di luogo = dietro;  la voce è sempre la medesima: dal lat. ad + retroarretro donde arreto con dissimilazione totale della (R) di tro; questo il percorso per giungere da arreto  alla semplificazione reto:  arreto→a(r)reto→areto(ar)reto.
Ora veramente  mi pare che non ci sia altro da aggiungere per cui mi fermo qui, sperando d’avere accontentato l’amico G.J. O.  ed interessato qualcun altro  dei miei ventiquattro lettori e  chi  forte dovesse imbattersi in queste paginette. Satis est.
Raffaele Bracale

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