lunedì 23 marzo 2020

‘NTUPPUSO & dintorni


‘NTUPPUSO & dintorni
Anche questa volta faccio sèguito ad  una richiesta  fattami dall’amico N.C. (al solito, motivi di riservatezza mi impongono di  riportar solo le iniziali di nome e cognome di chi mi scrive per sollecitar ricerche) occupandomi delle voce napoletana   in epigrafe, di altri eventuali sinonimi, espressioni  collegate e delle corrispondenti voci dell’ italiano.Rispondo con molto piacere alla richiesta che riguarda un termine assente su tutti i lessici del napoletano in mio possesso (e non son pochi...), ma ben vivo e presente nel parlato del popolo.
Chiarisco súbito che con l’icastico aggettivo m.le in epigrafe ‘ntuppuso e con il corrispondente f.le ‘ntuppósasi indicano quegli inetti  soggetti che si sentano infastiditi da ogni piú piccolo ostacolo che incontrassero sul loro precedere, nel loro agire; questi soggetti che mancano di spirito di adattamento e di capacità operativa son persone aduse al lamento (anche in mancanza di acclarate e cogenti cause...) che  si sentono infastiditi e  quasi vilipesi da ogni piú tenue e risibile intralcio che non son capaci di superare o di aggirare per mancanza di senso pratico o perché non son  disposti ad  affrontare irrisori sacrifici e per converso, qualunque cosa facciano,  fan le viste di fare immani fatiche quando non  quella medesima grave fatica che fu tipica di  san Cristoforo:  sorreggere il mondo; ed in effetti d’un soggetto siffatto s’usa dire in maniera ironica:  pare  Cristoforo cu 'o munno 'ncuollo.
Letteralmente: Sembra (san) Cristoforo con il mondo addosso.In quest’ultima locuzione c'è la commistione della figura di san Cristoforo, che nell'iconografia ufficiale è rappresentato nell' atto di portare sulle spalle il Redentore bambino, e quella di ATLANTE (personaggio della mitologia greca:uno dei Giganti; figlio di Giapeto e di Climene.secondo un’altra versione  sarebbe un figlio di Zeus e di Climene mentre secondo Platone sarebbe figlio di Poseidone e di Clito;secondo Esiodo, Zeus  per punirlo  di essersi alleato col padre di Zeus, Crono, che guidò la rivolta contro gli dei dell'Olimpo,  lo costrinse a tenere sulle spalle l'intera volta celeste (anche se in altre versioni regge il globo terrestre)raffigurato, come dicevo,  con sulle spalle il globo terrestre. Il popolo nella sua locuzione à unito le due figure ed à riferito a CRISTOFORO l'incombenza di sorreggere il mondo (in effetti, san Cristoforo, martire in Licia nel 250, durante la persecuzione dell'imperatore Decio (Gaio Messio Quinto Traiano Decio: Budalia, 201 –† Abrittus, 1 luglio 251)  imperatore romano dal 249 fino alla morte, avvenuta durante la battaglia di Abrittus); san Cristoforo fu uno dei «quattordici santi ausiliatori(gruppo di quattordici santi invocati dal popolo cristiano in casi di particolari necessità, generalmente per guarire da particolari malattie; secondo un’antica tradizione i quattordici santi furono: Sant'Acacio (o Agazio), invocato contro l'emicrania
Santa Barbara, contro i fulmini, la febbre e la morte improvvisa
San Biagio, contro il male alla gola
Santa Caterina d'Alessandria, contro le malattie della lingua
San Cristoforo, contro la peste e gli uragani
San Dionigi, contro i dolori alla testa
Sant'Egidio, contro il panico e la pazzia
Sant'Erasmo, contro i dolori addominali
Sant'Eustachio, contro i pericoli del fuoco
San Giorgio, contro le infezioni della pelle
Santa Margherita di Antiochia, contro i problemi del parto
San Pantaleone, contro le infermità di consunzione
San Vito, contro la corea, l'idrofobia, la letargia e l'epilessia.)»; San Cristoforo in particolare fu colui che avrebbe portato sulle spalle un bambino, che poi si rivelò essere Gesú. Il testo piú antico dei suoi Atti risale all'VIII secolo. In un'iscrizione del 452 si cita una basilica dedicata a Cristoforo in Bitinia. Cristoforo fu tra i santi piú venerati nel Medioevo; il suo culto fu diffuso soprattutto in Austria, in Dalmazia ed in Spagna. Chiese e monasteri si costruirono in suo onore sia in Oriente che in Occidente).  La locuzione in esame viene usata sarcasticamente per bollare di inettitudine fisica e morale tutti coloro che, chiamati ad un risibile lavoro comportante un piccolissimo impegno fisico e/o morale, fanno invece le viste di sopportare grandi e gravi fatiche, lamentandosi a sproposito di ciò che  stanno facendo, magari bofonchiando, sbuffando, quasi  portassero veramente il mondo sulle spalle.
Analogamente, sempre in maniera sarcastica di un soggetto inetto  che sia altresí lamentoso ed infastidito da ogni piú tenue e risibile intralcio che non sia capace di superare o di aggirare s’usa affermare: aeh, à tirato  ‘a sciaveca! oppure aeh, sta tiranno  ‘a sciaveca!

che letteralmente valgono le esclamazioni : À tirato la sciabica! oppure Sta tirando la sciabica!
Ambedue le espressioni sono usate o posteriormente o nel mentre ad ironico ed antifrastico commento delle azioni di chi o reduce da o operante un leggero e/o inconferente lavoro, faccia invece cialtronescamente  le viste di aver condotto a termine o di star facendo una faticosa incombenza;
la sciaveca  è la grossa rete a strascico munita di ampio sacco centrale ed ali laterali sorrette da sugheri galleggianti, che viene calata in mare in prossimità della battigia  e poi faticosamente tirata a riva a forza di braccia dai pescatori che per poterlo piú agevolmente  fare sogliono entrare in acqua fino a restare a mollo con il fondoschiena donde l’espressione: stà cu ‘e ppacche dint’ a ll’acqua  id est: star con le natiche in acqua  per significare oltre che lo star lavorando faticosamente  anche lo star in grande miseria nella convinzione (sia pure erronea) che il mestiere di pescatore non sia mai  abbastanza remunerativo. Infine sempre in riferimento ad un soggetto, soprattutto femminile, che sia inetto e lamentoso (anche in mancanza di acclarate e cogenti cause) s’usa nomarlo mammacíccomitocca agglutinando in un’unica parola  un’icastica espressione che suona: mamma Cicco me tocca!... (Mamma, Francesco mi tocca, mi importuna!) attribuendo alla donna inetta, lamentosa ed infastidita per un nonnulla il medesimo incongruo falso atteggiamento di talune giovani donne aduse ad accusare  qualche giovanotto di averle infastidite, dopo di averli provocati allettandoli con moine ed altro.
Prima di indicare i tre sinonimi in uso nel parlato della voce in epigrafe, soffermiamoci a chiarire gli etimi delle voci incontrate cominciando con  ‘ntuppuso/’ntupposa  agg.vo e s.vo m.le o f.le denominale del s.vo m.le ‘ntuppo = intralcio,impedimento, ciò che ostacola materialmente o moralmente un'azione; voce  dal francone top→toppo→tuppo con prostesi di un in→(i)n→’n illativo; a ‘ntuppo per ottenere la voce in esame è stato aggiunto il suffisso uso/ósa. Etimologicamente la parola sciaveca pervenuta nel toscano come sciabica  è derivata al napoletano (attraverso lo spagnolo xabeca) dall’arabo shabaka da cui  anche il portoghesejabeca/ga.
Pacche  s. f. pl. di pacca= natica e per traslato ognuna delle piú parti in cui si può dividere longitudinalmente una mela o una pera; etimologicamente la voce è dal lat. med. pacca marcato sul long. pakka.
Cicco è l’ipocoristico del nome personale Francisco che  ottiene da Cisco,  Cicco  con assimilazione regressiva sc→cc, come in italiano da Francesco si ottiene Cesco→Cecco con analogo procedimento di assimilazione.
E veniamo ai tre soli sinonimi della voce in epigrafe attestati nel parlato popolare; essi sono nell’ordine ‘ntruppecuso/cósa – ‘mpedecuso/cósa – ‘mpacciuso/ósa.Esaminiamoli singolarmente: ‘ntruppecuso/cósa agg.vo m.le o f.le
1 suscettibile, ombroso, irritabile;
2 (estensivamente come nel caso che ci occupa)infastidito/a,inetto/a, lamentoso/a; l’etimologia  è la medesima di ntuppuso/osa con  dopia epentesi a) di una consonante liquida vibrante (r) eufonica e b) di una sillaba durativa (ec).
‘mpedecuso/cósa
1irascibile, iroso, collerico, rabbioso,
2 (estensivamente come nel caso che ci occupa)infastidito/a, che trova intralcio in ògni piú piccola cosa; etimologicamente la voce è un deverbale di ‘mpedecà =impedire, intralciare, impastoiare(da un lat. volg. in illativo + *pedicare→’mpedecare→’mpedecà);
mpacciuso/ósa  attestato anche come ‘mpicciuso/ósa 1stizzoso, astioso, bilioso; permaloso, scontroso;
2 (estensivamente come nel caso che ci occupa)infastidito/a, irretito/a da ògni sciocchezza , che trova impaccio in qualsivoglia inezia;
etimologicamente la voce è un deverbale di ‘mpaccià/’mpiccià = porre un ostacolo, impedire q.cuno/q.cosa (da un fr. ant. empeechier (mod. empêcher), che è dal lat. tardo impedicare 'inceppare, intrappolare', deriv. del class. pedica 'laccio del piede, ceppo' (da pís pedis 'piede')).
Non mi pare ci sia altro da aggiungere per cui mi fermo qui, sperando d’avere accontentato l’amico N.C. ed interessato qualcun altro  dei miei ventiquattro lettori e  chi  forte dovesse imbattersi in queste paginette. Satis est.
Raffaele Bracale



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