1 -TENÉ 'A CAZZIMMA
Neologismo studentesco intraducibile ad litteram con il quale si indica l'atteggiamento malevolo, la furbizia prevaricante di chi mira a danneggiare una controparte piú debole e perciò piú vulnerabile.
Talvolta si imbarocchisce la locuzione aggiungendo lo specificativo:
d''e papere australiane (delle oche australiane), specificazione però inutile e non comprensibile atteso che non è dato sapere che le oche di quel continente siano prevaricatrici o particolarmente furbe.
2 -TENÉ 'A CIMMA 'E SCEROCCO
Ad litteram: tenere la sommità dello scirocco Id est: essere nervoso, irascibile, pronto a dare in escandescenze, quasi comportandosi alla medesima maniera del metereopatico condizionato dal massimo soffio dello scirocco.
3 -TENÉ 'E CAZZE CA CE ABBALLANO PE CCAPA
Ad litteram: tenere i peni che ci danzano sulla testa Id est: essere preoccupati al massimo, aver cattivi crucci che occupano la testa. Icastica anche se becera locuzione con la quale si sostiene che ipotetici peni significanti gravi preoccupazioni ci stiano danzando in testa per rammentarci quelle inquetudini.
4 -TENÉ 'A MAGNATORA VASCIA
Ad litteram: tenere la mangiatoia bassa Id est: non avere alcuna preoccupazione economica, e ciò non per proprii meriti, ma per cause derivanti dall’appartenenza a famiglia facoltosa, o per esser sodali di amici e/o parenti munifici e comportarsi irresponsabilmente in maniera prodiga, quando non eccessivamente dispendiosa, non badando alle spese.
5 -TENÉ 'A NEVE DINT'Â SACCA
Ad litteram: tenere la neve in tasca Detto di chi si mostri eccessivamente dinamico o frettoloso e sia restio a fermarsi per colloquiare, quasi dovesse raggiungere rapidamente una meta prefissasi prima che si sciolga un'ipotetica neve tenuta in tasca.Va da sé che trattasi di un’espressione iperbolica attesa la impossibilità di poter realmente portare in tasca della neve o ghiaccio (basterebbe infatti il solo calore del corpo, per farli sciogliere…).
6 -TENÉ 'A PAROLA SUPERCHIA
Ad litteram: tenere la parola superflua. Detto di chi parli piú del dovuto o sia eccessivamente logorroico, ma anche di chi, saccente e suppunente, aggiunga sempre un' ultima inutile parola e nell'ambito di un colloquio cerchi sempre di esprimere l'ultimo concetto, perdendo -come si dice - l'occasione di tacere - atteso che le sue parole non sono né conferenti, né utili o importanti, ma solo superflue.
superchia agg.vo f.le metafonetico del maschile supierchio = eccedente, superflua/o, eccessiva/o (dal lat. volg. *superculu(m), deriv. di super 'sopra' ).
7 -TENÉ 'A PÓVERA 'NCOPP' Ê RECCHIE
Ad litteram: tenere la polvere sulle orecchie Icastica locuzione usata a Napoli per indicare chi sia o - soltanto - sembri, per la voce e/o le movenze, un diverso accreditato di avere le orecchie cosparse di una presunta polvere , richiamante quella piú preziosa, in quanto aurea, ,che usavano per agghindarsi gli antichi dignitarii messicani e/o peruviani cosí apparsi ai conquistatori ispanici. La locuzione in epigrafe, a Napoli viene riferita ad ogni tipo di diverso, sia al ricchione (pederasta attivo), che al femmenello (pederasta passivo).
8 - TENÉ 'A PUZZA SOTT' Ô NASO
Ad litteram: tenere ilpuzzosotto il naso Detto di chi, borioso, tronfio e schizzinoso assuma un atteggiamento di ripulsa, quello di chi avendo un puzzo sotto il naso, non lo tollerasse.
9 – TENÉ/PURTÀ A UNO APPISO 'NCANNA
Ad litteram: tenere o anche portare uno appeso alla gola. Locuzione dalla doppia valenza: positiva e negativa; in quella positiva si usa per significare di avere una spiccata preferenza per una persona, quasi portandola al collo a mo' di una delicata, sottile catenina d’oro corredata di una preziosa medaglia benedetta; nella valenza negativa la locuzione è usata per indicare una situazione completamente opposta a quella testé segnalata, quella cioé in cui una persona generi moti di repulsione e di fastidio a mo' di taluni pesanti, tronfi monili che messi al collo, finiscono per infastidire chi li porti.Chiarisco qui che per meglio determinare la valenza della locuzione occorre far mente che quella positiva è segnalata dall'uso del verbo purtà (portare), quella negativa dall'uso del verbo tené (tenere).
10 -TENÉ A QUACCUNO APPISO ALL'URDEMU BUTTONE D''A VRACHETTA
Ad litteram:tenere qualcuno appeso all'ultimo bottone della apertura anteriore dei calzoni.
Id est: Avere e mostrare aperta repulsione nei confronti di qualcuno al segno di considerarlo fastidioso elemento da poter - figuratamente - sospendere, per vilipendio, all'estremo bottone della brachetta anteriore dei calzoni.
11 -TENÉ A QUACCUNO 'NCOPP' Ê PPALLE
Ad litteram:tenere qualcuno sui testicoli Id est: Cosí si esprime chi voglia fare intendere di nutrire profonda antipatia ed insofferenza nei confronti di qualcuno al segno di ritenerlo, sia pure figuratamente, assiso fastidiosamente sui propri testicoli.
12 -TENÉ 'A SARÀCA DINT' Â SACCA o anche 'A QUAGLIA SOTTO
Ad litteram:tenere la salacca in tasca o anche la quaglia sotto
Icastiche locuzioni, usate alternativamente per indicare la medesima cosa e cioè: tentare inutilmente di nasconder qualcosa ; nel primo caso infatti è impossibile celare di avere in tasca una maleodorante salacca ; il suo puzzo l'appaleserebbe súbito; nella variante è ugualmente improbo, se non impossibile nascondere di essere affetto da una corposa, voluminosa ernia (quaglia) inguinale .Al proposito rammento che quella noiosa affezione, fuoruscita di un viscere o di un organo dalla cavità in cui è normalmente contenuto: ernia addominale, inguinale, ombelicale, del disco; ernia strozzata etc. che in italiano si rende con la sola voce ernia (voce che, etimologicamente, piú che al lat. hira= budella, penso si possa acconciamente collegare al greco ernòs= ramo, pollone in quanto simulante a prima vista, una proliferazione o germinazione) addizionata, come visto, con degli specificativi inguinale, scrotale etc., nella parlata napoletana è resa con numerosissimi sostantivi ad hoc; li illustro qui di seguito cominciando con
1 - guallera/guallara segnatamente ernia scrotale con etimo dall’arabo wadara di identico significato;
2- ‘ntoscia che è propriamente l’ernia addominale con derivazione dal greco enthostídia= intestini;
3- burzone altra voce usata per indicare l’ernia scrotale o quella ombelicale s. m. accrescitivo (vedi suff. one) di borza derivato del lat. tardo bursa(m), dal gr. byrsa 'pelle, otre di pelle'ed in effetti di per sé la voce a margine indicò dapprima lo scroto ossia la borsa che contiene i testicoli, e solo successivamente un’ernia scrotale ;
4- paposcia voce usata per indicare l’ernia inguinale quel noioso rigonfiamento che talvolta afflige gli anziani inducendoli ad un’andatura circospetta e lenta; la voce a margine è un derivato del lat. parlato *papus (rigonfiamento) addizionato del suff. modale osa femm. di uso;
5- mellunciello letteralmente piccolo melone con il quale torniamo all’ ernia scrotale; la voce a margine è un diminutivo (vedi suffisso ciello) di mellone che è dall’ acc. tardo lat. melone(m), da mìlo/onis, forma abbr. di melopepo -onis, che è dal gr. mìlopépon -onos, comp. di mêlon 'melo, frutto' e pépon 'popone; la voce napoletana mellone comporta il raddoppiamento popolare della liquida rispetto all’acc. lat. melone(m);
6 - contrappiso letteralmente contrappeso che è voce (derivata come l’taliano dall’addizione di contra (contro) + piso (peso)) usata per indicare un’ernia inguinale o addominale che insista su di un solo lato del corpo facendo quasi da contrappeso all’opposto lato;
7 - quaglia letteralmente quaglia voce usata indifferentemente per indicare un’ernia addominale, inguinale, o ombelicale, che abbia la tipica forma ad uovo dell’uccello colto nella posizione di riposo con le alucce chiuse e raccolte su se stesso; la voce nap. quaglia è dall'ant. fr. quaille, che è forse dal lat. volg. *coàcula(m), di probabile orig. onomat. se non, piú acconciamente, da un latino parlato *quà(r)uala che richiamava il verso dell’uccello;
8 - potra voce antica e desueta usata per indicare essenzialmente un’ernia addominale situata, senza alcun riferimemento alla forma, piuttosto in alto verso la regione dell’epigastrio; l’etimo della voce è dallo spagnolo potra di identico significato; rammento in coda che la voce a margine purtroppo da molti compilatori di dizionari è ignorata (manca persino nel fornitissimo D’Ambra) o, in taluni è impropriamente riportata nel significato di petto forse perché maldestramente fuorviati dalla posizione dell’ernia detta pòtra che è adiacente la gabbia toracica.
9 - zeppula letteralmente zeppola voce che con derivazione dal latino serpula indica innanzi tutto un caratteristico dolce partenopeo, in uso per la festività di san Giuseppe(19 marzo) , di pasta bigné disposta, con un sac a poche, a mo’ di ciambella, poi fritta o (meno spesso) cotta al forno, spolverata di zucchero e variamente guarnita con crema ed amarene; il dolce à origini antichissime quando intorno al 500 a.C. si celebravano a Roma le Liberalia, le feste delle divinità dispensatrici del 'vino e del grano nel giorno del 17 marzo. In onore di Sileno, compagno di bagordi e precettore di Bacco, si bevevano fiumi di vino addizionato di miele e spezie e si friggevano profumate frittelle di frumento; le origini del dolce dicevo furono antichissime , anche se pare che la ricetta attuale delle napoletane zeppole di san Giuseppe sia opera di quel tal P. Pintauro che fu anche, come vedemmo alibi, l’ideatore della sfogliatella, e rivisitando le antichissime frittelle romane di semplice fior di frumento, diede vita alle attuali zeppole arricchendo l’impasto di uova, burro ed aromi varî e procedendo poi ad una doppia frittura prima in olio profondo e poi nello strutto; la tipica forma a ciambella della zeppola rammenta la forma di un serpentello (serpula) quando si attorciglia su se stesso da ciò è probabile sia derivato il nome di zeppola (è normale il passaggio di s a z e l’assimilazione regressiva rp→pp) ; d’altro canto l’esser détto dolce gonfio e paffutello ben può richiamare il rigonfiamento tipico di un’ ernia inguinale, addominale o ombelicale;
e siamo infine a
10 - pallèra voce con la quale si torna ad indicare estensivamente l’ernia scrotale; di per sé infatti la voce pallèra (con etimo da palla che è dal longob. *palla, che à la stessa radice di balla (dal fr. ant. balle, che è dal francone balla sfera) + il suff. di pertinenza èra) indica in primis segnatamente lo scroto quale contenitore delle palle( cosí volgarmente vengon detti in napoletano i testicoli intesi sbrigativamente sferici, anzi che ovoidali ); normale estendere il significato di pallèra da scroto ad ernia scrotale: lo scroto è pur sempre un rigonfiamento tal quale un’ ernia.
Giunti qui consentitemi una curiosità; nella parlata napoletana esiste un vocabolo papuscio di cui la precedente paposcia a tutta prima potrebbe erroneamente sembrare il suo femminile metafonetico; in realtà non vi è alcun nesso, se non una fuorviante assonanza…, tra paposcia e papuscio; la paposcia abbiamo vista cosa è e ne abbiamo indicato l’etimologia; il papuscio invece non indica alcuna affezione; è solo (con derivazione dall’arabo ba- bús- 'copripiedi'ricavato con tutta evidenza dall’indiano pa-push, di identico significato ) è solo il modo napoletano di render l’italiano babbuccia (che è mutuata dal franc. babouche).
13 -TENÉ 'A SCIORTA 'E CAZZETTA: JETTE A PISCIÀ E SE NE CADETTE
Ad litteram:tenere il destino di Cazzetta: si dispose a mingere ed il pene cadde in terra.
Divertente locuzione usata però a bocca amara da chi voglia significare di essere estremamente sfortunato e perseguitato da una sorte malevola al segno di non potersi iperbolicamente permettere neppure le piú normali funzioni fisiologiche, senza incorrere in gravi, irreparabili disavventure quali ad es. la perdita del pene.
14 -TENÉ 'A SCIORTA D''O PIECORO CA NASCETTE CURNUTO E MURETTE SCANNATO
Ad litteram:tenere il destino del montone che nacque becco e morí squartato.
Locuzione che, come la precedente viene usata da chi si dolga del proprio infame destino, qui rapportato a quello del montone che nato cornuto (per traslato: tradito) finisce i suoi giorni ucciso.
15 -TENÉ 'A SALUTE D''A CARRAFA D''A ZECCA
Ad litteram:tenere la salute (consistenza) della caraffa della Zecca.
Id est: essere molto cagionevoli di salute al segno di poter essere figuratamente rapportati alla estrema fragilità delle ampolle di sottilissimo vetro, la cui capacità non raggiungeva il litro, che marcate e tarate dalla Regia Zecca Napoletana erano le uniche atte ad indicare la precisa quantità dei liquidi contenuti.
16 -TENÉ 'A VOCCA SPORCA
Ad litteram:tenere la bocca sporca Detto di chi, per abitudine parli facendo uso continuato ed immotivato di volgarità e/o parole sconce ed oscene al segno da restarne figuratamente con la bocca sporcata.
17 - TENÉ 'E CHIRCHIE ALLASCATE
Ad litteram:tenere i cerchi allentati Detto di chi, vacillandogli la mente, sragioni o abbia vuoti di memoria, alla stregua di una botte che per essersi allentati i cerchi contentivi delle doghe, vacilla e perde il liquido contenuto.
18 -TENÉ 'E GGHIORDE
Ad litteram:tenere la giarda Cosí ironicamente si usa dire di chi, pigro, infingardo e scansafatiche mostri di muoversi con studiata lentezza, tardo e dolente all'opera, quasi come i cavalli che affetti dalla giarda ne abbiano le giunture e il collo delle estremità ingrossati al punto da esserne impediti nei movimenti.
19 -TENÉ 'E LAPPESE A QUADRIGLIÈ P''A CAPA
Letteralmente: Avere le matite a quadretti per la testa. Presa alla lettera la locuzione non significherebbe niente. In realtà lappese a quadrigliè è la corruzione dell'espressione latina lapis quadratus (corrotta poi in lapis quadrellatus), seu opus reticulatum antica tecnica di costruzione muraria romana consistente nel sovrapporre, facendo combaciare le facce laterali e tenendo la base rivolta verso l'esterno,ed il vertice verso l'interno, di piccole piramidi di tufo o altra pietra , per modo che chi guardasse il muro, cosí costruito, avesse l'impressione di vedere una serie di quadratini orizzontati diagonalmente.Questa costruzione richiedeva notevole precisione ed attenzione con conseguente applicazione mentale tale da procurare fastidio e ... mal di testa per la tensione ed il nervosismo, quelli che figuratamente sono indicati con la locuzione in epigrafe.Ricorderò che erroneamente qualche scrittore di cose napoletane chiama in causa le matite o lapis propriamente detti, ed in particolare una pubblicità d'inizio del 20° secolo che mostrava una testa su cui erano conficcate a mo' di raggiera delle matite laccate a quadrettini neri e bianchi; ma atteso che la locuzione in epigrafe è molto antecedente all'epoca ( ca. 1790) di quando furono commercializzate le matite, ne discende che l'ipotesi è da scartare.
20 - TENÉ 'E PPALLE QUADRATE
Ad litteram:tenere i testicoli quadrati. Icastico ed iperbolico modo di dire usato ad encomio di chi appaia nel proprio agire solerte, pronto ed attento, dotato di efficaci capacità operative attribuite all'inusuale quadratura dei suoi testicoli che risultano sia pure figuratamente non banalmente sferici.
21 -TENÉ 'E PECUNE
Ad litteram:tenere i pichi Espressione che con valenza positiva viene riferita a coloro che sebbene giovani di età, si mostrino moralmente cresciuti, intelligenti e capaci di operare al di là del presagibile, quasi che non siano gli imberbi adolescenti che l'anagrafe dice, ma a mo' degli uccelli prossimi a metter le piume, mostrino di avere, figuratamente, sparsi per il corpo quei pichi propedeutici negli uccelli allo spuntar delle piume.
22 -TENÉ 'E PAPPICE 'NCAPA
Ad litteram:tenere i tonchi in testa Id est: sragionare, non connettere. Locuzione usata nei confronti di coloro che con parole o atti adducano nei rapporti interpersonali, ragionamenti non consoni, assurdi, sciocchi e pretestuosi, quasi fossero generati da teste i cui cervelli fossero assaliti e lesi nelle capacità raziocinanti dai tonchi quei minuscoli insetti che talora infestano i cereali in genere e la pasta in particolare.
23 - TENÉ 'E PPIGNE 'NCAPO
Ad litteram:avere le pigne in testa. Locuzione di identica valenza della precedente, usata però quando si voglia intendere che la mancanza di raziocinio è ritenuta esser dovuta ad una ipotetica violenza subíta, come potrebbe esser quella di sentirsi cadere in testa i duri stròbili del pino.
24 -TENÉ 'E RRECCHIE 'E PULICANO
Ad litteram:tenere le orecchie di pubblicano Locuzione dalla duplice valenza usata sia per indicare sia dotato di udito finissimo , sia - piú spesso per indicare coloro che stiano sempre, con l'orecchio teso attenti ad ascoltare ciò che accade a loro intorno, vuoi per informarsi, vuoi per non lasciarsi cogliere impreparati, comportandosi alla medesima stregua degli antichi esattori pubblici: pubblicani di cui pulicano è corruzione, pronti ad ascoltar qualunque cosa venisse detta in giro sul conto di chiunque, per non lasciarsi sfuggire un eventuale contribuente.
25 - TENÉ 'E RRECCHIE PE FINIMENTE 'E CAPA
Ad litteram:tenere le orecchie per guarnimento della testa. Divertente locuzione di portata esattamente contraria alla precedente, che viene usata nei confronti di chi sia cosí duro d'orecchio da fare ritenere i loro padiglioni auricolari buoni solo per agghindare la testa.
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