martedì 31 ottobre 2017

SCAURACHIUOVO



SCAURACHIUOVO
Questa volta è stato il  carissimo amico d’antica data  T. A. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) a  chiedermi via e-mail di chiarirgli  significato ed origine della voce  partenopea   in epigrafe.Gli ò cosí risposto: La parola di cui mi chiedi fa parte di quei termini desueti, ma che furono ancóra in uso nella città bassa negli anni ’50 del ‘900. Forse per il fatto d’essere desueto, il termine risulta assente in tutti i calepini antichi e moderni  del napoletano in mio possesso [e non son pochi!]che ò compulsato. Ti posso però dire che    di per sé ad litteram essa varrebbe: “scaldachiodo” ma veniva usata in primis con  riferimento ad un implume  garzone di bottega, ragazzo ancóra molto giovane, imberbe ed inesperto, poco scaltrito e/o pratico cui si potessero assegnare solo compiti poco gravosi, impegnativi, duri, difficili, complessi o  onerosi. Successivamente il termine connotò genericamente qualsiasi ragazzo ancóra troppo giovane, imberbe e/o inesperto  da cui non si potessero attendere servigi difficili, complicati o  difficoltosi. Quanto all’orgine della parola essa etimologicamente è formata dall’agglutinazione funzionale della voce verbale scaura [3ª p. sg. ind. pr. dell’infinito scaurà (da un   ex (intensivo)+ lat. volg.  caldare  col semplice compito di riscaldare i chiodi per la ferratura delle bestie.     E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico T.A. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente  chi dovesse imbattersi in questa paginetta.Satis est.  Raffaele Bracale

‘O CAZZO ‘E LAMPACHIARA



‘O CAZZO ‘E LAMPACHIARA
Questa volta è stato il  caro amico A. M.  (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) a  chiedermi via e-mail di chiarirgli  significato e portata dell’espressione partenopea   in epigrafe. Gli ò risposto significandogli che l’espressione di cui mi chiede è un’antica, desueta, ma icastica ancorché bècera offesa che un tempo, nella città bassa, si usava rivolgere a chi svagato, distratto,sbadato, disattento, deconcentrato mostrasse di trovarsi nella medesima precaria condizione di  un ubriaco, ebbro, sborniato, sbronzo e pertanto non riuscisse a portare a termine nulla dell’intrapreso dando quasi l’impressione d’essere uno sciocco, stupido, scemo, scimunito, tonto, rimbambito, balordo, insensato, stolto incapace, con le sue azioni,  di pervenire a qualsiasi risultato concreto.
L’espressione è costruita accostando al s.vo cazzo una sorta di complemento di  specificazione, ma che piú esattamente connatura un complemento di causa. Vediamo particolareggiatamente: CAZZO s.vo m.le che in primis indica il   membro virile, pene, ma figuratamente [come nel caso che ci occupa] una  persona sciocca, minchiona, un  imbecille, un minchione, uno scimunito, un tonto,un rimbambito ed ancóra  sempre figuratamente e genericamente vale nulla, niente; trattasi etimologicamente di una voce del gergo marinaresco dal greco (a)kàtion = albero della nave); è ovvio l’accostamento semantico tra l’albero della nave ed il pene in erezione;
‘E LAMPACHIARA letteralmente: di lume chiaro, ma in realtà esattamente: da vino chiaro e ciò perché in napoletano il s.vo f.le lampa  vale sì lampada, lume acceso [dal lat. lampa(dem)], ma con etimo dal fr. lampée vale bicchiere di vino che nella fattispecie è di quello chiaro, cioé bianco che [essendo in genere di gradazione inferiore a quello rosso]è  volentieri assunto piú abbondantemente conducendo alla ubriachezza e, da questa, allo stordimento, alla confusione mentale,  allo stato confusionale, all’intronamento, all’intontimento.
E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico A.M. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente  chi dovesse imbattersi in queste paginette.Satis est.
 Raffaele Bracale

NIVERO TE CARUSO!



NIVERO TE CARUSO!
Si tratta di una sorta di contenuta minaccia che un tempo (e fino a tutto gli anni cinquanta del 1900 veniva rivolta dai genitori [di solito il padre] ad un figlio che avesse i capelli non ravviati,   eccessivamente lunghi  e fósse restio a recarsi dal barbiere per farsi sistemare i capelli con la famigerata macchinetta. Il ragazzo era minacciato con l’espressione in esame che ad litteram vale: “Nido ti taglio, ti toso (io)!” In effetti la voce NIVERO [riferito alla folta cespugliosa capigliatura, assimilata ad un nido] è una corruzione del parlato di NIVO [dal lat. nidu-m con passaggio a V della D intervocalica come in paraviso
Brak

LL'ASENE 'E GRAGNANO SAPEVANO LÉTTERE.



LL'ASENE 'E GRAGNANO SAPEVANO LÉTTERE.
 Ad litteramo:  Gli asini di Gragnano conoscevano Lettere. Locuzione da intendersi però non nel senso che gli ignoranti di Gragnano  fossero ferrati (almeno) nella materie letterali,ma nell’accezione  che   gli asni (bestie da soma) adibiti al trasporto della farina prodotta in Gragnano, conoscevano a menadito i sette chilometri per raggiungere Lettere il comune limitrofo dove la farina è utilizzata per la produzione del pane. Brak

‘A BBOTTA D’’O MASTO!



‘A BBOTTA D’’O MASTO!

Ad litteram: Il colpo del maestro! La locuzione in esame che in origine faceva  riferimento a quei piccoli aggiustamenti finali operati da un maestro d’arte o mestiere su di un prodotto affidato ad un allievo,finí per essere usata in ogni campo operativo, rappresentando  il rassegnato sarcastico commento espresso , sia pure sommessamente, da un inferiore alla vista del provocatorio e quasi sempre inutile intervento finale d’un suo saccente, supponente  superiore che sopravvenga per metter mano ad un manufatto[quale che  esso sia ] dell’inferiore , nella pretesa di fargli intendere che se non ci avesse messo mano lui, il capo, il manufatto non sarebbe risultato eseguito con tutti i dovuti  crismi.
MASTO s.vo m.le = in primis maestro d’arte o mestiere, capo operaio; per estensione capo, superiore, dirigente, leader, padrone, principale; usato come agg.vo m.le = eccellente, valente. Voce dal lat. magistru-m con caduta della sillaba GI e riduzione del nesso  STRU→STO[cfr. finestra-m→ fenesta ]
BRAK