sabato 30 novembre 2019

CAUCE, CAFÈ E VVINO ‘E MANDURIA FANNO MALE A TTUTT’’E CCRIATURE



CAUCE, CAFÈ E VVINO ‘E MANDURIA FANNO MALE A TTUTT’’E CCRIATURE

Icastica spressione in uso negli anni ’50 del 1900, da tradursi ad litteram: calci [id est: percosse] caffé  e  vino di Manduria nocciono a tutti i bambini,  con la quale secondo i severi e restrittivi criteri    educativi dell’epoca tre erano gli elementi che piú d’ogni altri potevano mettere in pericolo l’integrità fisica dei bambini (maschi o femmine che fossero) e si trattava  in primis delle percosse rappresentate, per sineddoche, dai soli calci [e non mette conto soffermarsi sull’ovvio perché... ]  e poi dal caffé che, a causa della caffeina altamente eccitante, risultava essere  sconsigliabile; ugualmente rischiosa per ragazze e ragazze era ritenuta che fosse l’assunzione del vino (dolce o asciutto che fósse) e segnatamente quel rosso di Manduria che per il suo  aroma leggero, caratteristico e per il suo sapore gradevole, pieno, armonico, tendente al vellutato se invecchiato si lasciava facilmente assumere  con il rischio di stordire chi lo ingerisse, segnatamente se si trattasse di bambini o bambine.
Mi soffermo su solo due voci di quelle dell’espressione e rimando alibi per le altre che pure ò trattato:
CAUCE s.vo m.le pl. di caucio [che è dal lat.calcem→cauce-m→caucio  con il gruppo al che si risolve in au come in  auto/aveto da altu-m ] = di per sé calci, pedate, ma qui per sineddoche percosse, busse, batoste, botte, colpi.
Prendiamo ora  in esame la voce ‘E CCRIATURE; scritta con la geminata iniziale cc essa è il plurale di criatura/o  (che etimologicamente vengono dal latino creatura(m)) comprendente i due generi maschile e femminile: insomma ‘e ccriature  sono onnicomprensivamente i nati maschi e femmine e talvolta anche solo le nate femmine; mentre usando la c scempia: ‘e criature  si indica il plurale del maschile criaturo e dunque i soli nati maschi. Va da sé, per quanto détto che ‘e ccriature dell’espressione in esame sono onnicomprensivamente bambini e bambine.
Satis est.
R.Bracale

CALANDRELLA


CALANDRELLA
Questa volta è stato il  caro amico A. M. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) a  chiedermi di illustrare il termine napoletano in epigrafe. Gli ò risposto illico et immediate nel modo che segue
Di per sé la calandrella, con etimo dall'iberico calenturilla deverbale di calentar= riscaldare indica l'ora del primo pomeriggio quando il sole scotta maggiormente, ma estensivamente indica anche qualsiasi situazione metereologica di caldo soffocante ed eccessivo sia atteso che  non previsto.
E qui penso di poter far punto convinto che non ci sia altro da aggiungere e d’avere soddisfatto l’amico A.M. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente  chi dovesse imbattersi in questa paginetta.Satis est.
 Raffaele Bracale

BBELLO E BBUONO e altro.


BBELLO E BBUONO e altro.
Ad litteram: Bello e buono id est: all’improvviso, d’un tratto, inopinatamente,   quasi sottintendendo che l’avvenimento di cui si tratta  sia peggiorativo rispetto a quello (bello e buono)  cui à fatto seguito o in cui si è insinuato; quasi uno dicesse: “La situazione  da ch’era propizia  d’un tratto è mutata in peggio!”. Talora  per meglio sottolineare la rapidità o imprevedibilità delnuovo accadimento che si sta verificando, la locuzione in epigrafe, diventando piú concisa ed immediata, si riduce al solo primo termine della locuzione in epigrafe, condensandosi in  un essenziale: ‘E BBELLO (=Di bello) che vale per l’appunto: di punto in bianco, di sorpresa inaspettatamente, all'istante, repentinamente. Esiste poi un’altra espressione che, come significato, è di portata simile sia a Bbello e bbuono che alla concisa ‘E bbello e suona  Â’NTRASATTA   che vale inaspettatamente  détto di cose che accadono d’improvviso, senza che nulla lo lasci prevedere, nel bel mezzo di altri avvenimenti e la locuzione  etimologicamente  traduce ad litteram il latino: (i)ntra (re)s actas→’ntrasacta(s)→’ntrasatta.
Brak

APPUCENIRSE/APPUCECHIRSE



APPUCENIRSE/APPUCECHIRSE
Mi è stato chiesto, via e-mail,  dal  caro amico A. A. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome)  di chiarirgli se, come à udito esiste nell’idioma napoletano un verbo che suonerebbe "appucichirsi" (o "appuscichirsi"); gli ò cosí risposto: Il verbo di cui mi chiedi esiste certamente anche se morfologicamente la scrizione esatta è appucenirse[storpiato nel parlato della città bassa in: appucechirse] etimologicamente marcato quale denominale dell'iberico pocho; il significato è  quello di raggomitalarsi su se stesso come un uccello che nasconde il capino con le ali perché intirizzito tenta di difendersi dal freddo.Si usa molto il participio passato: appucenuto/a. E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico A. A.  ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente  chi dovesse imbattersi in questa paginetta.Satis est.
 Raffaele Bracale

AMMAZZARUTO


AMMAZZARUTO
Mi è stato chiesto dall’amico G.L. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) via e-mail di chiarirgli  significato Ed etimo  del termine   partenopeo   in epigrafe. Gi ò cosí rapidamente risposto:
la voce  ammazzaruto è unagg.vo m.le e solo m.le che se riferito al pane vale  mal lievitato, azzimo; per traslato se riferito a persona significa  basso, tracagnotto, pesante; voce derivata dall'arabo  mas'ra attraverso il greco mazeros
E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico G.L. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente  chi dovesse imbattersi in queste paginette.Satis est.
 Raffaele Bracale