domenica 31 maggio 2020

VAJE N’ABBRUNZO CU ‘O LIONE


VAJE N’ABBRUNZO CU ‘O LIONE
L'antichissima e desueta espressione in esame che recitava: Vaje n'abbrunzo cu 'o lione  fu  una bruciante offesa  poiché ll'abbrunzo cu 'o lione non era altro che un carlino di bronzo recante  sul verso l'incisione di un leone accovacciato: tale moneta[coniata per la prima volta sotto Carlo II di Spagna (re di Spagna, V come re di Napoli [Madrid 17 settembre 1661 – †ivi 1º novembre 1700 ], figlio di Filippo IV d'Asburgo e di Maria Anna d'Austria,)] fu di vilissimo valore per cui chi valesse un carlino di bronzo era ritenuto un soggetto addirittura disprezzabile.
Brak

SÈNTERE ‘E CANTÀ ‘A QUAGLIA


SÈNTERE ‘E CANTÀ ‘A QUAGLIA
Dell’espressione in epigrafe  mi à chiesto  il  caro amico P. G. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) domandandomi   di chiarirgliene   significato ed origini. Gli ò cosí risposto: L’espressione di cui mi chiedi, antichissima [come che  risalente al 1600 circa] e desueta  in origine fu coniugata quasi sempre in tal guisa : “Tra poco siente ‘e cantà ‘a quaglia!”; si tratta di un’espressione minacciosa rivolta verso un responsabile di un reato o di una   semplice colpa, per significargli che di lí a poco gli sarebbe piombato addosso un castigo severo, tanto piú severo quanto maggiore fósse stata la colpa commessa; tale punizione  poteva addiritturaraggiungere la pena capitale in caso omicidio o lesa maesta.Ciò detto chiediamoci cosa c’entri la quaglia ed il suo canto.La faccenda si spiega tenendo presente che l’espressione in origine nacque in campo venatorio ed  in origine fu rivolta dai cacciatori ai propri cani al tempo (primaverile e/o settembrino) del passo migratorio di quaglie,   allorché i seguci  non avessero fatto il loro dovere di stanare i volatili che, furbissimi,non si fossero fatti catturare  standosene  fermi e muti sui campi pieni  di stoppie ingannando i cani che, non riuscendo a stanarli   permettevano  loro di sfuggire alla cattura ed alzarsi in volo libero riprendendo a cantare con il loro caratteristico verso. Qualora fósse accaduto quanto paventato dai cacciatori costoro redarguivano i loro bracchi o quel che fossero minacciandoli della riduzione di cibo per aver consentito alle quaglie di tornare a cantare senza finire arrostite, come invece sperato. L’espressione fu mutuata dapprima dai contadini e poi si estese dappertutto diventando d’uso comune.    E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico P.G. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente  chi dovesse imbattersi in queste paginette.Satis est.
 Raffaele Bracale

FOTTÍO


FOTTÍO
L’amico A.M. [i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad identificarlo con le sole iniziali] mi à chiesto di spendere qualche parola per illustrargli significato, etimologia e soprattutto semantica della voce in epigrafe. Provvedo, ma non son certo  di riuscire a dargli tutte le risposte attese. Comincio con il dire che la voce in esame, nel significato di in primis  “grande quantità di cose, oggetti o persone e  per estensione  chiasso, baccano, è voce di origine partenopea poi pervenuta ed accettata [sia pure come volgare] nel lessico della lingua nazionale è  etimologicamente un deverbale di fóttere [ che è dal basso latino futtere per il classico futuere e che di per sé sta per: possedere carnalmente e metaforicamente imbrogliare e raggirare azioni che contengono l’idea del possesso dell’altrui mente, correlativamente al possesso del corpo altrui espresso dall’atto sessuale]; detto ciò confesso che è impervia la strada da seguire per chiarirne la semantica[sia nell’accezione di chiasso, baccano che in quella di gran quantità] sempre che non si voglia sostenere che nel coire, cioè nel congiungersi sessualmente si agisca in modo tanto rumoroso sino a pervenire al chiasso sfrenato, al baccano  che invece può essere tranquillamente accettato se il coito avvenga non misuratamente tra due individui di sesso diverso, ma nel corso di un’orgia che veda coinvolte molte persone vocianti. Piú tranquilla appare  la via semantica  parlando di una gran quantità soprattutto di oggetti che se agitati si prestano a suscitare un rumore forte o prolungato.  Però bisognerebbe  chiedersi come mai si sia partiti dal verbo fottere approdando in primis a “grande quantità di cose, oggetti o persone” e poi per estensione  a “chiasso, baccano”. Però è inutile porsi domande atteso che, allo stato dei fatti, non è dato sapere; e perciò chiedo un prestito  all’Alighieri e concludo con del suo, parafrasandolo :” Stiamo contenti, umana gente, al quia.” Satis est.
Raffaele Bracale