mercoledì 20 maggio 2020

‘O CUOCO CU ‘O PERNACCHIO!


‘O CUOCO CU ‘O PERNACCHIO!
Cosí, con l’espressione esclamativa in epigrafe sino a tutti gli anni ’50 del 1900 i monelli della città bassa solevano prendersi gioco dei bettolieri di taverne o consimili che aprivano bottega tra via Cristallini ed adiacenze dandosi arie di grandi cuochi suggerendo ai monelli il motivo per dileggiarli, cosa che gli scugnizzi  facevano storpiando a sfottò  la locuzione “ Cuoco cu ‘o pennacchio” usata per indicare i cuochi di qualche famiglia nobile che per distinguersi usavano inalberare alti copricapi indossati con il medesimo orgoglio di un carabinire in alta uniforme che indossi la feluca d’ordinanza adorna di pennacchio rosso e blu. Va da sé che l’assonanza tra “pennacchio” e “pernacchio” risultasse divertente e perciò connaturasse una canzonatura.
Pennacchio s.vo m.le: ciuffo di penne vere o sintetiche usato per ornare cappelli, soprattutto militari o femminili; voce etimologicamente dal  lat. tardo pinnacŭlu(m), dim. di pĭnna ‘penna’.
Pernacchio s.vo m.le :  suono volgare emesso con un forte soffio a labbra serrate, in segno di disprezzo o di scherno; (ricordo súbito che la voce pernacchio, anticamente fu vernacchio e con tale voce derivata dal tardo lat. vernaculu(m) si significò inizialmente  la vera e propria scoreggia cioè il suono volgare emesso dai visceri per espellere gas intestinali e solo successivamente con la parola vernacchio/pernacchio  si intese il suono che  imitativamente a quello prodotto dai visceri veniva emesso  dalle labbra serrate in segno di dileggio e/o disprezzo.)
Satis est. Brak

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