mercoledì 30 giugno 2021

LL'ASENE 'E GRAGNANO SAPEVANO LÉTTERE.

LL'ASENE 'E GRAGNANO SAPEVANO LÉTTERE.

 Ad litteramo:  Gli asini di Gragnano conoscevano Lettere. Locuzione da intendersi però non nel senso che gli ignoranti di Gragnano  fossero ferrati (almeno) nella materie letterali,ma nell’accezione  che   gli asni (bestie da soma) adibiti al trasporto della farina prodotta in Gragnano, conoscevano a menadito i sette chilometri per raggiungere Lettere il comune limitrofo dove la farina è utilizzata per la produzione del pane. Brak

 

MA CHE TTIENE ‘A FOLLA ‘A SPICCIÀ?

MA CHE TTIENE ‘A FOLLA ‘A SPICCIÀ?

 

Ad litteram: Ma che ài la folla da sbrigare? Domanda retorica usata sarcasticamente nei confronti di chi agisca, nell’adempimento di un compito in maniera affretta,  eccessivamente rapida ed accelerata per modo che risulti  raffazzonata  arrangiata quando non  rappezzata, rattoppata con risultati  di conseguenza scadenti e non confacenti e le ragioni di tale comportamento siano da individuare in una ipotetica pletora di clienti  che sia in attesa di esser servita  altrove ed attenda  impaziente chi lo debba fare, che nella fattispecie è il soggetto cui è rivolta la domanda in epigrafe.

Spiccià voce verbale infinito = sbrigare, finire, terminare, concludere, compiere, adempiere, eseguire, completare, risolvere; voce dal fr. (de)spechier

Brak

 

 

MANNÀ/METTERE TUTTO A CCALASCIONE

 

MANNÀ/METTERE  TUTTO A CCALASCIONE

Questa volta cerco di fare luce sulle due antichissime,icastiche, ma ahinoi!, praticamente desuete espressioni in epigrafe. Entro súbito in medias res dicendo che la prima espressione: MANNÀ TUTTO A CCALASCIONE vale: mandare ogni cosa in malora, mentre la locuzione: METTERE TUTTO A CCALASCIONE   vale: porre tutto in non cale.

Spiego qui di seguito la ratio d’ambedue le espressioni che partono ambedue dalla considerazione che il colascione[reso in napoletano con la morfologia calascione(dall’iberico colachón, risalente al greco kálathion= piccolo paniere, [per la forma della cassa])]fu un antico liuto dotato di un manico estremamente lungo che poteva raggiungere anche  i due metri, in origine di due sole corde pressoché simili e di una cassa armonica analoga a quella di un mandolino ma di più piccole dimensioni. Lo strumento era molto diffuso nei secoli che vanno dal XV al XVII ed era utilizzato come basso continuo, ma benché producesse un gran numero di note, data la lunghezza del manico, l’armonia che se me ricavava era veramente povera se non scadente e  raffazzonata, prodotta com’era su due sole corde ed  atteso che, il piú delle volte, i suonatori di colascione/calascione non erano che dei semplici orecchianti che avevano poca dimestichezza con la vera musica; da tutto quanto quel che ò détto se ne ricava che i risultati dell’accompagnamento con il liuto summenzionato furono grossolani, mediocri, tali da poter  mandare in malora o da  tenere in non cale cosí come nell’espressioni in esame. E con ciò penso d’aver raggiunto lo scopo che m’ero prefisso  e reputo di potermi congedare dai miei consueti 24 lettori con il consueto satis est. Raffaele Bracale