venerdì 22 maggio 2020

LA BEVANDA SARCHIAPONE


 LA BEVANDA SARCHIAPONE
Faccio sèguito alla richiesta della carissima amica M.R.D. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome)di illustrarle la voce in epigrafe. Comincio col dire che il termine in esame [con derivazione dal greco sarkopoiòs (fatto di carne, che mette su carne) indicò originariamente un ghiottone, un tipo  corpulento e piuttosto basso nonché goffo e sgraziato e  per di piú sciocco e credulone tal quale quel personaggio di sviluppo popolare che appariva nelle rappresentazioni rionali della famosa “Cantata dei Pastori” cosí come era nota al popolo minuto della città bassa l’opera teatrale che Andrea Perrucci(Palermo 1651-† Napoli1706) che  nel 1698, aveva pubblicato sotto lo pseudonimo di Ruggiero Casimiro Ugone e con il titolo originale di  “Il Vero Lume tra l’Ombre, ovvero la spelonca arricchita per la nascita del Verbo Umanato.”,opera che ebbe súbito un gran successo tanto da essere rappresentata non solo nei teatri ufficiali della città, ma anche in quelli di fortuna rionali ad opera di dilettanti e furono proprio costoro che nelle loro rappresentazioni della “Cantata dei Pastori” svilupparono nell’opera di Perrucci  i due personaggi comici di riempimento: Sarchiapone e Razzullo; il primo fu un barbiere dalle fattezze già descritte fuggito dal suo paese dopo d’avere sgozzato, per futili motivi [forse gelosia] il sindaco, suo cliente, mentre il secondo fu uno scrivano semianalfabeta che faceva degli strafalcioni e della atavica fame la sua divisa distintiva e  che accompagnava Sarchiapone nella fuga verso la Palestina; successivamente il termine sarchiapone indicò non piú lo sciocco, ma il furbo, ipocrita e di pochi scrupoli cosí come fu quel monaco Sarchiapone protagonista della commedia “La tavernola abbenturata” di Pietro Trinchera [(Napoli, 11 giugno 1707 –† Napoli, 12 febbraio 1755) che  inizialmente sulle orme del padre,fu notaio, attività che ben presto abbandonò a favore del teatro. Debuttò infatti come autore teatrale nel 1726 con La moneca fauza ovvero La forza de lo sango, una commedia in dialetto napoletano, proseguendo con l'attività di librettista senza però mai riuscire a raggiungere la notorietà.] Se si va a scartabellare in un po’ tutti i calepini dell’ idioma napoletano, antichi e moderni, che l’accolgono, col termine sarchiapone, peraltro di quasi esclusiva pertinenza maschile, (mai infatti mi è occorso di udirlo usare al femminile) si identifica l’uomo grosso e grasso, bietolone e melenso, nonché lo stupido, ma pure  l’ipocrita, il furbastro, il volpone di tre cotte, e piú esattamente, con riferimento all’aspetto fisico, un tipo basso e storto. Tuttavia  intorno alla fine del 1600,  si principiò ad usare l’aggettivo come nome, sia pure assegnandolo alle bestie e segnatamente ai piccoli cavalli arabi normalmente usati nel contado napoletano. Fin qui i lessici nei quali però non ò mai trovato il termine sarchiapone collegato, come invece è, ad una sostanziosa piuttosto greve pietanza a base di zucca, carni miste, uova, formaggi etc., piatto tipico della costiera amalfitana  e precisamente di  Atrani, dove come dicevo è in uso una tipica zucca lunga ripiena che si prepara  nel giorno di Santa Maria Maddalena, santa protettrice del paese.
Mi corre l’obbligo infine ricordare  che il termine sarchiapone venne attribuito negli anni ’50 del 1900 da un acquafrescaio [probabilmente originario diAtrani] per una sorta di sineddoche ad una pletorica bevanda di acqua, limone e bicarbonato che egli seriva  al suo chiosco in piazza Carlo III a Napoli a coloro che intendevano liberarsi della fastidiosa  acidità di stomaco dopo un lauto desinare, magari a base di sarchiapone atranese, peggiorando di fatto la faccenda perché, come è noto l’acido, presente nello stomaco va combattuto con il solo bicarbonato che essendo una base provoca con l’acido una reazione producendo acqua ed è errato aggiungere la bevanda acidula  all’ acido della digestione.
Satis est.
Raffaele Bracale

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