lunedì 25 maggio 2020

TE FACCIO SCUNTÀ MERCURE E PPALUMME


TE FACCIO SCUNTÀ MERCURE E PPALUMME
Quest’oggi  il  caro amico E.P. D. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome)  mi à  chiesto via e-mail di chiarirgli  significato e portata dell’ espressione partenopea   in epigrafe. Dopo avere almanaccato tra libri e calepini son potuto risalire alla datatissima e quasi desueta locuzione, nata a gli inizi del 1900 in provincia e poi pervenuta nella città dapprima bassa e poi collinare ed ò potuto riferire all’amico che l’espressione connaturò ed ancóra, connaturerebbe, se la si usasse, una corrucciata minaccia che si poteva cogliere ed ancóra affiorerebbe sulle labbra di uno spaziento marito o innamorato gelosissimo per intimidire la sposa o quanto meno l’innamorata, [ritenuta, non si sa quanto veritieramente fedigrafa] di farle espiare [la supposta colpa]di avere ignoti manutengoli, messaggeri, mezzani o ruffiani che le facessero da tramite con un eventuale segreto innamorato. Quanto vengo dicendo si deduce dal fatto che sotto il termine Mercure è celato il nome della mitica divinità latina e greca Mercurio [in greco Ἑρμῆς, Hermês] messaggero degli Dei, mentre con ils.vo palumme, plurale di palummo [dall’acc.vo latino palumbu-m con normale esito “mb→mm”] quando non ci si riferisca all’omonimo pesce nostrano, s’ intende relazionarsi con coloro che alibi son detti “portapullaste” cioé latori di messaggi segreti e bigliettini amorosi.       E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico E.P.D. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente  chi dovesse imbattersi in queste paginette.Satis est.
 Raffaele Bracale

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