lunedì 9 ottobre 2017

varie 17/1022























1 NÈ FFEMMENA, NÈ TTELA A LUME DE CANNELA.
Letteralmente: Né donne, né tessuti alla luce artificiale. Id est: la luce artificiale può nascondere parecchi difetti, che - invece - alla luce del sole - vengono in risalto e ciò vale sia per la consistenza dei tessuti, sia - a maggior ragione - per la bellezza muliebre.
2 MEGLIO 'NU CANTÀRO 'NCAPA CA N'ONZA 'NCULO!
Letteralmente: Meglio un quintale in testa che un'oncia nel sedere! Id est: meglio patire un danno fisico, che sopportarne uno morale. In pratica gli effetti del danno fisico, prima o poi svaniscono o si leniscono, quelli di un danno morale perdurano sine die.
La voce cantàro (dall’arabo quintar) significa quintale; qualche sprovveduto ritraendo l’accento la legge càntaro (che è dal lat. cantharu(m) a sua volta dal greco kàntharos)e significa pitale) rovinando il significato dell’espressione nella quale in origine si pongono giustamente a paragone due pesi: cantàro (quintale) ed onza (oncia), mentre nella lettura stravolta si porrebbero a paragone due entità incongruenti: un peso(oncia) ed un pitale  
3 CHI TÈNE BBELLI DENARE SEMPE CONTA, CHI TÈNE 'NA BBELLA MUGLIERA SEMPE CANTA.
Letteralmente: chi à bei soldi conta sempre, chi à una bella moglie canta sempre. Id est: il denaro, per  molto che ne sia non ti dà la felicità, che si può ottenere invece avendo una bella moglie.
4 DICETTE 'O PUORCO 'NFACCI' Ô CIUCCIO: MANTENIMMECE PULITE!
Letteralmente: Disse il porco all' asino: Manteniamoci puliti. E' l'icastico commento che si suole fare allorché ci si imbatta in un individuo che con protervia continui a criticare la pagliuzza nell'occhio altrui e faccia le viste di dimenticarsi della trave che occupa il proprio occhio.A simile individuo si suole rammentare: Cumparié nun facimmo comme 'o puorco...(Amico non comportiamoci come il porco che disse all'asino etc. etc.)
5 DICETTE PULICENELLA: NCE SO' CCHIÚ GGHIUORNE CA SACICCE.
Disse Pulcinella: ci sono piú giorni che salcicce. È l'amara considerazione fatta dal popolo, ma messa sulla bocca di Pulcinella, della cronica mancanza di sostentamento e per contro della necessità quotidiana della difficile ricerca dei mezzi di sussistenza.
6 CHI 'A FA CCHIÚ SPORCA È PPRIORE.
Letteralmente: chi la fa piú sporca diventa priore. Id est: chi si comporta peggio è gratificato con il massimo premio. L'esperienza popolare insegna che spesso si è premiati oltre i propri meriti.
7 DICETTE PULICENELLA: I' NUN SO' FESSO,
MA AGGI' 'A FÀ 'O FESSO, PECCHÉ FACENNO 'O FESSO, VE POZZO FÀ FESSE!
Letteralmente: Disse Pulcinella: Io non sono stupido, ma devo fare lo stupido, perché facendo lo stupido, vi posso gabbare (e posso ottenere ciò che voglio, cosa che se non mi comportassi da stupido non potrei ottenere). La locuzione in epigrafe è uno dei cardini comportamentali della filosofia popolare napoletana che parte da un principio assiomatico che afferma: Cca nisciuno è ffesso! Id est: Qui (fra i napoletani) non v'è alcuno stupido!
8 DICETTE A PULLICENELLA: ‘O PIZZO CCHIú SCURO È ‘O FUCULARE.
Letteralmente: Disse (il padrone) a Pulcinella: Il posto piú oscuro è il focolare... Id est la miseria è tanta ed incombente al segno di non potersi permettere né di illuminare adeguatamente, né di accendere un fuoco per approntare il desinare. L’espressione in origine (con riferimento alla situazione di  una farsa di A. Petito donde era tratta la battuta rivolta  a Pulcinella dal suo padrone Pancrazio) era inerente al semplice fatto che il servitore stesse perdendo tempo e non procedesse con sollecitudine al lavoro cui era stato adibito (preparare il cibo). Successivamente l’espressione fu usata, per traslato ed in modo figurato nel senso suddetto  significante che la miseria sia tanta ed incombente.
pizzo s.vo m.le  interessantissima voce che non solo nel napoletano, ma anche nell’italiano che dal napoletano li à mutuati, à molti significati; e sono: 1. 1. (con accezione generica), estremità appuntita di qualche cosa, cocca, lembo, orlo,  trina, merletto: il p. del fazzoletto, della camicia; un cappello a due, a tre p., a due, a tre punte;
2. punto  estremo : sedere in pizzo (alla sedia, a una panca, al letto, ecc., o sulla sedia, ecc.), sull’orlo, sull’estremità. etimologicamente nei significati riportati si tratta di voce di origine espressiva
3. (come nel caso che ci occupa) posto, luogo generico.  etimologicamente in tale  significato è voce mutuata dal siciliano  quale forma accorciata di capizzu→(ca)pizzu→pizzo «capezzale», passato a indicare il posto dove si colloca il letto, dove ci si corica, inteso come luogo dove si trova tranquillità e sicurezza e poi genericamente luogo.
4. (gerg) somma estorta da un'organizzazione mafiosa a commercianti e imprenditori. In tal senso la voce etimologicamente è  da pizzo 'estremità, lembo', quindi 'parte marginale, parte, quota'.
fuculare s. m.
1 (come nel caso che ci occupa)parte inferiore del camino, formata da un piano di pietra o di mattoni, sul quale si accende il fuoco
2 (fig.) la casa, la famiglia:
3 (tecn.) negli impianti a combustione, la parte in cui brucia il combustibile;  (voce dal tardo neutro latino foculare, deriv. di focus 'fuoco’ con l’aggiunta del consueto suffisso di pertinenza areus (aro) ).
9 MONECA 'E CASA: DIAVULO ESCE E TTRASE, MONECA 'E CUNVENTO: DIAVULO ÒGNE MMUMENTO.
Letteralmente: monaca di casa: diavolo entra ed esce, monaca di convento: diavolo ogni momento. La locuzione, con una punta di irriverenza, viene usata, quando si voglia eccepire qualcosa sul comportamento di chi, invece, istituzionalmente dovrebbe avere un comportamento irreprensibile.Nella locuzione si ipotizza che tutte le monache tengano comportamenti licenziosi e per estrema irriverenza si sostiene che a tenere i comportamenti piú dissoluti siano proprio le donne consacrate. Le monache di casa erano a Napoli  quelle attempate signorine che, per non essere tacciate di zitellaggio, facevano le viste di dedicarsi alla cura di qualche parente anziano o prete. Va da sé che il diavolo della locuzione è usato eufemisticamente per indicare il medesimo diavolo di talune novelle del Boccaccio; per ciò che attiene il convento è da pensare che la locuzione faccia riferimento non a tutte le monache consacrate, ma a  quelle del  convento di sant'Arcangelo a Baiano in Napoli, finito nelle cronache dell'epoca e successive per i comportamenti decisamente libertini tenuti da molte suore ivi ospitate.
10.FRIJERE 'O PESCE CU LL' ACQUA.
Letteralmente: friggere il pesce con l'acqua. La locuzione stigmatizza il comportamento insulso o quanto meno eccessivamente parsimonioso di chi tenti di raggiungere un risultato apprezzabile senza averne i mezzi occorrenti e necessari in mancanza dei quali si va certamente incontro a risultati errati o di risibile efficacia.
11. MEGLIO 'NA MALA JURNATA, CA 'NA MALA VICINA.
Meglio una cattiva giornata che una cattiva vicina. Ed il perché è facile da comprendersi: una giornata cattiva, prima o poi passa e con essa i suoi effetti negativi, ma una cattiva vicina, perdurante la sua stabile vicinanza, di giornate cattive ne può procurare parecchie...
12.CU CHESTU LIGNAMMO SE FANNO 'E STROMMOLE.
Letteralmente: con questo legno si fanno le trottoline. Id est: Non attendetevi risultati migliori, perché con quel materiale che ci conferite non possiamo che fornirvi cose senza importanza e non altro! In una seconda valenza la locuzione sta a significare: badate che ciò che ci avete richiesto si fa con questo (scadente) materiale, non con altro piú pregiato...
13.NAPULE FA 'E PECCATE E 'A TORRE 'E SCONTA.
Letteralmente: Napoli pecca e Torre del Greco è punita. La locuzione è usata a significare l'incresciosa situazione di chi paga il fio delle colpe altrui. Nel merito della locuzione: per mera posizione geografica e a causa dei venti e delle correnti marine, i liquami che Napoli scaricava nel proprio mare finivano, inopinatamente, sulla costa di Torre del Greco, ridente località confinante col capolugo campano.
14.A - COMME PAVAZIO, ACCUSSÍ PITTAZIO. B - POCU PPANE, POCU SANT'ANTONIO.
Letteralmente: A - Come pagherai, cosí dipingerò. B - Poco pane, poco sant'Antonio. Ambedue le locuzioni adombrano il principio di reciprocità insito nel sinallagma contrattuale, per il quale il do è commisurato al des; id est: non si può pretendere un corrispettivo superiore alla retribuzione. La locuzione sub A ricorda l'iscrizione posta da tale F. A. S. GRUE dietro il celebre albarello di san Brunone; mentre quella sub B ripropone la risposta data da un pittore a certi frati che gli avevano commissionato un quadro raffigurante sant'Antonio. Alle rimostranze dei frati che si dolevano della lentezza del pittore nel portare innanzi l'opera commissionata, il pittore rispose con la frase in epigrafe (sub B)dolendosi a sua volta dell'esiguità della remunerazione.
albarello o alberello o anche albarella  è un  vaso cilindrico, per lo piú di maiolica,variamente decorato  usato nelle vecchie farmacie ed il nome gli deriva dal fatto
15. S' È FFATTA NOTTE Ô PAGLIARO.
Letteralmente: E' calata la notte sul fienile. La locuzione viene usata a mo' di incitamento all'operosità verso colui che procrastini sine die il compimento di un lavoro per il quale - magari - à già ricevuto la propria mercede; tanto è vero che si suole commentare: chi pava primma è mmale servuto (chi paga in anticipo è malamente servito...)
16.QUANTO È BBELLO E 'O PATRONE S''O VENNE!
Letteralmente: Quanto è bello, eppure il padrone lo vende. Era la frase che a mo' di imbonimento pronunciava un robivecchi portando in giro, per venderla al migliore offerente, la statua di un santo presentata sotto una campana di vetro. Con tale espressione ci si prende gioco di chi si pavoneggia, millantando una bellezza fisica che non corrisponde assolutamente alla realtà.
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