PIGLIARSE 'O PPUSILLECO.
Letteralmente: Prendersi il Posillipo. Id est: Darsi il buon tempo, accompagnarsi ad una bella donna, per trascorrere un po' di tempo in maniera gioiosa.La locuzione fa riferimento ad una famosa collina partenopeaPosillipo,che dal greco Pausillipon significa tregua all'affanno, luogo amenissimo dove gli innamorati son soliti appartarsi.* Estensivamente un tempo l’espressione significò pure: prendersi giuoco di qualcuno, insolentirlo e disturbarlo e senza un’adeguato motivo o ragione.In senso antifrastico e furbesco la locuzione sta per: buscarsi la lue.
Nota
1)Il toponimo Posillipo fu assegnato nel 1812 dal re Gioacchino Murat, che si adoperò per darle un’adeguata sistemazione, alla bella panoramica strada che si inerpicava sulla collina da Mergellina a Coroglio; la sistemazione della strada si completò nel 1823, ma la strada era già ben nota a greci e romani dei primi secoli ed infatti un tal Vedia Pollione vi costruí una sua villa cui assegnò, in onore di Zeus Pausìlipos, il nome appunto di pausilipon che dal greco paùein + lype sta per tregua, cessazione del dolore
2)Con il termine Mergellina (in nap. Margellina) si indica è una zona della città di Napoli, nel quartiere Chiaia. Si trova in riva al mare, ai piedi della collina di Posillipo. Anticamente questo luogo fu détto Mergoglino nome che però non deriva (come invece supposto da qualcuno) dal nome d’un (inesistente!) uccello acquatico, ma dal nome d’un’antica fonte Mergoglina (da margellus= limitrofo) ivi esistente in quanto fonte limitrofa della costa; proprio questa derivazione fa pensare che l’originario nome del luogo fosse proprio Margoglina→Margellina e che il termine Mergellina sia stato un successivo adattamento della lingua nazionale adusa a storpiar le parole napoletane attraverso una pretestuosa assimilazione vocalica progressiva che à trasformato in e la a della sillaba mar etimologicamente ineccepibile derivata com’è dal lat. marg- ellus; si tratta insomma di una incomprensibile mutazione che opera il toscano trasformando un’aperta A etimologica (da margellus→margellina come alibi da fessa → fessaria) per adottare una piú chiusa E (margellina viene stravolta in mergellina come fessaría vien trasformata in fessería) nella sciocca convinzione che la vocale chiusa E sia piú consona dell’aperta A alla elegante (?) lingua di Alighieri Dante…
L’originaria zona di Margellina/Mergellina che fu celebrata nei secoli per la sua bellezza da pittori e poeti, è stata completamente modificata dalle colmate che ànno via via avanzato la linea costiera, nel corso della seconda metà del XIX secolo.al mare, ai piedi della collina di Posillipo. Anticamente questo luogo fu détto Mergoglino nome che però non deriva (come invece supposto da qualcuno) dal nome d’un (inesistente!) uccello acquatico, ma dal nome d’un’antica fonte Mergoglina (da margellus= limitrofo) ivi esistente in quanto fonte limitrofa della costa; proprio questa derivazione latina induce a credere.
3) A margine di tutto ciò, a malgrado non ci siano diretti legami, ma solo una semplice associazione d’idea dico d’un’altra tipica zona rivierasca partenopea: Marechiaro piccolo borgo che si trova nel quartiere Posillipo a Napoli che è stato negli anni sessanta uno dei simboli della dolce vita partenopea ed italiana , diventando famoso per le sue frequentazioni hollywoodiane e per i suoi ristoranti tipici che si affacciano sullo spendido panorama del golfo; da Marechiaro si può ammirare la vista grandangolare dell'intera città di Napoli, dal Vesuvio fino ad arrivare alla Penisola Sorrentina ed all'isola di Capri che compare esattamente di fronte alla tipica spiaggetta del borgo che nel 1885 Salvatore Di Giacomo (Napoli, 12 marzo 1860 –† Napoli, 4 aprile 1934) poeta, drammaturgo e saggista partenopeo, rese famoso facendo musicare dal compositore Francesco Paolo Tosti (Ortona, 9 aprile 1846 – †Roma, 2 dicembre 1916) una sua lirica A Marechiaro lirica che divenne un famosissimo classico della canzone napoletana interpretato dai piú grandi cantanti lirici. È nota la leggenda creata dal popolino intorno alla fenestella (finestrina)adorna di piante di garofani curate da una inesistente Carolina che a quella finestrina, nell’immaginario comune, si affacciava.Parlavo di leggenda in quanto il poeta non era mai stato sul posto della celebre fenestella e si era immaginato il tutto. Il popolo napoletano però, sempre fantasioso, mise in giro la leggenda che il poeta recatosi a desinare in una trattoria di quel borgo fosse rimasto folgorato dalla visione di quella tal Carolina figlia del trattore, che affacciata ad una finestrina che sovrastava la taverna vi curava un vaso di garofani e le avesse dedicato la lirica diventata poi canzone. Tutte fantasie! Del resto lo stesso Di Giacomo non amava molto questa poesia, che non fu mai inserita nelle raccolte da lui stesso curate e si devono alle insistenze del Tosti se la lirica poté diventare canzone e quale canzone! In coda a tutto ciò mette conto stabilire l’etimo della voce Marechiaro che non significa, come a d’acchito potrebbe intendersi e/o erroneamente interpretare mare chiaro, mare luminoso, lucente, splendente, ma vale mare placido, mare calmo, sereno, tranquillo in quanto derivato dal latino mare planum; planu(m) divenne chiano poi corrotto in chiaro donde mareplanum→marechiano→marechiaro. Normale in napoletano il passaggio del gruppo latino pl a chi seguito da vocale (cfr. platea→chiazza – plus→cchiú – plangere/planctum→chiagnere/chianto – plenam→chiena etc.).
Raffaele Bracale
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