venerdì 15 luglio 2011

FURBO SCALTRO & DINTORNI

FURBO SCALTRO & DINTORNI

Anche questa volta mi trovo a raccogliere una garbata provocazione del mio caro amico N.C.(i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) che,memore ch’io abbia piú volte affermato che il napoletano sia piú preciso e circostanziato dell’italiano, mi à sfidato ad elencare ed a parlare delle eventuali voci del napoletano che rendano piú acconciamente quelle italiane dell’epigrafe e dei loro sinonimi . Come ò già détto alibi e qui ripeto il caro amico – come diciamo dalle mie parti - m’ à rattato addó me prore (letteralmente: mi à grattato dove mi prude, id est: mi à sollecitato sul mio terreno preferito) per cui raccolgo pure questo guanto di sfida cominciando, come è mio solito, con l’esaminare dapprima le voci dell’italiano:
furbo/a,agg.vo e s.vo m.le o f.le agg. di chi sa trarre vantaggi dalle situazioni agendo con prontezza, intuizione e senso pratico: un ragazzo furbo | fatto con furbizia; che denota furbizia: una trovata, una mossa furba; occhi furbi.
come s.vo
1 persona furba, spec. in senso spreg. : fare la furba | furbo matricolato, di tre cotte, persona furbissima.
2 (ant.) furfante
voce che è dal fr. fourbe 'ladro';
dritto/a, agg.vo e s.vo m.le o f.le
come agg.
1 diritto
2 (lett.) esatto, giusto: 3 (fam.ed è il caso che ci occupa) furbo/a, scaltro/a: gente dritta

come s. m.le
1 (ant.) diritto;
2 (mar.) ciascuno degli elementi verticali che chiudono lo scafo alle sue estremità: dritto di prora, di poppa
3 (fam. ed è il caso che ci occupa) persona furba e sicura di sé, che con abilità riesce a ottenere ciò che vuole, anche a danno di altri: fare il dritto.
voce che è dal Lat. diríctu(m), part. pass. di dirigere con sincope della i atona ed assimilazione regressiva ct→tt: diríctu(m)→ dríctu(m)→dritto;

sveglio/a, agg.vo m.le o f.le
1 che non dorme, che veglia: restare sveglio tutta la notte
2 (fig.) d'ingegno pronto e vivace: una ragazza sveglia
3 (fig. fam. ed è il caso che ci occupa) astuto/a, scaltro/a. etimologicamente voce deverbale di svegliare che è dal fr. ant. esveillier, che continua il lat. volg. *exvigilare, per il class. evigilare, comp. di ex-, con valore intens., e vigilare 'vegliare';
scaltro/a, agg.vo m.le o f.le 1 che agisce, parla e si comporta con accortezza, con avvedutezza;
(per estens.), astuto, furbo
2 che è espressione di scaltrezza: comportamento scaltro
etimologicamente voce deverbale di scaltrire che è dal lat. volg. *ex-cauterire 'bruciare', deriv. di cauterium 'cauterio', poi che il restare scottato induce a una condotta piú guardinga;
scaltrito/a, agg.vo m.le o f.le agg. esperto, abile, avveduto, spec. nella propria attività o professione: essere scaltrito nei segreti del mestiere. (per estens.), astuto, destro, sagace, sottile, fino; etimologicamente voce come la precedente deverbale di scaltrire di cui è il part. pass.;
smaliziato/a, agg.vo m.le o f.le sinonimo del precedente scaltrito, esperto: un commerciante smaliziato | non piú ingenuo, che à acquistato malizia;
etimologicamente voce deverbale di smaliziare di cui è il part. pass.; a sua volta smaliziare è denominale del lat. malitia(m), deriv. di malus 'cattivo'= malizia con protesi d’ una s intensiva;

malizioso/a, agg.vo m.le o f.le sinonimo del precedente scaltrito, esperto; chi/che à o denota disposizione e/o consapevolezza ad agire deliberatamente contro l'onestà, la virtù, la giustizia; anche questa voce etimologicamente è un denominale del lat. malitia(m) con il suff. oso/osa suffisso di aggettivi derivati dal latino o tratti da nomi, dal lat. -osu(m); indica, come nel caso che ci occupa presenza, caratteristica,o alibi qualità ecc. (amoroso/a, coraggioso/a, pidocchioso/a, schifoso/a).

volpe, in primis s.vo f.le, talora usato non comunemente anche come agg.vo m.le e f.le
come s.vo f.le
1 mammifero carnivoro, comune in Italia nelle zone boscose, con corpo snello, muso aguzzo, orecchie grandi e diritte, gambe piuttosto corte, lunga coda folta, pelliccia pregiata; è tradizionalmente considerata simbolo dell'astuzia (fam. Canidi) | far come la volpe con l'uva (fig.), si dice di chi disprezza ciò che vorrebbe avere, per il solo fatto che non può ottenerlo (con riferimento alla nota favola di Esopo).
2 la pelliccia di tale animale: un collo di volpe argentata
3 (fig.come nel caso che ci occupa) persona molto astuta: è una vecchia volpe, a lui nessuno riesce a farla; è un tipo volpe
4 (non com.) alopecia
5 (agr.) carie del frumento
6 (mar.) albero inclinato, gener. di acciaio, che fa da sostegno o rinforzo di una struttura.
voce dal lat. vulpe(m).

E veniamo al napoletano dove troviamo
allezziunato/a, agg.vo m.le o f.le icastico, ma desueto
ammaestrato/a, scaltrito/a, esperto/a; chi/che à conoscenza pratica della vita o di una determinata sfera della realtà, acquistata con il tempo e l'esercizio, apprendendo la lezione della vita e rendendosi avveduto, sagace;
etimologicamente trattasi del part. pass. dell’infinito allezziunà= ammaestrare che è un denominale di lezzione dal lat. lectione(m), propr. 'lettura', deriv. di legere; cfr. leggere; a lezzione è stato anteposto un ad→al rafforzativo;
arcivo/a, agg.vo m.le o f.le icastico, ma desueto
furbo, astuto, riservato come colui cui si possono confidare segreti sicuri che non li propalerà;
voce derivata dall’iberico archivo= che conserva piuttosto che dal greco argos= inattivo;
cuorvo/corva, s.vo m.le o f.le
1. grosso uccello dotato di ali larghe e robuste, piumaggio nero lucente, becco grosso e forte (ord. Passeriformi)scaltrissimo nella ricerca di vermi e/o carogne di cui cibarsi; è assai comune in Italia | corvo imperiale, piú grosso del corvo comune, si addomestica con facilità | nero come un corvo, nerissimo, spec. di pelle o di capelli | corvo del malaugurio: Il corvo à fama di "uccello del malaugurio": Rammento che tale fama è in un certo senso certificata letterariamente anche dallo scrittore americano Edgar Allan Poe il quale, nel suo Procedimento di Composizione, con il quale descrive come giunse a comporre il suo noto poema in versi Il corvo, afferma: «Ero cosí giunto alla concezione di un Corvo, l'uccello di malaugurio che va reiterando con monotonia l'unica parola mai piú …».
La fama maleaugurante gli deriva anche dalla sua predilezione per le carogne, che à dato origine ad espressioni come «Finire in pasto ai corvi», per indicare il morire (magari restando anche insepolti).

2. Macchina ossidionale romana costituita da una trave sospesa a un castello di legno mobile e terminante con un grosso uncino di ferro, a becco di corvo, con cui era possibile trarre a sé le macchine difensive degli assediati o strappare pezzi di muraglia già sconnessi dai colpi dell’ariete.
3. Nella marina dell’antichità classica, apparecchio portato dalle navi militari e munito di un robusto uncino che, nella manovra di abbordaggio, si lasciava cadere sulla coperta della nave nemica per agganciarla, in modo da poterla assalire con le truppe imbarcate.
4. (fig.) persona con fama di iettatore. Semanticamente l’accezione è da collegarsi al colore del piumaggio del corvo che è nero colore che nell’inteso comune è quello degli abiti indossati dai menagramo;
5.(per traslato come nel caso che ci occupa )persona furba, astuta; Semanticamente l’accezione è da collegarsi a quella sub 1;usato al f.le soprattutto nella morfologia dispregiativa corvacchia (cfr. il suff. dispegiativo acchia f.le di acchio (suffisso alterativo corrispondente al lat. ––aculum→ac(u)lum→acchio; di per sé poco diffuso,, ma che contribuisce alla formazione dei suff. composti -acchione,acchiotto...) persona che spesso , nascondendosi dietro l'anonimato, diffonde ad arte calunnie e mezze verità per gettare discredito su qualcuno. Semanticamente l’accezione in esame si ricollega a quella sub 2 nell’inteso che chi agisce in tal guisa à in animo di procurar danno tal quale la macchina ossidionale romana;
Voce derivata dal lat. cŏrvu(m)→cuorvo;

deritto/a, agg.vo m.le o f.le
1 che procede secondo una linea retta, che non piega né da una parte né dall'altra: riga, strata deritta; cosce deritte
2 in posizione verticale; ritto, dritto: ‘nu palo chiantato dritto ‘int’ô turreno(un palo piantato diritto nel terreno) | con riferimento al corpo umano, indica la posizione eretta della colonna vertebrale: sta’ deritto!(stai diritto!)
3 (fig.) onesto, giusto, retto: ‘na cuscienza deritta(una coscienza diritta);
4 (ant.non com.) destro: a dritta contrapposto a mancina
5 (fig.come nel caso che ci occupa) accorto,perspicace, prudente, avveduto: persona accorta; chi/che sa, che conosce; informato, esperto; (oggi molto piú com. dritto):tutte chilli puliticante ca so’ dritte assaje( tutti que' politiconi che son diritti assai).
Voce derivata dal lat. diríctu(m), part. pass. di dirigere 'dirigere'
frubbo/a, agg.vo e s.vo m.le o f.le
chi/che è accorto nel fare il proprio tornaconto, nell’evitare di cadere in inganni e tranelli e nel cavarsela da situazioni imbrogliate o pericolose; astuto, scaltro:’na femmena frubba, ‘nu cummirciante assaje frubbo, sî stato frubbo a te nn’accorgere subbéto! (una donna furba ; un commerciante molto furbo; sei stato furbo ad accorgertene subito!); per estens., riferito all’aspetto, al modo di agire: ch’ aria frubba ca tiene!(che aria furba che ài!); è ‘na penzata overamente frubba(è una trovata veramente furba); uocchie frubbe(occhi furbi), vivaci e maliziosi;
spesso come sost.: nun fà tanto ‘o frubbo o ‘a frubba cu mmico!(non fare tanto il furbo , o la furba, con me!); ‘nu furbo matriculato,’e primmo taglio)un furbo matricolato, di prim’ordine, di tre. In origine, furfante, imbroglione, ladro, vagabondo (anche come sost.), o che è proprio di ladri, vagabondi, malviventi (cfr. alibi); e lengua frubba ( lingua furba) fu altra denominazione del gergo furbesco.
etimologicamente la voce napoletana (frubbo) si differenzia dalla corrispondente (furbo) dell’italiano in quanto non derivante dal fr. fourbe 'ladro', ma quale deverbale da una lettura metatetica del germ. forbian→frobian→frobbian 'pulire', 'nettare' con raddoppiamento espressivo della consonante occlusiva bilabiale sonora (b); il collegamento semantico tra il verbo tedesco ed il significato di astuto, scaltro è dato dal fatto che l’astuto, lo scaltro mostra nettezza e vividezza di mente che appare pulita, nitida, esatta; determinata, sicura, ferma;
frubbacchiuotto/a, agg.vo m.le o f.le furbastro, che, chi vuol fare il furbo, spesso dimostrando una certa goffaggine;
sinonimo e collaterale della voce precedente di cui mantiene (oltre l’etimo di deverbale del germ. forbian→frobian→frobbian ,addizzionato di un doppio suffisso) tutte le accezioni quantunque con una nuance o sfumatura, dispregiativa mitigata però con il tono che vale ad attenuare, smorzare dato dal suff. otto/uotto (suffisso alterativo di nomi e aggettivi, per lo piú con valore attenuativo/diminutivo) aggiunto a quello dispregiativo acchio (suffisso alterativo corrispondente al lat. –aculum→ac(u)lum→acchio; di per sé poco diffuso, ma che contribuisce alla formazione dei suff. composti -acchione, -acchiotto; sulla medesima falsariga dell’uso del doppio suffisso abbiamo ad es. l’aggettivo fessacchiotto;

marpione/a, agg.vo m.le o f.le furbacchione, volpone, trappolone, persona astuta e sorniona;
comes.vo m.le o f.le (fam.) individuo furbo, capace di approfittare di ogni situazione favorevole senza dare nell'occhio.
Voce dal fr. morpion, propr. 'piattola', comp. di mords, imp. di mordre 'mordere', e pion 'soldato, fante';
‘ngignuso/’ngignosa, agg.vo m.le o f.le 1 dotato di ingegno pronto, versatile; abile nel risolvere situazioni difficili, nell'escogitare cose nuove: ‘na femmena ‘ngignosa, ‘nu guaglione ‘ngignuso(una donna ingegnosa, un ragazzo ingegnoso)
2 fatto con ingegno; che rivela l'ingegno di chi l'à ideato: ‘nu marchingegno ‘ngignuso (un meccanismo ingegnoso); etimologicamente si tratta d’un deverbale di ‘ngignà= fare con ingegno; al tema verbale è stato aggiunto il suffissouso/a colleterale di oso/a (suffisso di aggettivi derivati dal latino o tratti da nomi, dal lat. -o¯su(m); indica presenza, caratteristica, qualità ecc.). Rammento che soprattutto nel parlato della città bassa‘ngignuso/’ngignosa, sono attestati come ‘ncignuso/’ncignosa, con sostituzione espressiva della l'affricata palatale sonora (g) con la corrispondente affricata palatale sorda (c); questa curiosa doppia lettura si deve probabilmente ad una confusione che qui di sèguito tento di chiarire dicendo che al proposito del verbo ‘ngignà=industriarsi devo annotare che il napoletano registra anche uno ‘ncignà= cominciare, dare inizio. Ò dovuto registrare con mio sommo rammarico che tali due verbi ‘ngignà e‘ncignà dalla maggior parte dei lessicografi partenopei sono inopiatamente registrati come sinonimi e piú precisamente siano riportati ambedue con il significato di inaugurare, principiare et consimilia.Orbene tale significato – a mio avviso – si attaglia perfettamente al termine ‘ncignà disceso dal tardo latino encaeniare modellato su di un greco koinòs (nuovo) es. :s’è ‘ncignato ‘nu vestito nuovo: à indossato per la prima volta un vestito nuovo ; ma il significato di ‘ngignà (es: s’è ‘ngignato a truvà ‘a soluzzione d’’o problema: si è dato da fare per trovare una soluzione al problema) è invece molto diverso e sta appunto per: darsi da fare,industriarsi a, arrabattarsi pur di raggiungere uno scopo, cosa molto diversa dal principiare che è propria dello ‘ncignà; è vero che spesso in napoletano capita che una C di partenza si evolva in G magari perdendo l’originario suono palatale per assumerne uno gutturale, ma non penso che questo sia il caso dei due vocaboli in epigrafe, troppo diversi di significato per poter discendere dallo stesso verbo tardo latino.
In conclusione mentre reputo lo ‘ncignà parola atta a significare il principiare, nego ciò per lo ‘ngignà che presumo discenda invece da un tardo latino *ingeniare denominale del classico ingenium e significhi: impegnarsi a raggiungere uno scopo per cui non posso ritenere i due verbi sinonimi e mi auguro che, prima o poi, qualche nuovo lessicografo partenopeo accolga e faccia sua questa mia considerazione che – mi pare – abbia un buon fondamento.


‘stuto/a, agg.vo m.le o f.le
1 dotato di furbizia: essere cchiú ‘stuto ‘e ‘na golpe(essere piú furbo di una volpe);
2 che denota furberia, acutezza, acume, destrezza astuzia; detto, fatto consagacia, sottigliezza, finezza: risposta ‘stuta
etimologicamente è voce dal lat. astutu(m)→(a)stutu(m)→’stuto
saracone/a, agg.vo e s.vo m.le o f.le
1. grossa giubba, ampio giaccone da lavoro(usato in campagna) di panno idrorepellente grigio scuro;
2. persona astutissima, furbissima, scaltra, acutissima, , sagacissima (tal quale il pesce sàraco (sarago: pesce marino commestibile, dal dorso ricurvo e dal corpo appiattito di colore argenteo con striature scure; vive nei bassi fondali rocciosi tra i quali è solito rifugiarsi per sfuggire alla cattura, dimostrando furbizia, scaltrezza, le medesime di cui è accreditata la persona detta saracone/a accrescitivo di sàraco;)etimologicamente sàraco di cui saracone è l’accrescitivo è dal lat. sargu(m) da cui con epentesi di una a eufonica si ottenne saragu(m)→ saracu(m)→sàraco,, (dal gr. sargós); il collegamento semantico tra il pesce sarago e l’accezione persona scaltra l’ò già chiarito, per cui non mette conto ripeterlo; piú complesso cogliere quello tra il pesce sarago e l’accezione grossa giubba, ampio giaccone da lavoro, colleganza da cogliersi probabilmente per confronto tra il colore del panno e quello simile della livrea del pesce;
scemiatore/a s.vo ed agg.vo m.le o f.le di per sé ed in primis il finto tonto, il falso sciocco, poi il furbacchione, colui che per non ottemperare ad un quid richiestogli, fa l’indiano o come piú correttamente détto in napoletano fa ‘o francese dando ad intendere di non aver compreso, esimendosi perciò dal prestare la propria opera; ricorderò che fà ‘o francese ad litteram è fare il francese; id est: far vista di non intendere ciò che venga detto, fingere di non comprendere soprattutto quando il comprendere , comporterebbe il dover eseguire per es. un ordine ricevuto o comporterebbe il doversi applicare in azioni o operazioni faticose e perciò sgradite. La locuzione napoletana fà ‘o francese= fare il francese corrisponde all’incirca come ricordato, al fare l’indiano della lingua italiana; ma l’espressione napoletana è, per i napoletani, molto piú storicamente corretta di quella italiana , non risultando che i partenopei abbiano avuto grandi frequentazioni e/o rapporti con gli indiani sia delle Indie che delle Americhe, mentre ebbero molto a che spartire con gli invasori francesi coi quali si crearono grandi problemi di comprensione reciproca.
scemiatore è un deverbale (attraverso il noto suffisso di scopo o fine: tore/tora) di scemià che è il comportarsi come or ora cennato, ed etimologicamente è da un basso latino ex-simare;

smazzato/a, agg.vo e s.vo m.le o f.le voce furbesca a carattere gergale o popolaresco; letteralmente 1.fortunato/a,sodomizzato/a e
(per traslato) malizioso/a,furbo/a;
(per ampl. sem.) cattivo, malevolo,
etimologicamente si tratta del part. pass. del verbo smazzà = rompere il sedere, che deriva dal sostantivo mazzo (culo, fondoschiena) dal lat. matea= intestino; nel parlato popolare della città bassa sono in uso ancóra i diminutivi che seguono
smazzatiéllo/smazzatèlla s.vo ed agg.vo m.le o f.le monello/a,vivace,vispo/a,furbo/a,lazzaroncello/a,sbarazzino/a; etimologicamente si tratta come ò détto d’un furbesco diminutivo (cfr. i suff. i +éllo - ella) dell’ agg.vo smazzato (=fortunato, sodomizzato);

spogliampise ag.vo e s.vo m.le e f.le letteralmente colui/colei che spoglia, depreda gli impiccati e estensivamente persona capace di azioni ripropevoli se non disoneste, persona malvagia, priva di scrupoli, crudele, feroce,furba, scaltra, spietata, scellerata, empia, perversa, sadica, maligna proclive ad essere efferata, disumana, brutale; quanto all’etimo è voce formata dall’agglutinazione della voce verbale spoglia (3° p.sg. ind. pres. dell’infinito spuglià = spogliare (dal lat. spōliare, deriv. di spolium con normale chiusura della lunga tonica ō in u) addizionata del sostantivo ‘mpise plurale di ‘mpiso= impiccato; ‘mpiso è il p.p. di ‘mpennere= impiccare, sospendere (dal lat. in + pendere).
strappajuolo/strappajola, agg.vo m.le o f.le
1. chi/che con abilità, accortezza, sagacia, destrezza si industria, si arrabatta, si destreggia pur di trovare, rimediare; mettere insieme in qualche modo la propria giornata con le esigenze quotidiane : strappulïà ‘nu piatto cucenato (rimediare un pasto);


2 chi/che con scaltrezza e/o malizia si dà da da fare come può; anche, destreggiarsi con mezzi piú o meno leciti: strappuleja ‘a jurnata ‘e ‘na manera o ‘e n’ata (si destreggia in mille modi in tutta la giornata
etimologicamente voce deverbale di strappulïà colleterale di strappare (dal got. *strappon 'tendere' (ted. mod. straffen))al cui tema strapp è stato aggiunto il suffisso desinenziale ajulà marcato sul suff. aiolo/aiuolo suffisso costituito per accumulo dei suff. -aio e -olo, presente in sostantivi indicanti chi esercita un mestiere o chi à inclinazione per qualcosa, oppure in aggettivi che stabiliscono una relazione di tempo o di luogo o di adattamento a qualche attività;
ndrammatore/ ntrammatore, agg.vo e s.vo m.le e solo m.le; per il f.le si usa il colleterale ndrammera/ntrammera,
1. letteralmente: colui/colei che con furbizia estrema macchina,ordisce, tesse trame tendenti all’ inganno;
2. estensivamente: il/la furbo/a, lo/la scaltro/a,il/la sagace patentato/a;
3. la voce sia nella morfologia m.le che in quella f.le è un derivato di tramma(dal lat. trama(m) con raddoppiamento espressivo della nasale bilabiale (m) e protesi di una n eufonica che pertanto non necessita d’aferisi); la voce ndramma/ntramma cosí formata, è una volta addizionata con il suffisso m.le di scopo o fine: tore e dà ndrammatore/ ntrammatore, una volta con il suffisso f.le di pertinenza era e dà ndrammera/ntrammera; il suffisso era al maschile è iere ( cfr. salum-era/salum-iere), ma che nella fattispecie non à dato luogo ad un inutile ndrammiere/ntrammiere,stante già l’esistenza del termine ntrammatore di medesimo significato ;

truttato/a agg.vo m.le o f.le astuto, furbo esperto, conoscitore del mondo e della vita come chi a mo’ di cavallo trottatore, camminatore, abbia molto camminato se non corso andando in giro per il mondo conoscendolo ed apprendendo i modi migliori con cui difendersi dalle peripezie, sciagure, traversie, contrarietà, sventure dell’esistenza, magari agendo con necessarie astuzie accorgimenti, stratagemmi, espedienti e/o trovate furbesche..
Etimologicamente la voce è il part. pass. del verbo truttà che piú che dal francone *trotton, intens. di treten 'camminare' penso sia da collegarsi al francese trotter;
Zappulajuolo/zappulajola ag.vo e s.vo m.le o f.le letteralmente colui/colei che zappa, ma per ampliamento semantico sta dispregiativamente per furbastro inveterato, cattivo soggetto malvagio, senza scrupoli proclive ad un comportamento violento atto ad arrecar danno come potrebbe intendersi lo zappatore aduso con i colpi della vanga o zappa a violentare la terra; la voce a margine etimologicamente deriva dal verbo zappulià forma ampliata di zappà che è un denominale di zappa dal lat. tardo sappa(m),

zerepelluso/zerepellosa, agg.vo m.le o f.le
astuto/a, scaltro/a,furbastro/a molto abile nel simulare, nell'imbrogliare, mutando spesso atteggiamento; malizioso voltagabbana; la voce a margine etimologicamente è un metaplasmo del lat. versipell(is) addizionato del suffisso uso/osa collaterali di oso/osa, (suffisso di aggettivi derivati dal latino o tratti da nomi, dal lat. -osu(m); indica presenza, caratteristica, qualità ecc.).
E con ciò penso d’avere, anche questa volta risposto adeguatamente alla sfida dell’amico N.C. e d’avere interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori. Satis est.
Raffaele Bracale

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