L’"A" SEGNACASO DEL COMPL. OGGETTO NEL NAPOLETANO.
In corretto, autentico napoletano e non il quello appezzuttato in quanto imbastardito dall'italiano, il complemento oggetto allorché sia persona o soggetto animato va introdotto da una A segnacaso che è residuo di un latino parlato ( ad es.: aggiu visto a pateto= ò visto tuo padre oppure aggiu ‘ntiso ô cane= ò sentito il cane, ma aggiu pigliato ‘o bicchiere= ò preso il bicchiere.).Ribadisco qui ciò che dissi alibi che nell’esempio riportato aggiu ‘ntiso ô cane la ô è la scrittura contratta (crasi) della preposizione a + l’art. m.le e neutro ‘o , come â sarebbe la crasi della preposizione a + l’art. f.le ‘a, , come ê sarebbe la crasi della preposizione a + l’art. f.le o m.le pl. ‘e. Tornando all’assunto diciamo che la ragione di questa particolare a segnacaso del complemento oggetto non è da ricercarsi come sostiene qualcuno nel fatto che venuto meno il latino con le declinazioni comportanti esatte desinenze distinte per il nominativo e l’accusativo, in un corrotto latino regionale volgare privo di desinenze distinte si sarebbe ingenerata un’ipotetica confusione in una frase del tipo: Petrus vidit Paulus non potendosi stabilire se il soggetto di vidit fosse Petrus o Paulus. Ciò è inesatto in quanto, se è vero che, ad un dipresso, il latino classico, almeno fino a quello ciceroniano, mantenne il soggetto anteposto al verbo reggente, per il latino della decadenza volgarizzatosi con l’entrata in contatto con le parlate locali, proprio per non ingenerare confusioni, soprattutto nella lingua parlata si preferí porre il soggetto sempre prima del verbo reggente. Reputo dunque molto piú verosimile l’idea che tale particolare A segnacaso del complemento oggetto sia un residuo plebeo di un latino volgare parlato, quello che produsse anche lo spagnolo, il portoghese ed il rumeno, lingue in cui perdura l’uso dell’A come segnacaso del complemento oggetto.
Brak
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