S’ÀNNU MAGNATO ‘O PIECURO CU TUTT’ ‘A LANA
L’espressione in epigrafe che letteralmente va tradotta: ànno divorato l’agnellino con la sua pelliccia di lana , cioè senza tosarlo! id est: N’ànno lasciato nulla dell’agnellino!, venne usata un tempo a dolente commento di una situazione nella quale chi si aspettava di poter partecipare alla spartizione d’ un bene, dovette – con suo malgrado – accorgersi di non essere stato soddisfatto nelle attese sue per l’eccessiva voracità, ingordigia ed avidità dei suoi compartecipanti che s’erano impadroniti anche della parte che – per piccola che fosse – gli sarebbe toccata.Successivamente per ampliamento semantico l’espressione venne usata ed ancóra è in uso, a dolente commento dell’eccessiva rapacità e/o esosità
1)del fisco capace di aggredire il contribuente sottraendogli tutto ciò che à;
2) di chiunque in un rapporto, quale che sia, faccia la parte del leone lasciando la controparte a bocca asciutta.
L’espressione affiorò sulle labbra d’un vecchio artiere della città bassa, padre di numerosa prole il quale nell’imminenza delle feste pasquali aveva acquistato, come da tradizione, un agnellino vivo e lo aveva affidato alla consorte ché lo custodisse sino al giorno festivo quando sarebbe stato sacrificato ed approntato per allietare il desco familiare. Accadde invece che i numerosi affamati bambini giocando con l’agnellino finirono, non si sa se per fatalità o di proposito, finirono per ucciderlo costringendo la loro mamma a cucinarlo prima del previsto e poi lo divorarono voracemente senza lasciarne neppure una piccola parte al vecchio artiere assente per lavoro. Costui rientrando a sera ebbe la brutta sorpresa di ciò che era accaduto e la commentò dolentemente con la frase in epigrafe.
R.Bracale
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento