venerdì 25 maggio 2012
ERRORE, CANTONATA, ABBAGLIO, FESSERÍA GRANCHIO; LAPSUS & DINTORNI
ERRORE, CANTONATA, ABBAGLIO, FESSERÍA GRANCHIO; LAPSUS & DINTORNI
L’amico F.P. (al solito, mi limito ad indicare le iniziali non avendo ricevuto autorizzazione a fare per esteso nome e cognome...) si è detto molto soddisfatto di ciò che – su sua richiesta – scrissi sul termine diavolo & dintorni ed allora mi lancia una nuova sfida chiedendomi di dilungarmi sulla voce errore ed affini nonché sulle corrispondenti voci del napoletano.
Fino a che me ne sentirò capace non mi sottrarrò ad una sfida! Cominciamo; in italiano la voce piú comune usata per indicare l'allontanarsi dalla verità, dal giusto o dalla norma convenuta,o per indicare lo sbaglio, lo sproposito, nonché, in senso morale, un fallo, una colpa, un peccato, la voce piú comune – dicevo – è errore che può avere un nutrito ventaglio di riferimenti; ricorderò ad es.: errore di giudizio, di valutazione; errore di calcolo, di misura; errore di lingua, di grammatica, di stampa; fare, commettere un errore; essere, cadere, incorrere, indurre in errore; correggere gli errori | salvo errore che sta per: a meno che non vi sia qualche sbaglio involontario | per errore, per sbaglio, spec. di distrazione; in senso morale: scontare i propri errori; errori di gioventú ; nelle scienze sperimentali poi, l’errore è la differenza fra il valore vero e quello osservato: errore sistematico, quello che ricorre in tutti i casi osservati in quanto dovuto allo strumento usato, al metodo o ad imperizia; errore accidentale, casuale che è quello che dipende dal caso.
Nel diritto l’errore è la mancata o imprecisa conoscenza di un fatto o di una disposizione di legge: errore di fatto, di diritto | errore giudiziario: in un processo penale, erronea ricostruzione o interpretazione dei fatti che porta alla condanna di un innocente.
L’etimo di errore è dal lat. errore(m), deriv. di errare 'vagare, smarrirsi, sbagliarsi'.
Per la voce errore non esistono moltissimi sinonimi usati con eccezione di quelli indicati in epigrafe;ce ne sono però abbastanza usati in quanto tropi della voce errore: esamino qui di sèguito sia gli autentici sinonimi sia i tropi che però indicherò con un asterisco iniziale :
- abbaglio s. m. letteralmente (quale deverbale di abbagliare connesso con bagliore) indica
l’abbagliamento (offesa della vista per luce troppo viva) e per traslato figurato l’errore, la svista: prendere un abbaglio; cadere in un abbaglio.
- *baggianata s.f. che letteralmente sta per sciocchezza, stupidaggine, comportamento da baggiano,sciocco, credulone; va da sé che tutto ciò induca o possa indurre nello sbaglio ed ecco che la voce a margine, per tropo (qualsiasi uso linguistico che trasferisca una parola dal significato suo proprio a un altro figurato; traslato), viene usata come sinonimo di errore, sbaglio.
Etimologicamente la voce baggianata è ricavata come il termine baggiano sul s.vo baggiana= fandonia che è dal lat. baiana(m) '(fava) di Baia', città della Campania
- *balordaggine s.f. che letteralmente sta per détto o atto da balordo; sciocchezza, insensatezza che in quanto tali inducono o possono indurre nello sbaglio; anche in questo caso ci troviamo ad avere a che fare con un sinonimo ottenuto per traslazione metonimica; quanto all’etimo la voce balordaggine è ricavata marcandola sulla voce balordo= 1 persona sciocca o molto sbadata. 2 (gerg.) delinquente, malavitoso (dal tardo lat. bis→ba + lurdu(s)= zoppicante);
- cantonata s. f. . è un denominale di canto( che è dal lat. tardo canthu(m), derivato dal gr. kanthós 'angolo dell'occhio') indica l’angolo formato all'esterno, da due muri che s'incontrano e dunque indica appunto l’angolo formato dai muri esterni di una casa fra una strada e un'altra (per l’incotro interno di due muri s’usa la voce canto oppure angolo; mettiti in quel canto e sta’ fermo! | nell’espressione prendere una cantonata,quest’ultima figuratamente vale grosso errore, e tutta l’espressione sta per prendere un abbaglio, incorrere in un colpevole sbaglio quale quello (donde trasse l’espressione) di chi facesse urtare una ruota del proprio carro contro l'angolo della via, nel prendere una curva troppo stretta.
*cretinata s.f. che letteralmente sta per 1 frase o azione da cretino; 2 cosa da nulla, di poco valore, facilissima. L’accezione sub 1 come le precedenti baggianata,balordaggine à dato luogo al tropo che ci occupa per cui cretinata à finito per indicare un errore, uno sbaglio tanto piú grave in quanto originato da una cosa da nulla, di poco valore, facilissima; quanto all’etimo cretinata è ricavata marcandola sulla voce cretino= 1 persona sciocca o stupida (dal franco-provenz. crétin, propr. 'cristiano', che, usato dapprima nel significato di 'povero cristiano, poveraccio', à poi assunto valore spregiativo);
*corbellería s.f. che letteralmente sta per stupidaggine, sproposito, poi – per traslato – errore, sbaglio grave e colpevole; quanto all’etimo corbellería è ricavata marcandola sulla voce corbello che (quale diminutivo del lat. corba(m)) indica in primis un cesto rotondo di vimini o di strisce di legno intrecciate; anche, quanto in esso è contenuto: un corbello di fichi, ma poi per traslato gergale e/o furbesco usato al plurale (i corbelli) indica i testicoli ed è questa accezione che à dato luogo al tropo che ci occupa.
- fessería s.f. sciocchezza, quisquilia, errore da poco,scusabile stupidaggine voce marcata (vedi oltre) sia pure con un insulso aggiustamento sul napoletano fessaría.
- granchio s. m. derivato da una lettura metatetica del lat. cancer –cri con sostituzione di comodo della occlusiva velare sonora g al posto della piú aspra e dura occlusiva velare sorda c; è voce che à varie accezioni:
- 1) (zool.) Nome delle circa 4500 specie di crostacei decapodi brachiuri, diffusi in tutto il mondo, per lo piú marini ma anche dulcacquicoli e terrestri, di dimensioni variabili da pochi cm a oltre 3,50 m, con addome corto e ripiegato sotto il carapace e chele robuste: g. comune (Carcinus maenas), diffuso sulle coste italiane; g. di fiume (Potamon fluviatile), delle acque dolci dell'Italia e dei Balcani.
- 2) ( per estens., tecn.)
a) il cuneo bipenne opposto a quello battente del martello da falegname, cuneo bipenne usato per estrarre chiodi. b) Ferro conficcato sul banco del falegname, contro il quale si tiene fermo il legno da piallare.
- 3) ed è l’accezione che ci occupa (fig., fam.) Errore, sbaglio causato da un equivoco: prendere un granchio.
- 4) (ant.) La costellazione del Cancro.
- 5) usato impropriamente (pop.) quale sinonimo di crampo.
*idiozia s.f. che letteralmente sta per sta per stupidità, imbecillità; azione, frase da idiota, stupidaggine, sproposito, comportamento da idiota e poi – per traslato – errore, sbaglio grave e colpevole; quanto all’etimo idiozia è ricavata marcandola sulla voce idiota = stupido, deficiente, rozzo, incolto, voce che è dal lat. idiota(m) 'ignorante', che è dal gr. idiótís, deriv. di ídios, nel sign. di '(uomo) privato', che come tale è considerato 'incompetente, inesperto' rispetto a chi riveste incarichi pubblici
- lapsus s. m. invar. errore involontario verbale o di scrittura propr. "inceppamento, caduta", derivato dal lat. labi "scivolare", part. pass. lapsus – Si tratta cioè di un piccolo sbaglio non volontario, verbale o di scrittura, consistente nel sostituire un suono o una parola intera o scrivere una lettera invece di un'altra, nella fusione di due o piú parole in una sola, ecc., al quale, per S. Freud e la psicanalisi, bisogna attribuire un significato inconscio: scusa, è stato un lapsus! Espressioni usate: lapsus calami (lett. errore di penna= errore di scrittura), lapsus linguae letteralmente "errore di lingua= del parlato) che designano appunto il lapsus nello scrivere e nel parlare; infine lapsus freudiano: quello dovuto a motivi inconsci.
*scemenza s.f. che letteralmente sta per sta per stupidità, imbecillità; azione, frase da scemo, banalità, stupidaggine, sproposito, comportamento da scemo e poi – per traslato – errore, sbaglio grave e colpevole in quanto generato da una banalità; quanto all’etimo scemenza è ricavata marcandola ovviamente sulla voce scemo = che à o denota poco senno; sciocco, insulso, che è privo di senso, stupido, voce che è deverbale del lat. volg. *exsemare, comp. di ex- 'via da' e un deriv. di símis 'metà'; anche per le successive tre voci ci troviamo difronte a tre s.vi f.le che letteralmente stanno per stupidità, imbecillità; azioni rispettivamente da sciocco, da stupido o da stolto , banalità, stupidaggini, spropositi, comportamenti sciocchi, ottusi, cretini etc. tali da poter – per traslato – esser détti errori, sbagli gravi e colpevoli in quanto generati da insulsaggini, insipidezze, scipitezze comportamentali; rispettivamente quanto a gli etimi
*sciocchezza è marcato sul s.vo sciocco = poco intelligente (dal lat. exsuccu(m) 'privo di sugo', comp. di ex-, con valore privativo, e succus 'sugo, sapore'),*stupidaggine è marcato sul s.vo stupido =tardo nel comprendere, ottuso di mente, deficiente, idiota, imbecille (dal lat. stupidu(m), deriv. di stupíre 'stupire') ed infine*stoltezza è marcato sul s.vo stolto = persona, che dimostra poca intelligenza; sciocco, stupido (dal lat. stultu(m)).
Esaurite ad un dipresso le voci dell’italiano, passiamo alle piú numerose voci del napoletano dove abbiamo:
-fessaría s. f. che letteralmente vale errore di poco conto, ed estensivamente sciocchezza, stupidaggine, azione insulsa tipica dello sciocco; la voce a margine deriva forse da fesso con il suff. arius→aro + il suff. astratto tonico ía; epperò non gli dovrebbe essere comunque estranea, come reputo e morfologicamente piú vicina la voce fessa (l’organo sessuale femminile esterno) ( part. pass. del verbo latino findere) dalla fessaría (da fessa+ aría da arius) sciocchezza, stupidata, deriva la toscana fessería di significato analogo).In chiusura faccio notare la solita incomprensibile, stupida mutazione che opera il toscano trasformando una A etimologica (da fessa→ fessaría) per adottare una piú chiusa E (fessaría vien cioè trasformata in fessería) forse nella sciocca convinzione che la vocale chiusa E sia piú consona dell’aperta A alla elegante (?!) lingua di Alighieri Dante…
In ogni caso con la voce fesso (dell’italiano e del napoletano) derivato attraverso il sign. del femm. fessa dell'Italia merid., pop. si indica l’imbecille, lo sciocco quello cioè capace di errori di poco o molto conto, ed ancóra estensivamente sciocchezze, stupidaggini, azioni insulse etc. Rammento talune espressioni popolari in uso sia nella lingua nazionale che nel napoletano: fare fesso, m’hê fatto fesso : riferito a persona, ingannarla: mi vuoi proprio fare fesso? fam., fare il fesso/ fà ‘o fesso, fare lo spiritoso, o anche il temerario. Dim. fessacchiotto, scherz si indica lo sciocco,il balordo , voce in ogni caso da far risalire al lat. fissu(m), part. pass. di findere 'fendere').
-marrone s. m. . che letteralmente vale grosso errore, sbaglio di gran conto, ed estensivamente addirittura sproposito; la voce a margine è presente pure nell’italiano con un ampio ventaglio di significati che sono:
1)Bestia che guida il branco,
2) (equit.) Cavallo anziano che deve servire di esempio al puledro da ammansire,
3) (ant.) Guida alpina.,
4)(bot.) Nome di una varietà pregiata del frutto di castagno (Castanea sativa), generalm. piú grande della castagna comune,
5) volgarmente testicolo,
6) Il colore tipico, bruno rossiccio, del guscio delle castagne 7) come per il napoletano (e forse da esso mutuato), ma d’uso rarissimo e solo letterario errore grave, sproposito.
Non di facilissima comprensione le strade semantiche seguíte nell’italiano per approdare a tanti significati diversi, né semplicissimo indicare un eventuale etimo della voce italiana (esercizio forse inutile atteso che a mio avviso il marrone dell’italiano è mutuato (vedi oltre) sul napoletano); ad ogni buon conto dirò che per il marrone dell’italiano qualcuno propose il tardo greco *màraon, altri vi vedono una voce indigena usata pure come nome proprio Virgilio Marone altri ancóra vi leggono una radice celtica mar= grande, grosso che forse ben si può attagliare al cavallo piú vecchio e/o grande che guida il branco o a quello piú capace usato a mo’ d’esempio nell’addestramento dei puledri, alla castagna piú grande .
Quanto al marrone napoletano, atteso che la reputo una voce affatto originaria e non mutuata dall’italiano,anzi voce che al contrario, l’italiano à preso in prestito dal napoletano (rammenterò al proposito che l’italiano à l’espressione cogliere in castagna per indicare cogliere in errore espressione dalla quale si evince l’esistenza del duplice significato di marrone che vale in italiano e nel napoletano grossa castagna ed errore marchiano); ripeto che quanto al marrone napoletano penso che etimologicamente sia da collegarsi all’ant. francese marrir= confondersi, smarrirsi o piú ancóra allo spagnolo marrar= errare, attraverso il sost. marro= errore addizionato del suff. accrescitivo one.
-nguacchio/nquacchio s.m. La parola a margine ,(si tratta infatti di un solo termine, reso con due diverse grafie: una volta con l'occlusiva velare sonora(g) ed una volta con l’occlusiva velare sorda (q)), nel suo significato primo di bruttura, lordura, sudiciume e poi in quello estensivo di piccolo involontario errore risulta essere – quanto al suo etimo – un deverbale di nguacchià/nquacchià voci tutte di origini onomatopeiche; i verbi ànno il loro significato primo di: sporcare, insudiciare, macchiare, imbrattare;proprio in tali accezioni la parola in epigrafe fu usata per indicare quegli inopinati sgorbi e/o macchie d’inchiostro che – complici la distrazione, l’inchiostro ed il pennino della penna comune – lordarono quaderni e libri al tempo (1950) delle scuole elementari; quando poi (1955) con l’avvento della penna biro che mandò in soffitta inchiostro, calamaio, pennini e penne comuni, divenne desueta anche la parola nguacchio/nquacchio ed essa venne sostituita da spirinquacchio usata per indicare non lo sgorbio o la macchia casuale, quindi l’involontario errore, quanto quel ghirigoro voluto e cercato prodotto per saggiare se l’inchiostro contenuto nella cannuccia di plastica della penna biro fosse ancora sufficiente o sufficientemente fluido per permettere di scrivere; poiché per saggiare la scorrevolezza e fluidità del detto inchiestro, si muoveva in maniera piú o meno circolare la penna tenuta rigidamente perpendicolare al piano di scrittura, la traccia che se ne ricavava era di forma spirale, di talché il disegno ottenuto era pur sempre ‘nu nguacchio, ma in quanto di forma spiraleggiante, finí per esser definito spirinquacchio/spiringuacchio; la parola napoletana nguacchio o nquacchio oltre ai cennati significati, à poi un suo significato estensivo che è quello di: situazione intrigata, pasticcio di difficile soluzione ed ancóra infine deflorazione con conseguente fecondazione di una giovane che consenzientemente, da nubile, si sia fatta possedere da un innamorato; nelle cennate due accezioni di pasticcio di difficile soluzione, situazione intrigata la parola è trasmigrata pure se in non tutti, in molti dei piú corredati vocabolarî della lingua italiana dove è diventata: inguacchio; ugualmente un significato estensivo ànno i verbi nguacchià/nquacchià che nella parlata napoletana vengono usati per indicare oltre che i cennati: sporcare, insudiciare, macchiare, imbrattare, anche l’ungere o il condire esageratamente in ispecie con sugo di pomodoro, fatti che sostanziano in ogni caso un errore (ovunque e sempre occorrono misura e moderazione, secondo il détto: l’esagerazione è difetto!); molta meraviglia à destato in me il fatto che mentre abbia incontrato in molti dizionari della lingua italiana il termine inguacchio, in nessuno vi ò ritrovato il verbo da cui dovrebbe essere scaturito: inguacchiare… Misteri della lingua italiana e di taluni soloni linguisti che la fanno, i quali considerano (cfr. Treccani – Garzanti etc.) il verbo inguacchiare napoletano, ma fanno italiana la voce inguacchio che è derivata di inguacchiare!
Proseguiamo e troviamo
-pistacchiata s.f. letteralmente la pistacchiata è una sorta di untuosa cremina ad uso di pasticceria ricavata dalla pestatura di pistacchi sgusciati e tostati, ma - prendendo a prestito l’immagine di questa crema - si indicarono i contenuti errori presenti sui quaderni dei bambini della scuola primaria, errori spesso accompagnati da una qualche macchia d’inchiostro (cfr. la voce precedente); per traslato ed ampliamento semantico la voce a margine vale sbaglio, strafalcione ed anche sproposito, svarione; quanto all’etimo la voce pistacchiata è da collegarsi alla voce pistacchio dal lat. pistaciu(m), che è dal gr. pistákion. A margine di questa voce rammenterò che essa voce nel parlar becero, quando non addirittura triviale, di talune zone della città bassa, sulla bocca del popolino, sia pure nei medesimi significati, veniva e talora ancóra viene corrotta in picchiaccata o pucchiaccata voci derivate dritto per dritto da pucchiacca/ purchiacca che (con etimo dal greco pýr+k(o)leacca←*cljacca) sta per fodero di fuoco ed è uno dei modi piú volgari, ma icastici usati per indicare l’organo sessuale esterno della riproduzione femminile.E non faccia meraviglia l’accostamento divertente tra le voci pucchiacca/ purchiacca→picchiaccata o pucchiaccata ed un tipo di errore; in fondo è il medesimo accostamento che corre tra un piccolo errore e la parola fessaria che è da fessa.
-rancefellone s m. eccoci ad un’altra voce che solo per traslato è usata per indicare un grande sbaglio, un colpevole strafalcione ed anche un’ azione o parola inopportuna, fatta o detta a sproposito, uno svarione volontario ; letteralmente infatti con la voce a margine si indica un tipo di granchio, détto granciporro e semanticamente la connessione tra il colpevole sbaglio e questo granchio grosso, è da cercarsi nel fatto che questo granchio-traditore (vedi oltre) se toccato,può diventare pericoloso e procurare lesioni dolorose alla medesima stregua d’un colpevole sbaglio che può lasciare il segno! Quanto all’etimo rancefellone risulta essere l’agglutinazione della voce rance (da una lettura metatetica del lat. cànceru(m)→*(c)rance(um) + la voce fellone= traditore con qualche probabilità da un antico franco félon ma forse piú probabilmente dall’antico sassone félen donde un lat. med. fello/fellonis→fellone(m) (Du Cange).
-rapata s.f. voce che vale corbelleria, insulsaggine, banalità sciocchezza e come tale usata per indicare gli i piccoli, perdonabili errori comportamentamentali degli adolescenti e dei ragazzi; la voce a margine è un derivato di
rapa,s.vo f.le, e solo f.lerapa voce che è dal lat. rapa, propr. neutro pl. di rapum 'rapa', poi inteso f.le sg. e che indica, nel linguaggio figurato una persona non ancóra matura, di scarsa intelligenza,e talora anche mancator di parola,vigliacca tale da mettere in essere corbellerie, insulsaggini, banalità e sciocchezze ed addirittura tradimenti e/o azioni vigliacche;
-sbalanzone s.m. un’altra voce che solo per traslato è usata per indicare un eccezionale sbaglio, un colpevole grande strafalcione un grave sproposito, un importate svarione volontario tutti errori capaci di procurar danno ; letteralmente con la voce a margine si indica uno spintone un urtone operato in danno di persona anziana che da detta spinta e/o urto può subire conseguenze dannose.
Son proprie queste conseguenze dannose il trait d’union logico e semantico tra lo sbalanzone-urto e lo sbalanzone-sproposito. Etimologicamente la voce a margine è un derivato dalla voce valanza (dal lat. bislanx=dal doppio piatto) addizionata della tipica s qui distrattiva e del suff. accrescitivo one; ò parlato di s distrattiva che qui vale quasi ex in quanto in origine con la voce sbalanzone si indicò quel tipico colpo assestato ad uno dei piatti della bilancia per scuoter via un po’ delle granaglie eccedenti il peso voluto.
-sbarione s. m. cretinata, errore stupido dovuto a vaneggiamento, innocente grulleria da attribuirsi ad improvviso delirare, incolpevole idiozia dovuta forse ad uno stato febbrile; la voce a margine risulta un deverbale di sbarià verbo intran.vo che vale: vaneggiare, farneticare, delirare (cfr. sbarià cu ‘a capa!= applicarsi ad altro, eludere pensieri serî etc.) sbarià con la consueta alternanza b/v è dal lat. *s +variare, deriv. di varius 'vario'.
-scemaría s.f. che letteralmente sta per per sta per stupidità, imbecillità; azione, frase da scemo, banalità, stupidaggine, sproposito, comportamento da scemo e poi – per traslato – errore, sbaglio grave e colpevole in quanto generato da una banalità; quanto all’etimo scemaría è ricavata marcandola ovviamente sulla voce scemo = che à o denota poco senno; sciocco, insulso, che è privo di senso, stupido, voce che è deverbale del lat. volg. *exsemare, comp. di ex- 'via da' e un deriv. di símis 'metà'; anche per le successive tre voci ci troviamo difronte a tre s.vi f.le che letteralmente stanno per stupidità, imbecillità; azioni rispettivamente da sciocco, da stupido o da stolto , banalità, stupidaggini, spropositi, comportamenti sciocchi, ottusi, cretini etc. tali da poter – per traslato – esser détti errori, sbagli gravi e colpevoli in quanto generati da insulsaggini, insipidezze, scipitezze comportamentali; rammento al proposito che fino alla fine degli anni ’50 del 1900 nel parlato popolare della città bassa la voce scemaría indicò oltre che un errore, uno sproposito, una sciocchezza anche una casa di cura (Scemaría ‘e Miano?) dove venivano ricoverati gli adolescenti con gravi problemi di apprendimento e/o comportamentali;
-scunnietto s. m. che indica una grossa idiozia,un involontario sbaglio, una minchioneria volgarmente détta anche cazzata dovuti però ad improvvisi e transeunti stati di non raziocinio,di dissociazione mentale e pertanto scusabili, se non perdonabili; la voce a margine è etimologicamente un deverbale di scunnettïà esatto opposto di cunnettïà = unire, associare, legare, correlare con la protesi di una s, qui distrattiva, che ne inverte il significato e pertanto scunnettïà vale disunire, dissociare, slegare, non cogliere le correlazioni tra cose e/o tra cause ed effetti. A margine rammenterò che per traslato e/o ampliamento semantico la voce a margine in talune occasioni sta per oscenità, parola oscena. Ad un dipresso ciò che accade per la voce seguente che in primis valse parolaccia, bestemmia e poi per traslato ebbe altri significati.
-scuntrufo/scuntrufolo s.m. in doppia morfologia leggermente variata: nella seconda è leggibile il suffisso diminutivo olus→olo ma sostanzialmente la parola è la medesima ed in primis (cosí come attestato nel D’Ambra e nell’Andreoli valse parolaccia, bestemmia e poi per traslato errore irrispettoso, caso, combinazione erronei, scontro forse con riferimento all’etimologia che è da cercare in un deverbale di scuntrà= urtare, mettersi all’opposto di, cozzare violentemente contro qualcosa, verbo che è derivato da ‘ncuntrà con cambio di prefisso; al verbo scuntrà per ottenere le voci a marigine sono stati aggiunti rispettivamente i suffissi ufo o il suff. dim. ufolo suffissi sui quali – prima o poi cercherò d’essere piú preciso; per ora mi sono arreso non avendone trovato riscontro nel Rohlfs (libro sacro dei suffissi!),
-smuccaría/ smucchezza s.f. che letteralmente sta per
-stracchimpacchio s.m. grossa melensaggine,errore marchiano, enorme goffaggine dovuti a comportamenti abborracciati, precipitosi e/o raffazzonati e non accompagnati da attenzione, raziocinio e/o misura; quanto al suo etimo (atteso che nessuno dei calepini etimologici della parlata napoletana ne prende conto) non posso che formulare la mia ipotesi per la quale la voce a margine m’appare ragionevolmente costruita quale deverbale (mpacchio = errore, svarione, ma anche imbroglio, sudiciume,inganno) derivato di nguacchià/nquacchià adattati in mpacchià con protesi di un (e)xtra→stra + una sillaba cchi sillaba d’allungamento espressivo, voci tutte di origini onomatopeiche costruite su di un suono: nguacc/nquacc (faccio notare che la enne d’avvio del suono suddetto à valore eufonico e non è il residuo di un in illativo, per cui non necessita di un segno diacritico d’avvio e correttamente si dovrà scrivere nguacchio/nquacchio o nguacchià/nquacchià e poi mpacchià e non ‘nguacchio/’nquacchio/’mpacchio o ‘nguacchià/’nquacchià e poi ‘mpacchià) ; i verbi nguacchià/nquacchià ànno il loro significato primo di: sporcare, insudiciare, macchiare, imbrattare;proprio in tali accezioni la parola nguacchio/nquacchio fu usata per indicare quegli inopinati sgorbi e macchie d’inchiostro che – complici la distrazione, l’inchiostro ed il pennino della penna comune – lordarono quaderni e libri al tempo (1950) delle scuole elementari; quando poi (1955) con l’avvento della penna biro che mandò in soffitta inchiostro, calamaio, pennini e penne comuni,divenne desueta anche la parola nguacchio/nquacchio essa venne sostituita da spirinquacchio usata per indicare non lo sgorbio o la macchia casuale, quando quel ghirigoro voluto e cercato prodotto per saggiare se l’inchiostro contenuto nella cannuccia di plastica della penna biro fosse ancora sufficiente o sufficientemente fluido per permettere di scrivere; poiché per saggiare la scorrevolezza e fluidità del detto inchiestro, si muoveva in maniera piú o meno circolare la penna tenuta rigidamente perpendicolare al piano di scrittura, la traccia che se ne ricavava era di forma spirale, di talché il disegno ottenuto era pur sempre ‘nu nguacchio, ma in quanto di forma spiraleggiante, finí per esser definito spirinquacchio/spiringuacchio; la voce mpacchio s’ebbe in primis il significato di imbroglio, sudiciume,inganno e successivamente valse errore, svarione che divennero grandi attraverso la prostesi di stra→stracchimpacchio) rammento altresí che tali sgorbi un tempo s’ebbero il nome alternativo di cerefuoglio voce dal lat. caere(folium) che indica oltre che la pianta delle ombrellifere anche gli sgorbi fatti a caso con penne e/o matite sui fogli di carta e ancóra i vezzi, le moine le sdolcinature, tutte cose che semanticamente posson ricondursi altresí alle bizzarríe,alle stranezze bizzose che, sia detto per incidens, vengono ricordate con la voce cerenfrúscolo s.m. voce ormai desueta, ma registrata da tutti calepini d’antan nel significato primo di bagattella, minuzia, sciocchezza ed in quello (per estensione ed ampliamento semantico) di bizzarria, stranezza bizzosa, stravaganza. Quanto all’etimo si sospetta un incrocio tra i lat. caere(folium) e frustulum = bruscolo di cerfoglio;torniamo ad occuparci della parola napoletana nguacchio o nquacchio che oltre ai cennati significati, à poi un suo significato estensivo che è quello di: situazione intrigata, pasticcio di difficile soluzione ed ancóra infine la deflorazione con conseguente fecondazione di una giovane che consenzientemente, da nubile, si sia fatta possedere da un innamorato; nelle cennate due accezioni pasticcio di difficile soluzione, situazione intrigata la parola è trasmigrata pure se in non tutti, in molti dei piú cospicui vocabolarî della lingua italiana dove è diventata: inguacchio incorrendo però nell’errore di ricostruire in modo abborracciato una voce leggendo nella enne d’attacco del napoletano nguacchio il residuo di un inesistente in (illativo); ugualmente un significato estensivo ànno i verbi nguacchià/nquacchià che nella parlata napoletana vengono usati per indicare oltre che i cennati: sporcare, insudiciare, macchiare, imbrattare, anche l’ungere o il condire esageratamente in ispecie con sugo di pomodoro; molta meraviglia à destato in me il fatto che mentre abbia incontrato in molti dizionari della lingua italiana il termine inguacchio, in nessuno vi ò ritrovato il verbo da cui dovrebbe essere scaturito: inguacchiare… Misteri della lingua italiana!
-straverio/streverio s. m. antica voce attestata passim in ambedue le morfologie nel significato primo di cosa eccedente la realtà, sproposito e quindi grosso errore, marchiana fanfaluca, madornale ciancia, spropositata frottola, grossolana sciocchezza, assurdità colossale; l’etimo, checché ne abbia détto il fu D’Ascoli che fantasiosamente ipotizzò un deverbale di stravedé/straveré (ma siamo poi certi che fu lui ad ipotizzare la faccenda? In effetti non penso che fosse farina del suo sacco,bensí il parto di uno dei tanti negri che lo aiutavano a stendere i suoi numerosi libri ai quali – complice la senescenza – egli non potette dare tutta la cura e l’attenzione di cui abbisognavano... lasciando correre molte inesattezze e/o fantasie!) l’etimo – dicevo – a mio avviso, sulla scia del Mormile commentatore delle opere di Barolomeo Capasso (Grumo Nevano (Napoli) 1815 -† Napoli 1900), è dal lat. extra-verum→straveru(m)→straverio;
-stroppola s.f. che letteralmente sta per filastrocca ed estensivamente baggianata, sciocchezza, errore dovuto a stupidità, idiozia, imbecillità, cretineria, stoltezza, scempiaggine; l’etimo è un diminutivo (cfr. il suff. ola) del llat. tardo stropha(m), che è dal gr. strophé, propr. 'voltata, evoluzione (del coro intorno alla timele)', deriv. di stréphein 'volgersi’ ma anche cavillo, pretesto, imbroglio;
-stupetezza s.f. che letteralmente sta per
-trummunata s.f. che letteralmente sta per trombonata, spacconata, smargiassata. e per traslato ed ampliamento semantico vale sesquipedale sproposito, immane sciocchezza, enorme cretinata, fesseria spropositata stupidaggine madornale il tutto in linea con la parole da cui deriva che non è il trombone strumento a fiato di ottone, simile alla tromba ma di maggiori dimensioni e tonalità piú bassa, normalmente dotato di pistoni o di coulisse, strumento che quantunque piú grosso della tromba, non raggiunge misure tali da esser presa a modello per tutti i significati surriportati; la voce da cui deriva trummunata è trummone che in napoletano indica sí il trombone strumento a fiato, ma indica altresí una grossa botticella lignea cilindrica, bordata di metallo,dotata di zipolo, incerneriata su i due lati opposti della circonferenza centrale, per poter comodamente ondeggiare basculando; in tale contenitore di grande capacità veniva conservata la caretteristica acqua zuffregna/zurfegna= acqua sulfurea e la capicità del trummone era ben maggiore di quella delle cosiddette mmummare in cui pure si conservava l’acqua per la vendita al minuto; il trummone era agganciato sul ripiano laterale delle cosiddette banche ‘e ll’acqua= banchetti di mescita di acqua ed altre bevande) La voce mmúmmara s.vo f.le = grande vaso di creta per acqua o vino viene dal neutro pl. greco bombýlia poi fem.le sg. con cambio di suffisso e dissimilazione *bommara→mmómmera→mmúmmera/ mmúmmara mentre la voce zuffregna/zurfegna trae da un acc.vo lat. aqua(m)sulphurínea(m)→suphrínja→surphínja→ surfegna→zurfegna con raddoppiamento espressivo della fricativa labiodentale sorda e metatesi della liquida zuffregna;
per trummone da cui trummunata, occorre pensare forse ad un lemma onomatopeico con riferimento ad un’iniziale tromma + un suff. accrescitivo, benché la voce a margine non abbia nulla a che spartire – come ò detto - con gli strumenti musicali a fiato tromba e trombone quantunque (per la sua forma panciutamente cilindrica) ‘o trummone ‘e ll’acqua è simile al grosso bombardino strumento a fiato di ottone, usato nelle bande; flicorno baritono, impropriamente détto trombone→trommone→trummone.
-zzarro svarione, errore non segnatamente volontario dovuto ad un improvviso, quanto imprevisto impedimento (cfr. l’espressione piglià 'nu -zzarro che vale errare, prendere un abbaglio,incorrere in un impedimento, inciampare in un qualcosa come ad es. un sasso sporgente; per l’etimo la voce zzarro deriva dall'arabo zahr (dado- sasso sporgente).
E qui penso di poter far punto avendo – a mio avviso – esaurito l’argomento, nella speranza d’avere accontentato, o - quanto meno - interessato l’amico F.P., qualcuno dei miei consueti ventiquattro lettori e chi altro dovesse leggermi. Satis est.
Raffaele Bracale
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