martedì 18 marzo 2014
VARIE 2961
1 CARUSO, MELLUSO, MIETTE 'A CAPA ‘INT' Ô PERTUSO, E PPO VÈNE 'O SCARRAFONE E TTE ROSECA 'O MELLONE...
Filastrocca quasi intraducibile ad litteram, ma che si può rendere opportunamente con:”Pelato, tosato poni la testa nel buco e poi arriva una blatta che ti rode la testa calva”. Con tale filastrocca, recitata con tono canzonatorio, a Napoli un tempo si soleva prendere in giro i ragazzi che - per igiene - portavano la testa completamente rapata; li si insolentiva preconizzando per loro che avrebbero avuto la testa rosicchiata da uno scarafaggio.Per il vero in origine la filastrocca era usata per insolentire non solo i ragazzi, ma soprattutto quegli adulti che in preda a furiose emicranie si radevano completamente il capo e lo introducevano auspicandone una miracolosa guarigione, in un foro esistente sul muro di cinta della chiesa di S. Aspreno al Porto, nota anche come chiesa di Sant'Aspreno ai Tintori,antico luogo di culto di Napoli; l'edificio è situato nei pressi del porto, in via Sant'Aspreno, a fianco del Palazzo della Borsa nel luogo dove esisteva una grotta che la tradizione volle dimora del santo vescovo; prima dell'VIII secolo venne realizzata la chiesa che successivamente, nel XVII secolo, fu restaurata su commissione del mercante Salvatore Perrella per grazie ricevute; nel 1895 fu ulteriormente rimaneggiata e inglobata nel Palazzo della Borsa.Tornando alla filastrocca c’è da notare che, essendo il foro presente sul muro di cinta della chiesa (ubicata in una zona insalubre) molto umido, era ricettacolo di blatte,insetti notoriamente avidi di liquidi e non era improbabile che qualche scarafaggio assalisse il cranio rapato di chi l’introduceva nel foro.
Linguisticamente parlando faccio notare che i termini d’attacco della filastrocca: caruso, melluso altro non sono che giocosi sinonimi e valgono ambedue “testa rapata”: caruso è un s.vo. m.le deverbale di carusà= rapare; trattasi di voce etimologicamente da collegarsi al verbo greco kéirō = tosare verbo in cui è ravvisabile la radice kar presente in kara= testa;
melluso è un s.vo. m.le adattamento, per cambio di desinenza, di comodo (per rimare con caruso e con pertuso) di un originario mell-one→mell-uso che 1 in primis vale cocomero, anguria; 2 per traslato testa calva, testa rapata; voce dall’acc.vo tardo lat. melone(m) con raddoppiamento espressivo della consonante laterale alveolare (L).
scarrafone s.vo. m.le = 1 in primis scarafaggio, blatta; 2per traslato individuo brutto, repellente; voce da un acc.vo lat. scarabaeu-m + un suff. accrescitivo one , raddoppiamento espressivo della consonante liquida vibrante (R) ed esito d’influsso osco di ba in fa (cfr. runfà←rhombus, scrofola←scrobula-m).
2QUANNO 'O PARENTE CORRE, 'O VICINO È GGIÀ CURRUTO.
Ad litterram: quando il parente accorre, il vicino lo à già fatto. Id est: bisogna aspettarsi maggior aiuto da un vicino che da un parente, che viene a prestarti aiuto meno sollecitamente di un vicino: questo - almeno - accade in Campania dove esiste ancora la cultura del buon vicinato; per la restante parte d'Italia non so, né mi pare sia dato sapere...
3 'O FIGLIO MUTO 'A MAMMA 'O 'NTENNE.
Il figlio muto lo comprende la madre. Nell’espressione si afferma è[pur senza alcuna reale prova...] che nessuno, se non la di lei madre,che l’à generata e quindi la conosca bene, sia in grado di comprendere ciò di cui à bisogno una persona che non si sappia esprimere.
4'O PUORCO FÈTE 'A VIVO, MA ADDORA QUANNO È MMUORTO, LL'OMMO ADDORA 'A VIVO E FFÈTE 'A MUORTO, 'A FEMMENA FÈTE VIVA O MORTA.
Ad litteram: il maiale puzza da vivo, ma odora da morto(quando è ben cucinato), l'uomo odora da vivo e puzza da morto, la donna - invece puzza sia da viva che da morta; id est: la donna è comunque un'essere da evitare, essendo l'unico essere inaffidabile e, figurativamente, maleodorante sia da vivo che da morto.
5 SI 'E CCORNE FOSSENO PURTUALLE, 'A CAPA TOJA FÓSSE PALERMO.
Ad litteram: Se le corna fossero arance, la tua testa(che ne è molto fornita) sarebbe la città di Palermo.Icastica e colorita offesa con la quale a Napoli si suole rammentare a taluno i continui tradimenti operati dalla di lui consorte, al segno che qualora le corna fossero arance, la testa del malcapitato cui è diretta l'offesa, sarebbe la città di Palermo, zona in cui si producono estesamente saporitissime e grosse arance.
6 'O PUORCO PULITO NUN SE 'NGRASSA MAJE
Ad litteram: un porco pulito non si ingrassa mai. Id est:Chi si comporta in maniera netta e scevra di colpe, non otterrà mai grandi risultati nella propria vita, dove -invece- per poter primeggiare - occorre spesso commetter nefandezze, come accade per il maiale che solo se vive rotolandosi nella melma del porcile, prospera e s'ingrassa.
7'O CUONCIO ACCONCIA.
Ad litteram: il condimento aggiusta. Id est: basta un buon condimento per migliorare le pietanze meno appetitose. Per traslato: ogni cosa diviene bene accetta se è presentata bene o agghindata con grazia.
8 CHI TENE 'E MMANE 'MPASTA, NUN METTE 'E DDETE 'NCULO Â GALLINA.
Ad litteram: chi sta impastando, non mette le dita nel sedere della gallina. Il proverbio non adombra una norma igienico - sanitaria, ma vuol significare che chi sta nel mondo degli affari deve tener sempre nascoste le proprie mosse per non appalesare ai concorrenti quali sono le sue intenzioni prossime; non deve comportarsi cioè come la contadina che - tastando il sedere alle galline per accertarsi della presenza dell'uovo - dà ingenuamente a vedere a tutti ciò che le sta per accadere.
9 'O CAVALLO ZUOPPO E 'O CIUCCIO VIECCHIO, MORONO Â CASA D''O FESSO.
Ad litteram: il cavallo zoppo e l'asino vecchio muoiono in casa dello sciocco. Id est: dello sciocco ognuno si approfitta; nella fattispecie allo sciocco vengono venduti il cavallo azzoppato e l'asino vecchio ormai inadatti al lavoro.
10 L L'AMICO È COMME Ô 'MBRELLO: QUANNE CHIOVE NUN 'O TRUOVE MAJE.
Ad litteram: l'amico è come l'ombrello; quando piove non lo trovi mai; id est:l'amico - che nei momenti di bisogno dovrebbe essere il primo a soccorrerti-, accade che, proprio allora sparisce e non si fa trovare...
11 'A TONACA NUN FA 'O MONACO, 'A CHIERECA NUN FA 'O PREVETO, NÈ 'A VARVA FA 'O FILOSOFO.
Ad litteram: la tonaca non fa un monaco, la tonsura non fa un prete né la barba fa il filosofo; id est: l'apparenza può ingannare: infatti non sono sufficienti piccoli segni esteriori per decretare la vera essenza o personalità di un uomo.
12 ME PARONO 'E CCAPE D''A VECARIA.
Ad litteram: mi sembrano le teste della Vicaria. Lo si suole dire di chi è smagrito per lunga fame, al segno di averne il volto affilato e scavato quasi come le teste dei giustiziati, teste che tra il 1500 ed il 1600 venivano esposte per ammonimento infilzate su lunghe lance o esposte in gabbie metalliche e tenute per giorni e giorni all'esterno dei portoni del tribunale della Vicaria, massima corte del Reame di Napoli.
13 ARIA NETTA NN’ AVE PAURA 'E TRÒNNELE.
Ad litteram: aria pulita non teme i tuoni; infatti quando l'aria è tersa e priva di nuvole, i tuoni che si dovessero udire non sono annunzio di temporale. Per traslato: l'uomo che à la coscienza pulita non teme che possa ricevere danno dalle sue azioni, che - improntate al bene - non potranno portare conseguenze negative .
14 ASCÍ 'A VOCCA Ê CANE E FERNÍ 'MMOCCA Ê LUPE
Ad litteram: scampare alla bocca dei cani e finire in quella dei lupi. Maniera un po' piú drammatica di rendere l'italiano: cader dalla padella nella brace: essere azzannati da un cane è cosa bruttissima, ma finire nella bocca molto piú vorace di un lupo, è cosa ben peggiore.
15 RROBBA 'E MANGIATORIO, NUN SE PORTA A CUNFESSORIO.
Ad litteram: faccende inerenti il cibarsi, non vanno riferite in confessione. Id est: il peccato di gola... non è da ritenersi un autentico peccato. A malgrado che la gola sia uno dei vizi capitali,per il popolo napoletano, atavicamente perseguitato dalla fame, non si riesce a comprendere come sia possibile ritener peccato lo sfamarsi anche lautamente... ed in maniera eccessiva.
16 CU LL'EVERA MOLLA, OGNEDUNO S'ANNETTA 'O CULO.
Ad litteram: con l'erba tenera, ognuno si pulisce il sedere; per traslato: chi è privo di forza morale o di carattere non è tenuto in nessuna considerazione , anzi di lui ci si approfitta, delegandogli persino i compiti piú ingrati
17 T'AMMERETAVE 'A CROCE GGIÀ 'A PARICCHIO..
Ad litteram: avresti meritato lo croce già da parecchio tempo. A Napoli, la locuzione in epigrafe è sarcasticamente usata per prendersi gioco di coloro che, ottenuta la croce di cavaliere o di commendatore, montano in superbia e si gloriano eccessivamente per il traguardo raggiunto; ebbene a costoro, con la locuzione in epigrafe, si vuol rammentare che ben altra croce e già da gran tempo, avrebbero meritato intendendendo che li si ritiene malfattori, delinquenti, masnadieri tali da meritare il supplizio della crocefissione quella cui, temporibus illis, erano condannati tutti i ladroni...
18 LL'AVVOCATO À DDA ESSERE 'MBRUGLIONE.
Ad litteram: l'avvocato deve essere imbroglione. A Napoli - terra per altro di eccellentissimi principi del foro, si è convinti che un buono avvocato debba esser necessariamente un imbroglione, capace cioè di trovare argomentazioni e cavilli giuridici tali da fare assolvere anche un reo confesso o - in sede civilistica - far vincere una causa anche a chi avesse palesemente torto
19 LL'AVVOCATO FESSO È CCHILLO CA VA A LEGGERE DINT'Ô CODICE.
Ad litteram: l'avvocato sciocco è quello che compulsa il codice; id est: non è affidabile colui che davanti ad una questione invece di adoprarsi a comporla pacificamente consiglia di adire rapidamente le vie legali; ad ulteriore conferma dell'enunciato in epigrafe, altrove - nella filosofia partenopea - si suole affermare che è preferibile un cattivo accordo che una causa vinta, che - certamente - sarà stata piú dispendiosa e lungamente portata avanti rispetto all'accordo.
20 Â GGATTA CA ALLICCA 'O SPITO, NUN CE LASSÀ CARNE P'ARROSTERE.
Ad litteram: alla gatta che lecca lo spiedo, non lasciar carne da arrostire. Id est: non aver fiducia di chi ti à dato modo di capire di che cattiva pasta è fatto, come non sarebbe opportuno lasciare della carne buona per essere arrostita, a portata di zampe di un gatto che è solito leccare gli spiedi su cui la carne viene arrostita...
21 'O FRIDDO 'E BBUONE 'E SCUTULÉA, E 'E MALAMENTE S''E CARRÉA.
Ad litteram: il freddo percuote chi gode buona salute e porta via con sé chi sta male. Id est: i rigori invernali fanno comunque danno; per solito, in inverno, chi gode buona salute, finisce per ammalarsi, mentre chi è già malato corre il grave rischio di morire.
22 RUMMANÉ Â PREVETINA COMME A DON PAULINO.
Ad litteram: restare alla "prevetina" come don Paolino prete nolano(celebre, altrove, per la sua indigenza cosí grande da non permettergli l'acquisto di ceri per le funzioni religiose, che era costretto a celebrare usando i piú economici tizzoni di carboni ardenti). Id est: ridursi in gran miseria al punto di possedere solo una prevetina, moneta che valeva appena 13 grana, ossia molto poco, e che prendeva questo nome perché con la "prevetina" moneta del valore appunto di 13 grana ci si pagava la celebrazione di una santa Messa piana. Un sacerdote che lucrasse in una giornata una sola prevetina con la quale avrebbe dovuto far fronte a tutte le esigenze quotidiane, non aveva certo di che stare allegro...
23 È MMEGLIO FÀ 'MMIDIA CA PIETÀ.
Ad litteram: è meglio essere invidiati che essere oggetto di commiserazione; ed il perché è intuitivo, comportando l'invidia uno status di opulenza,tale da meritarsi l'invidia del prossimo, mentre il commiserato versa - per solito - in pessime condizioni.
24 'NU STRUNZO CA CADETTE A MMARE, VEDENNO 'NU PURTUALLO CA LLA GALLIGGIAVA, DICETTE: SIMMO TUTTE PURTUALLE!
Uno stronzo che cadde in mare, vedendo un'arancia che ivi galleggiava, easclamò: siamo tutti arance! A Napoli si suole ripetere questo proverbio per sarcasticamente canzonare e commentare le azioni di tutti gli sciocchi, i supponenti e gli stupidi che pretendono di farsi considerare per ciò che non sono...
25 Ô RICCO LLE MORE 'A MUGLIERA, Ô PEZZENTE LLE MORE 'O CIUCCIO.
Ad litteram: al ricco viene a mancare la moglie, al povero, l'asino... Id est:Il povero è sempre quello piú bersagliato dalla mala sorte: infatti al povero viene a mancare l'asino che era la fonte del suo sostentamento, mentre al ricco viene a mancare la moglie, colei che gli dilapidava il patrimonio; morta la moglie il ricco non à da temere rivolgimenti di fortuna, mentre il povero che à perso l'asino sarà sempre piú in miseria.
26 SI COMME TIENE 'A VOCCA, TENISSE 'O CULO, FACÍSSE CIENTO PÉRETE E NUN TE N'ADDUNASSE.
Ad litteram: se come tieni la bocca, avessi il sedere faresti cento peti e non te n'accorgeresti; il proverbio è usato per bollare l'eccessiva verbosità di taluni, specie di chi è logorroico e parla a vanvera, senza alcun costrutto, di chi - come si dice - apre la bocca per prendere aria, non per esprimere concetti sensati.
27 SI 'ARENA È RROSSA, NUN CE METTERE NASSE.
Ad litteram: se la sabbia(il fondale del mare) è rossa, non mettervi le nasse(perché sarebbe inutile!) Id est: Se il fondale marino è rosso - magari per la presenza di corallo, non provare a pescare, ché non prenderesti nulla. Per traslato il proverbio significa che se un uomo o una donna ànno inclinazioni cattive, è inutile tentare di crear con loro un qualsiasi rapporto: non si otterrebbero buoni risultati.
28 SI 'A TAVERNARA È BBONA, 'O CUNTO È SSEMPE CARO.
Ad litteram: se l'ostessa è procace, il conto risulterà sempre salato. Lo si dice a mo' d'ammonimento a tutti coloro che si ostinano a frequentare donne lascive e procaci, che per il sol fatto di mostrar le loro grazie pretendono di esser remunerate in maniera eccessiva...
29 NUN TE DÀ MALINCUNÌA, NÈ PPE MMALU TIEMPO, NÈ PPE MMALA SIGNURÍA.
Ad litteram: non preoccuparti nè per cattivo tempo, nè per pessimi governanti. Id est: sia il cattivo tempo, che i governanti cattivi prima o poi cambiano o spariscono per cui non te ne devi preoccupare eccessivamente fino a prenderne malinconia...
brak
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