lunedì 19 ottobre 2015
NUN VULÉ FÀ CARTE
NUN VULÉ FÀ CARTE
Ancóra volta prendo spunto da una richiesta fattami dalla cara amico G.R.,della quale per problemi di riservatezza posso solo indicare le iniziali di nome e cognome, amica facente parte della Ass.ne Ex Alunni del Liceo classico G.Garibaldi di Napoli, che è una dei miei abituali ventiquattro lettori e che spesso si sofferma a leggere le mie paginette sparse qua e là; dicevo che prendo spunto da una sua richiesta per illustrare la portata dell’ antica, ma ancóra usata espressione in epigrafe.Cominciamo con il dire che l’espressione è mutuata ovviamente dal giuoco delle carte e che l’espressione è da tradursi con Non voler distribuire le carte e non con un inconferente Non voler fabbricare le carte come – inorridendo – mi occorse di cogliere sulle labbra di uno spocchioso, ma sprovveduto sedicente cultore esperto a sentir lui di proverbi e/o locuzioni partenopee. In effetti l’espressione fare le carte è usata anche fuor dell’àmbito napoletano e vale distribuire le carte o talora, se riferito ad un/una cartomante, sta per leggere le carte, ma in nessun caso fabbricare le carte Tanto premesso partendo come détto dall’esatta traduzione Non voler distribuire le carte è facile cogliere che con l’espressione ci si riferisce ad un soggetto che prepotente ed arrogante non intende mai assumersi il còmpito di cartaro,sia cioè restio a farsi carico di svolgere il còmpito che invece in ògni giuoco di carte deve essere svolto per avvicendamento da tutti i giocatori,; il soggetto di cui dico invece pretenderebbe di esser sempre servito di carte, piuttosto che farle, per poter aprire il giuoco a suo piacimento e non esser costretto (da cartaro) a chiuderlo accodandosi al giuoco altrui. In tal senso colui che non vuol far carte è il soggetto che in ogni occasione non intende addivenire ad alcuna proposta e si dimostra riottoso ad accodarsi alle altrui idee o iniziative,recalcitrante persino a discuterne; è il soggetto che presuntuoso e supponente si pone davanti la realtà contigente con la boria di avere lui le soluzioni adatte ad ògni tipo di problema mostrandosi indocile all’accoglimento di proposte che abbiano fatto altre persone e senza distinguere se si tratti di cattive o di buone, di perseguibili o campate in aria; vengono da altri? Ed allora per il saccente che non vuol far carte, non sono accettabili e non mette conto neppure discuterne!
In senso esteso infine l’espressione in epigrafe si attaglia a qualsiasi persona sia restia ad addivenire ad alcunché; per cui ad es. nun vo’ fà carte una ragazza che rifiuti le avances di un corteggiatore, nun vo’ fà carte un genitore che rifiuti di soddisfare le richieste pecuniare d’un figliolo, nun vo’ fà carte una mamma che opponga un rifiuto al desiderio d’ una figliola che vorrebbe un abito nuovo, nun vo’ fà carte una moglie che respinga l’istanza di preparare un’elaborata pasta al forno o che opponga alle richieste del coniuge, un improvviso mal di capo e cosí via. E con questo penso d’avere esaurito l’argomento e d’avere contentato l’amica G.R. ed interessato qualcuno dei miei ventiquattro lettori per cui faccio punto fermo con il consueto satis est.
Raffaele Bracale
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