PETTEGOLA, INTRIGANTE & dintorni
L’amica A.C. (i consueti problemi di privatezza mi
costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) reduce dalla
lettura d’alcune mie, a suo dire interessanti paginette sotto il titolo di Epiteti(nelle quali trattavo alcuni
termini napoletani corrispondenti al pettegola dell’italiano), mi à chiesto se
in napoletano (oltre quelli già illustrati ne esistano altri di pari
significato. Accontento lei e forse qualche altro dei miei ventiquattro lettori
esaminando altre parole napoletane sinonimi di pettegola; lo faccio non senza soffermarmi dapprima sulla voce di partenza: pettegola e poi sui sinonimi dell’italiano; abbiamo dunque:
pettegola agg.vo e talora
s.vo f.le (al m.le pettegolo)
1si dice di persona che parla spesso con morbosa curiosità e con
malizia di fatti e comportamenti altrui: una donna pettegola
2 proprio di persone
pettegole: chiacchiere pettegole
come s.vo [f. -a] persona pettegola: è un gran pettegolo.
come s.vo [f. -a] persona pettegola: è un gran pettegolo.
Non tranquillissima l’etimologia:
appare alquanto forzata (anche per il D.E.I.) una proposta derivazione dal ven.
petegolo, affine all'it. peto,
per allusione
all’incontinenza verbale delle persone pettegole; come
pure incoferente appare l’accostamento a píthecus= scimmia, accostamento che non spiegherebbe il suffisso;
meglio optare, con il Caix (Napoleone Caix (Bozzolo, MN 1845-†ivi 1885),
linguista, docente di dialettologia e lingue romanze comparate presso il Regio
Istituto di studi superiori di Firenze)
per una derivazione quale deverbale dal lombardo betegar= altercare; betegar
a sua volta mi appare costruito sul s.vo gotico bíga→bega
con infissione di una sillaba (te) durativa e suffisso verbale are/ar
; da betegar→petegar e petegolare/pettegolare donde pettegolo;
ciarlona, agg.vo e talora
s.vo f.le (al m.le ciarlone) voce non
comune: che, chi à l'abitudine di
ciarlare molto; chiacchierone. Etimologicamente deverbale di ciarlare (voce
onomatopeica)= parlare a lungo e senza alcun costrutto; chiacchierare,
cianciare
chiacchierona, agg.vo e
talora s.vo f.le (al m.le chiacchierone)voce
piú comune della precedente e del medesimo significato nonché di simile etimo
(deverbale di chiacchierare) trattandosi anche per la voce a margine di voce
onomatopeica
Intrigante, agg.vo e talora
s.vom.le e f.le
1 chi avviluppa, chi
intricare: intrigare una matassa
2 (fig.) chi turba, chi imbarazza: Quel silenzio di Oreste la intrigava (CAPUANA)
3 (fig.) chi/che affascina, chi/che interessa, chi/che incuriosce: un film che intriga lo spettatore;in funzione intransitiva. [aus. avere] chi si dà da fare, tramando imbrogli, per ottenere qualcosa; chimacchina: intrigare per avere un posto, una nomina ||| in funzione rifl.( intrigarsi) chi si intromette in faccende poco chiare o che possono creare fastidi; chi si impelaga: intrigarsi in un brutto affare | (fam.) chi si impiccia, chi si immischia: intrigarsi dei, nei fatti degli altri. Etimologicamente part. pres. di intrigare che è variante di intricare , (dal lat. intricare, comp. di in- 'in-1' e un deriv. di tricae -arum (pl) 'intrighi, imbrogli') variante di origine sett. (per la g al posto della c); non manca poi un influsso del fr. intriguer.Dall’esame dei significati della voce a margine si evince che essa solo per ampliamento semantico à il significato proprio di pettegola , atteso che chi di chi si impiccia, chi si immischia soprattutto delle faccende altrui, per solito lo fa logorroicamente e maliziosamente nell’intento di penetrare gli argomenti di cui voglia interessarsi.
2 (fig.) chi turba, chi imbarazza: Quel silenzio di Oreste la intrigava (CAPUANA)
3 (fig.) chi/che affascina, chi/che interessa, chi/che incuriosce: un film che intriga lo spettatore;in funzione intransitiva. [aus. avere] chi si dà da fare, tramando imbrogli, per ottenere qualcosa; chimacchina: intrigare per avere un posto, una nomina ||| in funzione rifl.( intrigarsi) chi si intromette in faccende poco chiare o che possono creare fastidi; chi si impelaga: intrigarsi in un brutto affare | (fam.) chi si impiccia, chi si immischia: intrigarsi dei, nei fatti degli altri. Etimologicamente part. pres. di intrigare che è variante di intricare , (dal lat. intricare, comp. di in- 'in-1' e un deriv. di tricae -arum (pl) 'intrighi, imbrogli') variante di origine sett. (per la g al posto della c); non manca poi un influsso del fr. intriguer.Dall’esame dei significati della voce a margine si evince che essa solo per ampliamento semantico à il significato proprio di pettegola , atteso che chi di chi si impiccia, chi si immischia soprattutto delle faccende altrui, per solito lo fa logorroicamente e maliziosamente nell’intento di penetrare gli argomenti di cui voglia interessarsi.
Linguacciuto/a, agg.vo m.le o
f.le
1che
à la lingua lunga;
2 pettegolo/a, maldicente;
per l’etimo è un derivato di linguaccia (peggiorativo di lingua che è
dal lat. lingua(m)); linguaccia
è
1 il gesto del tirar fuori
la lingua per scherno: fare le linguacce
2 (fig.donde l’aggettivo che ci occupa) persona pettegola, maldicente.
2 (fig.donde l’aggettivo che ci occupa) persona pettegola, maldicente.
maldicente, agg.vo e talora
s.vom.le e f.le
che, chi ama sparlare degli altri
per malignità o per leggerezza; quanto all’etimo è dal lat. maledicente(m), part. pres.
di maledicere 'dir male';
Esaurite cosí le voci
dell’italiano, passiamo a quelle del napoletano:
banchèra=agg.vo
e talora s.vo f.le e solo
femminile atteso che
l’eventuale corrispondente maschile banchiere nel parlato comune non
indica un venditore al minuto, ma un impiegato di banca(istituto di credito); banchera
ad litteram è venditrice al minuto che lavora servendosi di un banco/bancone
tenuto all’aperto sulla pubblica via, venditrice che essendo in contatto con
molte persone può – come la successiva capèra - diventar pettegola, propalatrice di
notizie; etimologicamente è voce
derivata da banche plurale di banco
(che è dal germ. *bank 'sedile di legno' ) + il
suffisso femm. di pertinenza era o al maschile iere;
capèra s.vo e
talora agg.vo f.le e solo
femminile = ad
litteram: pettinatrice a domicilio ed estensivamente: pettegola,
propalatrice di notizie raccolte in giro e riportate magari corredate di
falsità aggiunte ad arte alle originarie notizie conosciute durante l’itinerante lavoro; etimologicamente è voce
derivato dal lat. volg. *capa(m) (testa) + il suffisso femm. di pertinenza era (al
masch.èra diventa iere (es.: ‘a salum+èra, ‘o salum+iere));
caiazza agg.vo e
talora s.vo f.le e solo
femminile; il maschile caiazzo è attestato solo come s.vo (maschio della
gazza), mai come aggettivo; come sostantivo la voce a margine indica
appunto la gazza, pica, uccello dei
corvidi; come agg.vo vale per traslato donna pettegola ed ignorante
etimologicamente è voce derivata dal
lat. gaia = gazza etc. c.s.con aggiunta del suffisso dispregiativo azza/azzo
che accanto ad assa/asso continuano i
lat. acea/aceus donde gli italiani accia/accio;
cajotela/cajotula agg.vo e talora
s.vo f.le e solo femminile; (un
maschile cajotulo non è attestato né come s.vo, né come agg.vo) =
donnicciuola pettegola adusa a andarsene in giro a raccogliere e propalare
notizie,ma pure donna plebea, becera,
sporca che emani cattivo odore e per ampliamento: donna lercia di facili costumi; semanticamente la seconda
accezione si spiega con un supposto etimo da cajorda (che è ipotizzato
dall’ebraico hajordah) = puzzola; ma piú che caiorda pare che
la voce di partenza debba essere una sia pure non attestata *chiajorda con riferimento a donna
abitante la Riviera
di Chiaia un tempo strada molto sporca, covo di gente malfamata; tuttavia mi
pare molto difficile, morfologicamente parlando, pervenire a cajotela/cajotula sia che si parta
da cajorda che da chiajorda.
Ecco perché penso che sia preferibile
l’ipotesi etimologica che collega le
voci cajotela/cajotula al basso
latino catula= cagna. In questo caso
sarebbero salve sia la morfologia (da catula
con consueta doppia epentesi vocalica (epentesi tipica delle lingue
meridionali) io→jo facilmente si giunge a
cajotula) sia la semantica ( è
nell’indole della cagna priva di padrone, vagabondare latrando (cfr. spettegolando) e concedendosi ai randagi (cfr. donna di facili costumi);
ciantella, agg.vo e
talora s.vo f.le e solo
femminile atteso che il corrispondente maschile ciantiello=
uomo di poco conto, è poco attestato
e non è usato né nello scritto, né nel parlato comune; la voce a margine à un primo significato che è: ciabattina,
pianella, pantofola, ed un secondo significato estensivo: donna volgare,
becera, ciana, pettegola,sudicia e sguaiata semanticamente risalenti alla
ciabatta del primo significato che usata continuatamente come calzatura portata
strisciando i pavimenti risulta sudicia, consunta che è sguaiata; etimologicamente
la voce a margine è un diminutivo (cfr. il suff. ella) di *cianta (dal lat. planta= pianta del
piede);normalmente in napoletano il passaggio del lat. pl + vocale dà chi (cfr.
plaga→chiaja – platea→chiazza – clavum→chiuovo) ed in effetti esiste in napoletano
derivato dal lat. planta= pianta del
piede, la voce chiantella = suoletta interna delle scarpe di talché nel
derivare sempre dal lat. planta= pianta del piede, la voce a margine si preferí
eleminare la consonante diacritica h ottenendosi
ciantella da non confondere chiantella
e per eleminare ogni dubbio si mutò
la la consonante occlusiva dentale sorda (t) con la corrispondente occlusiva dentale
sonora (d) pervenendo a ciandella
molto piú usata di ciantella nei significati di donna volgare, becera,
ciana, pettegola,sudicia e sguaiata;
funnachèra agg.vo e talora s.vo f.le e solo femminile atteso che il corrispondente maschile funnachiero= uomo di poco conto,volgare è poco attestato e non è usato né nello scritto, né nel parlato comune;letteralmente abitante, frequentatrice di un fondaco, il fondaco(in napoletano fúnneco) fu, dalla seconda metà dell’ ‘800, ai primi del ‘900, un locale a pianterreno o seminterrato, usato come magazzino o come abitazione poverissima;ma anche estensivamente un cortilaccio o vicolo cieco circondato di abitazioni da povera gente, ed addirittura una zona poverissima ed insalubre della città ( a Napoli ne esistettero fino ai primi del 1900, a dir poco una settantina (tra i quali il famoso Funneco Verde cantato da Salvatore Di Giacomo) ubicati quasi tutti nella città vecchia segnatamente nelle zone del Porto e Pendino e spesso detti fondaci prendevano il loro nome da quello degli artieri che vi aprivono bottega: es: funneco verde =fondaco degli ortolani, funneco ‘a ramma fondaco dei ramai) con costruzioni fatiscenti e malsane; quindi la funnachèra quale abitante o frequentatrice di un fondaco, connota una donna di bassa condizione civile , intesa becera, volgare, triviale; etimologicamente voce denominale di fúnneco che è derivato dall'arabo funduq (attraverso lo spagnolo fúndago(con assimilazione progressiva nd→nn e variazione di tipo popolare della occlusiva velare sonora g con la piú aspra e dura occlusiva velare sorda c):altra ipotesi etimologica è che tale fondaco: 'alloggio, magazzino', possa derivare dal gr. pandokêion(pan=tutto, dokomai=accolgo)ed in tal caso fondaco varrebbe oltre che magazzino anche locanda, albergo pubblico; da fondaco e funneco '+ il solito suffisso femminile di pertinenza era scaturisce funnachera;
marammé/ sié marammé, esclamazione o agg.vo e talora s.vo f.le e solo femminile atteso che un corrispondente maschile si’ marammé= uomo volgare, lamentoso etc. non è attestato e non è usato né nello scritto, né nel parlato comune;letteralmente la voce marammé è una interezione che vale: povera me!, me sciagurata!mentre in unione con sié in posizione proclitica disagglutinata è s.vo nel significato di signora misera-me!, pettegola piagnona come colei che vada in giro lamentandosi continuamente di vere o piú spesso infondate,finte sciagure che quotidianamente la perseguitino; etimologicamente l’interiezione marammé è parola formata dall’agglutinazione di mara ( da e per (a)mara(m)) con me forma complementare tonica del pron. pers. io che
1 si usa come compl. ogg., quando gli si vuole dare particolare rilievo,
e nei complementi introdotti da preposizioni: cercano proprio a mme; parlavano ‘e me; l'à
cunzignato a mme; a mme nun me ne
‘mporta; è venuto a ddu me
ajere; l'à fatto pe mme;
2 si usa come soggetto
nelle esclamazioni e nelle comparazioni dopo come e quanto: povero
a mme!; maro a mme!; nun
sî comme a mme;
3 si usa come compl. di
terminein presenza delle forme pronominali atone lo, la, li,
le e della particella ne, sia in posizione enclitica sia
proclitica: me ‘o dicette; me ll’ à date n’ ata vota(me li à restituiti; me nn’ à fatte tante e tante; mannàtemmello(mandatemelo);
parlammenne(parlamene).
Nella forma di sostantivo la voce
marammé è unita in posizione
proclitica, disagglutinata con la voce sié= signora (sié è infatti l’apocope
ricostruita di signora dalla voce
francese femminilizzata e metatetica di seigneur
→ sie-(gneuse);ricordo che il
maschile di tale sié è si’= si(gnore); spesso càpita
però che per macroscopico errore colpevole(tanto piú colpevole quando
chi sbaglia sia un addetto ai lavori (poeti/scrittori partenopei,ritenuti o autoaccreditati di esserlo) tali si’ e sié vengon letti zi’ e zié→zi’ che sono invece
l’apocope di zio e zia che sono dal lat. thiu(m)/thia(m) e
dunque voci affatto diverse da signore e signora che son voci di rispetto, ma generiche
rispetto a zio/zia che indicano un chiaro rapporto parentale che di norma manca nel rapporto
interpersonale dei soggetti indicati come signore o signora;
‘mpechera, agg.vo e
talora s.vo f.le e solo
femminile atteso che il corrispondente maschile ‘mpechiero=
uomo di poco conto,volgare, intrigante non è attestato e non è usato né nello scritto, né nel parlato comune;letteralmente donna
intrigante, inframmettente, pettegola, che non disdegni – a maggior cordoglio –
il raggiro, l’imbroglio nel tentativo di impicciarsi dei fatti altrui,
impegolandovisi. La ricerca dell’etimo della voce’mpechera a margine non mi appare complicatissiva; vi leggo molto
chiaramente un deverbale del greco empleko=intratesso, intreccio addizionato
dal solito suffisso di competenza era; la caduta della e iniziale di empleko
giustifica il segno d’aferesi con cui preferisco scrivere ‘mpechera al posto
del semplificato mpechera (come sbrigativament e raffazzonatamentee suole fare
qualcuno di quei poeti e/o scrittori di cui antea) dove la m d’avvio priva
d’aferisi potrebbe indurre qualcuno a ritenerla non etimologica, ma mera
aggiunta eufonica come càpita per la n di nc’è per c’è;
‘ntapechèra agg.vo e
talora s.vo f.le e solo
femminile atteso che il corrispondente maschile ‘ntapechiero=
uomo di poco conto,volgare, intrigante non è attestato e non è usato né nello scritto, né nel parlato comune;letteralmente donna
intrigante, inframmettente, pettegola, che non disdegni, anzi cerchi la trama, il raggiro, l’imbroglio; è voce etimologicamente affatto diversa da ‘mpechera quantunque la
morfologia, ad un esame superficiale, potrebbe
far pensare il contrario; in effetti la voce a margine per l’etimo non è da collegarsi al greco empleko=intratesso,
ma al s.vo ‘ntàpeca = imbroglio,
frode, raggiro; a ‘ntàpeca si è aggiunto il suffisso di riferimento èra
che à reso necessario l’epentesi della h per
render gutturale il suono della c (che è palatale se seguíta dalla e)
secondo il percorso ‘ntàpec(a)+h +èra→’ntapechèra;
‘ntapeca = imbroglio, frode,
raggiro è da un tardo lat. (a)ntapoca→’ntapoca→’ntapeca
marcata su di un greco antapochē;
nciucessa, agg.vo e
talora s.vo f.le e solo
femminile atteso che il corrispondente maschile nciucisso =
uomo di poco conto,volgare, intrigante non è attestato e non è usato né nello scritto, né nel parlato comune se non talora solo per
dileggio nei confronti di inaffidabili uomini (che sono adusi a propalare in giro i fatti del
prossimo, fatti appresi talvolta nell’esercio di funzioni pubbliche, funzioni
che imporrebbero la segretezza delle notizie conosciute, segretezza che invece
dai pettegoli viene bellamente disattesa!...) solitamente vengono bollati con
termini quali parlettiere,mastrisso spallettone e similari ;letteralmente
la voce nciucessa vale: donna pettegola, seminatrice di
discordia, maldicente, diffamatrice, calunniatrice;etimologicamente si tratta
di un deverbale di nciucià = pettegolare, far della maldicenza, diffamare verbo
ricavato da una base onomatopeica ciu-ciú
riproducente il parlottìo tipico di chi confabuli.
dal verbo nciucià
è ricavata anche la voce nciucio
Partendo dalla premessa che trattasi di voce onomatopeica ne risulta
che la n d’avvio di nciucessa, nciucio e nciucià non deriva da un in→’n illativo, ma è una semplice consonante protetica
eufonica (come ad. es. è nel caso di nc’è per c’è) ; erra perciò(e parlo dei soliti incolti, illetterati poeti
e/o scrittori sedicenti esperti del napoletano) chi scrive ‘nciucessa, ‘nciucio o ’nciucià
con un pletorico, ipertrofico ed inutile segno d’aferesi (‘);
a margine rammento poi che è l’italiano ad aver derivato [seppure in modo cialtronescamente
raffazzonato, avendo ritenuto la n d’avvio, un residuo di in( erroneamente ricostruito e mantenuto)]; è l’italiano, dicevo che à derivato inciucio dal napoletano nciucià, non il napoletano nciucio ad esser derivato dall’ inciucio italiano (nel qual caso sí che sarebbero state opportune e l’aferesi e la
scrittura ‘nciucio);
’ndrammera/’ntrammera, ,
agg.vo e talora s.vo f.le e solo
femminile atteso che il corrispondente maschile ‘ntrammettiere=
uomo ,volgare, intrigante,pettegolo non è attestato e non è usato né nello scritto, né nel parlato comune;anche la voce a margine
(unica voce con due grafie leggermente diverse) è voce antica ed
abbondantemente desueta; letteralmente valse: donna pettegola ed intrigante, inframmettente, linguacciuta, che
tesse trame; etimologicamente delle due
grafie riportate la seconda (ntrammera) appare quella piú esatta
e con ogni probabilità originaria atteso che risulta formata da una consonante
eufonica n protetica del s.vo trama (con raddoppiamento espressivo
della nasale bilabiale m) e con il suffisso di pertinenza èra; l’altra
grafia (ndrammera) è palesemente ricavata dalla originaria ntrammera
attraverso la sostituzione della consonante occlusiva dentale sorda t con la piú dolce consonante occlusiva dentale
sonora d;
palazzola, agg.vo e
talora s.vo f.le e ora solo
femminile atteso che il corrispondente maschile palazzuolo=
è desueto e non è usato né nello scritto, né nel parlato comune;letteralmente la
voce a margine fu coniata, quale denominale della voce palazzo, per identificare quelle popolane, ciarliere e
petulanti che vivevano ai margini del palazzo reale in cerca di benefattori tra
i nobili frequentatori della corte; il maschile palazzuolo un tempo (1750 – 1850 ) fu usato nella
medesima accezione del femminile; dopo l’unità (1860) cadde in disuso e venne
usato solo nel significato di furbo, abile (forse tenendo presenti gli
accorgimenti usati da quei popolani per strappare qualche vantaggio, utilità
dai nobili cui si rivolgevano circuendoli con chiacchiere e ciarle;
pirchipétola/perchipetolaagg.vo e
talora s.vo f.le e solo femminile
atteso che il corrispondente maschile pirchipetlo=
uomo intrigante,pettegolo non
è attestato e non è usato né nello
scritto, né nel parlato comune;anche
la voce a margine (unica voce con due grafie leggermente diverse) è voce
antica ma non desueta;
letteralmente valse e vale
l’italiano donna ciana, becera, donnaccola pettegola e volgare,
linguacciuta, quando non donna di facili
costumi con derivazione dell’addizione della voce perchia = perca: pesce acquatico di scarsissimo valore con bocca
grossa e ventre ampio e floscio + petola/petula
= pettegola, ciarliera; delle medesime infime qualità: bocca grossa (come che
sottolineata dal pesante trucco), e ventre ampio e floscio, frutto del tipo di…
lavoro comportante spesso gravidanze indesiderate è accreditata
la donna di facili costumi detta perchia spesso ciarliera e dunque pirchipétola/perchipétola.
la donna di facili costumi detta perchia spesso ciarliera e dunque pirchipétola/perchipétola.
E qui faccio punto pensando cosí d’avere cosí accontentati l’amica A. C. e
qualche altro dei miei ventiquattro lettori.
Satis est.
Raffaele Bracale