sabato 21 marzo 2020

NASTRO, FIOCCO,& dintorni


NASTRO, FIOCCO,& dintorni
Questa volta sollecitato dalla richiesta dell’amico L. P. (i soliti problemi di riservatezza m’impongono l’indicazione delle sole iniziali…) parlo qui di sèguito  delle voci a margine dell’italiano e delle corrispondenti nel napoletano, augurandomi di contentare l’amico L.P. ed interessare qualcuno dei miei ventiquattro lettori. Ciò détto, prima di scendere in medias res, premetto una gustosa particolarità che riguarda l’uso partenopeo dei nastri ai tempi           d’ antan.
Sino alla fine del 1800, principî del 1900 a Napoli adornarsi le chiome con nastri variopinti   era pressoché vietato alle ragazze bencostumate di condizione civile ed appartenenti a famiglie della buona borghesia; infatti il costume d’adornarsi i capelli con cappellini nastrati o con solo nastri colorati era delle giovani meretrici e segnatamente di quelle che erano détte alice ‘e matenate; le ragazze di buona famiglia e d’onesti costumi si ornavano il capo con un nastro color carnicino solo nel caso che fossero promesse spose e per tutto il tempo che durasse la promessa; nel caso che il fidanzamento non sfociasse nelle nozze,e si rompesse la promessa, la ragazza dismetteva il nastro carnicino e non si ornava la chioma con alcun nastro, mentre invece se la promessa andava a buon fine dopo aver consumato il matrimonio la signora poteva permettersi il lusso di indossare un nastro rosso.
Probabilmente l’usanza di portare un nastro carnicino era un segno indicativo che chi lo indossasse era già promessa sposa ed era opportuno non tentar con lei alcun abboccamento, idem per il nastro rosso che con la fede indicava colei che fosse maritata!
Ed ora veniamo alle voci dell’italiano cui seguiranno quelle del napoletano.
Abbiamo, in italiano:
nastro s. m.
1 tessuto stretto e lungo di seta, raso, velluto e sim., liscio od operato, che si impiega per guarnizioni, orlature, legature: nastro per capelli; il nastro del cappello | nastro azzurro, quello che sostiene una decorazione italiana al valor militare; riconoscimento conferito a una nave che batta il record di attraversamento dell'Atlantico | nastro celeste o rosa, fiocco che si suole attaccare all'ingresso di una casa in cui sia appena nato un bambino o una bambina | nastro di lutto, striscia nera di varia ampiezza che talora si mette sul braccio o sul bavero, in certe regioni meridionali anche sulla porta di casa, in segno di lutto | nastro d'asfalto, (fig.) strada asfaltata. 
2 (sport) striscia di stoffa che indica il punto di partenza in una gara; per estens., la partenza stessa: nastro di partenza; allinearsi ai nastri, pronti per il via
3 (estens.) termine generico con cui si indica qualunque cosa a forma di nastro: nastro adesivo, striscia di carta o materiale plastico che reca, da un lato, una sostanza adesiva, usato per numerosi usi; nastro isolante, nastro di tessuto o di materiale plastico con un lato adesivo, usato per coprire e isolare conduttori elettrici; nastro della macchina per scrivere, impregnato d'inchiostro; nastro magnetico, ora pressoché desueto,  di materiale plastico, rivestito di sostanze magnetiche, atto a registrare suoni, immagini, dati di elaboratori elettronici; nastro perforato, nastro di carta o di materiale plastico recante una serie di fori disposti secondo un determinato codice; nastro metallico, prodotto metallurgico ottenuto per laminazione; nastro trasportatore, apparecchiatura a motore per il trasferimento di materiale su percorso orizzontale o inclinato; nastro di mitragliatrice, sostegno di tela o insieme di anelli metallici che unisce le cartucce, presentandole allineate per il caricamento automatico dell'arma; nastro a tazze, in certi tipi di draghe, catena continua su cui è disposta una serie di recipienti a forma di tazza, che serve a scavare e a trasportare il materiale
4 pl. pasta da minestra in forma di nastro ||
Usato anche come agg. invar. nella loc. pesce nastro, pesce di mare commestibile, con pinna dorsale estesa per tutta la lunghezza del dorso (ord. Perciformi). Quanto all’etimo la voce è una derivazione dal got. nastilo 'striscia, correggia';
fiocco s. m. [pl. -chi]
1 striscia di stoffa o nastro annodati in modo che i capi rimangano liberi; è usato per lo più come ornamento: un cappello col fiocco | con i fiocchi, (fig.) magnifico, eccellente: un pranzo con i fiocchi.
2 batuffolo di lana, cotone o sim.; bioccolo di neve: la neve cade a fiocchi | fibre in fiocco, fibre tessili alla rinfusa (come cotone e lana) o discontinue (fibre artificiali e sintetiche tagliate); si contrappongono alle fibre continue o bave
3 pl. pasta alimentare di media grandezza a forma di fiocco | fiocchi d'avena, di riso, granelli di questi cereali soffiati e resi perciò più digeribili. Tranquillo l’etimo che è dal lat. floccu(m);
gala s. f.
1 striscia increspata di trina o di stoffa; nastro o fiocco che si mette per ornamento | (fig.) ornamento, infiorettatura
2 (non com.) cravatta a farfalla con nodo già fatto; per l’etimo si discute se far derivare la voce dallo sp. gala (trina, fiocco) o risalire al fr.  galon, che è da galonner 'ornare il capo di una benda'; propendo per il prestito catalano;
gallone s. m.
1 striscia in forma di nastro, tessuta o ricamata, che si usa per guarnizione
2 fregio che i militari portano sulle maniche o sul berretto come segno del loro grado | guadagnarsi i galloni di caporale, di sergente, ottenere la promozione a quel grado | togliere i galloni, degradare | bagnare i galloni, (fig.) brindare per festeggiare una promozione; per questa voce è opportuno pensare ad una derivazione dal fr.  galon, che è da galonner 'ornare il capo di una benda', piuttosto che una derivazione dallo sp. gala (trina, fiocco).
Esaminate le voci dell’italiano passiamo al napoletano che usa le voci che seguono:
carcioffola s.f.
di per sé con la voce a margine si indica in primis  il carciofo cioè un  tipico gustoso ortaggio coltivato in campo aperto, anzi per esser piú precisi si indica una particolare  pianta erbacea anzi una pianta spinosa simile al cardo, da cui sarebbe derivata per mutazione, pianta  di cui si mangiano i capolini e le grandi brattee carnose da cui essi sono avvolti (fam. Composite); la voce a margine è un derivato   del sostantivo m.le  carciofo(il nome di carciofo lo si deve agli arabi che chiamavano questa pianta kharshuf donde l’italiano carciofo   nome che soppiantò decisamente il termine Cinara cardunculo scolimo adattamento del lat. Cynara cardunculus scolymus  nome scientifico usato dagli addetti ai lavori (coltivatori ed erboristi);) dalla voce carciofo i napoletani   trassero una sorta di diminutivo femminile (cfr. il suff. ola f.le di olus) : carcioffola nome con cui in Campania è chiamato il carciofo che  à  - come détto -  un'infiorescenza a capolino, per lo piú di colore verde tendente al grigio cenere; ci sono anche delle varietà tendenti al violetto. Le brattee, cioè le squame compatte che formano il capolino, possono avere spine oppure no; dicevo dunque che la voce a margine indica in primis un tipico ortaggio, ma con il medesimo nome nell’accezione che ci occupa  si indica pure un grosso nastro crespo ed ondulato ai margini, usato come ornamento dalle donne quale supporto di cammei corallini o di altri monili, nastro   avvolto concentricamente a spirale per modo che visto dall’alto i margini increspati e diseguali scimmiottino un carciofo non spinoso;  furbescamente con la voce a margine si indica una cravatta la cui annodatura sia voluminosa e pletorica, ma ancóra piú furbescamente con la voce a margine si indica la vulva con riferimento all’organo stretto e serrato di una giovane donna tal quale un carciofo che se fresco e giovane à le brattee ben chiuse e serrate; ciò è tanto piú vero se si pensa che di una donna che  non sia piú  giovane e che per tanto si pensa   abbia  già avuto piú o meno numerosi  rapporti coniugali, s’usa dire  ironicamente che   tene ‘a carcioffola sfrunnata=à il carciofo sfrondato id est:la vulva deflorata; l’etimo della voce carcioffola  risulta derivato, mi ripeto,  dall’arabo  harsûf addizionato del suff. diminutivo lat. ola (femm. di olus); sfrunnata=sfrondata p. p. fem.le dell’infinito sfrunnà= sfrondare che è un denominale di fronda con prostesi di una s distrattiva; normale nella voce napoletana l’assimilazione progressiva nd→nn ;

fettuccia s.f.le
 [pl. -cce]
1 nastro di cotone usato per orli, guarnizioni, rinforzi ecc.
2 cordone, cordoncino;
3 striscia sottile di qualsiasi materiale; in partic., ciascuna delle sottili strisce di barbabietola che risultano dalla trinciatura e da cui si estrae lo zucchero
4 strada rettilinea: ‘a fettuccia ‘e Terracina; voce denominale di fetta( dal lat. volg. *offitta(m), dim. di offa 'focaccia';
fettuccella s. f.le  diminutivo del precedente in tutte le accezioni con esclusione della quarta; in una sua quarta accezione  la voce a margine indica quel tipo di pasta alimentare  di produzione casalinga o industriale che alibi prende il nome di tagliatella;
friso s.m.le
trina,dentello, nastrino, sottile e stretta striscia di tessuto in cotone o seta usata per orlatura dei vestiti femminili o di giacche e gilè maschili; voce dal lat. med. *frisu(m);  
fresillo s.m.le
diminutivo del precedente in tutte le accezioni con l’aggiunta di indicare anche il colletto bianco degli abiti sacerdotali;

lagana s.vo f.le  originariamente la voce a margine e la successiva che ne è il diminutivo indicano un tipo di pasta alimentare; sono cioè delle fettuccine piú o meno larghe; esse derivano il loro nome dal matterello con il quale si ricavano nella versione  domestica all’uovo; in napoletano il matterello è detto laganaturo (che è da un originario greco laganon, latinizzato nel neutro plurale lagana poi inteso femminile.la forma a nastro/nastrino  di questa pasta à indotto a dare i medesimi nomi di lagana e laganella   al nastro di cotone o seta  usato per orli, guarnizioni, rinforzi ecc.;
laganella s.vo f.le  diminutivo della voce precedente in tutte le sue accezioni;
nocca e  nucchetta s.vi f.li di cui il secondo è diminutivo del primo,   nastro annodato a mo’ di fiocco o di farfalla,ma anche  nappa (fiocco formato da piú fili di seta, cotone o altro, usato per ornamento in tendaggi, drappi, uniformi militari, paramenti liturgici e sim.); etimologicamente la voce a margine è secondo alcuni  da un longobardo knohha, ma trovo piú perseguibile l’idea di chi vi legge un latino nodica, sincopata in  nod’ca e poi con  assimilazione dc→cc = nocca ;
puntetta s.vo f.le  in origine ed in primis ‘a puntetta fu un piccolo rinforzo metallico a forma di mezza luna inchiodato alla punta anteriore o posteriore della suola e dunque della scarpa per proteggere le punte di avanpiede o tacco  da eccessive sollecitazioni  durante la deambulazione e perciò da probabile veloce logoramento di quella parte della suola.  Va da sé che la puntetta,  etimologicamente  diminutivo di punta che è da un tardo latino puncta(m) deverbale di pungere, non era applicata a scarpa nuova, ma a quella già consunta e logora, nel tentativo di ripristinarne la saldezza iniziale; l’accezione della voce a margine che ci occupa è però un’altra; infatti oltre che  piccolo rinforzo metallico a forma di mezza luna inchiodato alle punte della suola, la puntetta fu una piccola nappina multicolore applicata sulla punta della correggia di cuoio delle fruste usate dai cocchieri o barocciai;

sciocco s.vo m.le  fiocco, nastro, nodo a forma di farfalla,  gala, nappa, coccarda,   batuffolo.l’etimo è dal lat. floccu(m) con il tipico passaggio del digramma latino fl seguíto da vocale al nap. sci  (cfr. flu-men→sciummo – flore-m→sciore – flaccare→sciaccà etc.);
taccaglia s.vo f.le   nastro di tessuto scadente,laccio, legaccio di fortuna, con etimo quale deverbale di (at)taccare addizionato del suffisso aglia che deriva dal lat. -alia, neutro pl. poi inteso f.le, e forma sostantivi che ànno valore collettivo e spesso spregiativo (boscaglia, muraglia; ferraglia, sciucquaglie); trattandosi di un legaccio con la voce a margine si può indicare la girrettiera (femminile); e trovandomi in argomento, quantunque non siano voci derivate da quella a margine, indico qui di seguito le voci del napoletano che son di pertinenza dei venditori di nastri etc. che vendono altresí delle merci particolari, quelle che, in italiano  vanno cioè sotto il generico nome mutuato dal  francese  di lingerie (biancheria intima femminile) =  Sottopanne (s.vo m.le inv.) formato agglutinando l’ avv. sotto (dal lat.  subtus, deriv. di sub 'sotto') con il s.vo m.le panne = panni, vestimenti pl. di panno (dal lat.  pannu(m));
- busto, guepiere = Curzè (s. m. inv.) dal fr. corset, deriv. del fr. ant. cors 'corpo';
- reggicalze = rejecauzette  (s. m. inv. – (pl. 'e rejecauzette) formato agglutinando la voce verbale reje (3° p. sg. ind. pr. dell’infinito rejere (dal lat.  regere→rejere) con il s.vo cauzette = diminutivo di calze (dal lat. mediev. calcea(m), dal class. calceus 'scarpa, stivaletto'; normale nel napoletano il passaggio del lat al ad au (cfr. altus→auto→àvuto→àveto= alto alter→àuto→ato= altro).
- reggiseno - rejezizze (s. m. inv.) formato agglutinando la voce verbale reje (3° p. sg. ind. pr. dell’infinito rejere (dal lat.  regere→rejere) con il s.vo zizze pl. di zizza (che   viene per adattamento                  dall’ accusativo  tardo latino *titta(m)= capezzolo  attraverso una forma aggettivale tittja(m) dove il ttj  intervocalico diede zz  che influenzò anche la sillaba d’avvio ti→zi.).

-      slip femminile - Cazunettella [s.vo f.le diminutivo reso femminile del m.le 'cazunetto' = mutande da uomo voce derivata dal s.vo cazune pl. metafonetico di cazone (accrescitivo di cauza che diede dapprima cauzone e poi ca(u)zone  che al pl. è cazune (cfr. ad es. guaglione→guagliune  marpione →marpiune etc.) addizionato del suffisso etto suffisso che altera in senso diminutivo, e spesso vezzeggiativo, sostantivi o aggettivi (fuglietto,
-       
-      scarpinetto etc.).
-      Ma  torniamo ai vocaboli attinenti all’italiano nastro etc.:
zagarella/ zarella/ziarella s.vi f.li  triplice morfologia d’un unico vocabolo che vale1 nastro, fettuccia, legaccio, passamano;
 2 Striscia nera o molto scura del mantello del cavallo che percorre per lungo la schiena, detta anche riga di mulo;
estensivamente e per traslato, nella forma ziarella vale
3 cosa da nulla, qualsiasi oggetto  di poco pregio
Etimologicamente le voci a margine nella triplice morfologia (la seconda e terza voce son solo delle semplificazioni d’uso popolare della prima voce)sono adattamenti collaterali di zaganella diminutivo di zàgana s.vo f.le  che è voce region., di area umbro-laziale, dove indica una sottile treccia di lana o di seta per rifinitura di abiti femminili;quanto all’etimo di questa zàgana da cui àn preso derivazione zaganella nonché le voci in esame che – ripeto – ne son collaterali, atteso che zàgana è voce affine a sagola di cui pare addirittura un metaplasmo regionale, si può sospettare un adattamento della voce portoghese soga (fune, corda) secondo il percorso soga→sogana  saganazagana sempre che la voce zàgana non sia un adattamento  dell’arabo zahara ( chiaro,splendente) poi che in origine la zàgana (nastro, fettuccia) fu   esclusivamente bianco usato per agghindare il capo delle fanciulle in abito bianco da prima comunione.
In coda a queste voci rammento che  il venditore al minuto delle merci  or ora elencate, nonché di aghi, filo, bottoni ed altri accessori  per il cucito,  è in napoletano alternativamente, ma con precisione
galantario/galantarario s.vi m.li di cui il secondo è una forma espansa (mediante l’epentesi di una sillaba espressiva ra  del primo) venditore di trine, gale, merletti , pizzi, dentelli,e tutti gli altri manufatti da ornamento purché eleganti o  raffinati; etimologicamente la voce deriva dal francese galant part. pres. dell'ant. galer 'divertirsi' seguito dal suffisso ario suffisso corrispondente al lat. -arius, che forma aggettivi e sostantivi, derivati dal latino o formati direttamente in italiano, che stabiliscono una relazione, indicano nomi collettivi, nomi di mestiere ecc.; capesciulario/capisciulario s.vo m.le di doppia morfologia, ma di unico significato = venditore di filo, tessuto ed anche  trine, gale, merletti , pizzi, dentelli per eleganti, raffinati,  di classe, di gusto, distinti, fini, signorili  o addirittura  ricercati abiti da donna; etimologicamente la voce deriva dall’iberico capichola (=tessuto di tela a cordonetto) addizionato del suff. ario suffisso corrispondente al lat. -arius, che forma aggettivi e sostantivi, derivati dal latino o formati direttamente in italiano, che stabiliscono una relazione, indicano nomi collettivi, nomi di mestiere ecc.;
zagarellaro/zarellaro s.vi m.li di cui il secondo è una forma semplificata del primo, per sincope della sillaba ga in questo caso si tratta di un venditore al minuto, anche girovago di aghi, filo, spille, bottoni ed altri accessori  per il cucito, nonché   di trine, gale, merletti , pizzi, dentelli,e tutti gli altri manufatti da ornamento purché di confezione  ordinaria,e non esattamente eleganti, raffinati o ricercati; la voce etimologicamente è marcata su zagarella/zarella/ziarella (cfr. antea). Come abbiamo visto il napoletano, al solito piú circostanziato e puntuale dell’italiano, à due voci che identificano il venditore di nstri ed affini, l’italiano invece  à solo  un generico
 merciaio o tuttalpiú un disusato e troppo letterario merciaiuolo/iolo; sia l’uno che l’altro indicano genericamente chi venda al minuto articoli di merceria (filo, aghi, fettucce, bottoni, ganci, fermagli) usati per lavori di cucito senza por mente alla qualità dei prodotti venduti approssimativamente détti merce
(dal lat. merce(m)) vocabolo da cui deriva merciaio con l’aggiunta del suffisso aio suffisso che continua il lat. -arius; compare in sostantivi, derivati dal latino o formati in italiano, che indicano mestiere (orologiaio) oppure luogo, ambiente pieno di qualcosa o destinato a contenere o accogliere qualcosa (letamaio, bagagliaio); ugualmente da merce deriva merciaiuolo con l’aggiunta del suffisso aiolo/aiuolo suffisso costituito per accumulo dei suff. -aio e -olo,  accumulopresente in sostantivi indicanti chi esercita un mestiere (legnaiuolo/legnaiolo, vignaiuolo/vignaiolo) o chi à inclinazione per qualcosa (donnaiuolo/donnaiolo, forcaiolo), oppure in aggettivi che stabiliscono una relazione di tempo o di luogo (marzaiolo, prataiolo). Giunto qui potrei anche far punto fermo,facendo contenti i meno pazienti dei miei ventiquattro lettori, ma colgo l’occasione per illustrare rapidamente l’espressione alice ‘e matenata  che ò usato  al principio di queste paginette; al proposito dirò che
Alice s.f. in primis è un termine di pertinenza ittica usato per indicare un tipico  pesce di mare, noto anche col nome di acciuga,sardella,sardina comune nel Mediterraneo e lungo le coste europee dell'Atlantico, con corpo affusolato, dorso azzurro/verdognolo e ventre argenteo (ord. Clupeiformi); si conserva sotto sale o sott'olio e viene impiegato per intingoli e salse; figuratamente persona magrissima; voce derivata dal lat. (h)allìce(m) 'salsa di pesce'; nel napoletano con la locuzione alice ‘e matenata= alice di mattino si indicò (tardo ‘800) le giovani ed eleganti adescatrici che solevano sostare sin dalle prime ore del giorno,  nelle piú frequentate strade cittadine agghindate di tutto punto, allo scopo di irretire… clienti; proprio il fatto che tali giovani prostitute fossero molto eleganti ed agghindate ed indossassero abiti con pizzi, nastri  e merletti       e spesso stringessero nella mano un ombrellino  parasole, meritò loro l’alternativo nome di ‘mbrellino ‘e seta= ombrellino di seta.
E con questo penso d’avere esaurito l’argomento e d’avere  contentato  l’amico L.P. ed interessato qualcuno dei miei ventiquattro lettori per cui faccio punto fermo con il consueto satis est.
Raffaele Bracale

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