Essere ‘a tina ‘e miezo.
Ad litteram: essere il tino di mezzo. Offensiva locuzione che si usa rivolgere a chi sia materialmente o moralmente cosí sozzo, sporco, lercio da poter essere assimilato al grosso tino trasportato nel bel mezzo di un carro atto allo scopo, tino nel quale, originariamente in quel di Torre del Greco, e poi in ogni paese rurale, veniva posto tutto il letame che, raccolto in giro e convogliato nel tino centrale mediante due altri tini piú piccoli allogati ai lati del tino centrale, veniva poi rivenduto quale concime naturale.
tina = tino, ma di piú grosse dimensioni; etimologicamente da tardo latino tinu(m), derivato da tina 'bottiglia', di orig. greca; tinum diede originariamente il maschile tino, poi volto al femminile tina in quanto di maggiori dimensioni, come spesso in lingua napoletana, dove il femminile indica un oggetto piú grande del corrispondente maschile (es.: cucchiara (piú grande) e cucchiaro ( piú piccolo);
‘e miezo dal lat. mediu(m) = di mezzo: posto nella parte mediana di qualcosa; senza la preposizione ‘e (di) il solo miezo è aggettivo che vale: mezzo, metà.
Rammenterò che proprio per l’usanza di raccogliere il letame con carri muniti di tini, la città di Torre del Greco finí per essere detta tout cour ‘A tina ‘e miezo e tale nomignolo le derivò anche per il fatto (rammentato nell’altra espressione: Napule fa ‘e peccate e ‘a Torre ‘e sconta (Napoli si macchia di peccati che vengono pagati da Torre)) che per un dannato, particolare gioco di correnti marine, le deiezioni corporali dei napoletani abbondantemente riversate in mare (cfr. alibi ‘a malora ‘e Chiaja) venivano trasportate verso Torre del Greco arenandosi sulla spiaggia della cittadina vesuviana;
peccate plurale di peccato che di per sé è la colpa, il peccato, ma ovviamente qui è inteso in senso lato e traslato di escremento;
etimologicamente dal latino peccatu(m) deverbale di peccare = macchiarsi di una colpa
sconta voce verbale (3° pers. sing.ind. pres.) dell’infinito scuntà = scontare, pagare un po’ per volta o anche ripetutamente;
etimologicamente da un tardo latino computu(m)= conto, con protesi di una s detrattiva.
Sempre con riferimento all’usanza di raccogliere il letame con carri muniti di tini, rammenterò un’altra locuzione che viene usata a sapido commento di incresciose situazioni dalle quali non è dato ricavare (vuoi per mancanza di mezzi, vuoi per difficoltà intrinseche o per conclamate incapacità operative degli addetti) effetti o risultati positivi; la locuzione suona: c’è poca ‘a fà mmerda, pallottole! : c’è poca merda da farne palle! In effetti gli escrementi animali, il letame veniva raccolto con le pale, dandogli una forma vagamente sferica a mo’ di palla; quando mancava il materiale da raccogliere, o non ce ne fosse a bastanza gli addetti commentavano la faccenda con la frase summenzionata, usata in seguito in ogni altra situazione incresciosa per insufficienza di mezzi, difficoltà operative etc. mmerda dal lat. merda(m) = escremento, sterco e figuratamente: cosa che disgusta, persona spregevole, situazione ripugnante | nella loc. agg. ‘e mmerda= pessimo, spregevole: fà ‘na fijura ‘e mmerda: fare una figura di merda = fare una pessima figura; pallottole = plurale di pallottola = piccola palla; doppio diminutivo attraverso i suffissi otto/a ed olus/ola del latino palla mutuato dal longob. *palla, che à la stessa radice di balla involto di merci apprestato per il trasporto.
Raffaele Bracale - Napoli
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