È FFRITTO ‘O FFÉCATO!
Ancóra una volta do sèguito ad una richiesta del caro amico P. G. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome)che mi à inviato un’ e-mail chiedendomi di chiarirgli significato e portata della tipica espressione partenopea in epigrafe.Provvedo alla bisogna significandogli che l’espressione esclamatoria che ad litteram vale: Il fegato è stato (già) fritto id est: Occorre rassegnarsi, non c’è piú rimedio, non c’è nulla da fare! ed è usata icasticamente a commento di tutte quelle situazioni che si siano irrimediabilmente deteriorate . rovinate, peggiorate e che pertanto non offrano piú il destro per poterle migliorare, accomodare, riportarle alla condizione precedente. In altri termini la situazione a cui si fa riferimento con l’espressione in esame, si è evoluta ad un punto da cui non è possibile recedere; è inutile porre altre richieste o proposte: non ci sono piú rimedi da apportare. L’espressione nacque sulla bocca del cuoco nella famosa taverna del Cerriglio, sita appunto nella zona del Cerriglio, zona prossima al porto, nella quale era ubicato il Sedile di Porto, uno dei tanti comprensorî amministrativi in cui, in periodo viceregnale, era divisa la città di Napoli; tale antica bettola o osteria, era frequentata nel 1600 circa da ogni tipo di avventori: dai nobili (che vi venivano a provare l’ebrezza dell’ incontro con il popolino), ai plebei ed ai commercianti della zona (che per pochi soldi vi si sfamavano), agli artisti (in cerca di ispirazione) alle prostitute (in cerca di clienti); abituale frequentatore di questa bettola pare fósse, durante il suo soggiorno partenopeo, il Caravaggio(Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio Caravaggio o Milano, 1571 † Porto Ercole (Monte Argentario), 18 luglio 1610) .Fu per l’appunto un non meglio idetificato macellaio della zona che recatosi nella taverna con del fegato lo conferí al cuoco della taverna perché glielo cucinasse, ma tardava ad indicare il modo con cui volesse fosse cotto; quando si decise ad esprimere il suo desiderio (ch’era quello che il fegato gli fósse approntato cotto alla brace, il cuoco gli oppose che era troppo tardi; egli infatti aveva già provveduto a friggere il fegato e non poteva piú cucinarlo in altro modo.
Esaminiamo le parole:
è ffritto = è fritto voce verbale (3ª p. sg. ind. pr. passivo dell’infinito frijere (dal lat. frigere, di orig. onom. con caduta della occlusiva velare (g) sostituita con il suono transitorio semiconsonantico (j) intervocalico.
fécato s.vo neutro come in napoletano tutti i nomi che indicano gli alimenti; = fegato,
1 (anat.) grossa ghiandola edibile (quella di bovini, ovini, suini, oche,gallinacei ed equini) multilobata annessa al tubo digerente e situata nella parte superiore destra della cavità addominale dei vertebrati; di colore rosso bruno, aspetto granuloso e consistenza molle, svolge importanti funzioni per l'organismo, tra cui la secrezione della bile, l'inattivazione dei prodotti tossici e l'elaborazione dei materiali nutritivi provenienti dall'intestino
(fig.) consumarsi per la rabbia; farse vení ‘o mmale ‘e fécato (farsi venire il mal di fegato), (fig.) prendersela eccessivamente | | uoglio ‘e fécato ‘e merluzzo(olio di fegato di merluzzo), olio medicinale ricco di vitamine
2 (fig.) audacia, ardimento, coraggio: tené fécato; ce vo’ ‘nu bbellu fécato a suppurtà a cchella!; ommo ‘e fécato (avere del fegato; ci vuole un bel fegato a tollerare colei!; un uomo di fegato), coraggioso
E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico P.G. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente chi dovesse imbattersi in queste paginette.Satis est.
Raffaele Bracale
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