venerdì 14 ottobre 2016
VARIE 16/922
1.FÀ CACÀ LL’UVA, LL’ACENO E ‘O STREPPONE.
Ad litteram: far defecare il grappolo d’uva, gli acini(vinacciuoli) ed il raspo relativi.Locuzione, spesso usata sotto forma di minaccia: te faccio cacà ll’uva, ll’aceno e ‘o streppone (ti faccio defecare la pigna d’uva, i singoli acini(vinacciuoli) ed il raspo) con la quale si significa l’azione violenta di chi costringa o intenda costringere un ladro o anche solo un profittatore a restituire tutto il mal tolto, e cioè pretenda di farsi restituire, sia pure sotto forma di feci, non solo la pigna d’uva che gli sia stata sottratta, ma addirittura i singoli acini(o quanto meno i vinacciuli in quelli contenuti) e persino ad abundantiam il vuoto raspo che non viene mangiato, ma che si intende far restituire da digerito.La minaccia estensivamente poi viene usata nei confronti di chiunque (adulti e/o bambini) siano messi in condizione di dover esser severamente puniti per eventuali malefatte trascorse.
cacà= cacare, defecare voce verbale infinito derivata dal lat. cacare= andar di corpo;
uva = uva, il frutto della vite, costituito da un grappolo composto di acini: dal lat. uva(m) nell’espressione in epigrafe vale grappolo di uva che a Napoli piú spesso è detto pigna d’uva per la forma a cono rovesciato vagamente simile al frutto conico delle conifere, costituito da squame legnose che nascondono i semi (pinoli);
aceno= acino, chicco dell’uva o di frutta similare dal latino acinu(m); in napoletano con il termine a margine non si intende però solo il vero e proprio acino/chicco d’uva, ma anche il vinacciuolo e cioè ciascuno dei semi che si trovano in un acino d'uva, il fiocine che molti, mangiando un grappolo d’uva, evitano di ingoiare e sputano via, per cui sarebbe poi difficilissimo renderlo digerito, atteso che non viene mangiato ; la medesima cosa avviene anche con lo
streppone= raspo, grappolo di uva privo dei chicchi, gambo, fusto di fiori recisi; la voce etimologicamente è dal lat. stirpe(m) attraverso un accrescitivo *sterpone(m) con metatesi e raddoppiamente espressivo della p→pp.
2.QUANNO CHIOVONO PASSE E FICUSECCHE
Ad litteram: quando pioveranno uva passita e fichi secchi Id est: mai; La locuzione è usata, per dileggio, a sarcastico commento di avvenimenti che si pensa non potranno mai verificarsi, o di situazioni che vengono ritenute non suscettibili di miglioramento alcuno, che potrebbe verificarsi solo nel caso di una fortuita ipotetica pioggia(novella manna) di uva passita e fichi secchi, evento - peraltro – ritenuto chiaramente impossibile da verificarsi.
quanno = quando, allorché ogni volta che, tutte le volte che (con valore iterativo) giacché, dal momento che (con valore causale):: avv. di tempo derivato dal latino quando con assimilazione progressiva nd→nn;
chiovono= letteralmente piovono voce verbale (3ª pers. plur. ind. presente) dell’infinito chiovere che è dal latino pluere con tipico passaggio di pl→chi (vedi alibi: plaga→chiaia etc.) ed epentesi eufonica della v (vedi alibi:ruina→rovina, vidua→vedova etc.).Da notare che il verbo a margine, pur essendo indicativo presente è reso in italiano con il tempo futuro che acconciamente avrebbe dovuto essere: chiuvarranno che è il futuro, tempo che pur essendo previsto nell’ idioma napoletano è pochissimo usato, sostituito quasi sempre dall’indicativo presente o dalla costruzione verbale: devo da= aggi’’a etc. Ad es.: Domani mi taglierò i capelli si rende con: Dimane me taglio ‘e capille oppure Dimane m’aggi’’a taglià ‘e capille.
passe = uva passita o passa; trattasi di un aggettivo sostantivato, plurale di passo: appassito, secco: uva passa e come tale derivato dal lat. passu(m), part. pass. di pandere 'aprire, stendere'; propr. 'steso a seccare, ad appassire';
ficusecche = fichi secchi; in napoletano plurale della voce femminile: ficusecca con derivazione, con passaggio al femminile dal masch. lat. ficum(che corrisponde al greco sýcon con cambio s/f)+ siccum da una radice sik = secco, sterile.
A margine della voce fica da cui poi ficusecca rammento che il passaggio al femminile dal maschile fico è determinato dal fatto che con la voce fica si intende un frutto piú grosso del fico atteso che in napoletano s’usa femminilizzare un termine maschile quando si voglia indicare una cosa intesa piú grande della corrispondente maschile (cfr. cucchiara= mestola del muratore piú grande di cucchiaro= cucchiaio da minestra, tina piú grande di tino,tavula piú grande di tavulo, tammorra piú grande di tammurro, carretta piú grande di carretto etc.Fanno eccezione tiana piú piccola di tiano e caccavella piú piccola del caccavo). Rammento infine che con la voce ficusecca usata in senso furbesco, in napoletano si identifica anche la vulva e segnatamente quella avvizzita d’una donna anziana e non piú appetita; al proposito preciso che anche in greco con la voce sýcon si indica sia il frutto del fico che, furbescamente, la vulva.
RaffaeleBracale
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