FRASEOLOGIA NAPOLETANE CON IL VERBO PARLÀ
Parte seconda
D-Parlà a schiovere
Ad litteram:parlare a vanvera, quasi a pioggia battente. Détto di chi, non avendo nulla di serio e costruttivo da comunicare, dà libero sfogo alla propria lingua ed a mo' di pioggia inonda il prossimo di vuote parole senza significato e/o costrutto , a ruota libera ed inopportunamente.
Preciso qui che il termine schiovere significa per solito: smettere di piovere, ma - in napoletano - spesso la prostesi di una S ad un termine à funzione intensiva e rafforzativa, non sottrattiva ed è il caso dello schiovere della locuzione qui annotata dove con l’anteporre la S alla parola chiovere (piovere) non si è inteso indicare la cessazione del fenomeno atmosferico, ma al contrario si è inteso aumentarne la portata! Il verbo chiovere è dal lat. tardo plovere, per il class. pluere con il tipico passaggio del gruppo lat. pl al napoletano chi (cfr. plu(s)→chiú – plumbeu(m)→chiummo – plaga→chiaja etc.)
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E- Parlà sparo
Letteralmente: parlar dispari, caffo che sta per parlare offensivamente oltraggiosamente ed addirittura minacciosamente; semanticamente la cosa si spiega con il fatto che nel giuoco del paro e sparo (pari e dispari/caffo)sorta di morra in cui si deve indovinare se il numero totale delle dita che i giocatori apriranno sarà pari o dispari, il giocatore che partecipasse al gioco con il massimo dei numeri dispari da lui giocabili cioè il cinque,apriva completamente distendendolo il palmo della mano (in arabo kaff donde l’italiano caffo=dispari ) per mostrare appunto le cinque dita assumendo cioè una posizione quasi aggressiva come se volesse minacciare l’avversario di percuoterlo a mano aperta;per cui chi parlasse offensivamente, minacciosamente oltraggiosamente si disse che parlasse sparo come colui che distendendo interamente la mano giocasse un numero ( il cinque) dispari/caffo = sparo.
sparo agg.vo ed avverbio = dispari, in modo diverso, disuguale e per ampliamento semantico offensivo, oltraggioso, minaccioso etc. per l’etimo si deve risalire al lat. dis+pare(m)→(di)spare(m)→sparo, comp. di dis→s e par paris 'pari' cioè non pari .
F -Parlà sulo Ad litteram:parlar da solo, senza relazionarsi Détto di chi,accreditato d’essere folle o tendente alla pazzia venga isolato negandogli la possibilità di relazionarsi con gli altri e lo si costringa al vuoto ed inconferente soliloquio, al parlar da solo con se stesso che è proprio – per l’appunto – l’atteggiamento irrazionale di chi sia o faccia le viste d’esser pazzo, demente, folle, dissennato, squilibrato, forsennato, irragionevole, malato di mente, mentecatto.
Sulo agg.vo e talora anche avv. (sulo/sulamente) , ma qui aggettivo: isolato, senza compagnia,abbandonato, trascurato, accantonato, reietto, derelitto quanto all’etimo è dal lat. solu(m).
G- Parlà cu ‘o chiummo e cu ‘o cumpasso
Icastica espressione che ad litteram è: parlare con il(filo a) piombo ed il compasso id est: esprimersi ed agire in ogni occasione con estrema attenzione, cautela e prudenza,non disgiunte da accortezza, circospezione, avvedutezza, ponderazione, avvertenza, precauzione e precisione alla stregua del muratore che, se vuole portare a termine a regola d’arte le proprie opere, non può esimersi dal far ricorso al filo a piombo, compasso, livelle ed altri strumenti consimili. L’atteggiamento fotografato dall’espressione a margine è proprio del prudente, spesso pusillanime e di chi sia cauto, accorto, attento, avveduto, giudizioso, previdente, oculato, riflessivo, ponderato, misurato, controllato, vigile, circospetto, guardingo.
chiummo s.vo neutro = piombo, ma qui filo a piombo
la voce è dal lat. plumbeu(m) con il tipico passaggio del gruppo lat. pl al napoletano chi (cfr. plu(s)→chiú – plovere→chiovere – plaga→chiaja etc.);
cumpasso s.vo m.le = compasso, strumento formato da due aste collegate a cerniera, usato per disegnare circonferenze o misurare distanze;
la voce è un deverbale del lat. volg. *cumpassare, comp. di cum 'con' e un deriv. di passus 'passo' = mantenere il medesimo passo.
H- Parlà cu ‘o revettiello
Ad litteram:parlare con la ribattitura id est: parlare con doppiezza, esprimersi con equivocità, finzione, slealtà. Azione tipica di coloro - in ispecie donne -che malevole e per vigliaccheria non aduse ad esprimere apertamente il proprio pensiero, le proprie opinioni, parlano in maniera ostile, sfavorevole, animosa, astiosa, avversa, esprimendosi mai chiaramente ma per traslati, per sottintesi, per allusioni con la doppiezza richiamante il revetto o revettiello s.vi m.li (il secondo è un diminutivo del primo): doppia cucitura rinforzata posta agli orli di gonne e sottogonne per impedirne il logoramento; l’etimo è dal fr. rivet dal verbo river= ribadire, rafforzare.
(segue)
r.b.
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