JANNE FEMMENIELLO
Il gentile sig. F. D.V. (la solita questione di riservatezza mi impone di indicare solo le iniziali di nome e cognome…) mi à chiesto spiegazione dell’antica espressione in epigrafe, espressione che pare fosse stata usata dal patriota e letterato Luigi Serio (Massa Equana, Napoli, 1744 † Napoli 1799)., nei confronti dell’abate economista e letterato. Ferdinando Galiani(Chieti 1728 -† Napoli 1787), nel corso di una lunga disputa letteraria intercorsa tra i due. Sorvolando sulla materia della disputa tra i due letterati ò cosí risposto in due tornate al sig.F. D.V.
Rispondo al vostro quesito circa l’espressione janne femmeniello ed in particolare circa il significato di janne.
Quantunque esso vocabolo non sia attestato in alcun calepino antico o moderno del napoletano io penso d’aver comunque trovato la esatta chiave di lettura del termine che dovrebbe valere: meretrice da trivio ma pure stupido, babbeo risultando essere un adattamento d’area campana e/o laziale di voci nordiche come il bergamasco: gioana, il bolognese zagn, o voci meridionali come il siciliano ianni tutte voci che etimologicamente appaiono essere degradazione semantica di nomi proprii Iohanna – Iohannus.
Preso da un dubbio ò aggiunto nella mail di risposta:
Mi faccia cortesemente sapere dove à esattamente letto l’espressione janne femmeniello. Non vorrei che un’involontaria errata trascrizione dell’espressione conducesse fuori via e voi e me.Allo stato dei fatti parrebbe che chi disse il Galiani janne femmeniello voleva insolentirlo chiamandolo stupida meretrice pederasta. Dopo d’aver inoltrato la mail ò continuato un po’ la ricerca e mi sono imbattuto in un antico vocabolario del napoletano (Raffaele D’Ambra) che prendeva in considerazione l’espressione in epigrafe, per cui ò inviato una seconda mail all’amico:
Faccio sèguito alla mia precedente risposta per significarvi che ò trovato riscontro per l’espressione janne femmeniello nell’ antico vocabolario del prof. Raffaele D’Ambra che (unico fra tutti i compilatori di lessici antichi e moderni del napoletano) la prende in considerazione spiegandola come antica maschera del teatro popolare, buffone pederasta, sciocco omosessuale e ricorda che morfologicamente janne è una contrazione di joanne (avvalorando cosí la mia idea che etimologicamente trattasi di degradazione semantica di nomi proprii Iohanna – Iohannus) marcata sul sostantivo zanni (Giovanni) che fu una buffonesca maschera del teatro popolare d’area lombardo-veneta. Spero di avervi completamente chiarito la faccenda.
Giunto a questo punto penso di poter riassumere tutta la faccenda dicendo che janne femmeniello vale zanni pederasta e prima di far punto trovo interessante ricordare gli etimi delle parole fin qui prese in considerazione; ed abbiamo
Janne s.vo m.le = zanni, buffone, sciocco; contrazione di joanne= giovanni; etimologicamente trattasi di degradazione semantica del nome proprio Iohannus come altrove il bergamasco
gioana s.vo f.le = meretrice da trivio è etimologicamente una degradazione semantica del nome proprio Iohanna.
zanni s.vo m.le = , buffone, sciocco personaggio del servo nella commedia dell’arte, che rappresentò originariamente un contadino stupido e credulone;
forma toscanizzata del veneto Zani, corrispondente al tosc. Gianni, ipocoristico del nome proprio Giovanni].
femmeniello s.vo m.le = pederasta passivo, effeminato etimologicamente diminutivo di femmena (che è dal lat. fémina(m) con raddoppiamento espressivo della post-tonica m normale in parole sdrucciole) diminutivo reso maschile adattando il suffisso m.le iello in luogo dell’atteso suff. f.le ella adattamento resosi necessario in quanto il diminutivo f.le femmenella non avrebbe reso compiutamente l’idea di un uomo con devianze sessuali, potendosi ritenere la voce femmennella indicante semplicemente una piccola donna e non un uomo dedito alla pederastia.
E qui potrei far punto, ma – come è mio costume preferisco aggiungere qualche rigo per dire di altre parole che possono riallacciarsi a femmeniello:
recchione o ricchione, s. m. omosessuale maschile, pederasta,gay, vocabolo che, partito dal lessico partenopeo, è approdato per merito o colpa di taluna letteratura minore ed altre forme artistiche quali: teatro cinema e televisione, nei piú completi ed aggiornati vocabolarî della lingua nazionale dove viene riportata come voce volgare, nel generico significato di omosessuale maschile.
Molto piú precisamente della lingua nazionale, però, il napoletano con i vocaboli a margine non definisce il generico omosessuale maschile, ma l’omosessuale maschile attivo quello cioè che nel rapporto sodomitico svolge la parte attiva; chi invece svolge la parte passiva è definito, come ò détto, nel napoletano : femmeniello che è quasi: femminuccia, piccola femmina. Torniamo al recchione - ricchione precisando súbito che nel napoletano tale omosessuale maschile non va confuso (come invece accade nell’italiano)con il pederasta il quale, come dal suo etimo greco: pais-paidos=fanciullo ed erastós=amante, è chi intrattiene rapporti omosessuali con i fanciulli;per il vero la parlata napoletana non à un termine specifico per indicare il pederasta e ciò probabilmente perché la pedofilía o pederastía fu quasi sconosciuta alla latitudine partenopea, quantuque Napoli sia stata città di origine e cultura greca ;dicevo: ben diverso il pederasta dal recchione – ricchione che infatti à i suoi viziosi rapporti sodomitici quasi esclusivamente con adulti di pari risma.
Ed accostiamoci adesso al problema etimologico del termine recchione – ricchione; sgombrando súbito il campo dall’idea che esso termine possa derivare dall’affezione parotidea nota comunemente con il termine orecchioni, affezione che attaccando le parotidi le fa gonfiare ed aumentare di volume.
Una prima e principale scuola di pensiero, alla quale, del resto mi sento di aderire fa risalire i termini in epigrafe al periodo viceregnale(XV-XVI sec.) sulla scia del termine spagnolo orejón con il quale i marinai spagnoli solevano indicare i nobili incaici, conosciuti nei viaggi nelle Americhe, che si facevano forare ed allungare, tenendovi attaccati grossi e pesanti monili, le orecchie; con il medesimo nome erano indicati anche dei nobili peruviani privilegiati, noti altresí per i loro costumi viziosi e lascivi; taluni di costoro usavano abbigliarsi in maniera ridondante ed eccentrica talora cospargendosi di polvere d’oro i padiglioni auricolari,donde l’espressione napoletana: tené ‘a póvera ‘ncopp’ ê rrecchie = avere la polvere sulle orecchie, usata ironicamente appunto per indicare gli omosessuali.
Da non dimenticare che detti usi di incaici e peruviani furono spesso mutuati da molti marinai che sbarcavano a Napoli, provenienti dalle Americhe, agghindati con grossi e pesanti orecchini(cosa che i napoletani non apprezzarono ritenendo gli orecchini monili da donna e non da uomo..) e parecchi di questi marinai furono súbito indicati con i termini in epigrafe oltre che per l’abbigliamento e le acconciature usati anche per il modo di proporsi ed incedere quasi femmineo, atteso che dai napoletani si ritenne che il loro comportamento sessualecambiato, fosse stato determinato dalla lunga permanenza in mare, per i viaggi transoceanici, permanenza che li costringeva a non aver rapporti con donne e doversi contentare di averne con altri uomini.
Successivamente i termini recchione – ricchione palesi adattamenti dello orejón spagnolo passarono ad indicare non solo i marinai, ma un po’ tutti gli omosessuali attivi, conservando il termine femmeniello/femmenielle per quelli passivi.
E mi pare che ce ne sia abbastanza, anche se – per amore di completezza – segnalo qui una nuova ipotesi etimologica proposta dall’amico prof. Carlo Jandolo che ipotizza per ricchione/recchione una culla greca: orkhi-(pédes)= chi à la strozzatura dei testicoli,impotente, con aferesi iniziale, suono di transizione i fra r –cch con raddoppiamento popolare e suffisso qualitativo accrescitivo one; tuttavia lo stesso Jandolo non esclude un influsso di recchia soprattutto tenendo presente la fraseologia riportata che fa riferimento ad un orecchio impolverato.
A malgrado dei sentimenti amicali che nutro per Jandolo, non trovo serî motivi per abbandonare quella, a mio avviso, convincente via vecchia per percorrere la impervia nuova.
Ed a questo punto penso di poter affermare che sati est e fermarmi qui.
Raffaele Bracale
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