martedì 15 settembre 2015
VARIE 15/637
1.APPOZA, FRATIé, A NNOMME ‘E SAN GIUVANNE!
Ad litteram: Inchinati, fratello al nome di san Giovanni! Rectius: In nome di san Giovanni, fratello sporgi il sedere ponendoti in posizione atta (per ricevere il previsto clistere). Espressione antichissima risalente alla fine del 1500 usata, anche solo pronunciandone la prima parte: Appoza, fratié! per esortare e/o convincere la persona cui sia rivolta a portare pazienza, a far buon viso a cattivo giuoco, a sopportare, a rassegnarsi nel subire un ineludibile sopruso.
Per comprendere la genesi dell’espressione bisogna sapere che nell’Ospedale della Pace eretto nel 1587,ospedale dei frati Ospedalieri di San Giovanni di Dio (donde il primitivo nome di Ospedale di san Giovanni, mutato poi in quello di Ospedale della Pace perché facente parte del piú vasto complesso monumentale di santa Maria della Pace sito in Napoli alla via dei Tribunali ), vigeva una norma a dir poco singolare e cioè quella che tutti i ricoverati [quale che fósse il loro malanno ] dovessero sottomettersi, all’atto del ricovero, ad un preventivo ineluttabile, inesorabile clistere depurativo. A tanto provvedevano degli infermieri ad hoc détti camminanti che inseguivano quasi pedinando i ricoverati e pronunciando la frase in epigrafe li costringevano a subire il lavacro purificatore. L’espressione poi uscita dall’àmbito ospedaliero approdò ed ancóra dura tra i napoletani d’antan nell’ uso quotidiano nella morfologia: Appoza, fratié! quale sprone, come già détto, a portare pazienza, a far buon viso a cattivo giuoco, a sopportare, a rassegnarsi nel subire un ineludibile sopruso.
Appoza voce verbale (2ªp. sg. imperativo dell’infinito appuzà= chinarsi in avanti profondamente sporgendo il sedere); quanto all’etimo non c’è identità di vedute tra gli addetti ai lavori; qualcuno (Iandolo) ignora la voce o la battezza d’etimo ignoto, qualche altro (D’Ascoli) dà libero sfogo alla fantasia e chiama in causa alternativamente, ma sempre – a mio sommesso avviso – scorrettamente, dal punto di vista semantico, ora un lat. appulsare [ricavato dal p.p. appulsus di appellere= approdare], ora un lat. appodiare= appoggiare, ora un lat. adpausare→appausare= cessare; come si vede nessuna delle tre ipotesi del D’Ascoli soddisfa semanticamente atteso che l’appuzà =chinarsi in avanti profondamente sporgendo il sedere è lontanissimo sia dall’ approdare, che dall’ appoggiare, sia infine dal cessare. Appare invece di tutto rispetto la proposta dell’amico avv.to Renato de Falco che opta per il lat. adputeare→apputeare→appuzà = chinarsi alla bocca d’un pozzo o accingersi a scavarne uno assumendo la posizione di chi sporga il sedere. Mi pare proprio che l’idea dell’amico avv.to Renato de Falco soddisfi in pieno sia la morfologia che la semantica, per cui penso sia giusto ch’io e ad essa mi accodi!
2 -SCIÚ, Â FACCIA TOJA!
Espressione volgare di schifo e disprezzo, intraducibile ad litteram, che viene pronunciata, accompagnata spesso dal gesto di un finto sputo, all'indirizzo di chi è tanto spregevole da meritarsi di esser raggiunto da uno sputo al volto: infatti la parola sciù altro non è se non l'onomatopeica riproduzione di uno sputo, che - come precisato nel prosieguo della locuzione – à come destinazione proprio la faccia di colui che si intende disprezzare! Talvolta l’espressione è limitata al solo sciú mantenendo però inalterato il senso di schifo e disprezzo contenuto nell’intera espressione.
3. -SCUMMIGLIÀ 'A RAMMA
Ad litteram: scoprire il rame Id est : togliere i coperchi alle pentole di rame per controllare il cibo in cottura. Invito che si rivolgeva temporibus illis alle donne di casa addette alla cucina perchè controllassero attentamente la cottura delle pietanze, evitando di distrarsi con chiacchiere inutili.
In senso traslato: mettere a nudo i difetti di qualcuno.
4. - SCUMMIGLIÀ 'E ZZELLE
Ad litteram: scoprire le tigne e per traslato scoprir le magagne, le manchevolezze. Id est: mettere a nudo i difetti altrui .
Locuzione della medesima portata del senso traslato della precedente. In particolare la zella (da un lat. reg.(capitem) *psilla(m)) è la tigna che veniva coperta con un cappelluccio e veniva così tenuta celata agli occhi indiscreti, fino a che un rompiscatole non strappasse il cappelluccio dalla testa del tignoso, mettendone proditoriamente a nudo i difetti.Per estensione si dice di chiunque si diverta a render note, quali che siano, le manchevolezze altrui battezzate pur sempre: zelle anche se non realmente attinenti alla tigna.
5. -SCUNTÀ A FFIERRE 'E PUTECA
Ad litteram:sdebitarsi con i ferri della bottega Cosí si dice quando - non riuscendo ad ottenere il pagamento di un debito in moneta contante - il creditore si contenta di chiedere al debitore che lo soddisfi mediante l'opera lavorativa servendosi dei propri ferri del mestiere, cioè conferendogli artigianalmente un servizio in cui il debitore sia versato.
6. –SGUMMÀ/SCUMMÀ 'E SANGO
Ad litteram: far perdere la gomma al sangue. Id est: percuotere tanto violentemente qualcuno e segnatamente colpirlo sul volto fino a fargli copiosamente emettere dalle fosse nasali fiotti di sangue divenuto a seguito delle percosse cosí fluido da scorrere liberamente quasi avesse perduto la gomma o l’ipotetico collante che ne determinano la naturale vischiosità perduta a sèguito delle percosse.
7. -S' È AVUTATO 'O CANISTO
Ad litteram: si è invertito il canestro Locuzione che, con amaro senso di dispetto viene pronunciata da chi vede che una situazione che lo riguarda da che era positiva e favorevole, cambia improvvisamente diventando sfavorevole e negativa. Originariamente la locuzione ripeteva la delusione che si ascoltava sulla bocca dei giocatori del lotto che dopo alcune estrazioni favorevoli vedevano sortire numeri che non attendevano ed attribuivano la faccenda al fatto che l'urna (il canestro della locuzione) contenente i bussolotti con i numeri fosse stata - eccessivamente - ruotata.
8. -S'È AVUTATO 'O MUNNO
Ad litteram: è ruotato il mondo Amaro ed indispettito commento pronunciato da chi - specie anziani - si trovi ad essere coinvolto o anche a fare da semplice spettatore ad accadimenti ritenuti paradossali, assurdi ed inattesi che mai si erano verificati, né mai si riteneva si potessero verificare e che solo il capovolgimento del mondo à reso possibili.
9. -SEDOGNERE L'ASSO oppure 'A Falanca
Ad litteram:ungere l'asse oppure la trave. Inveterata necessità che nel corso dei secoli à assunto le piú svariate connotazioni e modi di realizzarsi, ma restando sempre ineludibile nella sua reale funzione di permettere un adeguato movimento degli elementi ruotanti (asse)
o assicurare la scorrevolezza della trave(falanca) su cui far scivolar le barche, e per traslato, consentire che una pratica non si intoppi ed anzi proceda speditamente verso la sua realizzazione. Falanca s.f. = trave di supporto per lo scorrimento dei natanti; dal lat. phalanga(m)→phalanca(m)= palo.
10 -S'È 'MBRIACATA 'A ÚSCIOLA
Ad litteram:S'è ubriacata la bussola Amaro commento pronunciato da chi si trovi improvvisamente davanti a situazioni inopinatemente ingarbugliate, quando non scombussolate, al segno che non ci si raccapezzi piú, come quando per un'improvvisa tempesta magnetica la bussola (ùsciola) non indichi piú il nord, o come quando il contenitore delle offerte ( pur'esso: úsciola) ingarbugliatosi non trattenga piú le monete, ma le lasci cadere in terra.
11 -SE NE PARLA A VVINO NUOVO
Ad litteram: se ne parla al tempo del vino nuovo Modo di dire che sebbene indichi un preciso momento - quello della nuova vinificazione - non corrisponde ad un tempo certo, ma è usato per significare la volontà di voler rimandare sine die un impegno a cui non si à molto desiderio di applicarsi.
12. -SENTIRSE 'E PRÓRERE 'E MMANE
Ad litteram:Avvertire un prurito alle mani Cosí afferma chi sia in procinto di usare le mani per percuotere qualcuno.E cosí solevano dire, temporibus illis, i genitori quando erano stati inutilmente esperiti tutti i tentativi di convincere i propri piccoli figliuoli a desistere dal far confusione, o dalle loro reiterate marachelle .per avvertire i ragazzi che era prossimo il momento in cui essi genitori sarebbero passati a vie di fatto e avrebbero fatto ricorso alle percosse.
13. -SENTIRSE 'E SCENNERE QUACCOSA
Ad litteram:avvertire che qualcosa stia per accadere Id est: avere la sensazione che stia per succedere qualcosa, positiva o negativa che sia ed accada quasi calando dall'alto, in modo inatteso ed imprevedibile.
Allorché il qualcosa sia negativo la locuzione diventa:SENTIRSE 'E SCENNERE QUACCOSA PE DDERETO Ê RINE (avvertire che qualcosa stia per accadere dietro le spalle).
14. -SENTIRSE 'E TREMMÀ 'O STRUNZO 'NCULO
Ad litteram:avvertire di esser prossimi ad evacuare Cosí, in modo sorridente ma becero,si dice che questa sia la situazione di chi lungamente minacciato di violenze e percosse sia assalito da spavento cosí grande da dover precipitarsi a cavalcare la tazza del cesso.
15. -S'È SCUNTRATO 'O SANGO CU 'A CAPA
Ad litteram:è avvenuto lo scontro (incontro) del sangue e della testa
Id est: si è verificata la circostanza favorevole perché si potesse verificare ciò che si voleva o desiderava o anche si è verificato l'atteso incontro tra due persone di interessi collimanti, incontro foriero di buoni, sperati accadimenti positivi per loro ed altri.
Mi spiego. Quando ancora le sacre reliquie (cranio ed ampolle del sangue) di san Gennaro santo protettore della città di Napoli, non erano conservate nella a Lui dedicata cappella del Duomo napoletano, nel giorno della memoria del santo (19 settembre) partivano due distinte processioni: una, recante le ampolle con il sangue, muoveva da Pozzuoli alla volta di Antignano (ameno sito della collina vomerese), l'altra processione partiva dal Duomo e puntava su Antignano recando il busto argenteo contenente il cranio del santo; quando le due processioni venivano a contatto, ossia si verificava quanto previsto nella locuzione, spesso accadeva che si compisse il miracolo della liquefazione del sangue contenuto nelle ampolle rinserrate in un'artistica teca d'argento. Ancora oggi che la processione è una sola, la teca con le ampolle del sangue viene posta accanto al busto contenente il cranio del santo, appena il canonico incaricato dà inizio alle preghiere impetrative e si attende che l'incontro abbrevi i tempi di attesa del miracolo.
Altre volte la locuzione riportata in epigrafe è intesa pedissequamente ad litteram ed il luogo dell'incontro qui sopra descritto, fa riferimento ad un vero e proprio scontro tra due persone che non collimando in niente non lasciano presagire nulla di buono; in tal caso la locuzione deve essere intesa con valenza negativa in luogo della positiva prospettata dall'incontro enunciato precedentemente.
16. - SFILÀ 'A CURONA
Ad litteram: sfilare la corona Id est: dar la stura ad una lunga sequela di ingurie e contumelie dirette a chi se le meriti, ingiurie reiteratamente ripetitive quasi alla stregua di grani di una corona che però per la verità, viene usata per reiterare preghiere e non contumelie. La reiterazione delle ingiurie è tanto lunga e violenta da determinare lo sfilarsi dei grani dell’ipotetica corona usata per contare le contumelie.
17. - SFRUCULIÀ 'A MAZZARELLA 'E SAN GIUSEPPE
Ad litteram: sbreccare il bastoncino di san Giuseppe id est: annoiare, infastidire, tediare qualcuno molestandolo con continuità asfissiante.
La locuzione si riferisce ad un'espressione che la leggenda vuole affiorasse, a mo' di avvertimento, sulle labbra di un servitore veneto posto a guardia di un bastone ligneo ceduto da alcuni lestofanti al credulone tenore Nicola Grimaldi (1700 ca), come appartenuto al santo padre putativo di Gesù. Il settecentesco celeberrimo tenore il 1° agosto del 1713 rientrò a Napoli da Venezia - dove aveva trionfato a “La Fenice” - convinto di recare con sé l’autentico bastone (la mazzarella) al quale San Giuseppe si era sostenuto nell’accompagnare la Madonna alla Grotta di Betlemme e che (stando almeno a quanto fa intendere Annibale Ruccello) si favoleggiava fosse efficace strumento per scacciare il Maligno dal corpo degli indemoniati. Espose dunque, in una nicchia ricavata nel salotto del suo palazzo (palazzo Cuomo) alla Riviera di Chiaia, il bastone e vi pose a guardia un suo servitore veneto con il compito di rammentare ai visitatori di non sottrarre, a mo' di sacre reliquie, minuti pezzetti (frecule) della verga, insomma di non sfregolarla o sfruculià. Come si intende il verbo a margine è dunque un denominale che partendo dal s.vo latino frecula (pezzettino) addizionata in posizione protetica di una esse (distrattiva) è approdato a sfruculià/sfreculià passando attraverso una s (intensiva)+ il lat. volg. *friculiare=sfregare dolcemente, ma insistentemente fino a sbreccare in tutto o in parte l’oggetto dello sfregamento; chiaro ed intuitivo il traslato semantico da sfregare/sbreccare e l’infastidire.
Normalmente, a mo' di ammonimento, la locuzione è usata come imperativo preceduta da un corposo NON.
18. -SFRUCULIÀ 'O PASTICCIOTTO
Ad litteram: sbreccare il dolcino. Id est:annoiare, infastire, molestare qualcuno; locuzione di valenza simile alla precedente, usata anch'essa in tono imperativo preceduta da un canonico NON. Qui, in luogo della mazzarella, l'oggetto fatto segno di figurate sbreccature è un ipotetico pasticcino, chiaramente usato eufemisticamente al posto di un intuibilissimo sito anatomico maschile.
19. -SICCO, PELIENTO E OSSA
Ad litteram: magro, pallido e ossuto Cosí viene divertentemente apostrofato chi sia estremamente magro,pallido: latinamente pallente(m)→ (peliento) e cosí poco in carne da potergli contar le ossa.
20 - SONA CA PIGLIE QUAGLIE
Ad litteram: suona ché prenderai quaglie. Locuzione ironica da intendersi in senso antifrastico, usata per mettere a tacere gli importuni saccenti ai quali si vuol dire: state perdendo il vostro tempo e state inutilmente dando fiato alla bocca: non riuscirete a nulla di ciò che pensate, né con le vostre chiacchiere riuscirete ad irretire qualcuno, che (come le quaglie che non si lasciano attirare da alcun richiamo) resisterà ad ogni vostra insistenza e/o miraggio.
Brak
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