SCIÚ E CIUCIÚ/SCIUSCIÚ
Questa volta sono stato
sollecitato dell’amica D.P. (i consueti problemi di riservatezza
mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) a dire una
parola chirificatrice riguardo le voci
partenopee in epigrafe, voci che
essendo assonanti posson creare confusione nei meno esperti dell’idioma
napoletano o nei tanti pressappochisti e/o colpevolmente disinformati.Mi
accingo alla bisogna chiarendo súbito
che lo sciú è il nome
napoletano assegnato al bigné
cioè quel dolce
monoporzione di pasta cotta in forno, ripieno di creme di vario tipo:
cioccolato, nocciola, caffé o zabaione, dolce tipico della
pasticceria napoletana; la voce sciú etimologicamente è dal francese choux che indica appunto il tipo di pasta con
cui si confezionano i bigné); ben altro
è il ciuciú,che qualcuno
erroneamente scrive sciusciú
alimentando la confusione di cui ò détto; il ciuciú infatti è una voce
onomatopeica che connota in primis lo bisbiglío, il parlottío e per traslato
una sorta di giuggiola (pasticca di zucchero e gomma arabica) cioé gustosissima caramella gommosa che si succhia con il
continuo sfregamento/movimento della lingua che semanticamente ricorda appunto quello del parlottío
continuato! Da quato esposto se ne
deduce che è impossibile confondere lo sciú con il ciuciú anche quando qualcuno lo indicasse come sciusciú.
A margine di tutto rammento
che nel napoletano esiste un’altra voce omografa di sciú/dolce ed è lo sciú ricorrente nell’espressione sciú, â faccia toja! che è un’ espressione
volgare di schifo e disprezzo,
intraducibile ad litteram, che viene pronunciata, accompagnata spesso dal gesto di un finto sputo, all'indirizzo di
chi è tanto spregevole da meritarsi di
esser raggiunto da uno sputo al volto: infatti
qui la parola sciù
non indica il dolce di cui antea, ma altro non è se non la riproduzione onomatopeica
di uno sputo, che - come precisato nel
prosieguo della locuzione – à come destinazione
proprio la faccia di colui che si intende disprezzare! Talvolta
l’espressione è limitata al solo sciú mantenendo però inalterato il
senso di schifo e disprezzo contenuto nell’intera espressione.
E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito ad
abundantiam l’argomento, soddisfatto
l’amica D.P. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú
genericamente chi dovesse imbattersi in
queste due paginette.Satis est.
Raffaele Bracale
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