venerdì 31 gennaio 2020

UN’ ANTICA PAROLA NAPOLETANA:CARGIUMMA


UN’ ANTICA PAROLA NAPOLETANA:CARGIUMMA
Questa volta è stato il  caro amico P. G. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) a  chiedermi via e-mail di chiarirgli  significato e portata del termine  partenopeo   in epigrafe da lui incontrato in un passo del Basile. L’accontento súbito dicendogli che la voce cargiumma
è un antico, desueto, ma icastico s.vo ed agg.vo m.le e f.le di chiaro  carattere dispregiativo  che vale moro, africano,negro, turco,persiano o  comunque individuo  di pelle scura. La voce, assente in quasi tutti i calepini del napoletano e  presente  solo nell’antico lessico partenopeo  del D’Ambra,ed in quelli moderni  dell’Altamura (che lo saccheggia) e del D’Ascoli, tuttavia fu voce usata temporibus illis  dal Basile e da altri antichi autori che con détto termine definirono le caratteristiche somatiche della popolazione di origine mediorientale, razziata in guerra o comprata nei mercati degli schiavi.Successivamente, a far tempo dalla fine del 1700 la voce fu usata dispregiativamente per indicare  genericamente un soggetto  moro, africano,negro, turco, persiano o comunque  un individuo  di pelle scura.
Di etimologia nei tre lessici che lo riportano nemmeno a parlarne; il solo D’Ascoli,  pur senza precisarla, parlò d’una derivazione araba ed a mio avviso non fu lontano dal vero; anche per me infatti  si tratta di una voce nata da un connubio d’ un termine arabo (harāğ) addizionato del suff. umma collaterale di immo/a,   suffisso per sostantivi (che è possibile trovare come immo o come imma e talora come amma o umma  )  di  valore collettivizzante, ma   spesso, come nel caso che ci occupa, di chiaro sapore dispregiativo, ed è suffisso coniato su di un latino: ime(n) con successivo raddopiamento espressivo e rafforzativo della emme fino a giungere ad immo/imma/amma/umma. Interessante il percorso semantico seguíto per giungere alla voce in esame: con il termine harāğ gli arabi indicarono una particolare tassa al cui pagamento  erano tenuti tutti coloro che  schiavi, prigionieri  razziati in guerra o acquistati al mercato  non volessero abiurare la propria religione per abbracciare quella di Maometto;  a Napoli nell’inteso comune si ipotizzò che tutti   coloro che fossero mori, africani,negri, turchi,persiani, orientali o comunque individui  di pelle scura fossero o direttamente schiavi, prigionieri  razziati in guerra o acquistati al mercato  o  quanto meno discendenti di quegli schiavi, prigionieri  razziati dai quali  gli arabi esigevano una tassa e per indicarli onnicomprensivamente si servirono della voce araba harāğ→ har(ā)ğ→cargi  addizionandola del suffisso collettivizzante dispregiativo umma  sino ad ottenere cargiumma voce icastica, ma purtroppo  desueta laddove potrebbe tornare ancóra utile a’ giorni nostri quando Napoli, oramai multietnica,  risulta, spesso fastidiosamente,  invasa da mori, africani,persiani ed orientali.
E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico P.G. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente  chi dovesse imbattersi in queste  due paginette.Satis est.
 Raffaele Bracale


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