ERRORE, CANTONATA, ABBAGLIO, FESSERÍA GRANCHIO; LAPSUS & DINTORNI
L’amico F.P. (al solito, mi limito ad indicare le iniziali non avendo ricevuto autorizzazione a fare per esteso nome e cognome...) si è detto molto soddisfatto di ciò che – su sua richiesta – scrissi sul termine diavolo & dintorni  ed allora mi  lancia una nuova sfida chiedendomi di dilungarmi sulla voce errore ed affini nonché sulle corrispondenti voci del napoletano.
Fino a che me ne sentirò capace non mi sottrarrò ad una sfida! Cominciamo; in italiano la voce piú comune usata per indicare l'allontanarsi dalla verità, dal giusto o dalla norma convenuta,  lo sbaglio, lo sproposito, nonché, in senso morale, un fallo,  una colpa, un peccato, la voce piú comune – dicevo – è errore  che può avere un nutrito ventaglio di riferimenti; ricorderò ad es.: errore di giudizio, di valutazione; errore di calcolo, di misura; errore di lingua, di grammatica, di stampa; fare, commettere un errore; essere, cadere, incorrere, indurre in errore; correggere gli errori | salvo errore che sta per:  a meno che non vi sia qualche sbaglio involontario | per errore, per sbaglio, spec. di distrazione; in senso morale:  scontare i propri errori; errori di gioventú ; nelle scienze sperimentali poi, l’errore è la differenza fra il valore vero e quello osservato: errore sistematico, quello che ricorre in tutti i casi osservati in quanto dovuto allo strumento usato, al metodo o ad imperizia; errore accidentale, casuale che è quello che dipende dal caso. 
 Nel diritto l’errore è la  mancata o imprecisa conoscenza di un fatto o di una disposizione di legge: errore di fatto, di diritto | errore giudiziario:  in un processo penale, erronea ricostruzione o interpretazione dei fatti che porta alla condanna di un innocente.
L’etimo di errore  è dal lat. errore(m), deriv. di errare 'vagare, smarrirsi, sbagliarsi'.
 Per la voce errore non esistono moltissimi sinonimi usati con eccezione di  quelli indicati  in epigrafe; e sono:
- abbaglio s. m.  letteralmente (quale deverbale di  abbagliare connesso con bagliore)   indica
 l’abbagliamento (offesa della vista per  luce troppo viva) e per traslato figurato  l’errore, la svista: prendere un abbaglio; cadere in un abbaglio.
- cantonata  s. f. .   è un  denominale di  canto( che è dal lat. tardo canthu(m), derivato  dal gr. kanthós 'angolo dell'occhio')  indica l’angolo formato all'esterno, da due muri che s'incontrano e dunque  indica appunto  l’angolo formato dai muri esterni di una casa fra una strada e un'altra (per l’incotro interno di due muri s’usa la voce canto oppure angolo; mettiti in quel canto e sta’ fermo! | nell’espressione prendere una cantonata,quest’ultima figuratamente  vale  grosso errore, e tutta l’espressione sta per  prendere un abbaglio, incorrere in un colpevole sbaglio quale quello (donde trasse l’espressione) di chi facesse urtare una ruota del proprio carro  contro l'angolo della via, nel prendere una curva troppo stretta.
- fessería s.f. sciocchezza, quisquilia, errore da poco,scusabile stupidaggine  voce marcata (vedi oltre) sia pure con un  insulso aggiustamento  sul napoletano fessaría.
- granchio s. m. derivato da una lettura metatetica del lat. cancer –cri con sostituzione  di comodo  della occlusiva velare sonora  g  al posto della piú aspra e dura occlusiva velare sorda c; è voce che  à varie accezioni:
 - 1) (zool.) Nome delle circa 4500 specie di crostacei decapodi brachiuri, diffusi in tutto il mondo, per lo piú marini ma anche dulcacquicoli e terrestri, di dimensioni variabili da pochi cm a oltre 3,50 m, con addome corto e ripiegato sotto il carapace e chele robuste: g. comune (Carcinus maenas), diffuso sulle coste italiane; g. di fiume (Potamon fluviatile), delle acque dolci dell'Italia e dei Balcani. 
- 2) ( per estens., tecn.) 
a) il cuneo bipenne  opposto a quello battente  del martello da falegname, cuneo bipenne  usato per estrarre chiodi. b) Ferro conficcato sul banco del falegname, contro il quale si tiene fermo il legno da piallare. 
- 3) ed è l’accezione che ci occupa (fig., fam.) Errore, sbaglio causato da un equivoco: prendere un granchio. 
- 4) (ant.) La costellazione del Cancro. 
- 5) usato impropriamente  (pop.) quale sinonimo di  crampo.
- lapsus s. m. invar. errore involontario verbale o di scrittura propr. "inceppamento, caduta", derivato dal lat. labi "scivolare", part. pass. lapsus – Si tratta cioè di un piccolo sbaglio  non volontario, verbale o di scrittura, consistente nel sostituire un suono o una parola intera o scrivere una lettera invece di un'altra, nella fusione di due o piú parole in una sola, ecc., al quale, per S. Freud e la psicanalisi, bisogna attribuire un significato inconscio: scusa, è stato un lapsus!  Espressioni usate: lapsus calami (lett. errore di penna= errore di scrittura), lapsus linguae letteralmente "errore di lingua= del parlato) che designano appunto il lapsus nello scrivere e nel parlare; infine  lapsus freudiano:  quello dovuto a motivi inconsci.
Esaurite ad un dipresso le voci dell’italiano, passiamo alle piú numerose voci del napoletano dove abbiamo: 
-fessaría s. f. che letteralmente vale errore di poco conto, ed estensivamente sciocchezza, stupidaggine, azione insulsa tipica dello sciocco; la voce a margine deriva forse   da fesso con il suff. arius→aro + il suff. astratto tonico ía; epperò non gli dovrebbe essere comunque estranea, come  reputo e morfologicamente piú vicina  la voce fessa  (l’organo sessuale femminile esterno) ( part. pass. del verbo latino findere) dalla fessaría (da fessa+ aría da arius) sciocchezza, stupidata, deriva   la toscana fessería di significato analogo).In chiusura faccio notare la solita incomprensibile, stupida  mutazione che opera il toscano trasformando una A etimologica (da fessa→  fessaría) per adottare una piú chiusa E (fessaría  vien cioè  trasformata in fessería) forse  nella sciocca convinzione che la vocale chiusa E sia piú consona dell’aperta A alla elegante (?!) lingua di Alighieri Dante…
  In ogni caso con la voce  fesso (dell’italiano e del napoletano)  derivato attraverso il sign. del femm. fessa dell'Italia merid., pop. si indica  l’imbecille,  lo sciocco quello cioè capace di  errori di poco o molto  conto, ed ancóra estensivamente sciocchezze, stupidaggini, azioni insulse etc. Rammento talune  espressioni popolari in uso sia nella lingua nazionale che nel napoletano:  fare fesso, m’hê fatto fesso : riferito a persona, ingannarla: mi vuoi proprio fare fesso?  fam., fare il fesso/ fà ‘o fesso, fare lo spiritoso, o anche il temerario.  Dim. fessacchiotto, scherz  si indica  lo sciocco,il  balordo , voce in ogni caso da far risalire al lat.  fissu(m), part. pass. di findere 'fendere'). 
-marrone s. m. . che letteralmente vale  grosso errore, sbaglio di gran  conto, ed estensivamente addirittura sproposito; la voce a margine è presente pure nell’italiano con un ampio ventaglio di significati che sono:  
1)Bestia che guida il branco, 
2) (equit.) Cavallo anziano che deve servire di esempio al puledro da ammansire,
3) (ant.) Guida alpina.,  
4)(bot.) Nome di una varietà pregiata del frutto di castagno (Castanea sativa), generalm. piú grande della castagna comune, 
5) volgarmente testicolo,
6) Il colore tipico, bruno rossiccio, del guscio delle castagne 7) come  per il napoletano (e forse da esso mutuato), ma d’uso rarissimo e solo letterario errore grave, sproposito.
Non di facilissima comprensione le strade semantiche seguíte nell’italiano per approdare a tanti significati diversi, né semplicissimo indicare un eventuale etimo della voce italiana (esercizio forse inutile atteso che a mio avviso  il marrone dell’italiano è mutuato (vedi oltre) sul napoletano); ad ogni buon conto dirò che per il marrone dell’italiano  qualcuno propose il tardo greco *màraon, altri vi vedono una voce indigena usata pure come nome proprio Virgilio Marone altri ancóra vi leggono una radice celtica  mar= grande, grosso  che forse ben si può attagliare al cavallo piú vecchio e/o grande che guida il branco o a quello piú capace usato a mo’ d’esempio nell’addestramento dei puledri,  alla castagna piú grande . 
Quanto al marrone napoletano, atteso che la reputo una voce affatto originaria e non mutuata dall’italiano,anzi voce che  al contrario,  l’italiano  à preso in prestito dal napoletano,    penso che etimologicamente sia da collegarsi all’ant. francese marrir= confondersi, smarrirsi  o piú ancóra allo spagnolo marrar= errare, attraverso il sost.  marro= errore  addizionato del suff. accrescitivo  one. 
-nguacchio/’nquacchio s.m.  La parola a margine ,(si tratta infatti di un solo termine, reso con due diverse grafie), nel suo significato primo di bruttura, lordura, sudiciume   e poi in quello estensivo di piccolo involontario errore risulta essere – quanto al suo etimo – un deverbale di  ‘nguacchià/’nquacchià  voci tutte di origini onomatopeiche; i verbi ànno il loro significato primo di: sporcare, insudiciare, macchiare, imbrattare;proprio in tali accezioni la parola in epigrafe fu usata per indicare quegli inopinati sgorbi e/o macchie d’inchiostro che – complici la distrazione,  l’inchiostro ed il pennino della penna comune – lordarono  quaderni e libri al tempo (1950) delle scuole elementari; quando poi (1955) con l’avvento della penna biro che mandò in soffitta inchiostro, calamaio, pennini e penne comuni, divenne desueta anche la parola ‘nguacchio/’nquacchio ed essa venne sostituita da spirinquacchio usata per indicare non lo sgorbio o la macchia casuale, quindi l’involontario errore,  quanto quel ghirigoro voluto e cercato prodotto per saggiare se l’inchiostro contenuto nella cannuccia di plastica della penna biro fosse ancora sufficiente o sufficientemente fluido per permettere di scrivere; poiché per saggiare la scorrevolezza e fluidità del detto inchiestro, si muoveva in maniera piú o meno circolare la penna tenuta rigidamente perpendicolare al piano di scrittura, la traccia che se ne ricavava era di forma spirale, di talché il disegno ottenuto era pur sempre ‘nu ‘nguacchio, ma in quanto di forma spiraleggiante, finí per esser definito spirinquacchio/spiringuacchio;   la parola napoletana ‘nguacchio  o ‘nquacchio oltre ai cennati significati,  à poi un suo significato estensivo che è  quello di: situazione intrigata, pasticcio di difficile soluzione ed ancóra infine  deflorazione con conseguente fecondazione di una giovane  che consenzientemente, da nubile, si sia fatta possedere da un innamorato; nelle cennate   due accezioni di  pasticcio di difficile soluzione, situazione intrigata la parola è trasmigrata  pure se in non tutti, in molti dei piú corredati vocabolarî della lingua italiana dove è diventata: inguacchio; ugualmente un significato estensivo ànno i verbi nguacchià/’nquacchià  che in lingua napoletana vengono usati per indicare oltre che i cennati: sporcare, insudiciare, macchiare, imbrattare, anche l’ungere o il condire esageratamente in ispecie con sugo di pomodoro,  fatti che  sostanziano in ogni caso un errore (ovunque e sempre occorrono misura e moderazione, secondo il détto: l’esagerazione è difetto!); molta meraviglia à destato in me il fatto che mentre abbia incontrato in molti dizionarî della lingua italiana il termine inguacchio, in nessuno vi ò ritrovato il verbo da cui dovrebbe essere scaturito: inguacchiare… Misteri della lingua italiana e di taluni soloni  linguisti che la fanno, i quali   considerano (cfr. Treccani – Garzanti etc.)il verbo inguacchiare napoletano, ma fanno italiana la  voce inguacchio derivata di inguacchiare!Proseguiamo e troviamo   
-pistacchiata  s.f. letteralmente la pistacchiata è una sorta di untuosa cremina ad uso di pasticceria  ricavata dalla pestatura di pistacchi sgusciati e tostati, ma - prendendo a prestito l’immagine di questa crema -  si indicarono i contenuti errori  presenti sui quaderni dei bambini della scuola primaria, errori spesso accompagnati da una qualche macchia d’inchiostro (cfr. la voce precedente);   per traslato ed ampliamento semantico la voce a margine vale sbaglio, strafalcione  ed anche  sproposito,   svarione; quanto all’etimo la voce pistacchiata  è da collegarsi alla voce pistacchio   dal lat. pistaciu(m), che è dal gr. pistákion. A margine di questa voce rammenterò che essa voce  nel parlar becero,  quando  non addirittura  triviale,  di talune zone della città bassa,  sulla bocca del popolino, sia pure nei medesimi significati, veniva e talora ancóra   viene corrotta in picchiaccata  o pucchiaccata  voci derivate dritto per dritto da pucchiacca/ purchiacca che (con etimo dal greco pýr+k(o)leacca←*cljacca) sta per fodero di fuoco ed è   uno dei modi piú volgari, ma icastici  usati  per indicare l’organo sessuale  esterno della riproduzione femminile.E non faccia meraviglia l’accostamento divertente tra le voci  pucchiacca/ purchiacca→picchiaccata  o pucchiaccata  ed un tipo di errore; in fondo è il medesimo accostamento che corre tra un piccolo errore e la parola fessaria  che è da fessa. 
-rancefellone s m. eccoci ad un’altra voce che solo per traslato è usata per indicare   un grande sbaglio, un  colpevole strafalcione  ed anche  un’ azione o parola inopportuna, fatta o detta a sproposito, uno    svarione volontario ;  letteralmente infatti con la voce a margine si indica un tipo di granchio, détto granciporro  e semanticamente la connessione tra il colpevole sbaglio e  questo granchio grosso, è da cercarsi nel fatto che  questo granchio-traditore (vedi oltre) se toccato,può diventare  pericoloso e procurare lesioni dolorose alla medesima stregua d’un colpevole sbaglio che può lasciare il segno! Quanto all’etimo rancefellone risulta essere  l’agglutinazione della voce rance (da una lettura metatetica del lat. cànceru(m)→*(c)rance(um) + la voce fellone= traditore con molta probabilità da un antico franco félon ma forse piú probabilmente  dall’antico sassone félen  odonde un lat. med.  fello/fellonis→fellone(m) (Du Cange).     
-rapata  s.f.  voce che vale corbelleria, insulsaggine, banalità sciocchezza e come tale usata per indicare gli i piccoli, perdonabili errori  comportamentamentali degli adolescenti e dei ragazzi; la voce a margine è un derivato di rapa  voce che è dal  lat. rapa, propr. neutro pl. di rapum 'rapa', poi inteso  f. sing. e che indica, nel linguaggio  figurato una  persona non ancóra matura, di scarsa intelligenza, tale da mettere in essere corbellerie, insulsaggini, banalità e  sciocchezze.     
-sbalanzone s.m. un’altra voce che solo per traslato è usata per indicare   un eccezionale  sbaglio, un  colpevole grande strafalcione    un grave sproposito, un importate    svarione volontario tutti errori capaci di procurar danno ;  letteralmente  con la voce a margine si indica uno spintone un urtone operato in danno di persona anziana che da detta spinta e/o urto può subire conseguenze dannose. 
 Son proprie queste conseguenze dannose il trait d’union logico e     semantico tra lo sbalanzone-urto e lo sbalanzone-sproposito. Etimologicamente la voce a margine è un derivato dalla voce  valanza  (dal lat. bislanx=dal doppio piatto) addizionata della tipica s qui distrattiva e del suff. accrescitivo one; ò parlato di s  distrattiva  che qui vale quasi ex in quanto in origine con la voce sbalanzone si indicò quel tipico colpo assestato ad uno dei piatti della bilancia per scuoter via un po’ delle granaglie eccedenti il peso voluto. 
 
-sbarione   s. m. cretinata, errore stupido dovuto a vaneggiamento,  innocente  grulleria da attribuirsi ad improvviso delirare,  incolpevole idiozia dovuta forse ad uno stato febbrile; la voce a margine risulta un deverbale di sbarià  verbo intran.vo che vale: vaneggiare, farneticare, delirare (cfr. sbarià cu ‘a capa!= applicarsi ad altro, eludere pensieri serî etc.) sbarià  con la consueta alternanza b/v è dal  lat. *s +variare, deriv. di varius 'vario'. 
-scunnietto  s. m.  che indica   una grossa idiozia,un involontario sbaglio, una  minchioneria volgarmente détta anche cazzata dovuti però  ad improvvisi e transeunti  stati di non raziocinio,di dissociazione mentale e pertanto scusabili, se non perdonabili; la voce a margine è etimologicamente un deverbale di scunnettïà  esatto opposto  di cunnettïà  = unire, associare, legare, correlare  con la protesi di una s, qui distrattiva, che ne inverte il significato e pertanto scunnettïà  vale disunire, dissociare, slegare, non cogliere le correlazioni tra cose e/o tra cause ed effetti. A margine rammenterò che per traslato e/o ampliamento semantico la voce a margine in talune occasioni sta per oscenità, parola oscena. Ad un dipresso  ciò che accade per la voce seguente  che in primis valse parolaccia, bestemmia e poi per traslato ebbe altri significati.
-scuntrufo/scuntrufolo  s.m. in doppia morfologia leggermente variata: nella seconda è leggibile il suffisso diminutivo olus→olo ma sostanzialmente la parola è la medesima ed in primis (cosí come attestato nel D’Ambra e nell’Andreoli   valse parolaccia, bestemmia e poi per traslato errore irrispettoso, caso, combinazione erronei, scontro forse con riferimento all’etimologia che è da cercare  in un deverbale di scuntrà= urtare, mettersi all’opposto di,  cozzare violentemente contro qualcosa, verbo che è derivato da ‘ncuntrà  con cambio di prefisso; al verbo scuntrà per ottenere le voci a marigine sono stati aggiunti rispettivamente  i suffissi ufo  o il suff.  dim. ufolo  suffissi sui quali – prima o poi cercherò d’essere piú preciso; per ora mi sono arreso  non avendone  trovato riscontro nel Rohlfs (libro sacro dei suffissi!),
-straverio/streverio  s. m.  antica voce attestata passim  in ambedue le morfologie nel significato primo di cosa eccedente la realtà, sproposito e quindi grosso errore, marchiana fanfaluca, madornale ciancia, spropositata frottola,  grossolana sciocchezza, assurdità colossale; l’etimo,  checché ne abbia détto  il fu D’Ascoli che fantasiosamente  ipotizzò un deverbale di stravedé/straveré (ma fu lui ad ipotizzare la faccenda? In effetti  non penso che fosse farina del suo sacco,bensí il parto di uno dei tanti negri che lo aiutavano a stendere i suoi numerosi libri ai quali – complice la senescenza – egli  non potette dare tutta la cura e l’attenzione di cui abbisognavano... lasciando correre molte inesattezze e/o fantasie!)  l’etimo – dicevo – a mio avviso è dal lat. extra-verum→straveru(m)→straverio;
-trummunata  s.f. che letteralmente sta per trombonata, spacconata, smargiassata. e per traslato ed ampliamento semantico vale sesquipedale sproposito,  immane sciocchezza,   enorme cretinata, fesseria spropositata stupidaggine madornale il tutto in linea con la parole da cui deriva che non è  il trombone strumento a fiato di ottone,  simile alla tromba ma di maggiori dimensioni e tonalità piú bassa, normalmente dotato di pistoni o di coulisse, strumento che quantunque piú grosso della tromba, non raggiunge misure tali  da esser presa a modello per tutti i significati surriportati; la voce da cui deriva trummunata  è  trummone che in napoletano indica sí il trombone strumento a fiato, ma indica altresí una grossa botticella cilindrica incerneriata su i due lati opposti della circonferenza centrale, per poter comodamente ondeggiare basculando; in tale contenitore,(agganciato sul ripiano laterale delle cosiddette banche ‘e ll’acqua= banchetti di mescita di acqua ed altre bevande) veniva conservata  la caretteristica acqua zuffregna/zurfegna= acqua sulfurea;
la voce zuffregna/zurfegna  trae da un acc.vo lat. aqua(m)sulphurínea(m)→suphrínja→surphínja→ surfegna→zurfegna o con raddoppiamento espressivo della fricativa labiodentale sorda  e metatesi della liquida zuffregna;
per trummone da cui trummunata, occorre pensare forse  ad un lemma onomatopeico con riferimento ad un’iniziale tromma + un suff. accrescitivo, benché la voce a margine non abbia nulla a che spartire – come ò detto -  con gli strumenti musicali a fiato tromba e trombone quantunque (per la sua forma panciutamente cilindrica) ‘o trummone ‘e ll’acqua  è simile al grosso bombardino strumento a fiato di ottone, usato nelle bande; flicorno baritono, impropriamente détto trombone→trummone.
-zzarro svarione, errore non segnatamente volontario dovuto ad un improvviso, quanto imprevisto impedimento (cfr. l’espressione piglià 'nu -zzarro che vale errare,  prendere un abbaglio,incorrere in un impedimento,  inciampare in un qualcosa come ad es. un  sasso sporgente; per l’etimo  la voce  zzarro  deriva dall'arabo zahr (dado- sasso sporgente).
E qui penso di poter far punto avendo – a mio avviso – esaurito l’argomento,  nella speranza d’avere accontentato, o - quanto meno -  interessato l’amico F.P.  e chi altro dovesse leggermi.
Raffaele Bracale
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1 commento:
Cantonata! Ne ho presa una proprio oggi! Utile (l'etimologia, non la cantonata)
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