domenica 6 settembre 2015

VARIE 15/596

1 -TENÉ 'A CAZZIMMA – TENÉ 'A CAZZINCULARÍA Premetto súbito che le due voci in epigrafe sono essenzialmente del parlato e pertanto di difficilissimo reperimento nei calepini del napoletano,con una qualche eccezione riferibile ai pochi linguisti che, sia pure con comprensibili limitazioni, pescano le voci non soltanto negli autori d’antan, ma pure nel parlato (in effetti, nella fattispecie solo nei lessici degli amici prof.Carlo Iandolo ed avv.to Renato de Falco ò potuto reperire la voce cazzimma, ma in nessuno ò trovato cazzincularía che pure è voce usatissima nel gergo giovanile popolare…). Ma essendo intenzionato di illustrare le due voci farò da solo senza il supporto degli amici… Cominciamo: Cazzimma: s.vo f.le astratto intraducibile; con la voce a margine usata nell’espressione “tené ‘a cazzimma” si indica l’asprezza comportamentale, la proditoria gratuita cattiveria, la malevola furbizia quasi levantina (che non è indice di intelligenza,come taluno vorrebbe far credere, ma di innata cattiveria…) sempre prevaricante di colui o coloro che vessa/no i meno dotati fisicamente e/o moralmente al fine di sopravanzarli e godere dei frutti conquistati marmaldeggiando. Etimologicamente si tratta di una parola costruita addizionando il termine cazzo (che – come noto - è da un gergo marinaresco greco: (a)kation=albero della nave [ qui semanticamente inteso quale…strumento di proditoria offesa]) con il suff. collettivo/ dispregiativo.. imma che continua, con raddoppiamento espressivo della bilabiale (M) il latino imen. Ribadisco qui che l’azione prevaricante e l’asprezza comportamentale indicate dalla voce cazzimma sono atteggiamenti indici di cattiveria innata e/o gratuita non determinata da cause o motivi scatenanti, da far risalire esclusivamente al bagaglio caratteriale dell’individuo cazzemmuso (cioè aduso alla cazzimma). Ben diversa è la voce cazzincularía s.vo f.le astratto intraducibile, che pur rappresentando il medesimo atteggiamento comportante un’azione prevaricante condita di asprezze comportamentali,proditorie offese, furbizie malevoli, scaltrezze astiose, à una ben determinata origine che non è da far risalire esclusivamente al bagaglio caratteriale dell’individuo che agisce con cazzincularía, ma bisogna andare a ricercare in un qualche torto súbito da tale individuo, torto del quale egli pare voglia rivalersi in una sorta di rappresaglia verso tutto il mondo. E quale è il torto subíto che lo spinge alla vendetta? Si tratta di una vera o, piú spesso, ipotizzata, figurata sodomizzazione di cui l’individuo che agisce con cazzincularía sia rimasto vittima; in effetti la parola etimologicamente riproduce, attraverso l’addizione delle parole cazzo + in + culo + il suffisso tonico (r) ía dei nomi astratti, il tipo di torto subíto dall’individuo che agendo con cazzincularía cerca ora di ripagarsi di ciò che realmente o figuratamente abbia dovuto sopportare. In coda rammento che la voce cazzincularía è spesso attestata, sempre nel parlato, come cazzancularía con un’evidente assimilazione progressiva vocalica di tipo popolare per la quale la i di cazzi si assimila alla a dando cazza cosí come accade nell’italiano dove càpita che talora l’assimilazione vocalica sia regressiva cfr. ad es. tenaglie ma attanagliare. E mi pare che, una volta fatte le mie rimostranze verso i vocabolaristi che evitano di trattare talune sanguigne voci come queste in epigrafe…, possa bastare ed i miei abituali ventiquattro lettori e qualche altro che dovesse leggere queste paginette, possano dirsi soddisfatti. Rammento in coda che talvolta la locuzione tené ‘a cazzimma si imbarocchisce aggiungendole lo specificativo: d''e papere australiane (delle oche australiane), specificazione però inutile e non comprensibile atteso che non è dato sapere che le oche di quel continente siano prevaricatrici o particolarmente furbe. 2 -TENÉ 'A CIMMA 'E SCEROCCO Ad litteram: tenere la sommità dello scirocco Id est: essere nervoso, irascibile, pronto a dare in escandescenze, quasi comportandosi alla medesima maniera del metereopatico condizionato dal massimo soffio dello scirocco. 3 -TENÉ 'E CAZZE CA CE ABBALLANO PE CCAPA Ad litteram: tenere i peni che ci danzano sulla testa Icastica anche se becera locuzione con la quale si intende chiarire d’ essere preoccupati al massimo, aver cattivi crucci che occupano la testa, sostenendo che ipotetici peni significanti gravi preoccupazioni ci stiano danzando in testa per rammentarci quelle inquetudini. 4 -TENÉ 'A MAGNATORA VASCIA Ad litteram: tenere la mangiatoia bassa Id est: non avere alcuna preoccupazione economica, e ciò non per proprii meriti, ma per cause derivanti dall’appartenenza a famiglia facoltosa, o per esser sodali di amici e/o parenti munifici e comportarsi irresponsabilmente in maniera prodiga, quando non eccessivamente dispendiosa, non badando alle spese. 5 -TENÉ 'A NEVE DINT'Â SACCA Ad litteram: tenere la neve in tasca ma meglio nel sacco. Detto di chi si mostri eccessivamente dinamico o frettoloso e sia restio a fermarsi per colloquiare, quasi dovesse raggiungere rapidamente una meta prefissasi prima che si sciolga l'ipotetico ghiaccio tenuto in tasca.Va da sé che trattasi di un’espressione iperbolica attesa la impossibilità di poter realmente portare in tasca della neve o ghiaccio (basterebbe infatti il solo calore del corpo, per farli sciogliere…). Questa riportata è la spiegazione che normalmente e popolarmente si dà dell’espressione e non è una spiegazione del tutto erronea: in realtà però, chiarisco che piú precisamente la fretta e la dinamicità sottese nell’espressione son quelle dei cosiddetti nevari cioè degli addetti al trasporto della neve che prelevata nei mesi invernali in altura (Vesuvio, Somma, Faito, Matese e monti dell’Avellinese) veniva olim dapprima conservata in loco in grotte sottorranee dove gelava e poi all’approssimarsi dell’estate, stipata in sacche di iuta veniva trasporta velocemente a dorso di mulo nelle città e paesi per rinfrescare l’acqua e fornire la materia prima per la confezione dei gelati. Da tanto si ricava che il termine sacca sta ad indicare non solo la tasca di un abito, quanto e qui piú acconciamente (con derivazione da un lat. parlato *sacca(m) femminilizzazione del classico lat. saccu(m), che è dal gr. sákkos, di orig. fenicia), un grosso recipiente di tela spesso cerata lungo e stretto, aperto in alto, usato per conservare o trasportare materiali incoerenti, o comunque sciolti. Il passaggio dal maschile sacco al femminile sacca si rese necessario perché – come ò piú volte annotato - in napoletano un oggetto (o cosa quale che sia) è inteso, se maschile, piú piccolo o contenuto del corrispondente femminile; abbiamo ad . es. ‘a tavula (piú grande rispetto a ‘o tavulo piú piccolo ),‘a tammorra (piú grande rispetto a ‘o tammurro piú piccolo ), ‘a cucchiara(piú grande rispetto a ‘o cucchiaro piú piccolo), ‘a carretta (piú grande rispetto a ‘o carretto piú piccolo ); ),‘a canesta (piú grande rispetto a ‘o canisto piú piccolo ), fanno eccezione ‘o tiano che è piú grande de ‘a tiana e ‘o caccavo piú grande de ‘a caccavella e, nella fattispecie, la sacca per la neve risultava piú grossa d’un normale sacco. 6 -TENÉ 'A PAROLA SUPERCHIA Ad litteram: tenere la parola superflua. Détto di chi parli piú del dovuto o sia eccessivamente logorroico, ma anche di chi, saccente e suppunente, aggiunga sempre un' ultima inutile parola e nell'ambito di un colloquio cerchi sempre di esprimere l'ultimo concetto, perdendo -come si dice - l'occasione di tacere - atteso che le sue parole non sono né conferenti, né utili o importanti, ma solo superflue. superchia agg.vo f.le del maschile supierchio = eccedente, superflua/o, eccessiva/o (dal lat. volg. *superculu(m), deriv. di super 'sopra' ). 7 -TENÉ 'A PÓVERA 'NCOPP' Ê RECCHIE Ad litteram: tenere la polvere sulle orecchie Icastica locuzione usata a Napoli per indicare chi sia o - soltanto - sembri, per la voce e/o le movenze, un diverso accreditato di avere le orecchie cosparse di una presunta polvere , richiamante quella piú preziosa, in quanto aurea, ,che usavano per agghindarsi gli antichi dignitarî messicani e/o peruviani cosí apparsi ai conquistatori ispanici. La locuzione in epigrafe, a Napoli viene riferita ad ogni tipo di diverso, sia al ricchione (pederasta attivo), che al femmeniello (pederasta passivo); ques’ultimo, nel gergo della parlesia malavitosa fu détto anche fegàto/fecàto (chiara corruzione, per semplificazione, di fregato→f(r)egato = posseduto carnalmente. 8 - TENÉ 'A PUZZA SOTT' Ô NASO Ad litteram: tenere il puzzo sotto il naso Detto di chi, borioso, tronfio e schizzinoso assuma un atteggiamento di ripulsa, quello di chi avendo un puzzo sotto il naso, non lo riuscisse a tollerare. 9 - TENÉ A UNO APPISO 'NCANNA o altrove PURTÀ A UNO APPISO 'NCANNA Ad litteram: tenere uno appeso alla gola o altrove portare uno appeso alla gola Locuzioni simili, ma di significato opposto: positivo il primo e negativo il secondo; l’espressione di valenza positiva si usa per significare di avere una spiccata preferenza per una persona, quasi portandola al collo a mo' di preziosa medaglia benedetta; in quella di valenza negativa la locuzione è usata per indicare una situazione completamente opposta a quella testé segnalata, quella cioé in cui una persona generi moti di repulsione e di fastidio a mo' di taluni pesanti, tronfi monili che messi al collo, finiscono per infastidire chi li porti.Chiarisco qui che per meglio determinare la valenza della locuzione, quella positiva è segnalata dall'uso del verbo purtà (portare), quella negativa dall'uso del verbo tené (= tenére/sopportare). 10 -TENÉ A CQUACCUNO APPISO A LL'URDEMO BUTTONE D''A VRACHETTA Ad litteram:tenere qualcuno appeso all'ultimo bottone della apertura anteriore dei calzoni. Id est: Avere e mostrare aperta repulsione nei confronti di qualcuno al segno di considerarlo fastidioso elemento da poter - figuratamente - sospendere, per vilipendio, all'estremo bottone della brachetta anteriore dei calzoni. 11 -TENÉ A QUACCUNO 'NCOPP' Ê PPALLE Ad litteram:tenere qualcuno sui testicoli Id est: Cosí, beceramente, si esprime chi voglia fare intendere di nutrire profonda antipatia ed insofferenza nei confronti di qualcuno al segno di ritenerlo, sia pure figuratamente, assiso fastidiosamente sui propri testicoli. 12 -TENÉ 'A SÀRACA DINT' Â SACCA o anche TENÉ 'A QUAGLIA SOTTO Ad litteram:tenere la salacca in tasca o anche averela quaglia sotto Icastiche locuzioni, usate alternativamente per indicare la medesima cosa e cioè: tentare inutilmente di nasconder qualcosa ; nel primo caso infatti è impossibile celare di avere in tasca una maleodorante salacca ; il suo puzzo l'appaleserebbe súbito; nella variante è ugualmente improbo, se non impossibile nascondere di essere affetto da una corposa, voluminosa ernia (quaglia) inguinale . 13 -TENÉ 'A SCIORTA 'E CAZZETTA: JETTE A PISCIÀ E SE NE CADETTE Ad litteram:tenere il destino di Cazzetta: si dispose a mingere ed il pene cadde in terra. Divertente locuzione usata però a bocca amara da chi voglia significare di essere estremamente sfortunato e perseguitato da una sorte malevola al segno di non potersi iperbolicamente permettere neppure le piú normali funzioni fisiologiche, senza incorrere in gravi, irreparabili disavventure quali ad es. la perdita del pene. 14 -TENÉ 'A SCIORTA D''O PIECORO CA NASCETTE CURNUTO E MURETTE SCANNATO Ad litteram:tenere il destino del montone che nacque becco e morí squartato. Locuzione che, come la precedente viene usata da chi si dolga del proprio infame destino, qui rapportato a quello del montone che nato cornuto (per traslato: tradito) finisce i suoi giorni ucciso. 15 -TENÉ 'A SALUTE D''A CARRAFA D''A ZECCA Ad litteram:tenere la salute (consistenza) della caraffa della Zecca. Id est: essere molto cagionevoli di salute al segno di poter essere figuratamente rapportati alla estrema fragilità della ampolla di sottilissimo vetro, (la cui capacità era di litri 0,727) ampolla che marcata, tarata e conservata presso la Regia Zecca Napoletana era la unica atta ad indicare la precisa quantità dei liquidi contenuti ed alla sua capacità dovevano uniformarsi le ampolle poste in commercio. 16.QUANNO 'A GALLINA SCACATEA, È SSIGNO CA À FATTO LL'UOVO. Letteralmente: quando la gallina starnazza vuol dire che à fatto l'uovo. Id est: quando ci si scusa reiteratamente,soprattuto quando le scuse non son richieste, significa che si è colpevoli. 17.QUANNO SI 'NCUNIA STATTE E CQUANNO SI MARTIELLO VATTE Letteralmente: quando sei incudine sta fermo, quando sei martello, percuoti. Id est: ogni cosa va fatta nel momento giusto, sopportando quando c'è da sopportare e passando al contrattacco nel momento che la sorte lo consente perché ci è favorevole. 18.MIÉTTELE NOMME PENNA! Letteralmente: Chiamala penna! La locuzione viene usata, quasi volendo consigliare e suggerire rassegnazione, allorchè si voglia far intendere a qualcuno che à irrimediabilmente perduto una cosa, un oggetto, divenuto quasi piuma d'uccello. La piuma essendo una cosa leggera fa presto a volar via, come sparisce un oggetto prestato a qualcuno che per solito non restituisce ciò che à ottenuto in prestito. A maggior conferma del fatto si usa dire che se il prestito fosse una cosa buona, si impresterebbe la moglie; a margine rammento che con il nomme penna si intese nel napoletano anche una vilissima monetina che si spendeva con facilità, senza remore o pentimenti; la moneta détta penna ebbe il valore esiguo di 1 carlino, questa stessa moneta per il motivo ricordato è ricollegabile al détto qui esaminato: miéttele nomme penna (chiamala penna) in riferimento appunto ad ogni cosa che si potesse facilmente perdere o cedere senza lasciar tracce di remore o dispiaceri; la monetina s’ebbe il nome di penna giacché su di una delle facce (verso) v’era effigiata un’ala pennuta, quella dell’arcangelo Gabriele che sul dritto era il protagonista dell’Annunciazione. 19.FÀ 'O FARENELLA. Letteralmente:fare il farinello. Id est: comportarsi da vagheggino, da manierato cicisbeo. L'icastica espressione non si riferisce - come invece erroneamente pensa qualcuno - all'evirato cantore settecentescoCarlo Broschi detto Farinelli(Andria, 24 gennaio 1705 – † Bologna, 16 settembre 1782),, ma prende le mosse dall'àmbito teatrale dove le parti delle commedie erano assegnate secondo rigide divisioni. All'attor giovane erano riservate le parti dell'innamorato o del cicisbeo. E ciò avveniva sempre anche quando l'attore designato , per il trascorrere del tempo non era piú tanto giovane ed allora per lenire i danni del tempo era costretto a ricorre piú che alla costosa cipria, alla piú economica farina. 20.À FATTO 'O PIRETO 'O CARDILLO. Letteralmente: Il cardellino à fatto il peto. Commento salace ed immediato che il popolo napoletano usa quando voglia sottolineare la risibile performance di un insignificante e maldestro individuo che per sue limitate capacità ed efficienza non può produrre che cose di cui non può restar segno o memoria come accade appunto delle insignificanti flautolenze che può liberare un piccolo cardellino. 21.PIGLIARSE 'O PPUSILLECO. Letteralmente: Prendersi il Posillipo. Id est: Darsi il buon tempo, accompagnarsi ad una bella donna, per trascorrere un po' di tempo in maniera gioiosa.La locuzione fa riferimento ad una famosa collina partenopeaPosillipo,che dal greco Pausillipon significa tregua all'affanno, luogo amenissimo dove gli innamorati son soliti appartarsi. In senso antifrastico e furbesco la locuzione sta per: buscarsi la lue forse frutto di incauti incontri con donne di non specchiata virtú. 22.NUN LASSÀ 'A VIA VECCHIA P''A VIA NOVA, CA SAJE CHELLO CA LASSE E NNUN SAJE CHELLO CA TRUOVE! Letteralmente: Non lasciare la via vecchia per la nuova, perchè conosci ciò che lasci e ignori ciò che trovi. L'adagio consiglia cioè di non imboccare strade diverse da quelle note, ché, se cosí si facesse si andrebbe incontro all'ignoto, con conseguenze non facilmente valutabili e/o sopportabili. 23.PRUTUSINO OGNE MMENESTA Ad litteram:prezzemolo in ogni minestra Cosí, con linguaggio mutuato dall'arte culinaria viene indicato l'accanito, onnipresente presenzialista aduso ad intervenire in ogni consesso, in ispecie a quelli dove non sia stato invitato, lí esprimendo, a maggior disdoro, il suo parere non richiesto e comportandosi quasi come il prezzemolo erba aromatica presente a volte anche casualmente in quasi tutte le salse e le minestre della cucina partenopea. prutusino s.vo neutro = prezzemolo, erba aromatica,pianta erbacea biennale, rustica, dicotiledone, largamente coltivata per le sue foglioline composte di colore verde lucente a margini frastagliati, usate in cucina per le proprietà aromatiche (fam. Ombrellifere) etimologicamente lettura metatetica dal gr. petrosélinon, comp. di pétra 'roccia, pietra' e sélinon 'sedano'; propr. 'sedano che cresce fra le pietre' 24.ACQUA CA NUN CAMMINA, FA PANTANO E FFÈTE. Letteralmente: acqua che non corre, ristagna e puzza. Id est: chi fa le viste di zittire e non partecipare, è colui che trama nell'ombra e che all'improvviso si appaleserà con la sua puzza per il tuo danno! 25.'NFILA 'NU SPRUOCCOLO DINT’ A 'NU PURTUSO! Letteralmente: Infila uno stecco in un buco! La locuzione indica una perentoria esortazione a compiere l'operazione indicata che deve servire a farci rammentare l'accadimento di qualcosa di positivo, ma talmente raro da doversi tenere a mente mediante un segno ben visibile come l'immissione di un bastoncello in un buco di casa, per modo che passandovi innanzi e vedendolo ci si possa rammentare del rarissimo fatto che si è verificato. Per intenderci, l'espressione viene usata, a sapido commento allorchè, per esempio, un uomo politico mantiene una promessa, una donna è puntuale ad un appuntamento et similia.L’espressione rammenta una cerimonia in uso nell’antica Roma repubblicana allorché il Sommo sacerdote, a fini eponimi, soleva ad inizio d’anno infiggere un chiodo in una delle pareti del tempio di Giano. 26.ASTIPATE 'O MILO PE CQUANNO TE VÈNE SETE. Letteralmente:Conserva la mela, per quando avrai sete. Id est: Non bisogna essere impazienti; non si deve reagire subito sia pure a cattive azioni ricevute;insomma la vendetta è un piatto da servire freddo, allorché se ne avvertirà maggiormente la necessità. 27.PUOZZ'AVÉ MEZ'ORA 'E PETRIATA DINTO A 'NU VICOLO ASTRITTO E CA NUN SPONTA, FARMACIE 'NCHIUSE E MIEDECE GUALLARUSE! Imprecazione malevola rivolta contro un inveterato nemico cui si augura di sottostare ad una mezz'ora di lapidazione subíta in un vicolo stretto e cieco, che non offra cioè possibilità di fuga e a maggior cordoglio gli si augura di non trovare farmacie aperte ed imbattersi in medici erniosi e pertanto lenti al soccorso. 28.AJE VOGLIA 'E METTERE RUMMA, 'NU STRUNZO NUN ADDIVENTA MAJE BBABBÀ. Letteralmente: Puoi anche irrorarlo con parecchio rum,tuttavia uno stronzo non diventerà mai un babà. Id est: un cretino, uno sciocco per quanto si cerchi di truccarlo, edulcorare o esteriormente migliorare, non potrà mai essere una cosa diversa da ciò che è... 29.SI 'A MORTE TENESSE CRIANZA, ABBIASSE A CHI STA 'NNANZE. Letteralmente: Se la morte avesse educazione porterebbe via per primi chi è piú innanzi, ossia è piú vecchio... Ma, come altrove si dice: ‘a morte nun tène crianza... (la morte non à educazione), per cui non è possibile tenere conti sulla priorità dei decessi. 30. PURE 'E CUFFIATE VANNO 'MPARAVISO. Anche i corbellati vanno in Paradiso. Cosí vengono consolati o si autoconsolano i dileggiati prefigurando loro o auto prefigurandosi il premio eterno per ciò che son costretti a sopportare in vita. Il cuffiato è chiaramente il corbellato cioè il portatore di corbello (in arabo: quffa) Brak

Nessun commento: