1. NUN TENÉ VOCE 'NCAPITULO.
Letteralmente: non aver voce nel capitolo. Il capitolo della
locuzione è il consesso capitolare dei canonaci della Cattedrale; solo ad
alcuni di essi era riservato il diritto di voto e di intervento in una
discussione. La locuzione sta a significare che colui a cui è rivolta
l'espressione non à nè l'autorità, nè la capacità di esprimere pareri o farli
valere, non contando nulla, per cui è buona norma che taccia e non esprima
giudizi o pareri.
2.TU NUN CUSE, NUN FILE E NNUN TIESSE; TANTA GLIUOMMERE 'A
DO' 'E CCACCE?
Letteralmente: Tu non cuci, non fili e non tessi, tanti
gomitoli da dove li tiri fuori? Tale domanda sarcastica la si rivolge a colui
che fa mostra di una inesplicabile, improvvisa ricchezza; ed in effetti posto che
colui cui viene rivolta la domanda non è impegnato in un lavoro che possa
produrre ricchezza, si comprende che la domanda è del tipo retorico
sottintendendo che probabilmente la ricchezza mostrata è frutto di mali affari.
È da ricordare anche che il termine gliuommero sg. di gliuommere è in
primis il gomitolo ed è voce dal lat. glŏmere(m)→gliuomere(m)→gliuommero
con dittongazione della breve e raddoppiamento espressivo della M; la voce
oltre ad indicare il gomitolo indicava, temporibus illis, anche una grossa
somma di danaro corrispondente a circa 100 ducati d'argento.
3.MUNTAGNE E MUNTAGNE NUN S'AFFRONTANO.
Letteralmente: le montagne non si scontrano con le proprie
simili. E' una velata minaccia di vendetta con la quale si vuol lasciare
intendere che si è pronti a scendere ad un confronto anche cruento, stante la
considerazione che solo i monti sono immobili...
4. FACCIA 'E TRENT'ANNE 'E FAVE.
Letteralmente: faccia da trent'anni di fava. Offesa
gravissima con la quale si suole bollare qualcuno che abbia un volto poco
rassicurante, da galeotto, dal quale non ci si attende niente di buono, anzi si
paventano ribalderie. La locuzione fu coniata tenendo presente che la fava
secca era il cibo quasi quotidiano che nelle patrie galere veniva somministrato
ai detenuti; i trent'anni rammentano il massimo delle detenzione comminabile
prima dell'ergastolo; per cui un individuo condannato a trent'anni di
reclusione si presume si sia macchiato di colpe gravissime e sia pronto a
reiterare i reati, per cui occorre temerlo e prenderne le distanze.
5 SPARÀ A VRENNA.
Letteralmente: sparare a crusca. Id est: minacciare per
celia senza far seguire alle parole , i fatti minacciati. L'espressione la si
usa quando ci si riferisca a negozi, affari che si concludono in un nulla di
fatto e si ricollega ad un'abitudine dell'esercito borbonico i cui proiettili,
durante le esercitazioni, erano caricati con crusca, affinchè i colpi non
procurassero danno alla truppa che si esercitava.
BRAK
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