martedì 18 giugno 2013
IL VERBO NAPOLETANO PIGLIÀ (PIGLIARE) ETC.
IL VERBO NAPOLETANO PIGLIÀ (PIGLIARE) ED I SUOI SIGNIFICATI ESTENSIVI
Cominciamo col dire súbito che il verbo napoletano piglià (pigliare) sebbene abbia il medesimo etimo (lat. volg. piliare, dal class. pilare rubare, saccheggiare, sottrarre ) del corrispondente pigliare della lingua italiana, si differenzia da quest’ultimo per un molto piú ampio ventaglio di significati; infatti l’italiano pigliare quanto ai significati non va oltre il prendere, specialmente in modo energico e rapido;afferrare; mentre il napoletano piglià sta per: prendere, comprare, comprendere, attecchire, arrestare, catturare, confondere oltre altri numerosi significati giusta il complemento cui sia legato; numerosa è infatti la fraseologia che in napoletano si può costruire con il verbo piglià; al proposito rammenterò:
- piglià ‘o tifo, piglià ‘o catarro (ammalarsi di tifo, ammalarsi di raffreddore etc; piú genericamente: piglià ‘na malatia (ammalarsi);
- -tifo = tifo etimologicamente da un lat. scientifico tyfus che è dal greco tŷfos= fumo, poi febbre con torpore;
- catarro = raffreddore copioso etimologicamente da un lat. tardo catarrhu(m), che è dal gr. katárrous, deriv. di katarrêin 'scorrere giú;
malatia = malattia etimologicamente forgiato su malato Dal lat. male habitu(m), che ricalca il gr. kakôs échon che sta male;
- piglià a mmazzate = percuotere originariamente con una mazza (lat. mateam) (donde mazzate = colpi di mazza), poi con ogni altro corpo contundente ed anche a mani nude;
- piglià aria = uscire all’aperto per godere dell’aria piena e libera;
- aria ( dall'acc.vo lat.volg. aera per il classico aerem, dal gr. aér);
- piglià ‘e fummo di cibo che, per imperizia di chi cucina, prenda sapore di fumo se non di bruciato o arsicciato;
- fummo (dal lat. fumum con radd. espressivo della consonante nasale bilabiale (m) ); rammenterò che anticamente anche l’italiano ebbe, come il napoletano fummo piuttosto che fumo; poi la voce fu dismessa forse per evitare l’omofonia con la voce verbale (1ª p. pl. pass. remoto verbo essere) ;
- piglià fuoco = incendiarsi e metaforicamente infiammarsi, adirarsi etc.
- fuoco ( dal lat. focum con dittongazione popolare della sillaba d’avvio);
- piglià ‘e pparte ‘e uno = parteggiare, in una contesa per qualcuno, schierarsi con qualcuno e spesso senza motivo, per il solo gusto di partecipare ad una contesa;
- parte = partito, schieramento, fazione (dal latino partem);
- piglià ‘na strata o ‘na via = avviarsi per una strada o via, conforme all’aggettivo (bbona/ mala) che accompagna il sostantivo strata/via: metaforicamente scegliere di comportarsi bene o male;
- piglià ‘e spunta = inacidire: detto di vino nuovo, mal conservato, che inacidisca o tenda ad inacidire;
- spunta = forte, acidulo ( probabilmente da punta con protesi di una s intensiva per significare il saporte forte proprio del vino che inacidisce; anche in italiano di tale vino si dice che è spunto.
- piglià ‘nu smallazzo/ ‘nu sciuliamazzo= stramazzare, cadere in terra di colpo/ scivolare finendo seduti in terra ;
- smallazzo=di per sé lo stramazzare, il cadere di colpo e pesantemente, etimo incerto trattandosi di voce a carattere gergal-popolare nella cui formazione comunque non manca il riferimento a mazzo (culo, deretano, sedere da un acc. latino matiam (reso maschile)= intestino; il medesimo mazzo lo si ritrova nella voce sciuliamazzo= scivolone con conseguente caduta battendo il sedere; etimo: dal verbo sciulià + il sost. mazzo; sciulià= scivolare da un lat. volgare exevoliare frequentativo di exevolare;
- pigliarse a capille = litigare (soprattutto di donne) accapigliandosi;
- pigliarse ‘e mano = venire alle mani, litigare furiosamente (detto di uomini)percuotendosi vicendevolmente;
- pigliarse collera =, dispiacersi, dolersi, rammaricarsi, rincrescersi;collera = collera,dispiacere rincrescimento, rammarico, cruccio, pena, tristezza (dal lat. chòleram);cfr. alibi
- pigliarsela cu uno = accusare qualcuno, ritenendolo (spesso senza motivo) responsabile di un accadimento, addossare a qualcuno una colpa forse non sua;
- pigliarla ‘e liscio = scivolare, ma estensivamente eccedere nel parlare o nell’azione;
- liscio = liscio, levigato tale da indurre a scivolare (Lat. volg. lisiu(m), prob. voce di orig. espressiva).
Elenco ora tutta una serie di espressioni forgiate con il verbo in esame ed usate per significare l’incorrere in un errore piú o meno grande; abbiamo:
- piglià ‘a sputazza p’’a lira ‘argiento = confondere un volgare sputo con una moneta d’argento sputazza = dispregiativo di sputo da un lat. volg. sputaceam;
- piglià ‘o stipo pe don Rafele (confondere un armadio con un tal don Raffaele;locuzione mutuata da una farsa pulcinellesca, nella quale il tale don Raffaele era cosí corpulento da esser confuso con uno stipo(etimologicamente deverbale del verbo stipare=accumulare; lo stipo è l’armadio atto all’accumulazione);
- piglià ‘o cuoppo ‘aulive p’’o campanaro ‘o Carmene (confondere il cartoccio conico contenente le olive con il campanile del Carmine Maggiore) confusione iperbolica ed impensabile non potendosi mai paragonare un piccolo cartocetto, sia pure conico con lo svettante e massiccio campanile del Carmine Maggiore campanile adiacente l’omonima basilica napoletana fatta erigere a partire dal 1301 con le elargizioni di Elisabetta di Baviera, madre di Corradino di Svevia e con le sovvenzioni di Margherita di Borgogna, seconda moglie di Carlo I d’Angiò; il campanile tirato su dall’architetto Giovan Giacomo di Conforto e dal frate domenicano fra’ Nuvolo che lo coronò con la cella ottagonale e la cuspide a pera carmosina, è uno dei monumenti piú famosi e riconoscibili della città partenopea;
- piglià ‘o cazzo p’ ‘o marrazzo (incorrere nell’enorme confusione di scambiare il membro dell’uomo con un suo coltellaccio, portato in cintola; il marrazzo [voce dal lat. med. maraciu(m)] fu un grosso coltellousato dai macellai (per smembrare le bestie macellate) e dai pescatori e pescivendoli (per sezionare i pesci di grossa taglia) ed ecco perché gli ischitani: pescatori e pescivendoli erano usi portarlo in cintura!);
- piglià ‘o cazzo d’’o ciuccio p’’a lanterna 'o Muolo(iperbolicissima confusione tra il membro dell’asino in erezione ed il faro del Molo).
-Piglià 'a banca 'e ll'acqua p''o carro 'e piererotta
Ad litteram: confondere il banco della mescita dell'acqua per il carro della festa di Piedigrotta Locuzione con cui si indicano sesquipedali errori in cui incorrono soprattutto gli stupidi ed i disattenti atteso che, per quanto coperto di elementi ornativi il piccolo banco dell'acquaiolo non può mai o meglio, non poteva mai raggiungere l'imponenza di un carro della festa di Piedigrotta, -
- piglià ‘nu zzarro o alibi piglià ‘nu rancefellone (incorrere in un inciampo che determini all’errore o prendere un granchio) infatti la parola zzarro dall’arabo zahr è il dado ma anche il sasso sporgente dal suolo, quel sasso in cui si può inciampare; ‘o rancefellone di per sé è il grosso granchio aduso a mordere, per traslato (come per l’italiano granchio) è lo svarione, il grosso errore; la parola è composta da rance dal latino cancer (granchio) nella forma metatica crance(r)+ il francese felon =fellone, traditore.
- Esaurite cosí le espressioni forgiate con il verbo in esame usate per significare l’incorrere in un errore piú o meno grande andiamo oltre ed occupiamoci di altre espressioni di altro genere:
piglià ‘nu strunzo ‘mbuolo = intromettersi, intervenire a sproposito in una questione che non ci riguardi; ‘mbuolo sta per in + vuolo, dove vuolo o buolo con tipica alternanza partenopea b/v è un particolare piccolo retino da pesca, usato per pescare a volo i pesci in transito; qualora in luogo di pesce si pescasse uno stronzo (dal longob. strunz 'sterco') si incorrerebbe in un’azione sciocca ed inutile tal quale quella di chi si intromette, intervenendo a sproposito in casi non suoi.;
- pigliarse 'o spavo 'ncerato
L’espressione che letteralmente si traduce prendersi lo spago impeciato significa: prendersi un gran fastidio, impegnandosi in un'azione lunga noiosa e quindi fastidiosa.
L'espressione è mutuata dal lavoro del calzolaio che quando deve unire, cucendola, una suola o un tomaio deve fare uso di uno spago che, perchè sia piú resistente, viene prima attentamente impeciato ('ncerato), operazione lunga, noiosa e fastidiosa.
spavo s.vo neutro = spago, funicella sottile formata da due o piú capi ritorti:’nu gliommero ‘e spavo (un gomitolo di spago); attaccà ‘nu pacco cu ‘o spavo(legare un pacco con lo spago) | il filo ritorto e poi impeciato usato dai calzolai: tirà ‘o spavo(tirare lo spago) = fare il calzolaio | dà spavo a quaccuno(dare spago a qualcuno), (fig. fam.) incoraggiarlo con il proprio atteggiamento a parlare liberamente o a prendersi confidenze. L’etimo della voce napoletana è dal lat. spacu(m) con tipico passaggio delle occlusive velari sorde c(a/o/u)- g(a/o/u) a v o viceversa; cfr. ad es. gallo/gallina→ vallo/vallina oppure volpe→golpe gunnella→vunnella conchula→vongola etc.
‘ncerato p. pass. agg.vato dell’infinito ‘ncerà= incerare, ma nella fattispecie impeciare; etimologicamente derivato dal Dal lat. tardo incerare, comp. di in-illativo e cerare, deriv. di círa 'cera'.
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- ‘o piglia letteralmente lo prende (e cosa sia il lo è facilmente intuibile…) espressione usata sarcasticamente nei riguardi di donna ritenuta di facili costumi;
- pigliarse ‘o ppusilleco Letteralmente: Prendersi il Posillipo. Id est: 1)Darsi il buon tempo, accompagnarsi ad una bella donna, per trascorrere un po' di tempo in maniera gioiosa.2) Prendersi giuoco di qualcuno, molestarlo 3)In senso antifrastico e furbesco la locuzione sta per: buscarsi la lue. La locuzione fa riferimento ad una famosa collina partenopea Posillipo,che dal greco Pausillipon significa tregua all'affanno, luogo amenissimo dove gli innamorati son soliti appartarsi.
- - Piglià cu 'e bbone o all'inverso piglià cu 'e triste
Ad litteram: pigliar con le buone; o all'inverso prender con le cattive, violentemente id est: trattar qualcuno con buone maniere, con dolcezza, nel tentativo di ottener quello che se chiesto cu'e triste ovvero le maniere forti, probabilmente non si otterrebbe.
- Piglià ll'acqua a passà
Ad litteram: prendere l'acqua che passa id est: atteggiarsi a statico e svogliato; detto di chi si adagia mollemente in una situazione di comodo, rilassatamente ed infingardamente, non attivandosi a nulla, ma godendo dei rilassanti benefici derivanti dallo starsene in panciolle, tal quale chi, praticando l'idroterapia non deve fare altro che godere dei benefici dell'acqua che, muovendosi, passa.
-Pigliarse 'a scigna
Ad litteram: prendersi una scimmia; id est: arrabbiarsi, adontarsi,ubbriacarsi, incollerirsi, ma anche intestardirsi comportandosi caparbiamente ed irrazionalmente tal quale chi è preda dell'ubbriacatura in napoletano resa con la parola scigna non dissimilmente dal latino simia che nel linguaggio popolare indicava sia l'ubbriachezza che la collera.
- Piglià 'nu bbagno
Ad litteram: prendere un bagno id est: subire un grosso tracollo economico,, ma anche pagare un bene in maniera esorbitante rispetto al preventivato.
-Piglià 'nu terno
Ad litteram: prendere un terno id est: godere di una improvvisa, non preventivata nè cercata fortuna e ciò sia in senso materiale quando si venga fortunatamente, in possesso di una somma di danaro, sia in senso morale quando si verifichino avvenimenti tali da lasciarci soddisfatti e premiati oltre lo sperato.
- Piglià p''o culo
Ad litteram: prendere per il culo id est: ingannare, gabbare qualcuno; locuzione molto piú icastica e corposa della corrispondente italiana : prendere per i fondelli, atteso che quella napoletana, piú acconciamente, evitando una inutile sinoddoche, chiama in causa il contenuto non il contenente.Mi dilungo e dico chela lucuzione in epigrafe nella sua esposizione completa è: Piglià p’ ‘o culo a quaccheduno. L’espressione ad litteram vale pigliare/prendere per il culo e fuor del velame sta per anche ingannare, gabbare qualcuno, oltre che prendersi gioco di qualcuno, schernirlo, prenderlo per i fondelli, farlo oggetto di beffa, burla, canzonatura, motteggio, irrisione, È interessante rammentarsi da quale situazione storico-ambientale tragga origine la locuzione in esame. Essa si riallaccia alla ignominosa cerimonia detta in napoletano zitabona che comportava, per il debitore insolvente dopo di averla compiuta la necessità di andarsene con una mano davanti ed una di dietro (per coprirsi le vergogne). Era infatti quello il modo con cui il debitore si allontanava dal luogo dove pronunciando l’espressione Cedo bona spesso corrotta in Cedo bonis dichiarava fallimento manifestando la sua insolvibilità; la cerimonia che adattando il Cedo bona latino diventava – in napoletano - zitabona prevedeva oltre la pronunzia della formula, il dover poggiare le nude natiche su di una colonnina posta a Napoli innanzi al tribunale della Vicaria a dimostrazione di non aver piú niente. Altrove, ad es. a Firenze la cerimonia era la medesima, ma in luogo della colonnina occorreva sedersi, a nude natiche, su di un cuscino di pietra. La cerimonia diede vita a Napoli anche all’espressione Jirsene cu ‘na mano annante e n’ata arreto che si usò e si usa a dileggio di chi, non avendo concluso nulla di buono, ci abbia rimesso fino all'ultimo quattrino e non gli resti che l'ignominia di cambiar zona andandosene con una mano davanti ed una di dietro.Va da sé che l’esser costretti a mostrarsi a natiche nude in pubblico, comportasse il diventare oggetto di beffa, burla, canzonatura, motteggio, irrisione da parte degli astanti, situazione che diede vita all’espressione in esame piglià p’ ‘o culo che – come ò détto – vale prendersi gioco di qualcuno, schernirlo, deriderlo, beffare, burlare, canzonare, irridere, dileggiare, prendere in giro.Per ampiamento semantico poi valse pure ingannare, gabbare qualcuno.
-Píglialo 'nculo
Ad litteram: prendilo nel culo(ed il cosa è facilmente intuibile) Rabbiosa esclamazione indirizzata verso chi si voglia invitare a lasciarsi figuratamente sodomizzare, per significargli che deve accettare ciò che viene, senza opporre resistenza, soprattutto se ciò che arriva è un tiro mancino proditorio ed inatteso, tiro scoccato da qualcuno con cui non si può competere; spesso la locuzione in epigrafe è accompagnata da un perentorio e statte zitto (e taci).
- Pigliarla a ppazziella
Ad litteram: prenderla a giuoco Id est: prendere alla leggera un avvenimento senza porvi la necessaria attenzione, non dandovi importanza, tenendolo in non cale e trattandolo alla medesima stregua di un giuoco; detto pure con riferimento all'atteggiamento scioccamente superficiale tenuto da qualcuno in presenza ed in risposta di conclamati fatti seri che meriterebbero adeguata attenzione e che invece vengono affrontati con ironia e senza impegno, come se si trattasse di un giuoco.
- Piglià 'na quinta 'mbacante
Ad litteram:pigliare una "quinta" a vuoto Id est: per imperizia o negligenza commettere un grosso errore. Locuzione mutuata dal linguaggio musicale; la "quinta" è un accordo musicale usato spessissimo nelle partiture di musica napoletana; prendere a vuoto la quinta significa o sbagliarne il momento dell'esecuzione o errarne la composizione come unione di note necessarie ed atte a formare l'accordo ; per traslato, dal linguaggio musicale si è approdati al linguaggio dell'uso comune.
In chiusura rammenterò un paio di significativi vocaboli partenopei forgiati con il concorso del verbo piglià: piglianculo = giovane uomo intraprendente, disinvolto, checontrariamente a ciò che potrebbe apparire non si lascia prendere per il naso e difficilissimamente cede agli inganni (evidenti le tre parti: piglia + in + culo con cui è formato il vocabolo), pigliepporta = il pettegolo malevolo che ascolta (piglia) e riferisce ad altri (porta).
Raffaele Bracale
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